Usura, dal Mef fondi alle imprese per combatterla

In tempi di crisi, il ricorso all’ usura, purtroppo, è una pericolosa tentazione in cui le imprese spesso cadono. Per questo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha stanziato oltre 32 milioni di euro in contributi destinati alla concessione di garanzie sul credito alle imprese e alle famiglie, proprio per prevenire il fenomeno dell’ usura.

Tramite il Fondo per la prevenzione dell’ usura, cui attinge il finanziamento in questione, il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia ha erogato negli ultimi 16 anni circa 590 milioni di euro che hanno permesso di garantire oltre 68mila finanziamenti per oltre 1,8 miliardi di euro.

Beneficeranno dei contributi contro l’ usura 33 entità, tra associazioni e fondazioni del Terzo Settore impegnate in attività di assistenza e solidarietà in favore dei soggetti in difficoltà economica, oltre a 144 Confidi. Nello specifico, il 30% dei contributi andrà in favore delle fondazioni e delle associazioni, mentre il restante 70% sarà destinato ai Confidi.

I Confidi garantiranno fino all’80% dei finanziamenti a medio termine (fino a 8 anni) e incrementi di linee di credito a breve termine alle Pmi ad alto rischio finanziario, vale a dire quelle imprese cui è stata rifiutata una domanda di finanziamento anche se già garantita al 50% dagli stessi Confidi. Con l’obiettivo di non farle diventare prede dell’ usura.

Le pmi in cerca di finanziamenti dagli usurai

La crisi sta contribuendo a rendere più forte il mercato dell’usura.
La mancanza di liquidità, infatti, ha indotto tanti piccoli imprenditori a chiedere prestiti illegali, dopo che si erano visti chiudere le porte in faccia in cerca di finanziamenti dagli Istituti di Credito.

Ma, se non è un problema ottenere il denaro necessario, quando si tratta di restituirlo, con gli interessi, la faccenda diventa molto grave, per non dire drammatica.
Capita, infatti, di dover far fronte a tassi di interesse che superano il 15% e, considerata la situazione ancora difficile, pare che il 30% delle pmi interpellate durante un’indagine compiuta dall’Adnkronos saranno costrette a sottostare a questo ricatto.

Quelle che già si sono rivolte agli usurai, per il 45% l’hanno fatto a seguito di un finanziamento negato.
Forse non tutti sanno, nel momento in cui decidono di compiere questo passo, che si rischia di entrare in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire indenni.
Tre imprese su dieci, infatti, cadute nella rete dell’usura, hanno testimoniato che un mancato pagamento ha fatto scattare la segnalazione a una centrale rischi, chiudendo di fatto la possibilità di ottenere credito legale.
Il restante 25% delle imprese che hanno fatto ricorso agli strozzini sostiene di averlo fatto per non licenziare personale.

Del resto, anche la Guardia di Finanza è in possesso di dati preoccupanti, che testimoniano come il fenomeno dell’usura sia in continuo aumento, pronto a mordere sulle disgrazie altrui.

Nei primi sette mesi del 2013, le Fiamme Gialle hanno condotto 266 operazioni, sequestrando patrimoni di provenienza illecita per 167 milioni di euro, il 1.500 per cento in più rispetto al 2012. Sono stati 248 gli usurai denunciati, di cui 49 arrestati: il 200 per cento in più rispetto all’anno scorso.

Le indagini di contrasto all’usura, cresciute del 40% rispetto al 2012, evidenziano inoltre un’evoluzione che le Fiamme Gialle definiscono “associativa” del fenomeno criminale. In molti casi, gli usurai danno vita a vere e proprie società finanziarie illecite, che prestano denaro a tassi impossibili, anche fino al 400%, esercitando attività finanziaria abusiva e usuraria nei confronti di commercianti, piccoli imprenditori e artigiani.

Inoltre, mentre prima l’usura era ricondicibile ad alcune zone del Paese, ora ha raggiunto anche luoghi che ne erano rimasti immuni, come è stato specificato durante la giornata nazionale per la trasparenza e la legalità, promossa da Unioncamere, che ha dedicato uno specifico focus all’usura.

Dalla ricerca emerge che, nel 2012, 11 milioni e 275mila italiani (pari al 18% della popolazione residente) risiedevano in province con un basso rischio di indebitamento patologico o di esclusione dal credito, mentre solo nel 2010 erano oltre 17 milioni (pari al 28% della popolazione).

Maurizio Fiasco, nella sua indagine “Indebitamento patologico e credito illegale nella crisi attuale“, promossa dalla Camera di commercio di Roma, evidenzia come “la stretta finanziaria che dapprima si concentrava sulle microimprese ha posto sotto attacco anche società a sufficiente capitalizzazione e patrimonio. Nuovi territori, soprattutto del Nord Ovest e dell’Emilia Romagna, sono diventati terreno di conquista di questa attività criminosa, che ha due aree di concentrazione: nel Mezzogiorno (soprattutto Campania e Calabria) e nelle province di confine dell’area nord-occidentale“.

Vera MORETTI

Sempre meno credito alle famiglie, sale rischio usura al Sud

Dei 5 miliardi di euro in meno che in questo ultimo anno sono stati concessi alle famiglie italiane, quasi 3 (pari al 59% del totale) sono stati tagliati alle famiglie del Sud Italia. Per contro, come ovvio che sia, si consolida il rischio usura proprio in queste realtà del profondo meridione. Dall’analisi dell’indice del rischio usura realizzato dalla Cgia, emerge che nel 2012 la Campania, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia sono le Regioni dove questo drammatico fenomeno socio-economico ha raggiunto livelli molto preoccupanti. Del resto è normalmente nei periodi più acuti delle crisi economiche che si tende a chiedere aiuto ai vari strozzini.

Dal 2009 sottolinea da Federconsumatori, le consistenze debitorie delle famiglie hanno iniziato a ridursi. Le famiglie hanno cominciato a diminuire fortemente gli acquisti anche rateali fino a tornare a livelli antecedenti il 2008.

Nelle mani degli strozzini

Non ci vuole certo un genio per capirlo. Se da una parte le banche chiudono i cordoni della borsa e dall’altra le aziende devono in qualche modo evitare il fallimento, da qualche parte il denaro è necessario che lo trovino. Trovarlo in uno scenario come quello certificato da Bankitalia, che ha messo nero su bianco come le piccole e medie imprese e le famiglie siano soffocate dalla mancanza di denaro, è ancora più difficile. Almeno per le vie legali…

Ecco allora ampliarsi il fenomeno strisciante e schifoso dell’usura. Secondo i dati diffusi da Sos Impresa e Contribuenti.it, l’usura è in preoccupante ascesa: siamo a una crescita del 155% in un anno, con il picco del 183, 2% della Campania. Secondo questi dati, nel 2013 rischieranno di finire nelle mani dei “cravattari” 3 milioni di famiglie e 2 milioni e mezzo di imprese. Ecco perché Sos Impresa ha messo a disposizione delle aziende un numero verde da chiamare per denunciare e chiedere aiuto: 800.900.767.

Nel rapporto di Sos Impresa, Roma risulta la capitale degli usurai, che si manifestano in un ventaglio di tipologie piuttosto completo: si va dagli insospettabili professionisti o pensionati ai racket criminali organizzati. Sos Impresa sottolinea come spesso la cifra iniziale richiesta agli strozzini sia piuttosto modesta (tra i 5 e i 20mila euro) con interessi che però lievitano fino al 20% mensile. Preoccupante anche il fenomeno dell’usura lampo, gente che chiede soldi alla mattina per restituirli entro la giornata: il ricarico arriva anche al 10%.

Quello che, però, fa più male è che tanto più crescono le vittime, tanto più cala il numero delle denunce: nel 2009 erano stati 369, nel 2011 sono scese a 230. Un calo dovuto alla paura e all’omertà da parte delle vittime ma a anche a una legge antiusura, la 108 del 1996, assolutamente inadeguata. Il suo iter burocratico, secondo quanto dichiara Lino Busà, presidente di Sos Impresa, rende il risarcimento “una pura chimera“, con un percorso giudiziario che dura parecchi anni. Sempre che si abbia la fortuna di arrivare a un risarcimento.

Usura: piaga ancora attuale

Si è appena tenuto la terza edizione del No Usura Day in una delle città italiane, Roma, dove questa piaga è ancora molto forte.
La capitale, infatti, insieme a Napoli, detiene questo triste primato, anche se la questione è tutt’altro che risolta nel resto del Paese.

I dati parlano chiaro: spesso le richieste di aiuto, che arrivano a SOS Impresa, non sono seguite da denunce vere e proprie, ma, al contrario, tutto viene lasciato nell’ombra, forse per paura, forse per la convinzione che neppure la giustizia potrà far luce su questa realtà oscura.
Lino Busà, presidente di SOS Impresa, ha infatti dichiarato che, nonostante le 35.000 richieste di aiuto ricevute in un solo anno, le denunce non sono aumentate, anzi, sono diminuite in modo consistente. In tutto il 2011, ad esempio, sono state solo 230.

Ad oggi, dunque, sembra impossibile sconfiggere l’usura, soprattutto perché, in molti casi, si nasconde dietro la facciata di una società di intermediazione o di servizi finanziari.

Una persona bisognosa di liquidità immediata tende a fidarsi, quando le sembra di avere a che fare con una società, perché dà l’apparenza di fare tutto alla luce del sole e senza inganno.
Ma l’inganno c’è, e viene a galla troppo tardi, quando il prestito, spesso di piccola entità, è già stato concesso e si svela con tassi di interesse esorbitanti, mai a scalare ma, al contrario, fissi o sull’obbligo di acquisto di altri servizi tanto inutili, quanto onerosi.

Quando l’usura non si cela dietro una pseudo azienda, spesso si fa avanti grazie a professionisti insospettabili, che operano collaborando con alcuni bancari che si occupano di “reclutare” i clienti. In questo caso si tratta di finanziamenti superiori a 20mila euro ed è facile capire come sia ancora più difficile uscire da questo pericoloso circolo vizioso.

In rari casi sono proprio i bancari infedeli a diventare i veri e propri usurai, e si autopropongono al malcapitato fingendo di concedere loro il prestito, sempre con la stessa finalità: l’azione espropriativa, che è ancora più grave e subdola del semplice lucro sugli interessi. Il fine è non solo quello di estorcere del denaro ma di spogliare la vittima di ogni suo bene.

Ma nemmeno l’usura mafiosa accenna a calare ma, al contrario, sembra godere di ottima salute. Se, infatti, inizialmente le organizzazioni mafiose si “limitavano” a chiedere il pizzo, ora si sta espandendo a macchia d’olio nel mercato del prestito al nero.

In questo caso, i numeri sono impressionanti, perché dal 2008 al 2011 la presenza dei clan nell’usura si è raddoppiata, passando dal 20 al 40%. E chi pensa che si tratti di una questione che riguarda solo il Mezzogiorno, si sbaglia di grosso, perché questa piaga si è ramificata in ogni parte d’Italia, nord compreso.

A causa dell’usura dal 2010 al 2012 hanno chiuso 450mila aziende aziende commerciali e artigianali con la perdita di oltre 300.000 posti di lavoro, mentre gli italiani invischiati in patti di usura sono cresciuti a 600 mila.

Vera MORETTI

Arriva la nuova legge per combattere l’usura

di Vera MORETTI

E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2012 la Legge 27 gennaio 2012 , n. 3 portante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”.

Il testo, leggibile nella sua interezza sul sito della gazzetta ufficiale, riguarda usura, estorsione e composizione delle crisi da sovraindebitamento ed entrerà in vigore dal prossimo 29 febbraio.

Per anticipare le novità che prevede tale legge, sappiamo che comprende un nuovo tipo di concordato che il debitore in crisi può proporre ai propri creditori per ristrutturare la propria situazione debitoria a condizione che assicuri il pagamento dei crediti privilegiati e dei creditori che non aderiscono all’accordo.
Perché si possa essere ammessi alla nuova procedura è necessario che aderiscano almeno tanti creditori che rappresentano il 70% dei crediti.

Notai salentini contro l’usura

di Giulia DONDONI

Lo scorso 14 gennaio il Consiglio Notarile di Lecce, la Fondazione San Nicola e Santi Medici di Bari e la Consulta Nazionale Antiusura di Bari hanno firmato un protocollo d’intesa per iniziare un  rapporto di collaborazione per aiutare tutti coloro che sono vittime dell’usura, dai cittadini e alle imprese.

Un impegno concreto questo, dove la Fondazione e la Consulta vogliono promuovere la cultura della legalità attraverso azioni di prevenzione di carattere educativo e informativo, ascoltando le vittime di questo crimine, che si tratti di privati o di imprenditori.

I notai di Lecce forniranno consulenza gratuita e applicheranno tariffe ridotte per aiutare i soggetti in difficoltà: “con la sottoscrizione di questo protocollo – spiega il presidente distrettuale Antonio Novembre – il notariato dimostra ancora una volta di essere una istituzione di protezione del sistema economico e sociale in momenti essenziali della vita delle persone e delle imprese, con una visione legale ad ampio raggio, attento agli interessi dei cittadini e della società, cercando di tutelare i soggetti economicamente più deboli”.

Ritardi nei pagamenti: prima causa di fallimento

In Italia un fallimento su tre nel solo 2011 ha avuto come causa il ritardo nei pagamenti. La sentenza arriva da un’indagine condotta dalla Cgia di Mestre.

Ecco i dati emersi: nel 2011 circa 3.600 imprenditori italiani, su un totale di 11.615 che hanno portato i propri libri contabili in Tribunale (vale a dire il 31%), hanno dichiarato di averlo fatto a causa dell‘impossibilita’ di incassare in tempi ragionevoli le propri espettanze.

Secondo i dati Intrum Justitia, la percentuale di aziende che in Europa falliscono a causa dei ritardati pagamenti e’ pari al 25% del totale. Questo significa che la situazione italiana non ha eguali in Europa, arrivando a quota 31%, ben 6 punti percentuali in più rispetto alla media UE.

Ma come si è arrivati a questa situazione di insolvenza? In Italia i ritardi nei pagamenti superano la media europea di circa 26 giorni, vale a dire oltrepassa il 30% del totale. Qualche esempio? Se il committente è la Pubblica Amministrazione si arriva in media alla soglia dei180 giorni, mentre se si tratta di un’azienda privata il periodo scende a 103 giorni.

A ciò va aggiunto il peso della crisi economica che grava sulle aziende: il trend dei ritardi negli ultimi 4 anni è quasi raddoppiato (+97,5 %). Dati imbarazzanti se si pensa che nel 2008 la media per incassare i propri crediti era di 27 giorni, mentre lo scorso anno gli imprenditori italiani sono stati pagati con 53 giorni di ritardo.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre invita il Governo attuale a elaborare quanto prima un provvedimento affinchè venga rispettata la Direttiva Europea sui ritardi nei pagamenti: “Tra il 2008 ed il 2011 hanno fallito oltre 39.500 aziende – ha sottolineato Bortolussi. – La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli ‘sfiduciati’, ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all’aiuto di una banca. E’ un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito”.

Il pericolo più evidente per l’ imprenditoria italiana è l’aumento dell’usura: molte aziende, per far fronte al ritardo sempre più crescente nei pagamenti, potrebbero decidere di rivolgersi a strozzini e associazioni malavitose alla ricerca disperata di un prestito.

Un ultimo dato: a livello territoriale è la Lombardia la Regione che ha subito il numero più elevato di fallimenti, tra il 2008 e il 2011, sia in termini assoluti, sia prendendo in considerazione l’incidenza ogni 10.000 imprese attive. Secondo la Cgia di Mestre nel solo 2011 ci sono stati 31,5 fallimenti ogni 10.000 aziende attive.

Microimprese italiane a rischio usura

Il 51,3% delle microimprese italiane che si sono rivolte a una banca negli ultimi tre mesi ha denunciato un aumento delle difficoltà nell’accesso al credito. A questo si aggiunge il 37% che ha accusato un peggioramento dei rapporti con il sistema bancario. Sono questi i due principali e inquietanti risultati emersi da un’indagine commissionata dalla CGIA di Mestre a Panel Data, su un campione di 800 microimprese (meno di 20 addetti) distribuite su tutto il territorio nazionale.

L’indagine telefonica, realizzata tra il 13 e il 17 ottobre, ha avuto l’obiettivo di verificare, a seguito dell’aggravarsi della crisi economica e finanziaria, se i rapporti tra le microimprese con meno di 20 addetti (pari a circa il 98% del totale delle imprese presenti in Italia) e il sistema bancario sono peggiorati. Dalle risposte emerse, viene confermata la tesi che si sospettava: le banche stanno chiudendo sempre di più i rubinetti del credito.

Lapidario il commento del segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “L’aumento dei costi, dei tassi bancari, la richiesta di maggiori garanzie e le difficoltà sempre più crescenti nell’accesso al credito sono le cause che hanno deteriorato il rapporto tra le piccolissime aziende e il sistema creditizio. L’area geografica che ha maggiormente risentito di questa situazione è il Nordovest: quasi un’azienda intervistata su due, il 48,9%, ha denunciato questo peggioramento“.

Anche nel settore del credito cresce il numero degli “sfiduciati” tra gli imprenditori, coloro che hanno deciso, nonostante i grossi problemi di liquidità che si sono aggravati con la crisi, di non ricorrere all’aiuto di una banca. Infatti, l’86,2% degli intervistati ha dichiarato che non si rivolgerà a un istituto  nei prossimi tre mesi. “Un segnale preoccupante – commenta ancora Bortolussidettato, come dimostra anche questa indagine, dalle misure sempre più restrittive imposte dalle banche alle imprese. Pertanto, questa situazione rischia di indurre molte imprese, soprattutto al Sud, a ricorrere a forme di approvvigionamento del credito in maniera irregolare, con il pericolo di un forte aumento dell’usura e delle attività estorsive“.

Allarme usura, record in Campania

L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre lancia l’allarme: la Regione con il livello più alto di rischio usura è la Campania. Segue il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia. A Nordest, invece, abbiamo l’area meno interessata, o quasi, da questo fenomeno. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, infatti, sono tra le Regioni italiane meno investite dalla piaga dello “strozzinaggio”.

I dati si basano su studi condotti nel 2010 relativi alla disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito.

Dimensionare l’usura solo attraverso il numero di denunce – commenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi – non è molto attendibile perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso e risulta quindi leggibile con difficoltà. Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa piaga. Ma quello che forse pochi sanno, – conclude Giuseppe Bortolussi – sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, per artigiani e commercianti sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici a ricorrere a forme di finanziamento illegali. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni.”

Gli indicatori nazionali nello specifico riportano dati come seguono: il tasso di usura rilevato in Campania, a cui spetta la maglia nera, è di 166,1 (pari al 66,1% in più della media Italia), segue il Molise con il 158,3 (58,3 punti in più rispetto al dato medio nazionale) la Calabria con il 146,3 (46,3% in più rispetto la media Italia), la Puglia con 146,1 (46,1% in più della media Italia), la Sicilia col 134,9 (34,9% in più della media nazionale). Mentre i meno aggrediti dai “cravattari”, o quasi, sono il Trentino A.A., con un indice di rischio usura pari a 46,7 (53,3% in meno della media nazionale). Segue la Valle d’Aosta con 69,8 (30,2% in meno della media Italia), il Veneto con 72,5 (27,5% in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia con 74,7 (25,3% in meno del dato medio Italia).