La guida alla richiesta di indennizzo per danni da vaccino

Il cavallo di battaglia dei no vax, ma anche il timore più grande per tanti indecisi che non si sono ancora vaccinati o che lo hanno fatto perché costretti. Il vaccino anti Covid 19 è stato probabilmente il principale argomento degli ultimi 12 mesi o quanto meno, dall’inizio della campagna vaccinale in Italia. Il vaccino ha contribuito a ridurre la pandemia, a limitare le morti da Covid 19 e la stragrande maggioranza della popolazione, con grande senso civico (o forse per costrizione con evidente collegamento al Green Pass), ha aderito alla campagna vaccinale. Se proprio oggi spariscono molte delle limitazioni per il Coronavirus, forse un po’ lo si deve anche al vaccino che ha contribuito, come sostengono molti esperti, a ridurre un virus talmente grave, ad una specie di raffreddore. Ma non esiste farmaco o vaccino che non abbia delle controindicazioni. Ed in alcuni casi, che non presenti effetti avversi a volte anche gravi e forse più gravi della malattia stessa che il vaccino o il farmaco contrastano. E in questi casi ci sono gli strumenti per essere risarciti.

I danni da vaccino, bufale o verità?

Ripetiamo, anche una semplice aspirina può avere effetti collaterali ed avversi, a volte piuttosto gravi. Inevitabile che la stessa cosa può calzare a pennello al vaccino anti Covid. L’importanza del vaccino, la situazione emergenziale, la crisi epidemiologica e tutto quello che abbiamo passato negli ultimi due anni. Tutto questo è ciò che  ha probabilmente spinto le istituzioni, i virologi e le autorità, oltre che il 90% degli opinionisti e della stampa, a considerare il vaccino anti Covid come il bene assoluto. In situazioni del genere inevitabile che una parte della società, no vax o semplicemente, contrari al vaccino anti Covid, si schierassero dalla parte di chi sostiene che questo siero faccia male.

Cosa sostiene l’Aifa e come la pensano gli scettici,i numeri delle reazioni avverse cambiano

Le posizioni sono distanti anni luce. Basti pensare che, come si legge sul sito “laleggepertutti.it, l’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco da sempre sostiene che casi avversi per i vaccini anti Covid (come è noto non ne esiste solo uno ma sono molti), sono davvero minimi. Sette casi ogni milione di dosi, questa la teoria di Aifa. Sette casi di reazioni avverse considerevoli ogni milione di inoculazioni. L’Aifa parla di reazioni talmente gravi da aver portato al decesso del paziente.

Ma ci sono dati che parlano di reazioni gravi (anche se non necessariamente mortali), in un numero più elevato, nell’ordine di 120 casi ogni 120.000 somministrazioni. Circa 17 di questi 120 casi in media, presentano danni irreversibili nel soggetto inoculato. Si parla di numeri buoni, di rischio calmierato, di danni contingenti. A tal punto che si dice comunemente che questi numeri sono, per il vaccino anti Covid, inferiori a qualsiasi altro vaccino precedente.

Come chiedere i danni da vaccinazione anti Covid

Resta il fatto che in minimo numero o in numero assai ridotto, i soggetti che sono stati penalizzati sulla salute da questa campagna di vaccinazione esistono. Ed hanno diritto ad un risarcimento. Questo nonostante in sede di vaccinazione, a tutti è stato imposta la firma della liberatoria, o meglio di quello che si chiama “consenso informato”.

Esiste da oltre 20 anni, una legge che stabilisce come, un cittadino che subisce danni da un vaccino, deve essere indennizzato. È la legge n° 210 del 92. Questa legge stabiliva che solo nel caso di obbligatorietà del vaccino in questione, il soggetto che ha presentato complicanze irreversibili dovesse essere vaccinato. Orientamento legislativo che è stato più volte ribaltato dalle sentenze della Corte Costituzionale. Gli ermellini della Consulta in pratica, hanno più volte sancito che anche chi ci va volontario a farsi il vaccino, se ha effetti collaterali gravi e invalidanti, può chiedere il risarcimento.

Un indennizzo in caso di danni vaccinali, anche per vaccinazioni semplicemente  consigliate. Il vaccino anti Covid quindi paragonato esattamente a quello anti influenzale, che inizialmente non era previsto dentro il campo di applicazione della legge prima citata non essendo obbligatorio.

Per il vaccino anti Covid,lo stesso del vaccino antinfluenzale

Come per l’antinfluenzale quindi, chi si sente male dopo l’inoculazione, e presenta danni permanenti, può chiedere l’indennizzo. L’orientamento dei giudici non può non partire dal fatto che liberatoria o meno, il diritto alla salute è irrinunciabile. E pertanto, anche sottoscrivendo il consenso informato, è evidente che a chi il vaccino fa male, un risarcimento può spettare.

Esattamente come si legge sul già citato sito, il consenso informato non rappresenta un  “esonero di responsabilità” . SI tratta semplicemente dell’informativa verso il cittadino che viene informato sul tipo di trattamento ricevuto e sui suoi effetti.

Le richieste di risarcimento

Il cittadino che subisce i danni dalla vaccinazione anti Covid può chiedere i danni allo Stato. Esistono infatti delle tabelle a cui fare riferimento che mettono in luce gli importi in base ai danni subiti che naturalmente, variano da caso a caso. Va ricordato che esiste un termine entro cui fare richiesta di risarcimento nei confronti dell’Asl di competenza. In genere ci sono tre anni dalla manifestazione del danno. Un danno che deve essere documentato naturalmente. Servono prove certe per far capire oltre ogni ragionevole dubbio che le patologie rimaste a carico del ricorrente, derivino esattamente dal vaccino.

Il rapporto causa-effetto tra vaccinazione e reazione avversa prevede l’onere della prova a carico del ricorrente. E si tratta di una cosa non sempre facile da dimostrare al 100%. Anche perché si tratta di un rapporto che deve fuoriuscire in maniera lapalissiana. Un collegamento che deve essere certo e non solo probabile. I casi relativi ai presunti collegamenti tra vaccini e autismo per esempio, sono ancora oggi al centro di un serrato dibattito. Diverse le posizioni  tra la comunità scientifica, i governi e le famiglie che si sono trovati in questa situazione. Inevitabile immaginare che molti dei ricorsi verranno respinti. Tutto ciò nonostante il governo ha stanziato soldi proprio per destinarli agli eventuali risarcimenti. Il governo ha messo le mani avanti. Ha stanziato soldi da destinare a chi sostiene di aver subito danni gravi dal vaccino anti Covid. E naturalmente che riesce a provare il nesso tra vaccino e patologia sopraggiunta.

Quarantena COVID lavoratori: quando è pagata e quando no?

Dal primo gennaio 2022 ci sono nuove regole per la quarantena Covid dei lavoratori, se fino al 31 dicembre 2021 la stessa consentiva di avere la retribuzione prevista per la malattia, ora non è più così. Scopriamo quando la quarantena Covid lavoratori è pagata e quando invece no.

Quarantena Covid lavoratori: cambiano le regole

Dal primo gennaio 2022 sono cambiate le regole per la quarantena precauzionale dei lavoratori: coloro che hanno avuto un contatto stretto con un positivo non possono più percepire l’indennità di malattia. Cosa devono fare quindi per non perdere la retribuzione?

La prima cosa da sottolineare è che sono cambiate le regole per la quarantena, infatti dal primo gennaio se:

  • si è positivi sintomatici è necessario restare in quarantena per 10 giorni dall’inizio dei sintomi, eseguire quindi un tampone antigenico o molecolare almeno 3 giorni dopo il termine dei sintomi. In caso di esito negativo si può tornare a lavoro, in caso contrario si resta a casa e si ripete il tampone;
  • se si è positivi asintomatici, dal momento in cui c’è il risultato positivo è necessario attendere 10 giorni e svolgere un nuovo tampone antigenico o molecolare. Se questo è negativo si può riprendere la vita sociale. Nel caso in cui il soggetto sia vaccinato con la terza dose, oppure abbia ricevuto la seconda dose da meno di 120 giorni, è possibile ripetere il tampone di controllo dopo 7 giorni;

Quarantena per contratto stretto

Regole diverse sono previste per chi ha avuto contatti stretti con un positivo, in questi casi le differenze sono dovute anche all’essersi sottoposti a vaccino. In questo caso:

  • Se non si hanno sintomi e si è vaccinati con terza dose, oppure con seconda dose da meno di 120 giorni, non è necessario stare in isolamento, ma occorre indossare la mascherina ffp2;
  • Se si hanno sintomi, sebbene vaccinati, è necessario eseguire un tampone molecolare o antigenico dopo 5 giorni dal contatto;
  • nel caso in cui la seconda dose sia stata effettuata da oltre 120 giorni occorre restare in quarantena (isolamento) per 5 giorni dal momento del contatto e quindi eseguire un tampone;
  • per i non vaccinati in seguito a contatto con un positivo è necessario trascorrere 10 giorni in quarantena e di seguito procedere al tampone molecolare o antigenico.

Quarantena Covid Lavoratori: quando viene pagata?

Fatta questa premessa occorre vedere come comportarsi con il lavoro. Nel caso in cui si sia costretti alla quarantena precauzionale, se il datore di lavoro può “trasformare” il rapporto in smart working, si può procedere in tal modo. In caso contrario non si potrà avere la malattia. Questo vuol dire che, per evitare di perdere la retribuzione, si possono sfruttare le ferie o in caso contrario il datore di lavoro può concedere permessi retribuiti aggiuntivi.

Diverso è il caso del genitore che è costretto a restare in casa perché il figlio, minore di 14 anni, è in DAD (didattica a Distanza) in questo caso è possibile usufruire fino al 31 marzo 2022 del congedo speciale per Covid-19 retribuito al 50%. Se lo studente ha più di 14 anni per i genitori non è possibile usufruire di tale congedo speciali e si viene trattati alla stregua di tutti gli altri lavoratori.

Restano senza particolari tutele anche i lavoratori fragili che, se tenuti alla quarantena precauzionale, non hanno diritto alla malattia ma devono sfruttare le proprie ferie.

Quarantena dei positivi è retribuita?

Naturalmente nel caso in cui la quarantena non sia precauzionale, cioè si tratti di una quarantena per aver contratto il Covid 19, il periodo ha il trattamento economico dell’astensione dal lavoro per malattia. In questo caso è necessario che il medico curante invii il relativo certificato all’INPS come una comune malattia.

La scelta di non considerare più la quarantena precauzionale, cioè quella dovuta a contratto stretto con un positivo periodo di malattia, può sembrare un’ingiustizia.  In realtà tutela tutti coloro che per vari motivi hanno dovuto usufruire per più volte di periodi di malattia per quarantena precauzionale nel 2020 e nel 2021.  Numerosi contratti di lavoro prevedono che non si possa superare il periodo di comporto di 180 giorni e quindi rischierebbero il licenziamento.

Cambia la scadenza del Green Pass: l’avviso per email

Sono sempre più numerosi gli italiani che negli ultimi giorni stanno ricevendo tramite e-mail una comunicazione in cui si sottolinea che cambia la scadenza del Green Pass. Ma cosa sta realmente cambiando e chi deve affrettarsi a prenotare una nuova dose di vaccino?

Cambia la scadenza del Green Pass

Dal 1° febbraio entrano in vigore nuove norme inerenti il Green Pass. Chi ne ha già uno ricevuto in seguito all’esecuzione del piano vaccinale primario (le prime due dosi) o in seguito a guarigione da Covid 19, avrà sicuramente notato che in esso è scritto che la validità è di 9 mesi. Ora però tutto cambia infatti dal primo febbraio la scadenza è a 6 mesi.

Proprio per questo il Ministero della Salute si sta affrettando ad avvisare i cittadini del fatto che cambia la scadenza del Green Pass. Non mancano però polemiche, infatti molti medici di famiglia stanno sottolineando che il messaggio è fuorviante. Il testo afferma: “dal 1° febbraio la certificazione verde Covid-19 non sarà più valida in Italia a seguito del passaggio da 9 a 6 mesi della durata di validità della certificazione per vaccinazione oppure per guarigione post vaccinazione”. Segue l’invito a prenotare un’ulteriore dose booster.

Per i medici di famiglia l’email è poco chiara

Secondo molti medici di famiglia il messaggio è fuorviante in quanto non sono in scadenza tutti i Green Pass. E’ necessario in primo luogo calcolare se quello a propria disposizione è stato rilasciato da più di sei mesi, ad esempio una persona che ha ricevuto la seconda dose dopo il 1° agosto, al primo febbraio avrà ancora una certificazione valida, naturalmente vicina alla scadenza. Lo stesso principio vale per chi è guarito dal Covid dopo il 1° agosto.

La confusione sulla scadenza è generata anche dal fatto che vi è stata una comunicazione spesso frenetica con molti giornali che riportavano delle indiscrezioni come vere notizie. Molti infatti erroneamente pensano che il green pass scada a 5 mesi dal rilascio, questo perché in realtà dopo 5 mesi dal rilascio è possibile sottoporsi alla terza dose.

Cambia la scadenza del Green Pass: cosa cambia dal primo febbraio?

Ricordiamo che ora il Green Pass è necessario per accedere in molti negozi tra cui anche per andare a ritirare la pensione, per andare dal tabaccaio, per entrare nelle varie attività commerciali. Si può entrare senza green pass nei negozi di articoli alimentari, farmacie e studi veterinari. Ricordiamo che come alternativa al green pass rafforzato si può utilizzare il green pass base, cioè un tampone, con esito negativo, eseguito da meno di 48 ore. Infine, il Governo dopo aver reso obbligatorio il vaccino per gli over 50, stabilendo anche la sanzione per chi non si sottopone al piano vaccinale, e di fatto aver molto limitato la libertà di circolazione per chi non ne ha uno, ha istituito il fondo per gli indennizzi per danni da vaccino anti Covid.

Resta da sottolineare che le nuove norme sul Green Pass stanno avendo effetti positivi, infatti sono numerose le persone che si sono sottoposte alla prima dose di vaccino anti Sars-Cov 19.