Doppia etichetta, doppia certificazione!

Il Paese dove è avvenuta la filatura, la tessitura, la nobilitazione e il confezionamento: queste le quattro voci sulla nuova T&F Traceability & Fashion per una più attenta e sicura valorizzazione del sistema moda da parte di Itf-Italian textile fashion, l’organismo di coordinamento delle Camere di Commercio per la tutela della filiera.

Con la duplice certificazione ci si pone l’obiettivo di garantire la tracciabilità e la sicurezza dei prodotti con l’importante specifica del non utilizzo di prodotti nocivi per la salute nel periodo di lavorazione dei tessuti. Ad Unionfiliere dovrà essere richiesta dalle aziende la prima certificazione, mentre all’Associazione Tessile e Salute la seconda.

Intanto, ci pensa Greenpeace, l’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, a fare il punto sull’impegno dei grandi gruppi italiani del settore tessile. L’associazione, fondata a Vancouver nei primi anni ’70, ha pubblicato sul suo sito una sorta di pagella online che valuta i 18 gruppi della moda che hanno aderito a Detox, la campagna contro l’inquinamento lanciata ormai due anni fa. Sul podio, insieme con altri virtuosi come H&M e Mango, ci sono Valentino e Benetton, che hanno il merito di aver intrapreso un percorso per l’eliminazione delle sostanze tossiche all’insegna della trasparenza e della salute.

Mayhoola acquisisce anche Pal Zileri

All’estero il Made in Italy ha un notevole appeal, soprattutto quando si tratta di moda.
E’ passato solo un anno da quando Mayhoola, gruppo proveniente dal Qatar, ha comprato, per la cifra di 700 milioni di euro, la maison Valentino, ma ora torna alla carica con un brand che fa capo alla vicentina Forall, ovvero Pal Zileri e i suoi abiti sartoriali.

Mayhoola for Investment è un veicolo che fa capo ai reali del Qatar ed è una società di partecipazioni che punta a comprare brand noti del lusso e del fashion. In questo campo, si sa, l’Italia non ha eguali, e in Qatar lo sanno bene.

Per la moda Made in italy, infatti, non si tratta certo di una novità, poiché sono tanti, ormai, i gruppi di investitori stranieri ingolositi dall’idea di accaparrarsi dei maggiori marchi nostrani, che spesso, grazie a tradizione e manifattura, non hanno bisogno di presentazioni.

Così hanno pensato i due colossi francesi Lvmh e Kering, che hanno messo le mani sul lusso italiano, impossessandosi rispettivamente di Bulgari e Gucci, tra gli altri.
Queste manovre finora hanno portato un notevole flusso di denaro in Italia ma, data la situazione attuale, si rischia che altri marchi storici che hanno fatto la storia d’Italia vengano venduti in saldo.
E questo sarebbe un male, per l’economia italiana ma anche per il Made in Italy.

Vera MORETTI