Jobs Act, legge di stabilità, partite Iva… che caos

Jobs Act e legge di stabilità, come era logico prevedere, hanno lasciato più amarezza e gente scontenta che facce sorridenti, un po’ in tutte le categorie professionali. I due decreti attuativi, comunque, costituiscono due atti importanti che non sono sfuggiti all’analisi degli addetti ai lavori.

Nello specifico, i consulenti del lavoro hanno trovato pane per i loro denti, tanto che l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese e l’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro – Unione Provinciale (Ancl-up) di Varese hanno dedicato un approfondimento a Jobs Act e legge di stabilità, come testimoniano le parole dei due presidenti, Vera Stigliano per l’Ordine e Ferdinando Butto per Ancl-up Varese.

Con occhio tecnico – sostiene Stigliano -, dico subito che siamo solo all’inizio e che il dettato normativo, ancora una volta ambiguo e lacunoso, non fa che ostacolare la certezza e l’applicazione dei pochi strumenti messi in campo. Confesso che se il fine è ridare impulso all’economia, sostenere le imprese che assumono, ridurre la burocrazia, rendere credibile la giustizia e i suoi tempi, livellare le disparità, da questi due decreti rileviamo che le novità sono un ‘restyling’ degli ammortizzatori sociali e un correttivo al sistema dei licenziamenti e, francamente, questo ‘nonsense’ ci spiazza non poco”.

Dello stesso parere su Jobs Act e legge di stabilità è anche Butto, che precisa: “Ancora una volta un ‘pasticcio all’italiana’, dove chi scrive le norme non è sicuramente chi opera sul campo e soprattutto lo si fa sempre più in maniera poco chiara e con conseguenze che danno adito solo a varie interpretazioni. La legge di stabilità in sintesi consoliderà molti contratti a tempo determinato, creerà nell’immediato e magari per tutto quest’anno nuovi posti di lavoro, ma alla scadenza dei tre anni, se l’economia non dovesse ripartire, i datori di lavoro saranno costretti a licenziare anche chi è stato assunto a tempo indeterminato, generando ulteriore contenzioso. Ovviamente il Governo si è occupato dei lavoratori futuri e non di quelli presenti”.

Un disinteresse per i lavoratori presenti cui Butto guarda con preoccupazione tanto quanto al fenomeno delle cosiddette “false partite Iva”: “Cosa dire dei giovani, troppo onerosi da assumere come lavoratori subordinati e quindi obbligati ad iscriversi e ad aprire partita Iva per entrare nel mondo del lavoro – prosegue infatti -. La legislazione ha concesso fino ad ora la possibilità di iscriversi come Contribuenti Minimi e la Legge di Stabilità ne ha modificato i parametri. I contribuenti minimi, ora ex, diventano i nuovi forfettari che con la nuova normativa saranno ulteriormente penalizzati. Con l’aumento dell’aliquota sostitutiva dal 5% al 15% e dell’aliquota Inps al 30,72%, i ricavi verranno dimezzati passando da 30mila euro a 15mila euro l’anno. La logica conclusione è che con questa tassazione non riusciranno più ad essere competitivi e saranno costretti ad applicare tariffe più alte per sopravvivere, con la conseguente perdita di lavoro e clienti. Bamboccioni o vittime delle tassazioni?”.

Come si vede, l’autogol sul regime dei minimi preoccupa anche i consulenti del lavoro. Per un Jobs Act che pare abbia mantenuto molto meno di quanto avesse promesso.

Partite Iva, pioggia di bombe su Renzi

Le partite Iva sono quelle che, forse, il premier Matteo Renzi si sarebbe aspettato come ultime dei nemici. E invece, dopo gli scivoloni a ripetizione del governo su professionisti, lavoratori autonomi e partite Iva, ecco che contro il presidente del Consiglio scatta il loro fuoco incrociato.

Dopo le ripetute prese di posizione delle diverse associazioni professionali all’indomani dell’approvazione della legge di stabilità che ha fatto strage di diritti e speranze delle partite Iva, in questi giorni tornano alla carica Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione.

Dopo il trattamento riservato al lavoro autonomo professionale dal Governo – attaccano in una nota le tre associazioni di professionisti e partite Ivae dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Renzi di una pronta marcia indietro ancora una volta siamo in attesa che alle parole seguano i fatti. È urgente che il Governo sostenga in Parlamento gli emendamenti al Milleproroghe che prevedono il blocco dell’aumento dell’aliquota della gestione separata Inps e subito dopo metta mano al regime dei minimi e si dedichi a una riforma organica del lavoro autonomo e professionale che preveda il riconoscimento di un’effettiva tutela della malattia e fissi l’aliquota previdenziale al 24% come già previsto per artigiani e commercianti”.

Poi la provocazione: “In assenza di segnali concreti chiederemo a tutti i professionisti, autonomi e freelance di evidenziare esplicitamente nelle fatture che rilasciano ai propri clienti l’aggravio fiscale e contributivo prodotto dalle politiche del Governo. La campagna METTIAMO IN FATTURA IL MALUS RENZI prevede proprio l’indicazione in fattura del “Malus Renzi”, in contrapposizione al bonus 80 euro ben evidenziato nelle buste paga dei lavoratori dipendenti”.

Scateneremo il #VIETNAMDELLEFATTURE”, concludono Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione.

E nemmeno il CoLAP resta a guardare. Dopo che nei giorni scorsi aveva lanciato l’ultima chiamata per il governo da parte delle partite Iva, ora presenta un emendamento al Milleproroghe per bloccare l’aliquota contributiva Inps Gs per i professionisti e le partite Iva esclusiva al 27 % anche per l’anno 2015.

Il CoLAP, riconoscendo il valore del carattere contributivo del nostro sistema pensionistico non chiede l’abbassamento dell’ aliquota, ma la stabilizzazione al 27%, percentuale ragionevole per garantire non solo la sostenibilità della pensione ma anche della vita attuale.

Tutti si sono cosparsi il capo di cenere dopo le ingiustizie inflitte alle partite Iva nella legge di stabilità – dice Emiliana Alessandrucci Presidente del CoLAP -; ora dopo il pentimento è il momento della correzione; si può infatti rimediare, almeno parzialmente, alle vessazioni inflitte ai lavoratori autonomi. Il CoLAP ha presentato un emendamento che prorogherebbe il blocco dell’aliquota contributiva INPS GS al 27% per i professionisti a partita iva esclusiva per tutto il 2015”.

Ma questo non risolve il problema – conclude -, è un provvedimento che da solo non serve, per questo chiediamo il blocco per il 2015 e l’apertura immediata di un tavolo per la costruzione di una proposta; siamo stanchi di trovarci sempre a discutere delle stesse cose! Ci toglie energie, ci ruba tempo e ci riduce opportunità. Non esistono motivi che possano bloccare la nostra, abbiamo segnali importanti che l’emendamento verrà presentato ora però deve anche essere approvato”.

Insomma, se già non lo ha fatto, Matteo Renzi prepari la contraerea: i bombardamenti delle partite Iva sono solo all’inizio.

Vecchio regime dei minimi fino al 30 gennaio 2015

Come sempre accade in Italia, sulle questioni tributarie e fiscali si fanno sempre dei grandi polveroni. Non sfugge a questa regola neppure la telenovela sul nuovo regime dei minimi.

Il passaggio a una tassazione agevolata triplicata al 15% dal vecchio 5% ha spinto il ministro del Lavoro Poletti a gettare acqua sul fuoco, anziché benzina: “Sugli aspetti fiscali del nuovo regime dei minimi – ha detto – sarà il ministero dell’Economia a predisporre opportune modifiche, mentre per gli aspetti previdenziali confermo e mi impegno ad adottare i necessari interventi. Posso anticipare la mia intenzione di incontrare le associazioni e le figure professionali interessate da questo provvedimento nei prossimi giorni per superare i profili critici”.

E, dopo che il premier Renzi ha parlato di “clamoroso autogol”, ecco la possibilità di rientrare nel vecchio regime dei minimi entro il 30 gennaio 2015 a patto che, assicura l’Agenzia delle Entrate, si posseggano i requisiti soggettivi e oggettivi, si chieda di potersi avvalere del regime agevolato previsto dal dl n.98/2011 abrogato dalla Legge di Stabilità 2015 (art.1, comma 85, lettera b, legge n. 190/ 2014) e si dichiari come data di inizio attività il 31 dicembre 2014.

Infatti la legge consente di rientrare nel vecchio regime dei minimi in quanto prevede 30 giorni di tempo per i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa per darne comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Si tratta dell’art. 35 del dpr n. 633/1972, che lascia così una scappatoia grazie alla quale evitare il nuovo regime dei minimi per le attività avviate il 31 dicembre 2014. 

Quello che tutto il mondo professionale si aspetta è però una revisione delle aliquote dei professionisti iscritti nella gestione separata che per il 2015 hanno subito l’impennata vergognosa; se non all’aliquota del vecchio regime dei minimi, al massimo a un 10%. Magari già negli emendamenti che saranno presentati al decreto Milleproroghe, in occasione del quale il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (che già si era battuto per lasciare le vecchie aliquote) ha proposto la proroga del vecchio regime dei minimi anche per il 2015.

 

Quello che è certo è che sul nuovo regime dei minimi si è consumata una delle figure peggiori di un esecutivo che, al netto delle enormi difficoltà nelle quali si è trovato a operare, non ha sempre brillato per lungimiranza nei confronti dei professionisti.