Giorni decisivi per la delega fiscale

Sono in corso in questi giorni le votazioni che riguardano la Delega fiscale che, se dopo il 29 novembre verrà approvata, arriverà direttamente a Montecitorio per una terza lettura.

Il decreto legge sulla Delega fiscale prevede che sia il Governo a definire “linee di intervento per favorire l’emersione di base imponibile, anche attraverso l’emanazione di disposizioni per l’attuazione di misure finalizzate al contrasto d’interessi fra contribuenti, selettivo e con particolare riguardo alle aree maggiormente esposte al mancato rispetto dell’obbligazione tributaria“.

Ciò significherebbe sconti fiscali in dichiarazione dei redditi sulle spese attestate attraverso gli scontrini con misure dette “di contrasto di interessi” perché rendono non conveniente per il cliente rivolgersi a venditori che non emettono ricevuta.
I bonus fiscali verrebbero concentrati sono nei casi in cui le spese dei contribuenti siano relative a beni e servizi forniti da operatori generalmente a rischio di evasione.

Per essere davvero efficace, il beneficio fiscale deve essere molto conveniente, quanto meno superiore all’IVA sul bene o sul servizio acquistato. Se ad esempio il bonus è inferiore al 21% dell’aliquota IVA, al commerciante basta applicare un prezzo al netto dell’IVA perché l’acquisto sia conveniente in nero per entrambe le parti.
Ma anche nei casi in cui lo sconto sia più alto dell’IVA, il commerciante o professionista potrà sempre fare un ulteriore sconto sul netto al cliente, il quale ha comunque il vantaggio di risparmiare subito e senza sforzo.

Questo provvedimento non sta incontrando l’unanimità in Senato e sicuramente sarà casa di ulteriori discussioni nei prossimi giorni.
Il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, ha già espresso parere contrario spiegando che le misure che prevedono deduzioni o detrazioni si sono rivelate, spesso e volentieri, poco efficaci nel contrastare l’evasione e nel migliorare i conti dello Stato.

Ma occorre considerare il vantaggio che tale manovra comporterebbe, ovvero un’incentivazione all’emersione, grazie alla richiesta, da parte del contribuente, degli scontrini fiscali.
E se si tratta di ottenere sconti, non ci si fa problemi a chiedere ciò che spetta.

Vera MORETTI

Contrasto di interessi: di cosa si tratta?

 

D’ora in poi gli scontrini fiscali e le ricevute potranno essere scaricate direttamente dalla dichiarazione dei redditi. La commissione Finanze del Senato ha dato il via libera al ddl di delega fiscale, oltre ad approvare all’unanimità il provvedimento sulle cosiddette cartelle pazze.

Sbarca così anche nel nostro sistema fiscale il cosiddetto contrasto di interessi, che dovrebbe fornire un ulteriore supporto concreto alla lotta all’evasione fiscale

Ma di che cosa si tratta? Il contrasto di interessi consente la detraibilità di scontrini e ricevute sulle spese fatte dai contribuenti: letteralmente starebbe ad indicare il contrasto di interessi fra venditore e compratore, ovvero quando la convenienza a evadere dell’uno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al Fisco da parte dell’altro.

Ma perchè dovrebbe servire da strumento antievasione? L’equazione all’apparenza è semplice: se il contribuente potrà dedurre dalla dichiarazione dei redditi scontrini e ricevute, sarà maggiormente incentivato a farne richiesta all’esercente.

Prima osteggiato, l’emendamento sul contrasto di interessi è passato con l’ok di Palazzo Chigi, lasciando dietro di sè però molte perplessità: il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani ha espresso il suo parere contrario commentando che “le situazioni di deducibilità o di detraibilità di spese già previste si sono rivelate fallimentari sia dal punto di vista dei risultati della lotta all’evasione che dal punto di vista del bilancio dello Stato“.

Alessia CASIRAGHI

Il governo: l’Imu sarà più equa

Ma che cosa sta succedendo al governo Monti, il governo più amico delle tasse degli ultimi anni? Ieri il premier aveva spiazzato tutti aprendo, almeno a parole, a un possibile alleviamento della pressione fiscale entro la fine della legislatura. Miraggio durato lo spazio di poche ore, visto che con una nota nel pomeriggio Palazzo Chigi aveva poi smentito qualsiasi ipotesi che andasse in quella direzione

Ora il Governo, per bocca del sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, fa sapere di stare valutando una diversa distribuzione del gettito Imu nel rapporto tra Stato e Comuni. Il sottosegretario è intervenuto alla Commissione Finanze della Camera e ha fatto sapere che l’operazione sarà probabilmente effettuata utilizzando una legge ordinaria, dato che comporterebbe tempi più brevi rispetto a quelli degli eventuali decreti legislativi necessari.

L’uscita di Vieri Ceriani deriva dal fatto che allo studio della commissione c’era anche la possibilità di inserire nella delega fiscale alcune forme di progressività sull’Imu nei confronti delle famiglie o dei pensionati in difficoltà, oltre alla possibilità di trasferire ai Comuni l’intero gettito derivante dall’imposta. Un’ipotesi che il sottosegretario ha però bocciato:La proposta di attribuzione dell’intero gettito derivante dall’Imu ai Comuni non sarebbe effettivamente realizzabile lasciando invariato l’importo del fondo di riequilibrio – ha detto –. Possono esserci due soluzioni tecniche: da un lato una perequazione orizzontale, con il trasferimento di parte del gettito Imu dallo Stato al fondo di riequilibrio; dall’altro la destinazione diretta di una quota del gettito derivante dall’Imu al fondo perequativo stesso“.

Staremo a vedere. Di chiacchiere sulle tasse – e sulla pelle dei cittadini – se ne sono fatte fin troppe.

Spesometro, l’INT: prorogarlo e modificarne la norma

Oggi, 20 dicembre 2011, il Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), Riccardo Alemanno, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Monti, in quanto Ministro dell’Economia, al Vice Ministro Vittorio Grilli e al Sottosegretario Vieri Ceriani. Nella missiva Alemanno torna sul tema della comunicazione delle operazioni IVA, il cosiddetto spesometro. Nella lettera, non solo si richiede una proroga dell’adempito in scadenza il prossimo 31 dicembre, ma una modifica della norma che regola il nuovo adempimento.

Si legge nella nota: “[…] per richiedere un intervento sulla normativa in oggetto relativa alla comunicazione delle operazioni IVA, sia in merito ai modificati limiti per l’uso di contante, sia per le complicazioni per aziende ed intermediari fiscali, complicazioni che non fornisco alcun vantaggio in termini di lotta all’evasione.
– con la riduzione ad euro 1.000 della soglia per l’uso di denaro contante nei pagamenti non ha più alcun senso il richiamo normativo alla comunicazione della operazioni IVA non fatturate e superiori ai 3.600 euro;
– la limitazione dei 3.000 per le operazioni fatturate non rappresenta una semplificazione ma una complicazione oltre a non fornire un quadro completo, sempre relativamente alla lotta all’evasione fiscale, della spesa totale dell’anno;
– la norma così come attualmente scritta, nonostante i tanti interventi di chiarimento dell’Agenzia delle Entrate, presenta ancora molte difficoltà interpretative già presenti in questa fase in cui il limite delle operazioni fatturate da segnalare per l’anno 2010 è stato aumentato ad euro 25.000 anziché i suddetti 3.000 (scadenza 31/12/2011) […]

La lettera poi prosegue con le richieste: “[…] si chiede un intervento immediato di rinvio relativo alla scadenza del prossimo 31 dicembre 2011, data entro la quale devono essere inviati i dati relativi al 2010, ciò a causa di una effettiva difficoltà da parte di aziende ed intermediari fiscali di individuare correttamente le operazioni da segnalare soprattutto per quanto concerne i rapporti soggetti a contratti o appalti.

Si ritiene che, anche ai fini della giusta lotta all’evasione fiscale, sia necessario conoscere la totalità delle spese sostenute anche dai privati ed avere per le imprese un primo controllo incrociato automatizzato grazie alla trasmissione telematica dei dati ed in questo caso di tutti gli importi fatturati. Ciò è possibile con il ritorno agli elenchi clienti e fornitori estesi anche alle operazioni fatturate in capo a soggetti privati, oppure con l’eliminazione, nell’attuale norma sulla comunicazione operazioni IVA, del limite dei 3.000,00 euro, eliminando contestualmente l’obbligo di indicare il numero delle fatture e il sistema (generico) di pagamento, dati che non forniscono elementi utili per la lotta all’evasione e che rendono solo più complessa la predisposizione degli elenchi […]“.

Alemanno ha inoltre chiarito la piena condivisione di una efficace lotta alla evasione fiscale attuata con strumenti efficaci ma di semplice applicazione, sottolineando come in tutto ciò la telematica possa essere di grande aiuto se ben utilizzata, altrimenti si rischia di creare un ulteriore divario ed ulteriori incomprensioni tra fisco e contribuenti.