Expo 2015, gli americani spendono e fan felice Milano

Gli americani fanno la fortuna di Milano e di Expo 2015. Lo certifica il circuito di carte di credito Visa, che ha rilevato come le transazioni registrate da Visa Europe a Milano nei primi due mesi di Expo 2015 hanno volumi di spesa dei consumatori stranieri per 189,7 milioni di euro, +28,6% rispetto a maggio-giugno 2014.

Sono proprio gli americani i top spender di questa classifica, seguiti da Uk, Francia, Russia e Cina. Insieme questi cinque, nei primi due mesi di Expo 2015, hanno fatto registrare volumi pari a 84 milioni di euro.

Secondo i dati Visa, i consumatori americani hanno speso nel bimestre circa 19 milioni di euro a Milano (+47,6% anno su anno), mentre i visitatori del Regno Unito hanno fatto segnare un picco impressionante di spese a Milano nei primi due mesi di Expo 2015: +82,8%.

I consumatori cinesi, secondi in termini di spesa, hanno fatto ancora meglio, il doppio rispetto agli inglesi, con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2014 del 166%. Sono risultate in calo, invece, le spese di russi e svizzeri.

Fra le categorie merceologiche, anche nel periodo di Expo 2015 in cui protagonista è il cibo, il settore moda/abbigliamento è al primo posto nella spesa dei visitatori stranieri, che lasciano nelle casse di Milano 32,8 milioni di euro, +16% anno su anno. Seguono alberghi e strutture ricettive, con una spesa nel bimestre maggio-giugno di 29,4 milioni, +39,5% rispetto al 2014.

Visa ha poi allargato lo sguardo a tutta Italia e, nel periodo considerato, ha calcolato una spesa totale di 1,4 miliardi di euro, con maggio a quota 869,7 milioni (+19% rispetto a maggio 2014) e giugno a 535,1. Da considerare che, nel bimestre, grazie soprattutto al richiamo di Expo 2015, Milano ha contribuito con una quota del 13,5% sulla spesa totale dei visitatori stranieri in Italia.

Carta di credito aziendale, questa sconosciuta…

Che l’Italia sia storicamente indietro per quello che riguarda i pagamenti con la carta di credito e la moneta elettronica in generale è un dato di fatto. Che lo siamo anche le piccole e medie imprese è invece un dato che deve far riflettere.

Quanto sia il gap che ancora divide le Pmi italiane dall’uso della carta di credito lo ha rilevato una ricerca condotta da Visa Europe in migliaia di aziende in cinque Paesi europei, tra cui il nostro, dalla quale emerge che l’86% delle piccole e medie imprese tricolori non ha ancora una carta di credito o di debito per le spese aziendali. Se si considera che le Pmi italiane sono il 98% delle nostre imprese c’è poco da stare allegri.

Secondo quanto emerge dalla ricerca di Visa Europe sull’uso e la diffusione della carta di credito nelle imprese, contanti e assegni vengono utilizzati dal 40% delle Pmi italiane nonostante le esigenze prioritarie da esse espresse per il benessere della propria attività siano un più efficiente controllo sulle proprie finanze e una maggiore tracciabilità delle spese aziendali, comprese quelle dei propri collaboratori che si trovano a sostenere spese per conto dell’azienda”. Un gap che, di fatto, è un ritardo operativo delle aziende italiane rispetto a quelle straniere, ma che pesa anche in termini di competitività sul mercato.

Fortunatamente un metodo di pagamento più familiare rispetto a quello con carta di credito, ossia quello attraverso l’mPOS è risultato, secondo lo studio di Visa Europe sull’uso e la diffusione della carta di credito nelle imprese, “la soluzione ideale per il 95% delle aziende intervistate”, nonostante all’inizio non sia stato accolto con entusiasmo. Certo è che, oltre alle imprese, anche il mondo professionale non ha estrema dimestichezza con la carta di credito aziendale e con i pagamenti in mobilità; la cosa è ancora più preoccupante dal momento che le novità legislative obbligheranno i professionisti ad adottare dispositivi che ricevano pagamenti di questo genere. Vedremo se anche su questo fronte Visa Europe si muoverà con uno studio ad hoc.

Nato il primo distretto digitale del micro lusso

Due giovani italiani, agli antipodi per lavoro e provenienza, si sono messi insieme per creare qualcosa che prima di loro non c’era.

Si chiamano Filippo, 26 anni, micro-imprenditore artigiano di Milano, e Giorgio, 29 anni, esperto del web di Crotone e sono i due fondatori del Primo Distretto Digitale del micro lusso, rigorosamente Made in Italy.
Inizialmente, nell’ottobre 2012, hanno fondato l’Associazione Giovani Gioiellieri d’Italia, il Primo Network Relazionale dedicato alla Nuova Generazione di Artigiani e Professionisti delle Micro, Piccole e Medie imprese del settore Gioielleria, Orologeria e Accessori, che opera per valorizzare e promuovere le eccellenze creative, l’artigianato artistico e le produzioni di lusso Made in Italy.

Pur occupandosi di una tra le eccellenze italiane che maggiormente si ispira alla tradizione, si tratta si un’associazione che guarda al futuro, specialmente alle seconde generazioni, ovvero quei nativi digitali che, godendo di una certa dimestichezza col web, possono guidare le imprese familiari verso nuove opportunità.

Questa svolta è fondamentale, soprattutto considerando la situazione stagnante dell’economia attuale, perché, se da una parte la gioielleria Made in Italy è caratterizzata dalla micro dimensione delle imprese (3,3 addetti per azienda), è pur vero che deve i suoi bilanci più che positivi all’export (€5,6 miliardi a valore nel 2012.

L’Associazione Giovani Gioiellieri ha individuato, come elementi indispensabili per il comparto, costituire un network di imprese, per valorizzare ulteriormente le esportazioni, ma anche una sempre maggiore digitalizzazione.
In quest’ottica è nata Lux Made In, una innovativa piattaforma di Social Commerce, B2B e B2C, che consente agli orafi, agli artigiani, ai designer emergenti e alle micro, piccole e medie imprese di avere un catalogo internazionale multilingua e vendere online prodotti di pregio, senza intermediari.
Lux Made In gestisce centralmente le Transazioni, le Spedizioni, il Customer Service e il Marketing Digitale a fronte di una fee sulle vendite effettivamente concluse.

Attraverso questa piattaforma, i consumatori stranieri possono venire a contatto con le maggiori realtà orafe italiane, dall’alta gioielleria di Valenza ai cammei di Torre del Greco, dall’oro di Sicilia all’arte orafa etrusca di Arezzo, ma anche condividere esperienze, scambiarsi informazioni ed acquistare oggetti di lusso a condizioni vantaggiose, ma soprattutto certificate.

I due giovani hanno effettuato una ricerca su Google, e si sono resi conto che Made il Italy è il terzo brand più conosciuto al mondo, dopo Coca Cola e Visa, e che tra le ricerche più digitate, “moda e accessori” viene prima di “food and wine”.
Cosa significa ciò? Semplicemente che l’eccellenza manifatturiera italiana ha un potenziale sui mercati esteri ancora inesplorato, che potrebbe dare un’insperata notorietà anche ai settori “di nicchia”, grazie proprio al web.

Lux Made In mette in rete le economie territoriali, i distretti produttivi e le eccellenze artigianali del Made in Italy, valorizzando la cultura, le tradizioni locali e l’expertise manifatturiera delle micro imprese, degli artigiani orafi e dei designer che costituiscono il 94,6% del tessuto produttivo italiano.
Un modello innovativo di aggregazione imprenditoriale per le pmi, che conferisce dignità contemporanea al progetto anni ’90 (mai decollato) del Polo del Lusso Italiano, per salvaguardare la tradizione artigianale e la cultura dei nostri territori dalla campagna di acquisizioni delle conglomerate d’oltralpe.

Prossimo obiettivo dei fondatori della piattaforma è “un processo di internazionalizzazione che consenta ai nostri affiliati di raggiungere i mercati emergenti: Russia, UAE, Cina, Brasile, Sud Africa. I consumatori di questi paesi sono sempre più giovani, benestanti e innamorati dello stile italiano. Li conquisteremo online, grazie all’e-commerce e ai social network”.

Vera MORETTI

Obiettivo Unioncamere: l’internazionalizzazione

Il nuovo obiettivo di Unioncamere? Portare, nei prossimi tre anni, circa 40mila imprese ad accettare la sfida dell’internazionalizzazione. Ad affermarlo è il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, che ha ricordato che “il brand del Made in Italy resta pur sempre il terzo conosciuto al mondo dopo CocaCola e Visa, ma in questo momento il sistema camerale italiano ha oltre sei milioni di imprese impegnate su un asfittico mercato interno e solo duecentomila stanno affrontando un processo di internazionalizzazione. Abbiamo la consapevolezza che il mercato interno ben difficilmente potrà riprendere velocemente. Esistono invece migliaia di microimprese che lavorano per la mondializzazione magari anche senza saperlo e sono protagoniste indirette”.

Carte di credito: Visa pronta ad abbassare le commissioni

Visa, dopo l’apertura di un indagine da parte della Commissione Europea sulla sospetta violazione di regole della concorrenza,  ha deciso di abbassare i costi di alcune commissioni bancarie sull’uso delle carte di pagamento. Il commissario Ue alla concorrenza Joaquim Almunia ha accolto con favore l’impegno di Visa a ridurre le commissioni multilateriali di interscambio e a rendere le regole più trasparenti.

L’indagine che era stata aperta riguardava le commissioni dovute dalla banca del commerciante a quella dell’acquirente nel momento in cui viene usata una carta Visa per operazioni transfrontaliere come in alcuni paesi entro i confini nazionali. La banca dell’acquirente preleva il totale dell’acquisto sottraendo le commissione prima di pagare la banca del commerciante. Per questo motivo i commercianti possono essere tentati di aumentare i prezzi indistintamente per tutti gli acquirenti. Visa ora con questa decisione ha proposto di fissare un tetto all’ammontare medio delle commissioni allo 0,2% del valore pagato con una carta di debito, non cambiando invece le commissioni per le carte di credito a debito differito. Questa riduzione, fa notare la Commissione, è sulla stessa lunghezza d’onda degli impegni già presi da MasterCard nell’aprile 2009.

d.S.