Tassazione delle criptovalute: quali norme si applicano?

Le criptovalute, tra cui la più conosciuta è il bitcoin, sono entrate nel mondo degli investimenti nel 2009 e dal quel momento i sistemi fiscali dei vari Paesi del mondo cercano di capire come tassare i proventi di questa tipologia di investimenti. Ora vedremo le direttive dell’Agenzia delle Entrate inerente la tassazione delle criptovalute in Italia.

Tassazione delle criptovalute: inquadramento degli intermediari

Nonostante siano passati molti anni dall’introduzione delle criptovalute, in Italia non esiste una normativa peculiare per la tassazione delle criptovalute, le varie commissioni tributarie e l’Agenzia delle Entrate nel tempo hanno dato dei punti di riferimento. Il primo atto da tenere presente è la Risoluzione 72/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate.

Cosa sono le criptovalute

Nella Risoluzione la prima cosa importante è la definizione delle criptovalute che sono definite “monete alternative” a quelle tradizionali aventi corso legale ed emesse da un’autorità monetaria. L’Agenzia delle Entrate delinea anche brevemente le caratteristiche di questa tipologia di moneta, o meglio i meccanismi di funzionamento, si tratta infatti di una moneta non avente corso legale che può essere utilizzata per lo scambio di beni e servizi, ma sono le parti a determinarne il valore di scambio delle monete perché appunto non è un “autorità” ufficiale a determinare il valore di scambio. Trattasi infine di una moneta digitale, non ha un struttura fisica e viene detenuta in portafogli digitali definiti wallet.

Tassazione attività di intermediazione

La prima cosa sottolineato dall’Agenzia delle Entrate che l’attività di intermediazione inerente le criptovalute deve essere considerata come prestazione di servizi a titolo oneroso, quindi tali operazioni svolte in modo professionale costituiscono attività rilevante ai fini Iva. L’attività degli intermediari consiste nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa.

Le commissioni degli intermediari trattenute in queste operazioni rappresentano la differenza tra l’importo corrisposto dal cliente che intende acquistare o vendere Bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla società stessa sul mercato e di conseguenza a questo importo deve essere applicato l’articolo 10, comma 1, n.3 del DPR 633 del 1972 che delinea le esenzioni dall’applicazione Iva per le operazioni relative a “valute estere aventi corso legale e a crediti in valute estere, eccettuati i biglietti e le monete da collezione e comprese le operazioni di copertura dei rischi di cambio“. Inoltre l’attività è rilevante ai fini Ires e Irap.

Tassazione criptovalute: quali imposte pagano gli investitori?

Per quanto invece riguarda la tassazione dei proventi da parte degli investitori, la normativa arriva soprattutto dalla giurisprudenza, ma di fatto è ormai consolidata. Le criptovalute secondo l’interpretazione giurisprudenziale prevalente rientrano nell’articolo 67, c ter del Tuir, quindi come cessione a titolo oneroso di valute estere. La disciplina applicabile in questo caso è l’articolo 68 del Tuir che si occupa della tassazione delle plusvalenze nella misura della differenza tra il costo di acquisto della valuta ed il valore della vendita ottenuto nell’anno. Affinché sia operata la tassazione occorre che il valore investito superi euro di 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta. In questo caso la tassazione è al 26% sui proventi dell’attività.

Per l’attività di staking, che prevede la ricompensa per la semplice detenzione di monete virtuali (quindi senza scambio) l’Agenzia delle Entrate ha previsto con la risposta a Interpello n. 433 del 24 agosto 2022 che debba trovare applicazione l’articolo 44 del Tuir comma 1 lettera h. Anche in questo caso si è di fronte a redditi da capitale e di conseguenza viene applicata la tassazione al 26%. Ricordiamo che in caso di perdite è possibile utilizzare lo zainetto fiscale.

Modalità operative per la dichiarazione dei proventi da investimenti in criptovalute

Per quanto riguarda invece le modalità operative, occorre ricordare che se l’investitore opera attraverso un intermediario avente sede in Italia, è questi ad occuparsi di effettuare le ritenute e versarle come imposte in qualità di sostituto. Quindi i proventi dell’attività saranno percepiti al netto, le imposte versate dal sostituto dovranno essere dichiarate e potrebbero esservi eventuali rimborsi. L’intermediario annualmente provvederà ad inviare all’investitore il prospetto delle imposte versate (proprio come il datore di lavoro consegna il CU).

Leggi anche: Le criptovalute devono essere inserite nella dichiarazione dei redditi?

Nel caso in cui l’intermediario attraverso cui si opera non abbia sede fiscale in Italia, non saranno applicate ritenute all’investitore italiano che però dovrà dichiarare gli investimenti nel quadro RW della dichiarazione.

Bitcoin: continua la discesa dei prezzi. Cosa succede?

Gli investitori in criptovalute e in particolare nella più conosciuta Bitcoin, a cui segue Ether, sono sono preoccupati, infatti continua la discesa del prezzo della moneta virtuale più conosciuta al mondo, sotto i 33.000 dollari, e gli analisti stanno cercando di spiegare il motivo ed evitare vendite in massa che porterebbero ulteriori cali.

Bitcoin: le ragioni del successo

Il Bitcoin è sempre stato visto come una grossa opportunità da parte di molti investitori, da parte di altri è invece stato guardato con sospetto. Di fatto per anni c’è stata una costante crescita del valore di questa moneta determinata da un lato dall’elevata domanda e bassa disponibilità, infatti nessuno, a meno che non avesse bisogno di liquidità, cedeva la moneta virtuale più conosciuta al mondo in una fase di forte crescita, dall’altro lato dal fatto che molti volti noti dello spettacolo hanno dichiarato di possederne.

La crescita era determinata anche dal fatto che gli investimenti tradizionali erano poco convenienti a causa del basso costo del denaro determinato dalle politiche espansive della FED e della BCE che per anni hanno mantenuto basso il costo del denaro. A un tratto le cose però sono cambiate e questo ha generato un certo panico tra gli investitori, in particolare quelli meno esperti che sono anche i più numerosi. Si tratta di coloro che non analizzano i mercati ma seguono le azioni altrui.

Perché il bitcoin perde valore?

Cosa è cambiato in questi mesi? E’ difficile stabilire cosa ha realmente portato alla crisi del Bitcoin, di fatto neanche gli analisti sono concrodi e riescono a trovare un’unica ragione. Il mondo reale e il mondo virtuale non sono mai del tutto distanti, infatti è cambiato il panorama economico e di conseguenza questo ha generato una serie di reazioni a catena. Sono aumentati i prezzi al consumo e l’inflazione ha generato una crescente diminuzione di investimenti in Bitcoin da parte di persone che hanno bisogno di liquidità e che comunque hanno timore di investire (ricordiamo che con il Bitcoin si può investire anche nel mercato dei derivati, non si tratta quindi di uno strumento riservato a chi ha patrimoni medio-grandi).

A questo si è unita la decisione dei giorni scorsi della FED di aumentare di mezzo punto il costo del denaro e questa decisione sembra essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché è proprio da questo momento che la discesa del prezzo del Bitcoin e delle altre monete virtuali, criptovalute, come Ether, è stata inesorabile.

Negli ultimi 15 giorni la perdita è stata del 15%. Rispetto a un anno fa la perdita è addirittura del 50%, basti pensare che ora la quotazione è a meno di 33.000 dollari, mentre un anno fa ha sfiorato i 72 mila dollari.

Dai record del 2021 alle perdite di questi giorni

Ricordiamo che il 2021 per il Bitcoin è stato un anno da record e infatti la moneta virtuale ha praticamente raddoppiato il suo valore. A trainare il valore del Bitcoin sono stati i titoli tecnologici racchiusi nell’indice Nasdaq ed è proprio questo che sta facendo registrare perdite notevoli in questi giorni e sta trainando anche il Bitcoin e le altre criptovalute.

Non manca chi ritiene che la diminuzione del valore del Bitcoin sia legato anche ad eventi più “quotidiani”, secondo alcuni analisti molte persone che durante la pandemia avevano investito i loro risparmi, ora cercano di liquidarli perché di fatto si può tornare a viaggiare, a vivere una vita “normale”.

Cosa conviene fare?

Viste le tante variabili in gioco non è facile determinare cosa fare in questa situazione. Il mercato probabilmente ritroverà il suo equilibrio, ma su quali livelli di valore del Bitcoin non è dato sapere. Sicuramente il Bitcoin viene definito un investimento ad alto rischio e di conseguenza c’è il rischio di elevati guadagni ma anche di perdite, solo che molti investitori non lo avevano tenuto in conto. Solitamente quando i mercati sono caratterizzati da elevato nervosismo non conviene molto muoversi, cioè vendere, infatti nel lungo periodo potrebbe esservi una nuova salita dei prezzi.

Chi aveva iniziato i suoi investimenti prima del rialzo del 2021 oggi vendendo potrebbe avere ancora dei guadagni importanti e giustamente molti sono tentati. Il fatto che sul mercato, trascinati dalla paura, ci siano molti Bitcoin disponibili porta ancora di più una diminuzione dei prezzi. La volatilità del Bitcoin d’altronde è nota, nel giorni scorsi è bastata una dichiarazione del magnate Elon Musk a portare un rialzo, infatti il proprietario di Tesla non solo ha dichiarato di possedere Bitcoin, ma ha anche dichiarato che presto accetterà questa moneta per il pagamento delle sue Tesla.

Deve essere ricordato che qualunque sia la scelta, è necessario dichiarare gli investimenti eseguiti in Bitcoin e monete virtuali. Per saperne di più leggi la guida: Le criptovalute devono essere inserite nella dichiarazione dei redditi?

Inoltre eventuali perdite (minusvalenze) possono essere inserite nello zainetto fiscale, scopri cos’è nell’articolo

Zainetto fiscale: cos’è e quali vantaggi porta a chi fa investimenti finanziari

Zainetto fiscale: cos’è e quali vantaggi porta a chi fa investimenti finanziari

Gli investimenti finanziari sono sempre dei rischi e possono generare delle perdite, minusvalenze, e dei guadagni o plusvalenze. I guadagni sono tassati con un’aliquota al 26%, a parte alcune tipologie, ad esempio i Titoli di Stato (ed equiparati) che sono tassati al 12,5%, le perdite invece restano a carico dell’investitore. Lo zainetto fiscale mira ad alleggerire il carico delle perdite. Ecco come funziona.

Cos’è lo zainetto fiscale

Lo zainetto fiscale è un meccanismo di compensazione tra perdite generate dagli investimenti finanziari e guadagni e consente di ridurre l’imponibile o capital gain. Gli investimenti in strumenti finanziari comportano sempre dei rischi di perdite, grazie allo zainetto fiscale è possibile, in sede di dichiarazione dei redditi, indicare le perdite generate dai propri investimenti e i guadagni e compensare le perdite andando quindi a ridurre la base imponibile della tassazione delle rendite finanziarie. Ad esempio, se una persona in un anno ha registrato minusvalenze pari a 2 e plusvalenze pari a 10, non dovrà pagare l’aliquota del 26% su 10, ma potrà compensare le perdite e pagare l’imposta solo su 8.

Nel caso in cui in un anno le perdite, o minusvalenze, siano superiori rispetto alle plusvalenze è possibile utilizzare il meccanismo di compensazione anche per gli anni successivi, questo per un massimo di 4 anni. In questo caso il concetto di zainetto riesce a chiarire bene il meccanismo perché è come se si mettessero in uno zaino le perdite che non sono state compensate con le plusvalenze generate nello stesso anno e le si portassero dietro fino alla totale compensazione.

Su quali minusvalenze e plusvalenze si usa lo zainetto fiscale

Lo zainetto fiscale può essere utilizzato solo per la compensazione di minusvalenze e plusvalenze che abbiano la stessa natura e in particolare che siano classificati come “redditi diversi”. Il Tuir ( Testo Unico Imposte sul Reddito) non ci fornisce una definizione di redditi da capitale e redditi diversi, ma semplicemente fa un elenco dei redditi da capitale all’articolo 44. Sono redditi da capitale:

  • gli interessi e i proventi derivanti da mutui, depositi e conti corrente;
  • gli interessi e i proventi delle obbligazioni e titoli similari;
  • le rendite perpetue;
  • i compensi per prestazioni di fideiussioni e garanzie;
  • i proventi derivanti dalla divisione di utili di società, ad esempio in caso di dividendi derivanti dal possesso di un pacchetto azionario, partecipazioni in società e comunque partecipazione al capitale.

I redditi non catalogabili in quelli visti sono, invece, redditi diversi e tra questi rientrano la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita delle azioni.

Una particolare attenzione deve essere posta anche agli ETF, si tratta di fondi comprendenti diversi prodotti finanziari. In questo caso se trattasi di ETF non armonizzati e quindi che si pongono al di fuori delle norme dell’Unione Europea, la tassazione applicata è quella ordinaria: i ricavi sono tassati con le aliquote ordinarie, come se fossero reddito da lavoro.

Per gli ETF armonizzati, che di conseguenza rispettano la normativa dell’Unione Europea, devono invece essere fatte delle differenze. Questi infatti se generano plusvalenze sono qualificate come redditi da capitale, mentre se generano minusvalenze sono classificate come redditi diversi e di conseguenza non è mai possibile avvalersi dello zainetto fiscale. Le minusvalenze generate dagli ETF possono però essere compensate da altre plusvalenze classificabili come redditi diversi, ad esempio con le plusvalenze derivanti dalla vendita di azioni, ETC, certificati, strumenti derivati come opzioni e futures.

Come si usa lo zainetto fiscale

Ricordiamo che per dichiarare i rendimenti e le perdite derivanti da investimenti finanziari è necessario utilizzare il modello redditi persone fisiche. Deve essere compilato il riquadro che consente di indicare sia le minusvalenze che si portano in compensazione nell’anno, sia quelle che si intende portare in compensazione negli anni successivi.

Esiste inoltre un’altra modalità per utilizzare lo zainetto fiscale. Nella maggior parte dei casi quando ci si affida intermediari finanziari per i propri investimenti, gli stessi fungono anche da sostituti di imposta e aprono un dossier titoli in regime fiscale amministrato. In questo caso sarà la società di intermediazione ad occuparsi degli oneri fiscali e quindi a far valere le minusvalenze, riportarle agli anni successivi se necessario e pagare le imposte dovute. Se l’investitore sceglie il regime fiscale amministrato non ha obblighi dichiarativi.