In aumento i contratti di lavoro a chiamata. Ecco quando può essere stipulato.

Il lavoro a chiamata è uno speciale contratto di lavoro subordinato e può essere stipulato con obbligo di risposta alla chiamata e quindi con riconoscimento di un’indennità di disponibilità oppure senza obbligo di disponibilità alla chiamata e quindi senza nessuna indennità. Questo particolare tipo di contratto per lavoro a chiamata può essere stipulato sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato, senza che si applichi, in questo ultimo caso, la disciplina dei contratti a termine di cui al D.Lgs. n. 368/2001. Ciò significa che per l’instaurazione del contratto a chiamata a termine non devono ricorrere le causali oggettive previste da citato decreto, né devono applicarsi le altre regole, come, ad esempio, il rispetto di alcuni limiti nel caso di proroga o di un intervallo temporale minimo nel caso di reiterazione di contratti.

Lo stesso lavoratore può stipulare:

  • più contratti di lavoro a chiamata con più datori di lavoro;
  • un contratto di lavoro a chiamata in contemporanea con altre tipologie contrattuali

Il contratto di lavoro a chiamata non è compatibile:

  • con il part-time;
  • con l’apprendistato e il contratto di inserimento in quanto sono entrambi contratti che prevedono l’obbligo formativo;
  • con il lavoro a domicilio in quanto la retribuzione è proporzionata alle ore effettivamente lavorate e non alle tariffe di cottimo;

Il contratto di lavoro a chiamata può essere stipulato in qualsiasi settore, ma soltanto nel rispetto di determinati requisiti oggettivi e soggettivi:

  1. per lo svolgimento di attività discontinue o intermittenti (requisiti oggettivi):
    • individuate dai C.C.N.L. o, in attesa che i contratti disciplinino le attività per le quali è consentito il ricorso al lavoro a chiamata, dal Ministero del lavoro con rinvio alla tabella delle occupazioni discontinue annessa al R.D. n. 2657/1923;
    • per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese e dell’anno, che il Ministero ha così definito
    – week-end: periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le 13,00, fino alle ore 6,00 del lunedì mattina;
    – vacanze natalizie: dal 1° dicembre al 10 gennaio;
    – vacanze pasquali: periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo al lunedì dell’Angelo;
    – ferie estive: i giorni compresi nel periodo 1° giugno – 30 settembre.
  2. in ogni caso, per prestazioni rese da lavoratori (requisiti soggettivi):
    • con meno di 25 anni di età (24 anni e 364 giorni);
    • con più di 45 anni di età (45 anni e 1 giorno), anche pensionati.

I requisiti soggettivi sono alternativi rispetto ai requisiti oggettivi sopra descritti e in questa ipotesi non devono essere verificate le condizioni oggettive.
Il lavoratore intermittente o a chiamata non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a parità di mansioni svolte.
Il trattamento economico, normativo e previdenziale è proporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita, come pure tutti gli istituti contrattuali (13.ma e 14,ma mensilità, ferie, permessi, ex festività e Tfr).
Il ricorso al lavoro a chiamata è vietato:

  • per sostituire lavoratori i sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali, nei 6 mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata;
  • da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

Secondo una recente rilevazione Istat, nel 2009 le posizioni lavorative a chiamata hanno raggiunto le 111 mila unità in media annua facendo registrare un incremento del 75 per cento circa rispetto al 2007. Il dettaglio per attività economica mostra che nel settore degli alberghi e ristoranti si concentra circa il 60 per cento del totale dei lavoratori intermittenti. La restante quota è occupata prevalentemente nei settori dell’istruzione, sanità, servizi sociali e personali (12 per cento circa) e del commercio (circa il 10 per cento). Il job-on-call non risulta affatto utilizzato, invece, nel settore dell’intermediazione monetaria e finanziaria.

Le imprese ricorrono al contratto di lavoro intermittente quasi esclusivamente per coprire posizioni lavorative con qualifica operaia, che rappresentano il 90 per cento circa del totale, rileva ancora l’Istat, con un massimo di oltre il 98 per cento nel settore degli alberghi e ristoranti. I dipendenti a chiamata inquadrati come impiegati costituiscono una quota significativa solo nel settore del commercio (36 per cento circa nel 2007 e 30 per cento nel 2009). La regione in cui viene fatto maggiore uso del lavoro a chiamata è il Veneto.