Alt allo “shopping” straniero in Italia. Ma con giudizio…

di Gianni GAMBAROTTA

Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha dichiarato durante l’assise di Cernobbio che sta studiando quale modello straniero applicare al caso italiano per difendere i pezzi più pregiati dell’industria e della finanza nazionali dagli appetiti e dagli assalti di interessi esteri. E ha assicurato che, finita questa fase di studio e comunque in tempi ragionevolmente brevi, adotterà delle misure che saranno efficaci e non contrasteranno con le regole del libero mercato dell’Unione europea.

È una buona  notizia, perché francamente è imbarazzante assistere di continuo allo spettacolo di grandi gruppi internazionali che si portano via i pezzi migliori del made in Italy. E qualche cosa bisogna pur fare, così come ha fatto anni fa la stessa Francia, messa alle strette da grandi gruppi che avevano messo nel loro mirino marchi pregiati del settore alimentare, farmaceutico, energetico. Parigi ha varato delle norme che, di fatto, sottopongono a un placet del potere politico tutte quelle operazioni che potrebbero portare sotto controllo straniero un qualsiasi campione nazionale giudicato di interesse strategico. Qualcosa di simile (ma qui siamo fuori dall’Europa) lo ha fatto anche il Canada, sempre sotto la pressione di un’ondata di interesse eccessivo da parte della finanza internazionale per qualche suo gioiello.

Ora è bene dire subito che queste limitazioni, questi lacci messi al libero mercato non saranno forse entusiasmanti dal punto di vista teorico visto che, da decenni, ci stiamo dicendo e autopredicando che la supremazia del sistema capitalista occidentale si basa appunto sull’assoluta libertà del mercato, il massimo regolatore di tutto, dal quale alle fine arriva sempre la soluzione migliore. Però un Paese, qualunque esso sia, non può neppure assistere passivamente alla migrazione del suo sistema economico. Se poi questa migrazione diventa di massa e rischia di aumentare in prospettiva, è indispensabile intervenire in qualche modo.

E dunque lo è anche per l’Italia  che oggi si trova sotto l’attacco degli interessi francesi: i casi Bulgari, Parmalat, Edison, FonSai dimostrano che lo shopping di Parigi dalle nostre parti è stato abbondante. Viene dopo altri acquisti fatti nel recente passato (Bnl passata a Bnp-Paribas) e potrebbe continuare, visto quello che sta succedendo attorno a Mediobanca-Generali, vero punto di forza del nostro mondo economico e finanziario.

Trovare una regolamentazione, mettere dei paletti, è dunque una misura necessaria. Ma non sarà facile trovare la strada giusta. L’Italia, da anni, non riesce più ad attirare investimenti stranieri. Le ragioni sono tante: la perplessità che la nostra politica suscita nel mondo, la farraginosità della nostra burocrazia, l’inefficienza della magistratura che non riesce ad assicurare la giustizia amministrativa e altre ancora. Comunque resta il fatto che i capitali stranieri non arrivano più, o ne arrivano pochissimi. Ora le barriere pensate da Tremonti rischiano di tener lontani quei pochi che ancora guardano con interesse a quanto c’è di buono nel  nostro mercato. Il ministro dovrà far ricorso a tutta la sua abilità per trovare il dosaggio giusto.