Niente botti nelle maggiori città italiane

di Mirko ZAGO

Mancano poche ore al saluto dell’anno nuovo e come da tradizione, migliaia di persone stanno preparando i loro personali arsenali di botti con cui dare il benvenuto al 2012. Gli avvertimenti della guardia di finanza e le immagini di persone ferite prontamente riproposte nei tg del primo giorno dell’anno non servono a placare il gusto di far esplodere ordigni all’impazzata nella nottata “festaiola” per eccellenza. Quest’anno per ovviare al problema si sono messi d’impegno i primi cittadini di diverse città che con ordinanze speciali hanno messo al bando l’utilizzo di fuochi d’artificio sul suolo pubblico. Uno dei primi Comuni a imporre tale decisione è stato Venezia. Chi verrà trovato a sparare botti dovrà pagare una sanzione che varia da 25 a 500 euro. Si sono adeguati al capoluogo veneto anche Torino, Bari, Palermo. In un secondo momento hanno deciso di vietare i “fuochi” anche Modena, Pesaro, Asti, Olbia e Milano, quest’ultima più attenta all’ambiente. La polvere da sparo rilasciata nell’aria infatti partecipa ad aumentare gravemente le pericolose Pm10 (le polveri sottili responsabili di gravi danni per i polmoni dei cittadini) già elevate a causa dello smog da automobili (infatti il sindaco del capoluogo lombardo ha deciso di bloccare la circolazione del traffico in occasione dei festeggiamenti).

I botti di capodanno oltre ad arrecare danno all’ambiente, a provocare gravi incidenti alle persone (complice la scarsa prudenza e forse l’abuso di alcool che ostacola la percezione del pericolo), sono anche responsabili della morte ogni anno di circa 5mila animali che presi dallo spavento scavalcano recinzioni e si gettano in strada dove spesso finiscono per essere investiti, se non colpiti direttamente da mortaretti o feriti a morte per colpa dei fuochi inesplosi. Una vera e propria tragedia denunciata dalle associazioni per la difesa degli animali che da anni di batte per un esame di coscienza di chi utilizza materiale esplosivo durante il saluto al nuovo anno.

L’ombra della Camorra

Dall’altro capo della medaglia, la riduzione dell’utilizzo dei botti alimenta la crisi del settore mettendo in ginocchio i piccoli laboratori artgiani che con maestria confezionano ogni anno i giochi pirotecnici che affascinano grandi e piccoli con emozionanti giochi di luce. Si tratta di un’arte spessa ripagata con la vita, le condizioni di lavoro precarie in cui imperversano i lavoratori di questi laboratori, spesso più simili a baracche che a fabbriche, sono delle vere e proprie polveriere che di tanto in tanto esplodono, guadagnandosi gli onori della cronaca e riportando in auge il dibattuto tema della sicurezza nei posti di lavoro. Si stima che la vendita di botti legali sia calata quest’anno del 30-40%  secondo i grandi importatori di fuochi d’artificio del napoletano. “Le vendite sono calate proprio tra il trenta e il quaranta per cento. Eppure i prezzi sono identici a quelli dello scorso anno. In pratica, i negozi autorizzati per la vendita di questi articoli, hanno si acquistato, ma senza fare un riassortimento. Segno che la merce è rimasta sugli scaffali” – racconta sulle pagine del Mattino di Napoli Raffaele Perfetto, titolare della Perfetto Srl, la più grande azienda distributrice del Sud Italia. Se questa volta la Cina non è un vero concorrente sleale in quanto alimenta un mercato legale che promette buoni profitti anche dalla rivendita, (“…I fuochi cinesi, sono ben fabbricati, sicuri e hanno un prezzo davvero interessante, impensabile per quelli di produzione italiana” – aggiunge Perfetto) il vero concorrente è la Camorra. Dietro alle bancarelle abusive spesso si nasconde la mafia che fa cassa inquinando il mercato pulito. A rimetterci sono le imprese serie, i venditori regolari, i consumatori che si affidano a prodotti pericolosi e non garantiti.

Aumenta la scelta dei prodotti naturali

di Caterina DAMIANO

Salute e benessere sono sempre al primo posto. E anche quando si tratta di scegliere come purificarsi, curarsi e detergersi, il mondo sempre più spesso sveglie prodotti naturali, che divengono sempre più richiesti.

Il mercato del prodotto naturale si è incrementato nel corso degli anni, andando di pari passo con il trend che vede il corpo al centro della nostra società.  Il corpo dunque, e in ogni suo aspetto: che si tratti di problemi interni o estetici, che si tratti di piccoli fastidi o di minuscoli inestetismi, il naturale va forte, sbancando a volte prodotti chimici (e non) molto affermati.

Secondo quanto emerge dalle stime pubblicate e divulgate al 24° Salone Internazione del Biologico e del Naturale (Sana) a Bologna, i prodotti naturali sono i protagonisti di un grande business destinato a crescere tanto nel mondo quanto in Italia.

Nel primo semestre del 2011 solo nella nostra nazione il mercato dei prodotti naturali è cresciuto: rimedi per il benessere, prodotti naturali per l’igiene e la bellezza, tisane e soprattutto erbe officinali hanno consentito  guadagni da record, e il loro valore sale esponenzialmente. Per quanto riguarda i prodotti erboristici e medici, tramite erboristerie, parafarmacie e farmacie il mercato ha conosciuto un aumento del 12,3%, per un valore totale del comparto di circa 2,44 miliardi di Euro. Il settore cosmesi naturale,  già in costante aumento da anni, ha reso più della cosmetica normale, registrando da solo un giro d’affari di 366 milioni di euro, corrispondente al 3,7% del valore sui 9,2 miliardi dell’intero settore.

Un mercato dunque sempre in movimento, mai statico, grazie al fatto che i prodotti offerti funzionano e offrono valide alternative, spesso anche meno costose e più efficaci, ai prodotti comuni, incidendo profondamente sul senso di salute e di “viver sano” al giorno d’oggi così richiesto e continuamente ricercato.

Il fotovoltaico non brilla più. Lasciano BP e due aziende tedesche

Sono ben due le aziende che in questo periodo hanno dichiarato bancarotta. Si tratta di grandi aziende “green” con base in Germania, esperte nella produzione e installazione di pannelli fotovoltaici, non gli ultimi arrivati insomma. Solon e Solar Millennium dopo anni d’oro hanno dovuto fare i conti con l’imperversare della crisi anche nel settore delle energie alternative, un settore che sembra essere sempre rigoglioso ma che deve scontrarsi con l’enorme concorrenza nata negli utlimi anni. La prima, azienda con sede a Berlino, produttrice di moduli fotovoltaici e la seconda con sede in Baviera, esperta invece nalla progettazione di centrali termodinamiche sono o meglio erano delle potenze del mercato. Solon in particolare sbarcata in borsa già nel 1998, era un pioniere del comparto, con all’attivo numerosi contratti anche governativi.

I governi rivestono un ruolo fondamentale nel sostenere la domanda attraverso politiche che premiano chi utilizza energia pulita e offrendo cospicui incentivi per l’installazione di impianti per la produzione dienergia alternativa. Ma che succede quando i governi decidono di chiudere i rubinetti dei finanziamenti? I cittadini sono molto meno propensi a convertire i loro vecchi impianti di riscaldamento, preferendo conservare qualche soldo nella saccoccia e rimandando l’investimento a tempi migliori. Di certo l’ambiente non trarrà vantaggio ma non si tratta di nulla di così grave. Allargando lo sguardo al mondo produttivo ci si accorge però che dietro a tali politiche dei governi nazionali si celano lavoratori che perdono il lavoro, aziende sul lastrico, e perfino erosione dell’immagine del Paese. Non tutte le colpe sono dei governi ovviamente. L’elevata concorrenza, specie asiatica, rende difficoltosa l’esistenza sul mercato di aziende europee, portando i margini di guadagno a ridursi all’osso.

Un piccolo raggio di sole “Made in Germany” se ne va e con esso la certezza che il futuro dell’energia sia da ricercare nel sole. In queste ore sono stati confermati i rumors circa l’abbandono di British Petroleum verso investimenti nel solare. Sarebbe la stessa azienda in una comunicazione ai dipendenti ad ammettere la volontà di abbandonare, dopo 40 anni di presenza, il mercato del fotovoltaico “a causa dei profondi cambiamenti avvenuti nell’energia solare a livello mondiale negli ultimi anni e BP non è stata capace di generare i margini necessari per affrontare le sfide poste dall’evoluzione dei mercati“. E’ già dal 2009 che l’azienda valuta la chiusura di questo ramo d’attività, periodo in cui ha rinunciato a diverse attività manifatturiere in Spagna. Ci auguriamo che a sostegno del solare giungano risposte chiare e immediate da parte dei governi e istituzioni sovranazionali che garantiscano continuità ai progetti di autonomia energetica intrapresi nel tempo. Ad oggi è di circa 19 Giga Watt la potenza installata in Europa con 27 milioni di metri quadri di pannelli solari installati. Entro il 2012 si conta di arrivare al 10% del fabbisogno complessivo, un traguardo importante, ci auguriamo che quelli di questi giorni siano solo incidenti di percorso.

Mirko Zago

 

Crescita del mercato biologico in Italia

di Caterina DAMIANO

Con il trend della salute e del benessere sempre in auge, il mondo vede accrescere un mercato che anche in Italia si rivela essere particolarmente redditizio: quello dei cibi biologici.

L’intero pianeta vede un incremento annuo di questo mercato del 7% e l’Europa e gli Stati Uniti fanno da capofila, contribuendo a quello che è un business da 19,4 miliardi di Euro. La diffusione del biologico, particolarmente in Italia, è dovuta all’associazione con il “sano”: non vengono infatti utilizzati pesticidi, e sia gli allevamenti che le agricolture biologiche sono mirati alla protezione dell’ambiente.

Le differenze di prezzo si notano, i cibi biologici non sono economici: eppure il mercato biologico è quello con i tassi più alti dell’intera industria alimentare, spiccando nel panorama mondiale. Questo è dovuto alla convinzione, spesso errata, che tra i cibi biologici e i cibi normali vi siano differenze di apporto vitaminico. In realtà, la scelta biologica dovrebbe essere legata più ad una questione etica ed ecologica, ma solo una minima percentuale dei consumatori effettua la scelta in base a queste motivazioni.

In Italia, il mercato biologico si trova a toccare le vette del miliardo e mezzo, ed è destinato a crescere, specie con l’aumento di aziende tutte nazionali che vanno d’accordo con l’88% degli Italiani che si battono per avere in tavola prodotti della propria patria, a scanso di eventuali problemi di salute dovuti ad epidemie straniere.

I consumatori del biologico sono di ambo i sessi: se le donne ricercano nei prodotti biologici la salute e la linea, gli uomini si rivolgono al settore per questioni per lo più sportive o di estetica, per l’alto contenuto di nutrienti . Anche questo contribuisce a rendere questo mercato in continua espansione, nonostante la crisi. A sottolineare, come sempre, che quando è ora di pensare al benessere e alla salute, l’Italiano non sente il disagio economico.

Crisi di panico da regali di Natale? Consolatevi…

di Alessia CASIRAGHI

Vi sentite in colpa perché non avete ancora comprato i regali di Natale? Consolatevi, non siete i soli. Secondo l’annuale indagine di Confcommercio sugli acquisti per i regali di Natale 2011 otto italiani su dieci acquistano i doni natalizi nel mese di dicembre, ma ben uno su tre, dato in aumento rispetto allo scorso anno, aspetta la settimana immediatamente precedente il Natale per darsi da fare tra pacchetti, pacchetti, shopping compulsivo, traffico estenuante e ricerche inconcludenti.

Ma dove comprano i regali gli italiani? E’ in aumento anche la percentuale di chi ricorrerà ai punti vendita tradizionali, +4,8% rispetto al 2010, mentre una grossa fetta di acquirenti lo farà via Internet (+5,6%). La maggior parte tuttavia, acquisterà presso le grandi strutture commerciali, saranno il 62,8% nel 2011 contro il 61,8% nel 2010.

Qual è la stima di spesa per i pacchetti da mettere sotto l’albero? Il 60,7 % degli intervistati dichiara di prevedere un budget variabile tra i 100 e i 300 euro, mentre diminuisce la quota di chi spenderà più di 300 euro. Di questi il 59,2% pagherà in contanti, mentre il resto si dividerà equamente tra bancomat (20%) e carta di credito (20,7%).

I meno spendaccioni? Facile a dirsi, i giovani, soprattutto provenienti Centro e del Sud Italia. Mentre per quanto riguarda la tipologia di acquisto Confcommercio mette al primo posto i generi alimentari (71,2%), seguiti dai prodotti per la cura della persona (63,7%) e da giocattoli e giochi per bambini (54,2%).

A causa della crisi economica, sono in calo gli acquisti di capi di abbigliamento, libri, Cd e Dvd e vino. Ma il Natale 2011 sarà soprattutto tecnologico. Il 17,6% degli intervistati opterà per telefoni cellulari, il 4,5% per smartphone e l’1,2% per i tablet. Pensateci, l’anno prossimo se non altro potrete acquistare i vostri regali comodamente dal vostro iPad…

Nokia University Program: tre donne dietro l’app vincitrice

di Manuele MORO

Un indizio non costituisce una prova, d’accordo, ma si tratta comunque di un segnale estremamente incoraggiante.

Mentre in ambito hi-tech tanto si discute della disparità tra i sessi nell’accesso e nella fruizione della tecnologia e di quali provvedimenti adottare affinché le donne riescano a colmare il digital divide che ancora le separa dal genere maschile, un’applicazione mobile tutta al femminile che trionfa all’ottava edizione del Nokia University Program fa davvero ben sperare.

Come chiaramente suggerito dal nome, il concorso lanciato dal celebre brand finlandese era rivolto a tutti gli studenti universitari d’Italia, a cui veniva chiesto di ideare un’applicazione per smartphone e di realizzare un business plan in grado di sostenerne il lancio.

A portarsi a casa il primo premio sono state Carmen Bonuomo, Elena Martiradonna e Maria Costantina Mormando, studentesse in Marketing Management all’Università di Foggia: la loro E-school ha infatti nettamente prevalso sugli altri progetti finalisti, aggiudicandosi anche la menzione speciale di Repubblica.it, assegnata in base al voto espresso dagli utenti del sito.

E-school parte dall’idea che qualsiasi esperienza accademica possa essere concepita innanzitutto come una complessa rete di rapporti interpersonali e si propone quindi come strumento in grado di unire trasversalmente tutti gli attori della vita scolastica, ossia studenti (e famiglia), professori e istituto.

All’atto pratico ciò si traduce in un’applicazione composta da cinque sezioni: News, riservata alle comunicazioni ufficiali, come chiusure scolastiche e gite; Agenda docente, dove i professori possono registrare informazioni sui propri corsi e chi li frequenta; Agenda studente, una bacheca virtuale in cui ciascun alunno può annotare le proprie attività, didattiche e non; Andamento studente, affinché anche i genitori possano controllare assenze e voti con facilità; Community, per favorire la comunicazione tra i vari soggetti sopraccitati.

“E-school è alla portata di tutti e mette in contatto ruoli spesso convergenti tra di loro”, commentano soddisfatte le vincitrici. “Con questo progetto abbiamo dimostrato come la sensibilità femminile possa sviluppare tecnologie sempre più vicine alle esigenze dei vari utenti. È la stessa sensibilità femminile che porta le donne a valutare ogni situazione nei minimi dettagli”. 

Oltre agli onori della cronaca, le tre studentesse dell’ateneo pugliese si sono anche guadagnate la possibilità di vedere la propria idea trasformata in realtà: i primi tre progetti classificati saranno infatti affidati agli sviluppatori Nokia e diventeranno delle vere e proprie applicazioni per smartphone da lanciare sul mercato.

Cenone di Capodanno? Meglio il discount!

di Alessia CASIRAGHI

Cenone della Vigilia, pranzo di Natale, abbuffata di Capodanno. Le feste natalizie sono all’insegna della buona cucina e della riscoperta delle delizie gastronomiche del Bel Paese. Natale a parte, la vendita di prodotti alimentari ha segnato una netta ripresa nell’ultimo quadrimestre del 2011, con un +0,7% nel mese di ottobre rispetto a settembre. Lo rivela un’indagine dell’Istat secondo cui le vendite dei beni alimentari al dettaglio hanno registrato un trend positivo, con una crescita su base annua dello 0,9% per il 2011. L’indagine Istat ha evidenziato inoltre come nella grande distribuzione siano i discount alimentari a guadagnare in termini di vendite, con un + 2,9% rispetto alle altre categorie di esercizi.

A frenare gli entusiasmi, il Codacons, secondo cui la crescita registrata a ottobre sarebbe il frutto di un effetto ottico, dovuto al fatto che i dati presi in considerazione , incorporano sia la dinamica delle quantità che dei prezzi. Se nel mese di ottobre 2011, secondo l’Istat, a causa dell’aumento dell’Iva, si era registrata una inflazione record, su base annua, pari al 3,4%, questo fa dedurre che gli italiani continuano a mangiare sempre meno rispetto al 2010. Si tratta quindi di un sintomo più che evidente della povertà crescente che colpisce le famiglie italiane, confermata anche dal calo delle vendite degli ipermercati (-1,3% su base annua) a vantaggio dei discount (+2,9%).

Le famiglie italiane, costrette ad abbandonare i negozi tradizionali e gli ipermercati, pur avendo questi ultimi prezzi inferiori anche del 20% rispetto all’esercizio sottocasa, preferiscono il discount. Il risultato? Gli italiani abbandonano i brand leader della produzione alimentare italiana, e acquistano prodotti sconosciuti ma più economici, causando con un danno economico notevole per tutte quelle industrie che avevano fatto da traino all’economia nei decenni passati. E’ il gatto che si mangia la coda, insomma, o forse nemmeno quella.

Il rientro dopo una lunga malattia: questione aperta per le aziende

di Caterina DAMIANO

Tornare a lavorare dopo una malattia lunga o difficoltosa può risultare stressante per il dipendente, ed il rientro del dipendente malato è ancora un problema aperto per le aziende. Questo è quanto emerge da una ricerca della Fondazione Giancarlo Quarta, che ha voluto dare voci ai lavoratori malati gravi e cronici.

Una selezione di questi lavoratori ha ricevuto un questionario sul tema, e per scoprire l’attenzione della imprese a questo problema, lo stesso questionario è stato inviato anche a direttori generali e del personale.

Purtroppo è doveroso precisare che su 2.500 questionari inviati solo 119 sono stati rispediti, cosa che sottolinea come l’attenzione al percorso di questo tipo di dipendenti sia minima e sottovalutata, questo nonostante buona parte delle aziende contattate dalla Fondazione (il 70%) abbiano dichiarato di notare l’espansione del problema e di conoscere dipendenti in queste condizioni. Per quanto riguarda invece i questionari rispediti, il problema risulta di gran rilievo non solo per il malato ma anche per l’azienda.

Il dipendente è spinto a rientrare subito quando gli è possibile per lo più per un motivo: quello di tornare alla normalità dopo un grosso scompenso dovuto alla patologia. Questa aspettativa lo porta però ad essere assalito da paure e angosce d’ogni sorta: da quelle di venire visto come un debole, a quello di essere messo da parte o di percepire pietà negli atteggiamenti di collaboratori e superiori. Nel caso ad ammalarsi sia un dirigente, inoltre, questo viene amplificato: la posizione importante stressa e da maggiori responsabilità, e l’idea che i dipendenti diano più spazio alla pena che alla posizione di guida diviene un grosso ostacolo da superare.

Il punto di vista dell’azienda nei confronti del malato, inoltre, è ancora instabile: divisa tra imbarazzo, problemi di approccio e di inesperienza, crea maggiori insicurezze al soggetto interessato. Nonostante la maggior parte delle aziende (il 42%) sostenga che il malato debba essere trattato con pari dignità e con maggiore attenzione, un numero minore lo vede come un problema organizzativo o un caso umano. Gran parte delle aziende inoltre dimostrano di non sapere in cosa consista un percorso di sostegno per i malati, cosa che sottolinea quanto ci sia ancora da lavorare.

Inflazione: nel 2012 salirà al 2,4%

Inflazione al +2,4% in media d’anno nel 2012. E’ la previsione dell’INDIS, Istituto dell’Unioncamere specializzato nella distribuzione dei servizi (che periodicamente riunisce operatori delle diverse filiere e rappresentanti delle istituzioni) che ha effettuato anche una valutazione delle ripercussioni delle manovre estive e del decreto “Salva Italia” sui prezzi al consumo.

Le previsioni per il 2012: inflazione al 2.4%. Rincari per le tariffe pubbliche

L’aumento delle tariffe pubbliche, l’innalzamento dell’Iva e delle imposte sui carburanti hanno causato un rialzo dell’inflazione che la colloca ben al di sopra delle retribuzioni contrattuali. Tra i principali interventi del decreto “Salva Italia” varato dal Governo Monti, alcune misure, rileva l’Unioncamere, vanno ad impattare in misura sensibile sull’inflazione: oltre all’aumento dell’accisa sui carburanti, all’introduzione del super bollo sulle auto di grossa cilindrata e sulle attività finanziarie, il previsto intervento sulle aliquote dell’IVA (che scatterà automaticamente in assenza di una riforma assistenziale e fiscale varata entro il mese di settembre del prossimo anno) determinerà un innalzamento dell’inflazione di un punto e mezzo percentuale a regime, anche se tempi e modalità di revisione dei listini dipenderanno dal vigore della domanda interna, che per il 2012 è prevista di segno ampiamente negativo. Ammettendo tale scenario, il 2012 dovrebbe chiudersi con una variazione dei prezzi al consumo pari al 2.4% in media d’anno. In una situazione di dinamica salariale in rallentamento, tale situazione contribuirà ad aggravare l’erosione del potere d’acquisto da parte delle famiglie. Tra i vari aggregati, attesi forti rincari per le tariffe pubbliche, soprattutto in ragione dei tagli ai trasferimenti locali stabiliti dalle manovre correttive dei conti pubblici varate nel 2011.

Il 2011 si chiude con rincari superiori al 5% dei prezzi alimentari alla produzione

È proseguita nei mesi autunnali la corsa dell’inflazione alimentare: ad ottobre l’Osservatorio “Prezzi e mercati” di Indis-Unioncamere certifica per il paniere integrato di 46 prodotti una variazione in aumento pari al 5.7% su base annua, con un incremento superiore al mezzo punto percentuale rispetto al mese precedente. Gli aumenti risultano trasversali ai vari reparti ma hanno interessato in modo specifico le carni (+8.7% tendenziale) e lo scatolame (+6.9%). Per quel che concerne le referenze soggette alle maggiori tensioni, oltre ai noti aumenti messi a segno negli ultimi dodici mesi dallo zucchero (+22.8%), dall’olio di semi (+18.9%) e dal caffè in grani (+17.9%), vanno annoverati quelli relativi alla carne di vitello (+12.7% tendenziale) ed alla carne in scatola (+9.7%). Sul fronte dei prezzi al consumo, la componente trasformata dell’aggregato alimentare sperimenta una moderata progressione: ad ottobre il saggio di crescita si è portato al 2.8% su base annua dal 2.6% di agosto. Si confermano oggetto dei rincari più elevati i latticini (in testa grana padano e parmigiano reggiano, rispettivamente +10.9% e 9.9% anno su anno), lo zucchero (+16.1%) ed il caffè (+16.4%). Le anticipazioni degli operatori della grande distribuzione e della distribuzione organizzata per le negoziazioni con l’industria prevedono per i mesi a venire un graduale rallentamento dei prezzi dei generi alimentari.

Effetto IVA e tariffe pubbliche: inflazione ancora sotto pressione

Complice l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria dell’IVA, passata dal 20% al 21%, per i prezzi al consumo è stata rilevata la variazione in aumento più elevata degli ultimi tre anni (+3.4% tendenziale). Il contributo più significativo all’accelerazione proviene dai settori dei beni non alimentari (ad ottobre +2.2% tendenziale, con un aumento dello 0.7% nel solo mese di ottobre) e da quello delle tariffe pubbliche, in recupero dall’1.5% di agosto sino al 2.4% di ottobre. Sui beni non alimentari incide in buona misura l’adeguamento dell’imposta sul valore aggiunto disposto dalla manovra anti crisi di settembre. Nel complesso tutti i gruppi merceologici del comparto sono stati interessati da aumenti sostanziali ma alcuni di essi hanno mostrato maggiore velocità nel revisionare al rialzo i listini: si tratta dell’abbigliamento (+1.1% su settembre), delle autovetture e dei motocicli (+0.8%) e dei generi casalinghi (+0.6%). Procede sostenuta, nel contempo, la marcia dell’inflazione tariffaria: il saggio di crescita tendenziale relativo al mese di ottobre è pari al 2.4% se misurato con l’indice interno per l’intera collettività ed all’8.5% prendendo in esame l’indice armonizzato, che quantifica l’effettivo aggravio di spesa sostenuto dalle famiglie. Guardando a quest’ultimo indicatore è possibile constatare come le tensioni accomunino le categorie delle tariffe locali (+9.9%) e di quelle energetiche (+9.8%). Spiccano i ritocchi messi a segno dai trasporti locali (a settembre ed ottobre aumento superiore al 10%, per effetto dell’entrata in vigore dei nuovi tariffari dei mezzi pubblici in molti Comuni, tra cui Milano) ed il gas naturale (l’incremento tendenziale del 12.8% su base annua è l’effetto congiunto dell’aggiornamento trimestrale delle condizioni economiche della tutela disposte dall’AEEG e dell’innalzamento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria IVA che grava sui primi 480 metri cubi di consumo domestico).

Fonte: unioncamere.gov.it

d.S.

Acconto Iva 2011

Anche sull’ultima pagina del calendario, alcune scadenze fiscali da non dimenticare e, tra queste, l’acconto Iva. Martedì’ 27 dicembre è, infatti, l’ultimo giorno per versare l’anticipo d’imposta sul valore aggiunto 2011 senza incorrere in sanzioni e interessi.
Di seguito un breve riepilogo per precisare quali sono i contribuenti interessati e quali quelli esentati o esclusi e per spiegare le procedure di calcolo e le modalità di versamento.Chi può fermarsi qui…
Meglio mettere subito in chiaro, evitando di perdersi nella lettura di dettagli inutili, in quali casi il titolare di partita Iva non è tenuto a versare l’acconto. Intanto, va ricordato che l’anticipo è dovuto solo se, fatti i conti, il suo importo risulta superiore a 103,29 euro.

La platea dei chiamati in cassa si assottiglia ulteriormente eliminando gli appartenenti alla categoria degli esonerati perché in situazioni particolari, e cioè:

  • coloro che hanno intrapreso l’attività nel corso del 2011 o, viceversa, l’hanno cessata alla data del 30 novembre di quest’anno, se contribuenti mensili, ovvero al 30 settembre, se trimestrali
  • gli imprenditori individuali trimestrali, che hanno affittato la loro unica azienda entro il 30 settembre 2011, e quelli mensili, che l’hanno invece fatto entro il 30 novembre. Entrambi non devono essere soggetti passivi ai fini Iva per altri tipi di attività
  • i contribuenti a credito nella dichiarazione annuale 2010, anche se hanno richiesto il rimborso
  • coloro che sanno già di chiudere a credito il 2011, anche se hanno effettuato, in base al regime applicato, un versamento per dicembre o per l’ultimo trimestre 2010 o in occasione della dichiarazione 2010
  • nei casi espressamente previsti da specifici provvedimenti legislativi per calamità naturali
  • gli operatori che nel 2011 hanno effettuato esclusivamente cessioni di beni o prestazioni di servizi esenti o non imponibili.

Riguardo all’ultima ipotesi, però, ci sono delle limitazioni da segnalare. L’acconto va, infatti, ugualmente versato se il contribuente ha effettuato operazioni intracomunitarie, determinate prestazioni nel settore edilizio o ha acquistato oro e argento tramite reverse charge.

Appartengono, invece, alla platea degli “esclusi” dal versamento di dicembre, le categorie che applicano regimi speciali e quindi:

  • gli agricoltori in regime semplificato e quelli esonerati dalla tenuta delle scritture contabili perché con volume d’affari inferiore a 7mila euro
  • i contribuenti “minimi”
  • gli imprenditori e i lavoratori autonomi che usufruiscono del regime agevolato previsto per chi intraprende nuove iniziative imprenditoriali (articolo 13, legge 388/2000)
  • gli operatori dei settori intrattenimento, gioco e spettacolo
  • i raccoglitori e i rivenditori di rottami, cascami, carta da macero, vetri e simili, esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta
  • le associazioni sportive dilettantistiche e le Onlus che hanno optato per il regime forfetario.

…e chi non deve dimenticare la scadenza
Esclusi i casi specifici sopra elencati, l’appuntamento del 27 dicembre è per tutti coloro (compresi gli enti territoriali), già titolari di partita Iva nel 2010 e attivi nel 2011, che hanno chiuso lo scorso anno con un debito Iva (mese di dicembre per i mensili, quarto trimestre 2010 per i trimestrali) e in posizione debitoria anche nel 2011.
Sono interessati, quindi, salvo sempre le eccezioni, i contribuenti mensili, trimestrali ordinari e “speciali”, i residenti all’estero identificati direttamente ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Tre opzioni di calcolo
Per la determinazione dell’importo da versare è possibile scegliere fra tre diversi procedimenti di calcolo: storico, analitico o previsionale.
E’ il contribuente a scegliere quello a lui più adatto.

Metodo storico
E’ senz’altro il più diffuso ed è quello a meno rischio di errore. Si basa sulle operazioni svolte nell’anno precedente ed è uguale all’88% del tributo versato per quel periodo al lordo dell’acconto.
In particolare, il calcolo prende le mosse dalla liquidazione:

  • periodica del mese di dicembre 2010 per i contribuenti mensili
  • annuale Iva o dal modello Unico, per i trimestrali ordinari
  • periodica relativa al quarto trimestre 2010, per i trimestrali “speciali”.
Metodo previsionale
Il calcolo parte da un’ipotesi di realizzo. Va da sé che conviene applicarlo nel caso di un’attività dai toni minori rispetto all’anno passato. Con un volume d’affari più basso, infatti, scenderà anche il debito Iva rispetto al 2010 e, quindi, seguendo il metodo storico, il risultato sarebbe sicuramente superiore all’importo effettivamente dovuto. Anche in questo caso, la percentuale da versare è uguale all’88% della previsione di debito per il 2011.
È importante, però, che le “aspettative” siano reali, perché nel caso di minore imposta versata, a liquidazione Iva definitiva, entrerebbe in gioco la sanzione per “versamento carente”.
L’acconto previsionale è al netto dell’eventuale eccedenza detraibile riportata dal mese o dal trimestre precedente.Metodo analitico
L’ultimo sistema non lascia spazio a margini di incertezza; si basa, infatti, sulle operazioni realmente effettuate, registrate o che dovevano essere registrare dal 1° al 20 dicembre, in caso di contribuenti mensili, dal 1° ottobre al 20 dicembre per i trimestrali. L’acconto, in questo caso, è pari al 100% del debito Iva risultante dalla relativa liquidazione straordinaria.

Pagamento a senso unico
Canale telematico obbligatorio per il versamento, che va effettuato utilizzando il modello F24. L’acconto può essere compensato con eventuali crediti d’imposta o contributivi.
I suoi codici tributo sono: il 6013 (“mensili”) e il 6035 (“trimestrali”).
L’acconto andrà poi scalato dall’Iva dovuta per il mese di dicembre 2011 (nel caso dei contribuenti mensili), per il quarto trimestre 2011 (nel caso dei contribuenti trimestrali).

Sanzioni, sopra i 50mila scatta la “penale”
Qualche riga anche per chi salta la scadenza del 27 dicembre.
La sanzione amministrativa applicata per omesso, insufficiente o ritardato versamento dell’acconto Iva è pari al 30% della somma dovuta, più gli interessi.
Penalità più leggera per chi ricorre al ravvedimento operoso e cerca di rimettere le cose a posto. In tal caso la sanzione scende al 3% dell’importo, per i versamenti effettuati entro 30 giorni dal termine naturale, al 3,75% se il conto è regolato entro la presentazione della relativa dichiarazione annuale.

Il 27 dicembre segna anche la data limite per versare l’Iva relativa allo scorso anno, se di importo superiore a 50mila euro, senza incorrere nella sanzione penale; la violazione che va oltre tale entità, infatti, assume valenza di reato.
L’imposta a debito da controllare è quella che risulta dalla dichiarazione annuale 2010 (modello Iva 2011), presentata entro lo scorso 30 settembre.
La pena prevista è la reclusione da sei mesi a due anni.

Anna Maria Badiali

Fonte: Fiscooggi.it