Mercato del lavoro e occupazione di qualità

Migliorare il mercato del lavoro per un’occupazione di qualità. E’ l’obiettivo delle proposte avanzate dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, che ha elaborato un documento per illustrare alcune idee nell’ambito del dibattito sulle riforme del mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Idee che si basano sull’esperienza di 28.000 professionisti che quotidianamente assistono 1 milioni di aziende e 7 milioni di rapporti di lavoro. Le proposte sono state formulate dai consulenti del lavoro in occasione di un incontro presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di oggi pomeriggio.

Nel documento, per quanto riguarda il primo capitolo, quello dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, si sottolinea che, tra le principali problematiche che le aziende devono affrontare in occasione di un’assunzione, c’è l’individuazione dei profili più adatti alle loro esigenze.

Per questo, si ritiene indispensabile realizzare una banca dati centralizzata e aggiornata in tempo reale che consenta un accesso univoco a tutti gli operatori del mercato del lavoro. “Seppure l’esperienza in corso con lo strumento ‘Click Lavoro’, presso il ministero del Lavoro, costituisce – si osserva – un buona base di lavoro, esso consente una visibilità parziale dell’occupazione”.

In secondo luogo, propongono, “è necessario sviluppare interventi per avvicinare gli studenti, soprattutto universitari, al mondo del lavoro”. “In altri termini, è necessario produrre un intervento normativo – si spiega – che agevoli le università italiane a introdurre percorsi formativi con esperienze significative di tirocini in azienda. Per esperienze significative si intende che la presenza certificata in azienda di studenti universitari consente loro di acquisire crediti formativi utili per il raggiungimento del titolo accademico”.

Un secondo capitolo riguarda l’occupazione di qualità. Al riguardo, si ritiene che le forme contrattuali oggi esistenti, indipendentemente dal numero, non costituiscono il principale problema all’occupazione di qualità. Si propone quindi di semplificare l’apprendistato, che diventa lo strumento unico per avviare i giovani inoccupati al primo rapporto di lavoro.

“Per tale finalità – si afferma – occorre potenziare semplificando l’apprendistato professionalizzante, anticipando la formazione trasversale obbligatoriamente prima dell’inserimento lavorativo. Per realizzare ciò, la Conferenza unificata Stato-Regioni fissa i contenuti di tale formazione a valere per tutte le Regioni. Tale formazione potrà essere erogata in azienda mediante piattaforma e-learning, enti bilaterali, centri di formazione professionale, soggetti autorizzati e iscritti nell’albo agenzie per il lavoro”.

Si punta poi al “contratto di reinserimento”: “Si tratta – si spiega- di un contratto a tempo indeterminato per agevolare l’inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori che a vario titolo hanno perso un’occupazione. E’ necessario distinguere un periodo iniziale di ‘riqualificazione’ di 12 mesi e il successivo periodo di occupazione permanente. Nel primo periodo, il recesso è libero, salvo il pagamento di un’indennità pari a tre mensilità di retribuzione, e solo in caso di conferma in occupazione permanente si applicano le tutele previste dall’articolo 18 della legge n. 300/1970. Per i primi 24 mesi il datore di lavoro non paga la quota destinata al Fpld e al lavoratore non viene riconosciuta alcuna contribuzione figurativa. Si riconosce altresì un’indennità compensativa al lavoratore pari a un minimo del 10% della paga base”.

C’è anche una norma ‘salva precari’: “I committenti e i collaboratori che abbiano stipulato contratti di collaborazione a progetto entro il 31 dicembre 2011, nonché i datori di lavoro e i lavoratori che abbiano contratti a termine in essere alla data di entrata in vigore della legge, entro 90 giorni da tale data – si legge nel testo – potranno trasformare i predetti contratti in contratto a tempo indeterminato. Ai contratti trasformati a tempo indeterminato per 24 mesi non si applica la quota destinata al Fpld e al lavoratore non viene riconosciuta alcuna contribuzione figurativa. Si riconosce altresì un’indennità compensativa al lavoratore pari a un minimo del 10% della paga base. Tale indennità continuerà ad essere erogata anche dopo i 24 mesi e verrà assoggettata solo al contributo di solidarietà del 10%”.

Terzo punto del documento è quello sull’assistenza responsabile ai lavoratori privi di un posto di lavoro. E’ previsto in questo caso, un ‘trattamento unico’: “Non esiste più – si propone – una prestazione per la disoccupazione, cigs, cigo, mobilità, ecc.. Vengono sostituite da un’unica prestazione di durata, nell’arco complessivo di vita del lavoratore, di 5/6 anni (oltre ai bonus di sei mesi per le donne in gravidanza che non hanno usufruito dell’indennità di maternità), in tutte le ipotesi di sospensione/interruzione del rapporto di lavoro. Attenzione: la prestazione -si avverte – è usufruibile anche per coprire i periodi di attesa di prima occupazione”.

“Il fenomeno della crescita esponenziale degli ammortizzatori in deroga, – si sottolinea – conferma che il sistema è sperequato. Ciò che oggi è deroga domani deve diventare regola”.

Altro punto di forza è il ‘conto individuale’: “Tale conto – spiegano i consulenti del lavoro – si alimenta durante tutta la vita lavorativa ed è a disposizione del lavoratore che ‘può’ chiedere di accedervi, ma potrebbe anche rinunciarvi. Si scardina così il principio dell’automatismo tra evento, la sospensione/interruzione del rapporto di lavoro, e la possibilità di accedere alla prestazione. E’ il lavoratore che una volta sospeso o licenziato, dimesso, ma anche in attesa di prima occupazione, decide se attingere al suo conto individuale”.

Altro passaggio fondamentale è il percorso di ricollocazione a cui deve sottoporsi il lavoratore per mantenere il beneficio, con il ‘patto di servizio’. “L”idea forte qui è incarnata dalla proposta – si legge ancora – di inserire gratuitamente il beneficiario del trattamento presso l’azienda richiedente per sei mesi. Ciò può compensare alle croniche mancanze dei nostri sistemi di riqualificazione e ricollocazione pubblici. Il lavoratore perde il diritto alla prestazione in caso di rifiuto sia della collocazione lavorativa offerta, sia per la mancata partecipazione ai programmi formativi volti a un’eventuale riqualificazione”.

Fonte: adnkronos.com