Claudio Siciliotti critica la Legge di Stabilità

Le manovre del Governo per recuperare denaro e rimpinguare le casse dello Stato non piacciono a Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti.

In occasione del terzo congresso della categoria, svoltosi a Bari, Siciliotti ha criticato duramente i modi di procedere di Monti & Co, colpevoli di aver posto l’attenzione “unicamente alla leva fiscale, tralasciando il nodo del taglio della spesa pubblica”.

Non piace, ad esempio, la tassa di solidarietà del 3% per chi percepisce oltre 150mila euro, poiché questa soglia è considerata troppo bassa per pensare che sia riservata solo ai ricchi, quando, invece, secondo Siciliotti si tratterebbe di “quelli che in questo Paese producono, creano lavoro e ricchezza, che pagano le tasse e che forse non meritano questo ulteriore aggravio”.

Le misure fiscali contenute nella Legge di Stabilità, che potrebbero spostare il peso delle tasse dalle persone alle cose, piacciono parzialmente al presidente dei commercialisti, perché lo scambio Irpef-Iva non convince del tutto: “non è sufficiente per dire che ne trarrà beneficio la gran parte dei contribuenti“.

La spiegazione è semplice: il Governo avrebbe disatteso le speranze dei contribuenti che non si aspettavano un aumento dell’Iva. Perciò aver deciso di aumentare l’Imposta sul valore aggiunto di un solo punto, e ridurre l’Irpef, ha strappato un mezzo sorriso, e non un’approvazione unanime.
Anche perché questa soluzione, secondo Siciliotti, ha fatto bene principalmente allo Stato “perché le risorse che avrebbe dovuto trasferire ai cittadini per azzerare l’aumento dell’IVA già messo a bilancio sarebbero state pari a sette miliardi, il taglio dell’IRPEF costa 5 miliardi”.

La retroattività è stata del tutto bocciata, poiché avrebbe la colpa di violare lo Statuto del contribuente con inaccettabili norme retroattive, punitive per i cittadini.

La riforma fiscale dovrebbe, in questo particolare momento storico, partire da una vera revisione della spesa: “Tra il 2000 e il 2011 la spesa pubblica italiana è cresciuta in termini reali di 124 miliardi, di cui la metà circa sono puro aumento senza alcun ritorno per i cittadini in termini di servizi. Si tratta di circa 60 miliardi di minori spese che si possono recuperare per tornare ai numeri del 2000. Una cifra con la quale finanziare l’abrogazione integrale dell’IRAP per l’intero settore privato e il dimezzamento dell’IRES per le imprese labour intensive, ossia quelle che presentano una incidenza del costo del lavoro superiore al 50% del fatturato. La priorità è abbassare le tasse su imprese e professionisti che danno a loro volta lavoro, prima ancora che direttamente sui lavoratori”.

Vera MORETTI

redazione1

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