Gli architetti dicono no ad un nuovo condono

Una decisione “scellerata”, che rischia di compromettere il patrimonio paesaggistico e culturale italiano: così il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha accolto la decisione, da parte del Senato, di estendere il condono edilizio anche ad aree finora sottoposte a vincolo.

Non si tratta, inoltre, di un mero problema di scempio paesaggistico, perché spesso i condoni concessi con leggerezza mettono in pericolo la sicurezza dei cittadini.

Gli Architetti, a questo proposito, sono stati chiari, e vorrebbero al contrario, che si realizzasse “un vero e proprio progetto di salvaguardia ambientale e paesaggistica, basato sul principio imprescindibile che la cultura ed il paesaggio sono delle risorse fondamentali, anche di tipo economico, che vanno valorizzate attraverso progetti di sviluppo assolutamente non invasivi”.

Per questo, il Consiglio spera che il disegno di legge non diventi realtà e che Parlamento e Governo aprano gli occhi e boccino questa iniziativa, anche alla luce della politica intrapresa dai Ministri in fatto di legalità: estendere il condono anche alle aree protette, infatti, rappresenterebbe un clamoroso autogol.

Quello di cui il nostro Paese ha bisogno è di essere messo in sicurezza, tenuto conto della situazione di rischio sismico ed idrogeologico che riguarda gran parte delle nostre Regioni, per evitare ulteriori vittime e danni che, troppo spesso, si registrano”.

Vera MORETTI

I morti che fan vivere l’economia

di Davide PASSONI

Forse a qualcuno può essere sembrata insolita la scelta di trattare, in questa settimana a cavallo tra ottobre e novembre, un tema come quello delle imprese funebri in Italia. In realtà, noi di Infoiva ci stavamo pensando da mesi aspettavamo solo che arrivasse l’occasione della settimana dei defunti per poter puntare il nostro faro su un settore che, nel nostro Paese, al di là delle facili ironie e dei sorrisini che molti fanno per esorcizzare il pensiero della morte, conta su numeri, addetti, imprese di tutto rispetto.

Se si pensa che, annualmente, muore in Italia più o meno mezzo milione di persone, viene facile immaginare quanto questa cifra significhi in termini di necessità da soddisfare, servizi da erogare, fatturato, giro di affari complessivo. E se si pensa come questo sia un settore fortemente caratterizzato dalla presenza di piccole imprese, viene altrettanto facile capire perché abbiamo deciso di indagarlo più a fondo con l’occhio di chi guarda all’impresa sana, quale che sia il suo modello di business. Ricordando però, ogni tanto, che sdrammatizzare fa bene…

Leggi l’intervista ad Alessandro Bosi, segretario nazionale Feniof

Leggi l’intervista a Franco Cereda, Presidente dell’Associazione dei Grossisti del Mercato dei Fiori di Milano

Leggi l’intervista a Daniele Contessi, 46 anni, presidente del cda di Outlet del Funerale

Leggi l’intervista a Marco Ghirardotti, presidente di Assocofani

Leggi i numeri del turismo in questo ponte di Ognissanti

Sviluppatori sharepoint, cercano voi!

Ancora una volta l’opportunità di lavoro del giorno riguarda gli esperti informatici.

In realtà, però, i profili ricercati sono sempre molto diversi tra loro, poiché gli ambiti nei quali ci si trova ad operare, sia per l’hardware sia per il software, sono molteplici.
Il fil rouge che accomuna i profili ricercati è sicuramente la conoscenza dei linguaggi più nuovi, perché essere costantemente aggiornati è fondamentale, nel settore informatico.

In questo caso, a cercare due nuovi collaboratori, è una società milanese che, con carattere di urgenza, cerca 1 sviluppatore SharePoint 2010 senior e 1 sviluppatore SharePoint 2010 junior.
Oltre ad avere un’ottima conoscenza di questo linguaggio software, le figure ricercate devono dimostrare di saper lavorare in team, tutto composto da persone altamente preparate.

L’annuncio nel dettaglio è consultabile su Monster.it.

Xò Officina Tessile, il franchising della sartoria pret à porter

 

Un franchising su misura per tutte le taglie. Xò Officina Tessile è il brand che racchiude i servizi di sartoria rapida (a partire dal claim ‘un orlo in 20 minuti‘) a esigenze di adattamento e restyling completo di capi vecchi e nuovi. Una vasta gamma di accessori per personalizzare i propri capi completa l’offerta dei punti vendita in franchising firmati Xò Officina Tessile.

Per una società che corre sempre più veloce, Xò Officina Tessile si trasforma nel fil rouge della sartoria made in Italy: dai lavori di sartoria che esigono rapidità nella realizzazione, orli e bottoni, a restyling più complessi per rendere i propri capi unici e con un vezzo in più.

Per aprire un punto vendita in franchising  Xò Officina Tessile l’investimento iniziale richiesto va da 40 mila a 90 mila euro, mentre il fatturato medio annuo è stimato tra i 100 mila e i 300 mila euro.

Per saperne di più, è possibile consultare il sito di Xò Officina Tessile.

 

Microimprese, motore dell’economia in Italia

 

Italia terra di filiera, di distretti industriali, di antica tradizionale artigianale. Noi di Infoiva lo abbiamo raccontato tante volte, ma a confermare che il vero motore dell’economia italiana siano le microimprese oggi è anche l‘Istat. Secondo un’indagine svolta sui dati del registro imprese del 2010, le microimprese (ovvero quelle con meno di 10 addetti), rappresentano il 94,9% di quelle attive lungo tutta la Penisola e coprono circa il 47,8% degli addetti e il 31,1% del valore aggiunto.

Le grandi imprese, ovvero quelle che contano almeno 250 addetti, si fermano invece a 3.495 unità, che pesano per il 19% degli addetti e il 31,9% del valore aggiunto prodotto.

Sempre secondo l’Istat, il sistema impresa in italia ha registrato nel 201o un miglioramento della propria performance economica. Se da un lato la base produttiva si è ridotta, sia per numero di imprese attive che di addetti impiegati, ad aumentare sensibilmente è il valore aggiunto del sistema ‘impresa’, pari a circa 708 miliardi di euro (+12,3%).

A decretarlo è l’Istat, nel suo dossier ‘Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e dei servizi’: nel 2010 erano 4.372.143 le imprese attive, con calo dello 0,3%, mentre gli addetti si attestavano a circa 16,7 milioni (-1,6%), ma in compenso si rivela come il valore aggiunto per addetto sia stato pari a 42,4 mila euro (+14,1% rispetto al 2009).

L’Istat prosegue nell’analisi dei diversi indicatori economici, sottolineando come il costo del lavoro per dipendente sia stato nel 2010 di 34 mila euro (+2,9%), la retribuzione lorda per dipendente ammontasse a 24,4 mila euro (+3,0%) e gli investimenti per addetto siano stati pari a 8,3 mila euro (-10,8%). Insomma, nel 2010, l’incidenza dei profitti lordi sul valore aggiunto rispetto all’anno precedente è stata del 26,6%.

Alessia CASIRAGHI

 

 

In arrivo un altro week-end all’insegna dei ribassi

I mercati internazionali continuano ad essere in difficoltà e questo si ripercuote sui prezzi dei carburanti.
A sorridere, dunque, sono ancora una volta i viaggiatori, che possono fare il pieno senza alleggerire del tutto le loro tasche.

Ad aprire le danze è stata ancora una volta Eni, che ha abbassato i listini di benzina e diesel rispettivamente di 2 e 1 centesimi al litro. In controtendenza, invece, il gpl, oggi a +2 centesimi.
Tamoil dal canto suo, ha abbassato la sola benzina di un centesimo, mentre Q8 ha tagliato di 0,5 centesimi entrambi i prodotti e TotalErg ha fatto la stessa cosa ma solo con la benzina.

Il calo interesserà anche i prezzi medi e massimi anche in modalità servito e questa tendenza si assesterà durante il fine settimana, ormai alle porte.

Le punte massime sono oggi a 1,900 euro/litro sulla benzina, 1,812 sul diesel e 0,883 sul gpl. Le medie nazionali registrano invece 1,842 euro/litro sulla benzina, 1,776 sul diesel e 0,852 sul gpl.

A livello Paese, il prezzo medio praticato della benzina va oggi dall’1,826 euro/litro di Eni all’1,842 di Shell e TotalErg (no-logo giù fino a 1,704).
Per il diesel si passa dall’1,761 euro/litro di Esso all’1,776 di IP (no-logo in flessione a 1,644).
Il gpl infine e’ tra 0,836 euro/litro di Esso e 0,852 di TotalErg (no-logo a 0,807).

Vera MORETTI

Obblighi fiscali per appalti e responsabilità solidale

Il Decreto Crescita ha, tra le altre cose, modificato la disciplina in materia di responsabilità solidale nell’ambito dei contratti d’appalto e subappalto di opere e servizi.

La nuova disposizione prevede:

  • la responsabilità solidale dell’appaltatore e del committente, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto e senza alcun limite temporale,per il versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’Iva dovuta dal subappaltatore e dall’appaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del contratto;
  • l’esclusione dalla responsabilità prevista solo se l’appaltatore/committente acquisisce la documentazione attestante che i versamenti fiscali, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore/appaltatore;
  • l’attestazione dell’avvenuto adempimento dei predetti obblighi che, secondo quanto previsto dalla stessa disposizione, può consistere anche nella asseverazione rilasciata da Caf o da professionisti abilitati;
  • in assenza di tale documentazione viene previsto che sia l’appaltatore che il committente possano sospendere il pagamento del corrispettivo dovuto al subappaltatore/appaltatore fino all’esibizione della stessa;
  • gli atti notificati entro termine al subappaltatore devono essere notificati anche al responsabile in solido (con l’evidente fine di tenere informato l’appaltatore di eventuali infrazioni fiscali del subappaltatore).

Tali obblighi vengono applicati in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi tra :

  • soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;
  • soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi; vale a dire società di capitali, cooperative, enti pubblici, ecc.

Invece, questa disciplina non viene applicata con riferimento alle “stazioni appaltanti” del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ovvero nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici, enti aggiudicatori, soggetti pubblici o privati assegnatari dei fondi.

Queste regole non valgono in caso di somministrazione di manodopera e, poiché non sempre è così diretta la distinzione, occorre accertarsi che l’appaltatore possieda determinate caratteristiche, come il potere organizzativo e direttivo, l’organizzazione dei mezzi e l’assunzione del rischio d’impresa.

La responsabilità solidale di un soggetto non pregiudica la regolarità del Durc emesso in suo favore. Le verifiche effettuate ai fini del rilascio del Durc sono infatti riconducibili solo al rapporto tra l’impresa e l’ente abilitato al rilascio del documento.

In caso di inadempimenti per quanto riguarda i pagamenti spettanti al committente, sono previste sanzioni che vanno da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 200.000.

L’entrata in vigore di questa norma ha anche fatto registrare una serie di difficoltà da parte degli addetti ai lavori, soprattutto perché non è chiaramente specificato il contenuto che la documentazione dovrebbe avere per comprovare il versamento delle ritenute e dell’Iva.
Dal momento che in assenza di questa documentazione l’appaltatore può sospendere il pagamento, questa incertezza avrebbe potuto provocare ulteriori ritardi nei pagamenti, con gravi ripercussioni a danno delle imprese.

Per far fronte a questa situazione critica, l’Agenzia delle Entrate ha risolto due delle problematiche maggiori, ovvero la decorrenza dell’ applicazione della norma in esame e la certificazione idonea ad attestare la regolarità dei versamenti delle ritenute e dell’Iva.

Per quanto riguarda il primo punto, viene reso noto che le disposizioni devono trovare applicazione per i contratti di appalto/subappalto stipulati a decorrere dal 12 agosto 2012.
L’Agenzia ha anche specificato che tali adempimenti sono esigibili a partire dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della norma, con la conseguenza che, a decorrere dal 11 ottobre 2012, il committente/appaltatore deve chiedere la certificazione della regolarità dei versamenti (ritenute sui redditi di lavoro dipendente e IVA) ai propri appaltatori/subappaltatori con riferimento alle prestazioni eseguite nell’ambito di contratti di appalto/subappalto stipulati a partire dal 12 agosto 2012.
A decorrere da tale data e in assenza della predetta documentazione, il committente/appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della suddetta certificazione.

Per quanto riguarda la seconda criticità, invece, ovvero la documentazione che l’appaltatore/subappaltatore deve produrre per dimostrare il regolare versamento dell’Iva e delle ritenute, al fine di superare il vincolo di responsabilità solidale del committente/appaltatore, la circolare ritiene valida, in alternativa alle asseverazioni prestate dai Caf e dai professionisti abilitati (dottore commercialista, ragioniere e perito commerciale, consulente del lavoro), una dichiarazione sostitutiva, con cui l’appaltatore/subappaltatore attesta l’avvenuto adempimento degli obblighi richiesti dalla disposizione.

A tal proposito, la circolare espone in dettaglio gli elementi che tale dichiarazione sostitutiva deve necessariamente contenere. In particolare:

  • il periodo nel quale l’Iva relativa alle fatture concernenti i lavori eseguiti è stata liquidata, con indicazione se dalla liquidazione è scaturito un versamento di imposta ovvero se è stato applicato il regime dell’Iva per cassa o la disciplina del reverse charge;
  • il periodo nel quale le ritenute sui redditi di lavoro dipendente sono state versate, mediante scomputo totale o parziale;
  • gli estremi dell’F24 con cui sono stati effettuati i versamenti dell’Iva e delle ritenute non scomputate;
  • l’affermazione che l’Iva e le ritenute versate includono quelle riguardanti il contratto di appalto/subappalto per il quale la dichiarazione è resa.

Vera MORETTI

Turismo, un ponte amaro

Del resto è il ponte dei morti, che cosa ci potevamo aspettare? Le previsioni turistiche per questi giorni, infatti, “sono negative, ma purtroppo in linea con la più grave crisi economica mondiale”, afferma il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, commentando i risultati di una indagine svolta dalla Federazione con il supporto tecnico dell’Istituto ACS Marketing Solutions.

Bocca, però, non rinuncia a vedere qualche aspetto positivo: “L’unico elemento consolatorio è dato dal fatto che comunque, nonostante un contesto economico mondiale ancora allarmante, quasi sette milioni di italiani decidano e possano permettersi di trascorrere alcuni giorni di svago fuori casa, esorcizzando la congiuntura e dando atto al settore di quanto il rapporto qualità-prezzo sia al centro di ogni scelta di spesa da parte del consumatore. A pochi mesi dalle elezioni politiche, rinnoviamo al mondo politico la richiesta di saper distinguere tra le varie componenti trainanti il business e l’occupazione e di considerare dunque il settore tra i veri caposaldi in grado di sostenere un rinnovato sistema economico del Paese“.

Secondo l’indagine sono circa 7 milioni gli italiani in viaggio in questo ponte, per trascorrere almeno una notte fuori casa: il 5% in meno rispetto ai 7,3 al 2011. La durata media del soggiorno è di 2,9 notti trascorse fuori casa, rispetto alle 3,2 notti del 2011. L’88% di chi si sposta resta in Italia, mentre l’8% va all’estero. Come previsto, vincono le località montane (39%), seguite da quelle di mare (24%) e dalle città d’arte (20%). Il 5,8% torna al paesello, mentre il 3,8% sceglie il lago e il 2,9% le terme. Chi “tradisce” la patria sceglie soprattutto le grandi capitali europee (59,8%), il 10,6% vola Oltreoceano, il 10,2% sceglie le montagne estere e il 9,8% i mari esotici.

E siccome l’industria alberghiera è una di quelle che maggiormente soffrono il periodo, quali strutture scelgono gli italiani? Principalmente l’albergo (32,6%), poi il bed&breakfast (6,7%), l’agriturismo (5,1%), il campeggio (1,7%). Restano naturalmente fuori dal conteggio quanti stanno trascorrendo il ponte a casa di parenti o amici (29,2%) e il 14,9% che si trova in casa di proprietà.

Il calo rispetto al 2011 non solo il numero di persone che si sposta. Scende anche la spesa media pro-capite, comprensiva di trasporto, alloggio, cibo e divertimenti, che si attesta sui 247 euro (-1,6% rispetto al 2011), per un giro d’affari di 1,71 miliardi di euro (-6,6% anno su anno).

Insomma, il segno meno prevale anche qui. Una tendenza che prosegue, purtroppo, quella palesata dall’ultima stagione estiva, quando un po’ tutti i settori del turismo italiano hanno sofferto i colpi della crisi. In questi casi conviene darsi degli orizzonti a breve termine e fare un passo alla volta: per cui, già concentrati sul ponte dell’Immacolata e poi sul Natale. Sperando che sotto l’albero qualche segno più per il turismo ci sia.

Facce da Smau

Sì, lo sappiamo, Smau è finito da 15 giorni. Vero, siamo stati media partner ma, direte voi, perché continuare a pubblicare i video e le interviste che avete girato in fiera? Ve lo diciamo noi. Perché dopo tanti contributi di spessore provenienti dal mondo dell’impresa, delle start up, della tecnologia, ora vogliamo dare spazio alla gente che nella tre giorni di Smau ha popolato gli stand della fiera.

Facce da Smau. Visitatori, espositori, hostess, tutto un popolo della tecnologia che a Smau 2012 ha cercato innovazione e fermento, software e relazioni, business e idee. Un popolo che, insieme agli espositori e agli organizzatori, ha contribuito al successo della manifestazione. Ecco il video.

Si fa presto a dire bara…

di Davide PASSONI

Lo sapevate che, in Italia, ci sono circa 50 aziende che fabbricano cofani funebri, mentre in Germania solo 2? Che i cinesi ci fanno concorrenza anche in questo settore? Che per ogni bara artigianale servono 25-30 ore di lavoro? Noi no. Ce lo ha raccontato Marco Ghirardotti, presidente di Assocofani, l’associazione dei produttori di cofani funebri.

Che cifre muove il settore dei cofani funebri in Italia in termini di fatturato, addetti, imprese?
Per quanto riguarda i dati specifici relativi alla fabbricazione di cofani funebri, non abbiamo cifre esatte, perché non c’è una banca dati vera e propria. Per quanto riguarda invece i produttori, se a fine Anni ’80 in Italia c’erano circa 240 aziende, oggi se ne contano meno di una 50ina, di cui circa 30 molto piccole e a gestione familiare, dislocate principalmente al Sud. Il 45% del mercato di produzione è attualmente coperto dalle aziende più strutturate, che sono 5 e, come numeri, producono tra i 20mila e i 50mila pezzi all’anno ognuna.

Un numero che copre il fabbisogno nazionale?
I decessi che comunque avvengono annualmente in Italia (fonte Istat) sono nell’ ordine dei 500-550mila con uno scostamento in positivo o in negativo all’incirca del 10% annuo nel corso dell’ultimo decennio, quindi il fabbisogno annuo nazionale si attesta sugli stessi numeri.

E le aziende, come lavorano in questo contesto?
Con un occhio attento a quello che succede in giro. Per esempio, a breve sarà emanata una norma UNI che stabilirà come dovranno essere prodotte le casse funebri in legno: anticipo che la norma ribadirà l’utilizzo esclusivo di legni massicci (come già la legge Italiana in materia prevede), niente multistrato, truciolare e affini, ma con un occhio attento anche all’ambiente ed all’ecologia. Quindi chi ha sempre sognato una bara di cristallo, dovrà rassegnarsi : bella, ma non sarà a norma. Per il resto il prodotto italiano, così come avviene per altri settori, è contraddistinto per la sua qualità e il suo design unico al mondo ed è internazionalmente riconosciuto.

Concorrenza dall’estero?
Con la globalizzazione anche questo settore ha visto l’ingresso di nuovi soggetti produttivi esteri.  Infatti quasi la metà dei prodotti che sono presenti  oggi sul mercato italiano e che vengono utilizzati dalle imprese di pompe funebri italiane provengono da Paesi come Cina, Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Guatemala. Sono prodotti di qualità molto inferiore rispetto alla nostra  ma chi li commercializza , poiché attualmente non esiste l’obbligo di certificarne e dichiarane la provenienza, spesso li propone senza le dovute indicazioni o, peggio ancora, li spaccia per italiani.

Ah, la globalizzazione anche qui…
La concorrenza è forte e la lotta spesso impari, soprattutto per quanto riguarda il prezzo. In questo campo la manualità è ancora molto presente  e determinante sulla qualità della lavorazione e di conseguenza la componente prezzo della manodopera varia notevolmente in funzione di ciò; i costi orari dei Paesi emergenti non sono minimamente paragonabili a quelli che invece devono sostenere le aziende Italiane. Per non parlare poi dei costi inerenti alla sicurezza del lavoro e per l’ambiente, tasse etc…

Italians do it better anche in questo caso?
Naturalmente!! Il cofano di Luciano Pavarotti, quello di Lucio Dalla e anche quello dell’ ex presidente russo Eltsin sono usciti dalle nostre aziende. Per combattere la concorrenza estera ci dobbiamo posizionare sul mercato con prodotti medio – alti, offrendo alle imprese un mix di design-qualità e innovazione a un prezzo conveniente.  Nota dolente però è che in controtendenza stiamo assistendo a un abbassamento generale del livello della “gestione” del defunto, dovuta principalmente e sempre più spesso al depauperamento dei valori morali che hanno contraddistinto le generazioni che ci hanno preceduto. In pratica, ci sono meno attenzione e sensibilità da parte dei dolenti nei confronti dei propri cari passati a miglior vita. Non per ultima la cremazione, nata come una scelta filosofica della morte, e che sta diventando sempre più spesso invece quasi una forma di smaltimento del cadavere.

Curiosità: quanto lavoro c’è dietro a un cofano funebre?
Se pensiamo a cofani prodotti secondo processi industriali, per ciascuno di essi servono minimo 9-10 ore di lavoro effettivo, che possono diventare 25-30 o anche più per quelli prodotti con processi artigianali. Non va dimenticato però che a monte di ciò c’è la materia prima: il legno. Per poter produrre un cofano serve una preparazione meticolosa del materiale che deve essere innanzitutto perfettamente stagionato. Questa operazione indispensabile per la perfetta riuscita del manufatto, può iniziare anche 2 anni prima della prima piallatura della tavole necessarie alla realizzazione della cassa.

Allora chi dice che sono solo di quattro assi inchiodate, valore commerciale massimo 400 euro, sbaglia?
Se fossero realmente quattro assi inchiodate lo direi anch’io. Le faccio un esempio. Per la cassa funebre utilizzata per le esequie del cardinal Martini, (realizzata da una azienda  associata Assocofani e fra le più quotate al mondo), la componente del puro materiale utilizzato superava ampiamente, a mio parere, i 1000-1500 euro; se a questi aggiungiamo le oltre e 80 ore di lavoro artigianale per la realizzazione della stessa, lascio immaginare ai lettori quale possa essere il prezzo giusto per tale prodotto, sicuramente non il prezzo delle quattro assi inchiodate.

C’è export per i cofani funebri italiani?
Sì, esportiamo all’estero, ma dobbiamo andare su mercati remunerativi. Già ad esempio tutti i mercati ricchi ma di fede musulmana sono tagliati fuori, visto che non utilizzano le bare ma sudari. C’è la Russia, per esempio, gli Usa, ed esportiamo molto in Germania e in Svizzera, dove però il cliente tipo dei nostri prodotti, spesso è una famiglia di emigranti italiani. Pensi che in Germania ci sono più decessi dei nostri ma sono solo 2 produttori.

Quanto pesano sul vostro settore le strette fiscali operate sulle imprese?
Che dire, siamo tutti nella stessa barca (o nella stessa bara? ndr). Del resto, fino a 4 o 5 anni fa veniva riscontrata nel settore una bassa insolvenza nei pagamenti, mentre oggi sono in aumento anche per noi. Imprese che negli anni scorsi hanno sostenuto grossi investimenti, oggi possono trovare non poche difficoltà a marginare come un tempo, fermo restando che i mutui a loro tempo sottoscritti devono essere onorati e questo spesso può comportare conseguenti difficoltà economiche.

Si dice sempre che il vostro è un settore che non conosce crisi: quanto c’è di vero e quanto no?
Come tutti i luoghi comuni è… un luogo comune. Negli ultimi anni sono sorte molte nuove imprese di onoranze funebri che oggi che si trovano a dividere il mercato il quale, grosso modo, è sempre la stesso (penso sia il settore più contingentato che esista!). Le quote quindi diventano più piccole e, di conseguenza, chi è poco strutturato o che gode di quote minori, soffre di più.