“Lo Stato ci dica a che gioco stiamo giocando”

"Lo Stato ci dica a che gioco stiamo giocando"

di Davide PASSONI

Riprendiamo oggi l’intervista a  Luca Peotta, coordinatore nazionale di Imprese che Resistono, sui ritardati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione alle picc0le imprese.

L’ultimo a sollecitare una soluzione ai ritardati pagamenti delle PA è stato Napolitano, ma fino a che non avremo un governo ci sarà poco da fare… Che cosa chiederete al nuovo esecutivo come priorità per l’economia?
Staremo a vedere. La speranza e l’illusione. Mi pare che “di nuovi esecutivi” ce ne siano stati, non ultimo quello “tecnico”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e ha avuto il gran coraggio di promettere all’Europa il pareggio di bilancio dello Stato italiano proprio nel 2013, quando magari poteva dire che tutto ciò sarebbe avvenuto nel 2014/15. Da questa situazione se ne esce solo se riparte la domanda economica interna. Il nuovo esecutivo si dovrà concentrare, e anche con rapidità, a far rimanere più denaro nel portafogli degli italiani che ancora lavorano e smettere di depredare denaro, con ulteriori tasse, alle imprese. Lo Stato NON deve più elargire 30 miliardi di aiuti alle imprese sotto forma di incentivi – che drogano il mercato- o di fondi perduti: non ci possiamo permettere economicamente di perdere il fondo sempre se non l’abbiamo già perso. Quei soldi se li deve tenere, servono per pagare 1/3 del pregresso! Le aziende quest’anno l’IRAP la devono pagare in questo modo: 50% spalmato sulle buste paga nei 12 mesi a “tasse 0” e il resto del 50% reinvestito nella propria azienda su rendicontazione obbligatoria – manutenzione macchinari, opere edili, ecc… Invece la TARES è alle porte, l’aumento dell’Iva di un punto percentuale è quasi certo.

Quante sono, grosso modo, le aziende associate a Imprese che Resistono che si trovano in difficoltà per crediti con la PA non riscossi?
Non sono molte che in ICR hanno un rapporto diretto con la PA. Fanno parte spesso del cosiddetto “indotto”. Pedine della variante del gioco del “domino”, non il gioco strategico ma quello di abilità. Si dà inizio facendo cadere la prima addosso a quella successiva, causando un effetto a catena molto coreografico. Di coreografico qui non c’è nulla, se non un coreografico disastro!

Come limitare l’asimmetricità di uno Stato che se non paghi ti mette subito i sigilli all’azienda, mentre quando tocca a lui onorare i debiti si prende tutto il tempo che vuole?
Parola d’ordine “compensare crediti e debiti”, sarebbe già un passo in avanti. Sembra però un ostacolo insuperabile. L’asimmetricità non andrebbe solo limitata ma eliminata. Lo Stato visto come nemico da combattere: fino a quando questo concetto non verrà demolito da questo loop non si uscirà. Lo Stato, un buon padre di famiglia che amministra bene la “cosa” pubblica, che smettesse di dire “sì, ma io sono lo Stato!”… quando avremo il piacere di conoscerlo? Lo Stato che non perde mai l’occasione di sanzionare tutto e tutti senza neanche voler ascoltare chi non ha potuto adempiere al proprio dovere di corretto contribuente. L’IMU pagata dalle famiglie e dagli imprenditori che hanno subito il terremoto in Emilia la dice lunga. Lo Stato sa bene dove trovarti e che cosa possiedi, conosce bene il modo per colpirti e ha regole ben chiare, mentre tu di lui sai ben poco e difficilmente riesci a far valere i tuoi sacrosanti diritti!

Imprese che Resistono… ma per quanto ancora contro uno Stato ostile?
A maggio 2013 sono esattamente 4 anni che ripetiamo le stesse cose. Il declino che annunciammo 4 anni fa non era sicuramente frutto di veggenza e neppure di sesto senso. A distanza di quasi 4 anni a Milano è stata organizzata, lo scorso 13 febbraio, “la giornata della collera” che ha denunciato la perdita di 360mila posti di lavoro nel comparto edile dall’inizio della crisi economica. A noi avevano detto “no alle proteste, sì alle proposte per uscire dalla crisi economica”. Al Ministero dell’Economia – luogo di protesta di ICR nel luglio 2009 – ci avevano detto, per “tutte proposte di buon senso”, vediamo se tecnicamente sono attuabili: stiamo aspettando ancora risposta. Nel frattempo 3 milioni sono i disoccupati italiani, pari a 40 stadi di calcio da 60mila persone: ogni GIORNO si registra il tutto esaurito! Ma non per assistere alla partita di calcio, si sta in silenzio ad aspettare che il Paese Italia abbia il coraggio di cambiare veramente, che lo Stato mostri il giusto coraggio e che non resti a guardare seduto in tribuna d’onore fino a quando avremo il coraggio di resistere in queste condizioni. Lo Stato resti pure a guardare, ma stiamo aspettando da tempo, troppo tempo, che scenda in campo e ci dica prima di tutto a quale gioco stiamo giocando!