Chiarimenti sulle spese per i figli in caso di genitori separati

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L’art. 30 della Costituzione si apre con la fondamentale ed inequivocabile disposizione secondo la quale: ‘‘è dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio’’. Tale disposizione viene confermata ed attuata dal legislatore attraverso differenti norme dettate all’interno del codice civile, come l’art. 147 c.c., 148 c.c., 155 c.c. e da ultimo l’art. 315 bis, comma I°, come modificato dall’importante riforma dettata con legge n. 219 del 2012, finalizzata a garantire una totale equiparazione tra figli legittimi e figli naturali.

Il dovere di mantenere i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, come la giurisprudenza ha più volte sottolineato ( Corte Cass., sez. I, n. 15063, del 22.11.2000; Cass. civ., sez. I, n. 10124, del 26.05.2004; Cass. civ., sez. I, n. 6197; 22.03.2005), trova il proprio fondamento nel fatto stesso della procreazione e non certo nel tipo di legame sentimentale e giuridico sussistente tra i genitori. Da tale circostanza consegue automaticamente che nei casi di crisi familiare tali doveri persistono ed il loro adempimento debba essere ancor meglio garantito. Si rischia, infatti, che proprio sulla prole, a causa dell’interruzione del rapporto sentimentale tra le due figure genitoriali, si riversino una serie di conseguenze negative e pregiudizievoli per la stessa.

Ponendo particolare attenzione al dovere che i genitori hanno di contribuire al mantenimento della prole si evidenzia facilmente come la regolamentazione dello stesso sia uno tra i temi più dibattuti nelle aule dei tribunali. Non mancano, infatti, profili poco chiari che sollevano problematiche e dubbi di vario genere a cui la giurisprudenza cerca, per quanto possibile, di fornire adeguate risposte ma non sempre costanti e concordanti. Una tra le questioni più discusse in proposito resta ancora oggi quella sulla qualificazione e precisa distinzione tra ‘‘spese ordinarie’’ e ‘‘spese straordinarie’’.

Nella pronunce giurisprudenziali concernenti l’affidamento dei figli minori, tanto che venga adottato il modello bigenitoriale di affidamento condiviso, quanto il modello monogenitoriale di affidamento esclusivo, ormai rilegato ad ipotesi eccezionale, il giudice, secondo quanto disposto dall’art. 155 c.c., comma II°, determina tra le altre cose ‘‘la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli’, ed inoltre, secondo quanto disposto al successivo comma IV°, ‘‘il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità’’.

Seppur la legge n. 54 del 2006 prescrive quale regime preferibile quello del mantenimento diretto, tuttavia, la maggioranza, se non quasi la totalità dei provvedimenti giudiziari in materia, dispone a carico del genitore non collocatario (o non affidatario) l’obbligo di corrispondere un assegno mensile a titolo di contribuzione al mantenimento della prole, oltre a fissare una percentuale (100%; 50%; 70% etc.) a suo carico dell’entità delle spese straordinarie (tra le tante pronunce esemplificative, soprattutto in sede di adozione dei provvedimenti presidenziali provvisori ed urgenti ex art. 708 c.p.c., si può richiamare Trib. di Roma, sez. I, ord. 07.12.2012, in cui il Presidente dispone che: ‘‘ il padre corrisponderà alla madre, quale contributo perequativo per il mantenimento dei figli, la somma di euro 800,00 mensili (…), oltre rivalutazione secondo gli indici Istat, da corrispondere al domicilio dell’avente entro il 5 di ogni mese, a partire da dicembre 2012; il padre corrisponderà inoltre il 100% delle spese di carattere straordinario, previamente concordate tra i genitori, necessarie per i minori’’. Di portata analoga tante altre pronunce potrebbero essere richiamate).

Uno tra i problemi più consistenti riguarda, appunto, l’individuazione corretta di cosa i giudici intendano per ‘‘spese straordinarie’’, data l’assenza di qualsiasi specifica definizione normativa in proposito. Il legislatore, forse al fine di garantire la ricerca da parte dei giudici della migliore soluzione per le singole fattispecie concrete, non detta alcuna disposizione destinata ad elencare e distinguere precisamente le spese attinenti al soddisfacimento dei bisogni della prole, tra ‘‘spese straordinarie’’ e ‘‘spese ordinarie’’.

A tal riguardo, dunque, è compito dei giudice individuare, per quanto possibile in modo analitico e dettagliato lì dove sorgano contrasti tra i genitori, quali spese vadano ascritte all’una o all’altra categoria. Lì dove, infatti, si parli di ‘‘spese ordinarie’’ il genitore non collocatario (o non affidatario) della prole vi contribuisce già attraverso il mantenimento diretto e/o l’assegno periodico disposto a suo carico, inglobamento che non sussiste invece per le ‘‘spese straordinarie’’. Alla luce della giurisprudenza più recente, inoltre, è necessario specificare come le ”spese straordinarie” non possano mai ritenersi comprese in modo forfettario all’interno della somma da corrispondersi con l’assegno periodico e/o come mantenimento diretto, rischiandosi contrariamente di recare pregiudizio al minore (Cass. civ., n. 9372, del 08.06.2012, nella parte in cui si afferma che: ‘‘… la soluzione di includere le spese straordinarie, in via forfettaria, nell’ammontare dell’assegno posto a carico di uno dei genitori può rivelarsi in netto contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 155 cod. civ. E con quello dell’adeguatezza del mantenimento, poiché si introduce, nell’individuazione del contributo in favore della prole, una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia”).

La condizione appena sopra descritta permette di comprendere chiaramente la portata del prevalente e costante indirizzo giurisprudenziale che, al fine di fornire un criterio generale di differenziazione tra l’una e l’altra categoria, riconosce nelle ‘‘spese ordinarie’’ quelle destinate a soddisfare i bisogni quotidiani del minore, ed in quelle ‘‘straordinarie’’, invece, gli esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino a quel momento, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori (Cass. Civ., n. 7672, del 19.07.1999; Cass. Civ., n. 6201, del 13.03.2009; Cass. Civ., n. 23411, del 04.11.2009; tra le pronunce dei giudici di merito v. a titolo esemplificativo Trib. Di Firenze, n. 3204, del 2005; Trib. Di Taranto, n. 321, del 22.02.2010; Trib. Di Palermo, n. 4214, del 09.10.2012).

Numerosi sono i provvedimenti dei giudici, tanto ordinanze con cui vengono disposti provvedimenti provvisori ed urgenti ex art. 708 c.p.c., quanto sentenze definitive, in cui si definiscono ‘‘straordinarie’’ le spese: ‘‘non ricorrenti e, comunque, non prevedibili ex ante sempre che di apprezzabile importo (…), eccezion fatta per quelle di natura voluttuaria’’ (Trib. Di Catania, ordinanza del 11.10.2010; il Trib. Di Catania già il 04.11.2008, definiva le spese straordinarie come: ‘‘quelle connotate dal requisito dell’imprevedibilità che non ne consente l’inserimento nell’assegno mensile, il quale copre le normali esigenze di vita quotidiana ma non gli esborsi (eventualmente anche periodici) dettati da esigenze specifiche non quantificabili ex ante proprio perché non rientranti nella consuetudine di vita avuto riguardo al livello sociale del nucleo familiare’’ ).

Definizioni così ampie e generali fornite dalla giurisprudenza vengono accompagnate, sempre grazie all’analisi dei provvedimenti adottati nelle aule giudiziarie, da singole e specifiche voci di spesa riconducibile all’una o all’altra categoria appena esaminate.

Proprio quest’ultimo si presenta come il vero profilo problematico del tema in esame. Nella realtà concreta, infatti, si verifica di frequente che il genitore collocatario (o affidatario) sostenga delle spese di carattere straordinario e poi, rivolgendosi al genitore non collocatario per avere il rimborso della parte ad esso spettante, si veda rispondere che non si tratta di ‘‘spese straordinarie’’ ma al contrario assolutamente ‘‘ordinarie’’ e rientranti nell’assegno periodico predisposto.

La casistica giurisprudenziale in proposito è molto varia e ricca, anche se non sempre costante e concorde. Dalle pronunce più recenti, inoltre, si evidenziano sviluppi ed ulteriori precisazioni. Tra gli esborsi più frequentemente richiamati vi sono necessariamente quelli destinati a far fronte ad esigenze scolastiche e di salute.

Le categorie di spesa appena citate permettono, altresì, di accennare ad un’ulteriore importante questione, ovvero quella concernente la differenza tra ‘‘spese straordinarie’’ e ‘‘scelte straordinarie’’, o meglio ‘‘di maggior interesse’’, che secondo quanto previsto all’art. 155, comma III°, debbono essere assunte ‘‘di comune accordo’’ tra i genitori. In altre parole, quindi, ciò che spesso il genitore non collocatario (o non affidatario) contesta all’altro, innanzi ad una richiesta di rimborso, è il fatto che la spesa effettuata non sia stata decisa concordemente ma, al contrario, in modo unilaterale ed arbitrario, cosicché nulla a lui può essere addebitato.

In proposito è fondamentale specificare come tra ‘‘scelte straordinarie’’ e ‘‘spese straordinarie’’ non sussista un’assoluta ed automatica coincidenza. Non sempre, invero, un esborso straordinario è conseguenza di una ‘‘decisione di maggior interesse’’, più frequente è invece che una ‘‘scelta straordinaria’’, riguardante qualsiasi profilo della vita del minore (scolastico; ludico; sanitari; etc.), comporti una ‘‘spesa straordinaria’’ (Cass. Civ., n. 4459, del 05.05.1999; Cass. Civ., n. 26570, del 17.12.2007; Cass. Civ., n. 2189, del 20.01.2009; nella giurisprudenza di merito v. Trib. Di Roma, n. 19067, dell’ 11.10.2012).

Una recentissima pronuncia della Cassazione è esemplificativa in proposito nella parte in cui si legge che: ‘‘l’affidamento congiunto (…), presuppone un’attiva collaborazione degli stessi nell’elaborazione e la realizzazione del progetto educativo comune, imponendo pertanto, nell’accertamento della paternità delle singole decisioni, quanto meno di quelle più importanti, la verifica che le stesse sono state assunte sulla base di effettive consultazioni tra i genitori, e quindi con il consapevole contributo di ciascuno di essi. Ne discende che la parte la quale richieda il rimborso di spese sostenute per il minore, al fine dell’accoglimento della domanda, ha l’onere di fornire la prova di aver provveduto a consultare preventivamente l’ex coniuge, al fine di ottenere il consenso all’atto; e, in particolare, ad esempio, all’iscrizione della prole presso un istituto privato’’ . Nel caso concreto, quindi, l’iscrizione della minore ad una scuola privata, come qualsiasi altra decisione di ‘‘maggiore interesse’’, si sarebbe dovuta assumere concordemente, l’assenza, invece, di qualsiasi consultazione del genitore non collocatario esclude che lo stesso possa essere solo richiamato per effettuare parte dell’esborso straordinario che ne consegue (Corte Cass., n. 10174, del 20.06.2012).

Dopo questa breve precisazione, è necessario individuare gli attuali indirizzi giurisprudenziali nella tipizzazione delle diverse tipologie di spese.

Per quanto riguarda quelle maggiormente attinenti al profilo scolastico/educativo del minore, dunque, i giudici sono pressoché concordi e fermi nel ricondurre tra le ‘‘spese ordinarie’’, anche se parametrate nell’arco di un anno e non di carattere giornaliero, quelle effettuate per l’acquisto di libri scolastici, di materiale di cancelleria, dell’abbigliamento per lo svolgimento dell’attività fisica a scuola, della quota di iscrizione alle gite scolastiche. Tutto ciò, ovviamente, basandosi sulla considerazione che la frequenza scolastica da parte del minore non è qualcosa di eccezionale ed imprevedibile ma, al contrario, di obbligatorio e fondamentale. Anche le spese mensili per la frequenza scolastica con annesso semi-convitto è stata considerata una ‘‘spesa ordinaria’’ in relazione al normale standard di vita seguito dal minore fino al momento della crisi familiare, con eventuale possibilità di aumentare l’assegno di mantenimento precedentemente disposto per far fronte a tale esigenza (Trib. per i minorenni di Bari, decreto del 06.10.2010). Per quanto riguarda, invece, i viaggi studio all’estero (Cass. Civ., n. 19607, del 2011) e le ripetizioni scolastiche o gli sport (recentissima Trib. di Roma, n. 147, del 2013) la giurisprudenza li riconduce più frequentemente alla categoria delle ‘‘spese straordinarie’’.

Le spese per la formazione universitaria, invece, vengono qualificate dalla giurisprudenza quali ‘‘spese ordinarie’’, tali da giustificare una richiesta di modifica in aumento dell’assegno periodico non trattandosi, infatti, di spese di carattere saltuario e eccezionale o comunque imprevedibile ma, al contrario, assolutamente normali e durevoli nel tempo (Cass. Civ., n. 8153, del 2006).

L’altra categoria di esborsi particolarmente rilevante è quella concernete le esigenze sanitarie della prole le quali, a seconda della loro natura, vengono a volte ricomprese nelle ”spese ordinarie” ed altre volte qualificate come ”spese straordinarie”. A titolo esemplificativo rientrano tra le prime, secondo quanto risulta da innumerevoli pronunce dei giudici, le c.d. ”cure ordinarie”, come le visite pediatriche, l’acquisto di medicinali da banco o comunque di uso frequente, visite di controllo routinarie (Trib. Di Catania, 04.12.2008; Corte d’App. Di Catania, 29.05.2008 e 05.12.2011). Anche quanto necessario a garantire cura ed assistenza al proprio figlio disabile non può che ritenersi ”spesa ordinaria” essendo destinata, invero, a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della sua situazione (Cass. civ., n. 18618, del 2011).

Diversamente vengono qualificate come ”straordinarie” le spese concernenti un improvviso intervento chirurgico, dei trattamenti psicoterapeutici, dei cicli di fisioterapia necessari in seguito ad un incidente stradale od altro ed, infine, quanto erogato per acquistare un paio di occhiali da vista al minore o l’apparecchio ortodontico (Trib. Di Perugia, n. 967, del 2011).

La vita del minore, ovviamente, si compone anche di essenziali momenti ludici e di svago che i genitori, nei limiti ovviamente della loro situazione economico-reddituale, sono chiamati a soddisfare. Basti citare ad esempio l’acquisto di un computer o quello di un motorino, qualificate come ”spese straordinarie”, od anche le somme necessarie per giungere a conseguire la patente di guida ed a pagare, successivamente, eventuali contravvenzioni dovute a violazione del codice della strada da parte dei figli (Trib. Di Ragusa, n. 278, del 2011; n. 243, del 2011).

Alla luce di quanto esaminato sinora si evidenzia chiaramente la difficoltà di dettare un elenco esaustivo, dettagliato e valevole per ogni controversia sulla base del quale distinguere facilmente le due categorie di spesa, dato che, ovviamente, ogni fattispecie concreta ha delle proprie peculiarità.

Al fine di rendere più costante l’orientamento giurisprudenziale in materia, per lo meno nei singoli tribunali, e di facilitare le valutazioni e scelte dei giudici, molti uffici giudiziari, in collaborazione con diversi avvocati esperti in diritto di famiglia, hanno dato vita a dei protocolli destinati ad elencare le spese che si devono considerare straordinarie. Tra i tribunali che hanno adottato protocolli di tal genere possono citarsi: Bolzano (verbale del 25.02.2010); Vicenza (protocollo del 13.07.2009); Verona (protocollo del 19.02.2009) ed altresì Lucca; Firenze e così via.

La scelta di redigere appositi protocolli, tuttavia, non risolve completamente il problema, infatti, tra i vari tribunali non esiste un orientamento costante ed, inoltre, molti uffici giudiziari sono ancora privi di qualsiasi intesa, basti pensare allo stesso Tribunale di Roma.

La problematica esaminata, dunque, è tuttora oggetto di grande interesse e discussione, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza ed, ancor di più, è il motivo forse più frequente di litigi tra coppie separate per gli aspetti attinenti la gestione dell’affidamento dei figli.

Avv. Matteo Santini (Direttore Scientifico Centro Studi sul Diritto della Famiglia e dei Minori)