Design Directory, il design 2.0

Design Directory, il design 2.0

 

Una mappa per fotografare lo stato dell’arte del design del Belpaese, ma anche uno strumento in grado di ‘fare rete’, di stringere i fili e creare nuove relazioni tra le aziende, piccole e grandi, che danno forma a quell’eccellenza italiana chiamata ‘Design’. Si chiama Design Directory il progetto nato grazie al Dipartimento INDACO – di Industrial Design, Arti, Comunicazione e Moda – del Politecnico di Milano e   in collaborazione con Fondazione Museo del Design. Il primo e unico in Italia,  che vanta anche tanti ‘gemelli’ europei.

Ma perchè è importante ‘mappare‘ il design in Italia? Qual è la fisionomia delle imprese che da sempre costituiscono l’ossatura e la forza di un settore che sembra non conoscere crisi (o quasi)?

Infoiva a intervistato Venanzio Arquilla,designer e ricercatore del Dipartimento INDACO del Politecnico di Milano e tra i fondatori del progetto.

Com’è nato il progetto di Design Directory Italia?
Il progetto Design Directory Italia è nato qualche anno fa inizialmente come Design Directory Lombardia per un progetto della Provincia di Milano e Camera di Commercio di Milano in occasione della mostra MilanoMadeinDesign tenutasi a New York. In quell’occasione è stato realizzato il volume Milano Made in Design – Design Directory consultabile sul sito www.designfocus.it nella sezione Ricerche. L’evoluzione di quell’esperienza ha portato alla realizzazione della Design Directory Italia, un progetto del Dipartimento DESIGN del Politecnico di Milano, sviluppato in collaborazione con Fondazione Museo del Design, come contributo alla realizzazione del Triennale Design Museum.
L’obiettivo del progetto era lo sviluppo di una mappa dinamica e consultabile, attraverso l’interrogazione di apposite sezioni tematiche, che rendesse palese la dimensione sistemica del design italiano, ben consapevoli che la messa in rete, in un’unica piattaforma, di tutti gli attori del design italiani rappresentasse un importante strumento di visibilità e promozione dell’intero sistema del design italiano. Il Modello lombardo è stato poi applicato all’intero contesto nazionale; Design Directory oggi è una realtà anche se dovrà essere avviata la sua seconda fase: la mappa social, ovvero uno strumento grazie al quale le imprese di tutto il territorio possono comunicare fra loro. Si tratta di una mappa certificata ma non autonoma, uno strumento dinamico che sia in grado di mettere in contatto le aziende fra loro e diventare uno strumento importante per farsi conoscere: una sorta di vetrina del design made in Italy.

Venanzio Arquilla

Quante sono oggi in Italia le imprese del design? Si tratta perlopiù di piccole e medie imprese?
Proprio nell’ottica sistemica del design abbiamo inserito nella directory una sezione dedicata alle imprese e ci siamo trovati di fronte al problema di definire cosa fossero le imprese di o del design. Per fare ciò abbiamo classificato come imprese di design tutte quelle imprese che hanno ricevuto premi o segnalazioni in concorsi nazionali (compasso d’oro ADI e ADI Design Index) e internazionali (ad esempio Red dot design award o altri) e/o che fossero presenti in esposizioni permanenti o mostre di design in Italia e all’estero (dalla Triennale di Milano al MOMA). Questo ci ha permesso di includere le sole imprese eccellenti di design. Il numero quindi non è elevatissimo, sono circa un migliaio. Nonostante sia diffusa l’associazione tra imprese italiane e design, quelle realmente eccellenti sono poche, le altre vivono in un’atmosfera di design ma non sono realmente innovative e per questo non ricevono riconoscimenti ufficiali. Per la maggior parte si tratta di micro, piccole e medie imprese che hanno fatto della relazione positiva con designer, spesso esterni alla realtà aziendale, un carattere distintivo: sono imprese design oriented.

Qual è l’identikit del designer oggi?
La disciplina del design sta radicalmente cambiando perchè cambia il contesto e soprattutto cambia il mondo della produzione. Oggi sono richieste nuove competenze. Il design da un lato assume un riconosciuto valore strategico integrando oltre alle competenze di sviluppo prodotto anche competenze sugli aspetti comunicativi e di servizio e dall’altro crea nuove relazioni con la produzione. In molti casi, soprattutto nel contesto italiano, il design diventa microproduzione d’eccellenza, andando a rivalutare l’artigianato tradizionale (artigianato ma anche autoproduzione) senza dimenticare le nuove potenzialità offerte dalle tecnologie come la stampa 3D ed in generale tutto il fenomeno dei Makers. Oggi i designer non sono più chiamati a fare, solo e bene, il proprio mestiere, per emergere è necessario creare nuove connessioni, estendere il dominio delle proprie competenze, cercare di integrare gli utenti nel processo, in poche parole bisogna cercare di essere impresa, anche sostituendosi all’impresa, creando nuova impresa che si può chiamare designer=impresa, dove con impresa si intende il soggetto che sta nel mercato e genera economia, un’economia non speculativa ma con un importante portato sociale e culturale.

Il design è un’eccellenza e un vanto del made in Italy. Perchè?
Ad essere vanto del Made in Italy non è il design ma quell’inscindibile combinazione tra saper fare (spesso artigianale) e design che con modalità varie e sempre molto originali ha costituito il successo del Made in Italy e del modello ad esso connesso quello dei distretti industriali. La storia del design italiano, dal secondo dopoguerra fino quasi al duemila, testimonia di un rapporto fruttuoso e virtuoso tra capacità di progetto e di visione, che molti oggi chiamano creatività e che viene anche definita capacità di dare senso e significato agli oggetti, e saper fare artigianale. Una produzione non banale, saldamente ancorata alle tradizioni, un modello di sviluppo più manifatturiero che industriale.

Federlegno ha lanciato l’allarme qualche giorno fa, definendo ‘drammaticamente negative’ le prospettive per la filiera dell’arredo e del design per il 2013 (il 60% delle imprese ha dichiarato a gennaio 2013 ordini in forte flessione): dal vostro punto di osservazione privilegiato come commentate questo dato?
Oggi anche l’utopia, per dirla alla Mari, del Made in Italy si sta esaurendo di fronte alle sfide della globalizzazione, come certificano i dati di Confindustria. Questo non vuol dire che non vi siano speranze anzi è necessario provare davvero a valorizzare quello che contraddistingue il nostro Paese a livello mondiale. Il nostro patrimonio sono la miriade di piccole eccellenze del nostro artigianato, la capillarità di un sistema di microimprese, ognuna con la propria specificità e competenza, che hanno fatto grande il Made in Italy, che ora sono in sofferenza ma che ripensate in una rete globale potrebbero riprendere valore e soprattutto potrebbero non depauperarlo sdoganando definitivamente la sapienza insita nelle professioni artigianali, magari mixandola con la nuova tecnologia e la competenza del design, un nuovo design ma anche un nuovo modello produttivo, entrambi 2.0. Questo cambiamento auspicato è essenzialmente un cambiamento culturale e di approccio dove tutti devono trovare un ruolo, sia designer che imprese.

Alessia CASIRAGHI