Vino, quando l’export è spumeggiante

spumante

Per una volta, vale a pena stappare una bottiglia per festeggiare i buoni risultati di un settore della piccola impresa italiana. Parliamo del settore vitivinicolo, nello specifico di quelle cantine la cui specialità sono le bollicine made in Italy.

I dati dell’export (sì, sempre l’export, alla faccia del mercato interno…) di vino e bollicine italiane nei primi sei mesi del 2013, forniti da un’analisi di Assoenologi, sono più che incoraggianti. Le vendite all’estero di vino italiano nei primi sei mesi del 2013 sono cresciute dell’8,4% in valore nonostante una contrazione (-3,1%) dei volumi. Se però si guarda al settore degli spumanti, la tendenza della crescita dei valori e dei prezzi medi a fronte di un calo dei volumi, si inverte.

La crescita delle bollicine italiane a giugno 2013 è stata del 10,5% nei volumi e del 17,9% del fatturato grazie a un progresso del 6,7% nei prezzi. In 4 anni il valore delle etichette a denominazione d’origine (escluso l’Asti) è salito da 65,4 a 160,2 milioni di euro (+144%). La crescita nel primo semestre 2013 è stata del 27,8%, contro un +17,6% dell’Asti. Lo “spumante generico” ha invece fatto registrare un valore delle vendite di 44,2 milioni di euro (+12%).

Il fatturato estero del vino italiano è sostenuto dal favorevole andamento del prezzo medio delle bottiglie esportate, passato da 2,13 euro al litro a 2,38 euro (+11,9%).

Buone notizie anche sul fronte dei mercati, dove vincono quelli tradizionali, Stati Uniti (+9,6%) e Germania (+9,5%). Buone performance anche nel nord Europa (Svezia +15%, Norvegia +11,3%) e dall’estremo oriente (Corea del Sud +21,2%), mentre alcuni mercati considerati promettenti hanno fatto registrare brusche frenate: Cina (-0,7% in valore, -41% in volume), Russia (-26,1% in quantità), Giappone -11%. Ci si salva con il prezzo medio, cresciuto del 71% in Cina, del 57% in Russia, dell’11% in Brasile, del 15,4% in Gran Bretagna e dell’11,5% in Svizzera.