Vichi: “Regalo la mia fabbrica, ma assumete italiani”

«Sono disposto a lasciare la mia fabbrica ad una società indipendente e di provata serietà, purché sia disposta a riprendere un migliaio di lavoratori italiani». L’appello arriva direttamente da Carlo Vichi fondatore nell’immediato dopoguerra della Mivar (Milano Vichi Apparecchi Radio) che negli anni del boom economico diventerà la prima azienda del settore nel Paese.

Perché ha preso questa decisione?
Negli ultimi anni ho perso delle cifre astronomiche, quasi dieci milioni di euro ogni dodici mesi, e non posso più competere con le grandi multinazionali produttrici di televisioni. Da un punto di vista tecnologico non riesco più a stare con il passo con i tempi e a fine anno ho cessato l’attività. Ciò che rimane è la mia enorme e modernissima fabbrica, capace di produrre 5mila televisori al giorno. Lo ripeto fino alla nausea: sono disposto a lasciare la mia fabbrica ad una società indipendente e di provata serietà senza far pagare un centesimo di affitto dello stabilimento, purché sia disposta a riprendere un migliaio di lavoratori italiani.

Ha già ricevuto risposte al suo appello?
Purtroppo no. Ho girato tutto il mondo in questi mesi per far circolare la mia proposta, ma non sarà un’operazione semplice riuscire nel mio intento. Venire ad investire nel nostro Paese in questo momento non conviene e posso capire gli investitori stranieri che sono scettici, se fossi nei loro panni nemmeno io verrei ad investire in Italia.

Come vede il futuro del Made in Italy, lei che da sempre è considerato un alfiere del settore ai limiti del nazionalismo?
Assolutamente buio. Il Made in Italy non esiste più, è solo un grande insieme di chiacchiere. Per esempio continuiamo a parlare di moda, ma ormai quali tessuti non sono prodotti in Corea, in Cina, in Indonesia o in Malesia? Il Made in Italy appartiene purtroppo ad anni passati. Una volta dall’est arrivavano prodotti qualitativamente inferiori, oggi non è più così.

Ha fiducia in Renzi, un premier che ha più di 50 anni meno di lei?
No. È un grandissimo comunicatore, sul modello di Berlusconi lo devo ammettere, ma riuscirà solo nella conservazione. Non ho alcuna fiducia.

Jacopo MARCHESANO