Come cambia il franchising in Italia

Come cambia il franchising in Italia

Secondo l’ultimo rapporto di Confimprese sul franchising in Italia, è raddoppiata negli ultimi 6 anni, passando dal 18 al 36%, la percentuale di franchisor che dichiarano di avere imprenditori stranieri tra gli affiliati, soprattutto cinesi e nordafricani. Allo stesso modo, sale la percentuale di franchisor che dichiarano di avere prevalentemente affiliati donne: 27,2 a 33,3%.

Altro dato interessante sulla configurazione del franchising in Italia è il divario tra i franchisor che annoverano affiliati con disponibilità economica fino 20mila euro e quelli che, invece, hanno affiliati con risorse proprie più consistenti, che oscillano tra 70 e 150mila euro. Ferma al 7,5% la percentuale di quanti hanno una liquidità superiore a 150mila euro.

Sul fronte dell’età di chi gestisce esercizi in franchising in Italia si nota un innalzamento della media. Se nel 2008 l’84,5% dei franchisor dichiarava che la maggioranza dei loro franchisee era tra i 25 e 45 anni, oggi il 77,5% dei franchisor dichiara che l’età dei loro franchisee è compresa tra i 36 e i 55 anni.

Passando invece al grado di istruzione delle persone attive nel franchising in Italia, anche questo si sta innalzando. Il 25,5% dei franchisor dichiara infatti di avere soprattutto franchisee laureati, contro il 5,6% del 2008; infatti, alla rilevazione effettuata 6 anni fa il 40,8% dichiarava di avere soprattutto diplomati.

Sul fronte dell’investimento iniziale, il 60% del campione sostiene di aver ridotto l’investimento iniziale in attrezzature e arredo, il 48% l’investimento in prima fornitura di merce, il 40% la fee d’ingresso e le royalties.

Insomma, se il franchising in Italia è un settore che, indubbiamente, combatte la crisi, il merito è anche della fluidità che si porta dietro, sia in termini di anagrafica sia in termini di capacità d’investimento e di propensione al rischio.