Eni, che scoperta!

Le fonti energetiche non rinnovabili, finché quelle eco sostenibili non saranno in grado di sostituirle al 100%, e ci auguriamo che un giorno possa davvero accadere, rappresentano ancora la maggiore risorsa per la nostra vita quotidiana.

Tra esse, il gas è quello che ha visto aumentare il suo utilizzo nel mondo del 40% negli ultimi dieci anni, grazie alla sua efficienza, considerando che libera più del doppio dell’energia del carbone e il 50% in più del petrolio, nella versatilità, poichè usato da forni industriali, elettricità e trasporti, e nell’essere meno inquinante: le emissioni sono inferiori del 30% rispetto al petrolio e del 45% rispetto al carbone.

Per questi motivi, la scoperta, da parte di Eni, del più grande giacimento di gas nel Mediterraneo, e precisamente in Egitto, è da considerarsi sensazionale e capace di rivoluzionare lo scenario energetico mondiale.

Il giacimento nell’offshore egiziano, presso il prospetto esplorativo denominato Zohr, ha un potenziale di 850 miliardi di metri cubi di gas, equivalente a 5,5 miliardi di barili di olio, e potrà garantire la soddisfazione della domanda di gas naturale del Paese per molti decenni.

Ad oggi non si può prevedere quale quantità di quel gas verrà esportata in Europa e, di conseguenza, in Italia, ma Eni non ha potuto nascondere la sua soddisfazione, affidando all’amministratore delegato Claudio Descalzi i primi commenti: “È un giorno davvero importante per la nostra società, è la conferma delle nostre competenze e delle nostre capacità di innovazione tecnologica. Ora possono essere sfruttate importanti sinergie con le istallazioni esistenti permettendoci una rapida messa in produzione“.

L’Eni è presente in Egitto da oltre sessant’anni, è un Paese strategico per il Gruppo. Il Cane a sei zampe negli ultimi 7 anni ha scoperto 10 miliardi di barili di risorse e 300 milioni negli ultimi sei mesi.

Anche Matteo Renzi ha voluto mettersi in contatto con Eni e con il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, considerando che la scoperta acquista un significato strategico per i rapporti tra Italia ed Egitto, in un’ottica di partnership economica che riguarda non solo il singolo Paese ma più in generale l’intero continente africano.

Anche il vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha sottolineato l’importanza della scoperta: “Tutte le risorse energetiche sono utili all’Italia e sono fonte positiva. Per la competitività delle nostre imprese, con la crisi in Ucraina, la situazione in Libia e i costi dell’energia, è fondamentale trovare nuove risorse“.

Vera MORETTI

Mutui in aumento per gli italiani

Chi si appresta a chiedere un finanziamento alle banche per accendere un mutuo, forse può ben sperare: una nota di Abi, infatti, conferma il 2015 è caratterizzato da una ripresa per quanto riguarda l’accesso al credito delle famiglie italiane.

Più precisamente, l’Associazione bancaria italiana ha affermato che, nei primi sette mesi dell’anno in corso, il complesso dei mutui concessi alle famiglie italiane è stato pari a 26,6 miliardi di euro, cifra pari all’82% in più di quanto erogato nel 2014, fermo a 14,6 miliardi.

Ma, a frenare gli entusiasmi, ci sono gli addetti ai lavori del settore immobiliare, che ad oggi non confermano un aumento delle compravendite.
Ma allora, a cosa si deve questo aumento? Sembri si tratti soprattutto delle surroghe, le sostituzioni di un mutuo in corso con un altro a tassi più vantaggiosi, cosa molto comune negli ultimi mesi.

Inoltre, i tassi di interesse sono diminuiti, sia fissi sia variabili.
Con euribor e eurirs ai minimi storici che hanno ridotto i tassi, i mutuatari hanno avuto la possibilità di ambire a percentuali più elevate del valore dell’immobile.
Sono aumentati, mediamente, i cosiddetti loan to value, cosa che ha permesso alle banche di erogare, complessivamente, importi più elevati.

La conseguenza principale è che le cifre sono tornate quelle del 2011, anche se i dati relativi al periodo prima della crisi sono ancora lontani.

Vera MORETTI

Saran pure rifiuti, ma li paghiamo a peso d’oro

Che sia Tari, Tasi o qualsiasi altro balzello, una cosa è certa: imprese e famiglie italiane pagano salatissimo lo smaltimento dei propri rifiuti. La conferma viene, ancora una volta, dall’Ufficio studi della Cgia, che ha rilevato come tra il 2010 e il 2015 una famiglia con 4 componenti che vive in un casa da 120 mq ha subito un aumento della tassa sui rifiuti del 25,5%, 75 euro tramutati in denaro sonante.

È il bello deve ancora venire, perché nel 2015 verserà al comune 368 euro di Tari per l’asporto dei rifiuti. Male anche per la famiglia tipo di 3 persone con casa di 100 mq: +23,5%, pari a +57 euro e un versato di circa 300 euro nel 2015. Se la casa di queste 3 persone è di 80 mq, le cifre scendono, ma di poco: +18,2%, +35 euro, 227 euro di versato.

Quella della tassa sui rifiuti è una barzelletta tutta italiana, la cui storia da sola, con il variare del nome legato alla tassa la dice lunga sull’unica volontà del legislatore: fare cassa sempre e comunque. Fino a qualche anno fa gli italiani pagavano la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), anche se molti Comuni l’avevano sostituita con la Tia (Tariffa di igiene ambientale). Nel 2013 il legislatore ha introdotto la Tares (Tassa sui rifiuti e servizi), che dal 2014  ha lasciato il posto alla Tari (Tassa sui rifiuti), introdotta con la Legge di Stabilità per sottostare al principio comunitario del “chi inquina paga”: più rifiuti si producono, più alta è la tassa.

La Tari ha confermato il principio che il costo del servizio sostenuto dall’azienda che raccoglie i rifiuti dev’essere interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento della tassa. Una fregatura. Infatti, nonostante in questi ultimi anni il l’impatto economico sulle famiglie della tassa sui rifiuti sia aumentato, dall’inizio della crisi a oggi la produzione dei rifiuti urbani ha subito una contrazione: nel 2007 ogni cittadino italiano ne produceva quasi 557 kg all’anno, nel 2013 (ultimo dato disponibile) meno di 500 (491 kg).

E, se per le famiglie è stato un bagno di sangue, inutile sottolineare che, sotto il profilo dei rifiuti, alle aziende e alle attività economiche è andata anche peggio. Ristoranti, pizzerie e pub con una superficie di 200 mq hanno subito un aumento medio del prelievo per la tassa sui rifiuti del 47,4%, +1.414 euro. Un negozio di ortofrutta di 70 mq ha registrato un incremento del 42% (+ 560 euro), un bar di 60 mq +35,2% (+272 euro). Il tutto nonostante una contrazione del giro di affari e del fatturato che, spesso, ha portato anche alla diminuzione della quantità di rifiuti prodotta.

Madri lavoratrici, risorsa per le imprese

Come poter favorire un pieno e completo reinserimento lavorativo alle donne che rientrano dalla maternità? Una domanda alla quale ha provato a rispondere Regus, il principale fornitore di spazi di lavoro condivisi.

Secondo un’indagine sul tema, il 77% dei manager e imprenditori italiani (contro l’83% della media globale) pensa che lo “smart working” possa essere la chiave per attirare e mantenere al lavoro le madri lavoratrici, evitando che le aziende perdano professionalità e competenze.

La ricerca di Regus evidenzia anche che le madri che rientrano al lavoro sono molto apprezzate dalle imprese per la loro esperienza e le loro competenze (50,3% in Italia e 55% media globale); inoltre i dirigenti e i manager ritengono le madri lavoratrici molto affidabili (19,2% Italia e 30% media globale), dotate di ottime capacità organizzative (Italia 21,8%, globale 31%) e con una maggior propensione a gestire tempo e scadenze (35,4% Italia e 35% media globale). Ultimo ma non meno importante e soprattutto il 19,8% degli intervistati (media globale 23%) ritiene le madri lavoratrici molto laboriose e più produttive rispetto alla media dei lavoratori.

Infine, secondo i manager intervistati, le madri che tornano a svolgere la loro attività lavorativa sono meno propense a cambiare lavoro o azienda (Italia 28,2%, media globale 34%); una propensione che consente alle imprese di risparmiare i costi di assunzione e di riqualificazione.

Questi nuovi risultati sulla percezione delle madri lavoratrici in azienda conferma una precedente ricerca svolta da Regus, la quale riscontrava che il 57% delle imprese è convinta che mantenere l’occupazione delle madri consenta di migliorare la produttività, con costi e tempi di formazione inferiori rispetto all’assunzione e all’inserimento di nuovi dipendenti.

Accordo Bei – UniCredit: 200 milioni di finanziamenti alle imprese

UniCredit ha firmato una nuova linea di finanziamenti alle imprese con la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) per un ammontare di 200 milioni di euro, destinata alle imprese italiane di piccola e media dimensione con un organico fino a 250 dipendenti dei settori produttivi e dei servizi.

L’importo sarà destinato a sostenere lo sviluppo delle imprese per effettuare investimenti materiali e immateriali o per finanziare il capitale circolante. Saranno infatti finanziati sia i nuovi investimenti, sia quelli in corso, purché non ancora ultimati. La linea di finanziamenti alle imprese concessa dalla Bei, che potrà avere durata compresa fra i due e i dodici anni e un taglio massimo di 25 milioni di euro per ogni singolo progetto, sarà trasferita alle aziende attraverso UniCredit e UniCredit Leasing.

I nuovi fondi si aggiungono a tre precedenti iniziative avviate nell’aprile e nel giugno 2015, rivolte all’occupazione giovanile e alle imprese di piccole e medie dimensioni (sia Pmi, sia le cosiddette Mid Cap), per un ammontare disponibile totale di 800 milioni di finanziamenti alle imprese.

Negli ultimi anni il Gruppo UniCredit ha erogato più di 4 miliardi di euro a valere su finanziamenti alle imprese italiane concessi da Bei. Il plafond per il quale è stato appena siglato l’accordo conferma l’impegno congiunto di UniCredit e Bei a favore del sistema economico del Paese.

Gli interventi, relativi a imprese attive in tutti i settori produttivi (agricoltura, artigianato, industria, commercio, turismo e servizi) potranno riguardare l’acquisto, la costruzione, l’ampliamento e la ristrutturazione di fabbricati; l’acquisto di impianti, attrezzature, automezzi o macchinari; le spese, gli oneri accessori e le immobilizzazioni immateriali collegate ai progetti, incluse le spese di ricerca, sviluppo e innovazione; la necessità permanente di capitale circolante legata all’attività operativa.

Accordo Ubi Banca – Confagricoltura

Il Gruppo Ubi Banca e Confagricoltura hanno raggiunto un accordo di collaborazione basato sulla condivisione delle informazioni necessarie per valutare la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria delle imprese agricole.

L’accordo prende avvio dal “Programma di Analisi Finanziaria dell’azienda agricola” sviluppato da Confagricoltura, attraverso la controllata Agricheck, e reso disponibile ai propri organi per ricostruire e ordinare gli elementi economici, finanziari e patrimoniali delle aziende agricole esaminate – su richiesta delle stesse – per rappresentarne la situazione attuale e prospettica in ottica gestionale e di merito creditizio.

Nell’ambito del proprio progetto “Farm&Food”, il Gruppo Ubi ritiene di particolare interesse collaborare con Confagricoltura anche al fine di affinare i propri strumenti di valutazione delle imprese agricole.

L’accordo prevede che le banche appartenenti al Gruppo Ubi Banca utilizzino anche i documenti prodotti dalle strutture di Confagricoltura per l’istruttoria delle richieste di affidamento avanzate dalle imprese agricole a essa aderenti.

Le banche appartenenti al Gruppo Ubi riserveranno condizioni di favore alle imprese aderenti a Confagricoltura che avanzeranno richieste di facilitazioni bancarie supportate dagli elaborati previsti dall’accordo e ritenute meritevoli di affidamento.

Tali vantaggi si tradurranno in riduzione delle spese d’istruttoria per i finanziamenti, contenimento dei costi per gli affidamenti in conto corrente e vantaggi sulle polizze riservate agli agricoltori dal Gruppo UBI. Verranno, inoltre, riservati canali privilegiati al fine di garantire la comunicazione delle delibere di affidamento assunte in tempi contenuti.

L’accordo rientra nel progetto “Farm&Food” di Ubi Banca dedicato alle imprese agricole o agroalimentari per sostenerne concretamente il business. Il Gruppo UBI con il progetto “Farm&Food” ha formato un team di professionisti per sviluppare le competenze nel comparto. Tra gli obiettivi la stipula di accordi, in particolare, con le Associazioni di categoria e la realizzazione di offerte specifiche dedicate alle imprese operanti nell’ambito di filiere riconducibili a importanti realtà del settore agroalimentare quali industrie, cooperative di trasformazione e consorzi agrari (il cosiddetto “credito di filiera”).

Nuove partite Iva in crescita a giugno

Il ministero dell’Economia ha fatto il classico punto della situazione sull’apertura di nuove partite Iva e ha comunicato che “nel mese di giugno 2015 sono state aperte 40.845 nuove partite Iva. Rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si osserva un discreto aumento percentuale, pari a +5%, in larga parte dovuto, analogamente a quanto verificatosi a maggio, alle nuove aperture nel settore dell’agricoltura, localizzate soprattutto al Sud e nelle Isole”.

Il ministero fa sapere che “il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di aperture di partite Iva (23,7% del totale), seguito dall’agricoltura (11,8%) e dalle attività professionali (11,3%). Rispetto a giugno 2014, si osserva un sensibile aumento di aperture nel settore dell’agricoltura (+50%). Analizzando gli altri settori di attività economica, gli incrementi più significativi si rilevano nella Sanità (+16,5%) e nelle Attività artistiche (+9,3%) mentre le flessioni più evidenti si registrano invece nei servizi di informazione (-10,1%), nelle attività professionali (-8,6%) e finanziarie (-6,5%)”. Le nuove partite Iva dei campi trascinano dunque in su le aperture.

Relativamente invece alla ripartizione territoriale, circa il 40% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 22% al Centro ed il 38% al Sud e nelle Isole. Gli aumenti più significativi di aperture di partite Iva, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, sono localizzati nelle Regioni del Sud: Puglia (+34,1%), Calabria (+21%) e Molise (+20,8%). Invece, le flessioni più marcate si registrano in Abruzzo (-15%), Liguria (-9%), Basilicata e Sardegna (-6,2%).

La distribuzione per natura giuridica delle nuove partite Iva mostra una quota relativa alle persone fisiche del 72,6%, le società di capitali raggiungono il 21,7%, le società di persone il 4,8%, mentre la percentuale dei “non residenti” e “altre forme giuridiche” sfiora l’1%.

Relativamente alle persone fisiche, invece,  la ripartizione per sesso è stabile, con il 63,2% delle partite Iva aperte da maschi. Il 46,2% delle aperture è attribuibile ai giovani fino a 35 anni e il 34,2% a persone tra 36 e 50 anni.

Bonus mobili e sgravi Irpef collegati anche nella legge di Stabilità 2016

Per la gioia di tanti italiani che, nonostante tutto, non smettono di credere e di investire nella propria casa, i bonus mobili, ristrutturazione e risparmio energetico saranno confermati nella legge di Stabilità 2016.

Nella sua visita allo stand di FederlegnoArredo al meeting di Rimini, il presidente del Consiglio Renzi ha avuto modo di confermare al presidente Snaidero il rinnovo del provvedimento anche per il prossimo anno, aprendo a nuove misure a favore delle giovani coppie. Riconfermati quindi nel 2016 gli sgravi Irpef del 50% e del 65% per i lavori di ristrutturazione e risparmio energetico e il cosiddetto bonus mobili.

Una conferma indiretta era arrivata già dal ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, il quale in una intervista al Sole 24 Ore aveva dichiarato: “Se lo strumento ha funzionato, sarebbe sbagliato non utilizzarlo al meglio“.

Oltre alla riconferma dei bonus, le ipotesi che circolavano erano l’estensione dei crediti d’imposta anche agli alloggi popolari pubblici, e l’estensione del bonus mobili anche per gli inquilini in affitto, specialmente guardando ai giovani che scelgono spesso la locazione come prima soluzione una volta usciti dalla casa dei genitori.

Carissima pompa…

Il Codacons ha rilevato che, rispetto all’Italia, la benzina verde in Europa è più costosa solo nei Paesi Bassi, mentre per il gasolio ci batte solo il Regno Unito. I mancati ribassi di questi giorni hanno spinto l’Italia al secondo posto della classifica dei Paesi europei coi carburanti più cari.

Unimpresa: fisco forte con i deboli e debole con i forti

Debole con i forti e forte con i deboli. Questo è, secondo Unimpresa, il fisco italiano quando ha a che fare con le imprese italiane. Secondo l’Unione Nazionale di Imprese, il fisco si accanisce con le realtà più piccole e si dimostra meno determinato con quelle grandi: oltre il 90% dei controlli fiscali del 2014, denuncia Unimpresa, ha riguardato le partite Iva e le piccole imprese.

Gli accertamenti fiscali condotti sulle medie imprese, sottolinea ancora Unimpresa sono stati solo l’8% del totale, mentre la quota relativa ai grandi gruppi industriali è ancora più irrilevante: 1,7%.

In termini numerici, dice Unimpresa, nel 2014 su 177.300 controlli fiscali, 160.007 sono stati fatti su micro e piccole imprese e su partite Iva, 14.211 su medie imprese e solo 3.122 su gruppi industriali di grandi dimensioni.

I numeri sono ancora più incomprensibili, secondo Unimpresa, se si considera nel 2014 è stato accertato che 31 grandi gruppi industriali hanno evaso, sottraendo all’erario oltre 25 milioni di euro a testa.

Ecco dunque il perché della denuncia di Unimpresa, che punta il dito contro l’incomprensibile disparità di trattamento che stringe oltremodo le briglie fiscali intorno alle piccole imprese e le allarga alle grandi.

Secondo Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, sarebbe necessario un deciso cambiamento nel rapporto tra i contribuenti e lo Stato, anche e soprattutto alla luce di dati come questi; ma, sottolinea ancora Longobardi, da questo punto di vista la delega fiscale del governo Renzi è insoddisfacente, poiché non ha mosso nulla in questa direzione.