Ecco la One Company di Finmeccanica

Aria di novità in Finmeccanica. Dall’1 gennaio 2016 il primo gruppo industriale italiano nel campo delle alte tecnologie terrà a battesimo la nuova One Company, nata dal processo di scorporo della società che, da giugno 2014, ha preso piede sotto la guida dell’Amministratore Delegato e Direttore Generale, Mauro Moretti.

Con l’avvio della One Company, Finmeccanica diventerà un’unica azienda attiva nei settori Aerospazio, Difesa e Sicurezza, retta da un nuovo sistema di governance articolato in quattro settori e sette divisioni, che prende il posto dell’attuale modello di holding a capo di società controllate.

Nel dettaglio ecco i quattro nuovi settori e le sette nuove divisioni della futura struttura organizzativa di Finmeccanica:

Settori

  • Elicotteri
  • Aeronautica
  • Elettronica, Difesa e Sistemi di Sicurezza
  • Spazio

Divisioni

  • Elicotteri
  • Velivoli
  • Aerostrutture
  • Sistemi Avionici e Spaziali
  • Elettronica per la Difesa Terrestre e Navale
  • Sistemi di Difesa
  • Sistemi per la Sicurezza e le Informazioni

Con il cambio di governance, Finmeccanica vedrà centralizzati i sistemi di indirizzo e controllo, con un decentramento della gestione del business in capo alle divisioni, le quali avranno i poteri utili a garantire una gestione integrale end-to-end del proprio perimetro di attività, con la piena responsabilità del conto economico di riferimento. I settori avranno compiti e funzioni di coordinamento.

Mauro Moretti commenta così la ristrutturazione aziendale: “Siamo orgogliosi del lavoro compiuto, che ci ha permesso di introdurre il nuovo modello organizzativo ed operativo di Gruppo nel rispetto dei tempi stabiliti sin dall’inizio. La divisionalizzazione aumenterà l’efficienza e l’efficacia delle attività di Finmeccanica, riducendo i costi di gestione grazie alle massimizzazione delle economie di scala e delle sinergie. Con la One Company, Finmeccanica consolida il proprio posizionamento competitivo sui mercati internazionali dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza, sempre più complessi e globali, facendo leva su aree di leadership tecnologica e di prodotto rafforzate dall’appartenenza ad unico grande gruppo industriale”.

Cartelle esattoriali? Equitalia le deve conservare per 10 anni

Il Consiglio di Stato smaschera Equitalia sull’obbligo di conservazione delle cartelle esattoriali pendenti. Lo fa con una sentenza nella quale stabilisce che i 5 anni che Equitalia individua come tempo corretto di conservazione, in realtà sono obbligo minimo stabilito dal legislatore e non un termine massimo.

In sostanza, quindi, Equitalia è tenuta a conservare le cartelle di pagamento per il periodo di prescrizione ordinaria, che è individuato in 10 anni.

La sentenza emanata dal Consiglio di Stato è conseguente all’accoglimento del ricorso presentato da una società di servizi alla quale non era stato permesso l’accesso integrale ad alcune cartelle esattoriali pendenti a proprio carico da oltre cinque anni.

Equitalia sosteneva che i documenti richiesti non fossero più accessibili poiché era scaduto il tempo di tenuta obbligatoria fissato dalle norme sulla riscossione; queste norme prevedono che il concessionario conservi per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento e che le esibisca qualora il contribuente o l’amministrazione tributaria ne facciano richiesta.

Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la tesi di Equitalia, spiegando che il termine di legge è minimo “non potendo, d’altra parte, incidere sul termine decennale di prescrizione ordinaria“, in quanto “costituisce, infatti, precipuo interesse dell’esattore, nonché preciso onere improntato alla diligenza, conservare, in caso di mancata riscossione dei tributi nel quinquennio e in occasione di rapporti giuridici ancora aperti e non definiti, la copia della cartella oltre i cinque anni, per tutto il periodo in cui il credito portato ad esecuzione non sia stato recuperato, in modo da conservarne prova documentale ostensibile, anche a richiesta dei soggetti legittimati, nelle varie fasi di definizione del rapporto, onde poter compiutamente esercitare le prerogative esattoriali“.

Accordo Wind-Microsoft per le Pmi

Ogni soluzione tecnologica che permetta alle piccole e medie imprese di operare in agilità, pensando prima al business e poi al contenimento dei costi è sempre bene accetta. Ecco perché l’accordo stretto tra l’operatore telefonico Wind e il gigante dei software Microsoft merita di essere segnalato.

In virtù dell’accordo, Wind offrirà ai propri clienti business Office 365, la suite di produttività in cloud realizzata da Microsoft. La suite consentirà alle aziende e ai clienti business di Wind di utilizzare gli strumenti necessari per lavorare in mobilità su qualsiasi dispositivo e gestire, modificare e condividere documenti in tempo reale e in piena sicurezza.

L’offerta di Wind alle aziende prevede, per Microsoft Office 365, tre diversi pacchetti, a partire da 4 euro a mese per singolo account, in base alle esigenze e al “taglio” delle imprese clienti: Basic, Plus e Top.

Le aziende che, oltre al pacchetto, sceglieranno anche Wind Smart Office (il centralino virtuale di Wind Business), avranno in promozione fino al 10 gennaio 3 licenze gratuite di Office 365 Basic.

Secondo Marco Frattini, Direttore Marketing Consumer and Sme di Wind, “Office 365 Business è pensato per le aziende che vogliono ridurre sensibilmente i costi di gestione e migliorare la produttività grazie ad un’unica piattaforma che consente di coniugare i vantaggi del Cloud a funzionalità innovative in assoluta mobilità, avere come unico interlocutore Wind per la fatturazione e l’assistenza di servizi ad alto contenuto tecnologico e procedere così alla trasformazione delle stesse aziende verso un ecosistema sempre più digitale che abilita lo smart working”.

Dialogo positivo tra Confassociazioni e ministero della Giustizia

Mario Bulgheroni, Vice Presidente di Confassociazioni con delega a Diritto, Patrimonio e Territorio, ha espresso in una nota la soddisfazione personale e di Confassociazioni tutta per il dialogo costante e fruttuoso instaurato con il ministero della Giustizia: “A pochi giorni dall’incontro avuto con il Capo di Gabinetto del Ministro Orlando, Michele Fina, e con il Magistrato dell’Ufficio Legislativo del ministero della Giustizia, Caterina Garufi, presso il palazzo di via Arenula, l’interesse manifestato verso la professione dei visuristi è diventato ancora più concreto a seguito della presentazione del Codice delle Commissioni Censuarie nella Sala Einaudi di Confedilizia”.

La pubblicazione, scritta a sei mani da Corrado Sforza Fogliani, Vincenzo Mele e Caterina Garufi, promette di essere un valido strumento utile a tutti gli studiosi e gli operatori della materia catastale – ha continuato Bulgheroni, che è anche presidente Avi, Associazione Esperti Visuristi Italiani -. Non da meno noi che di trasmissioni e analisi di atti immobiliari ne facciamo il nostro pane quotidiano. L’opera strutturata su motivazioni, testimonianze ed esempi, è determinante per il nostro catasto, ancora oggi nel caos per carenze di norme ed eccesso di circolari, per di più interpretate. La sua lettura e il suo utilizzo darebbe delle linee guida giuste per il buon funzionamento della materia catastale. Da cui, inevitabilmente, ne trarrebbe beneficio l’attività stessa di noi visuristi”.

Il nostro ottimismo – ha concluso il Vice Presidente di Confassociazioniè legato da altre due motivazioni quali l’ipotesi considerata e sostenuta dal ministero della Giustizia di costituire un albo dei visuristi all’interno dei tribunali. E l’interesse e l’appoggio nell’immediato dimostrato dal sottosegretario di Stato del ministero della Giustizia, Cosimo Maria Ferri, sulle attività da attivare per la nostra professione, non ultimo una sinergia con l’ordine dei Geometri e degli Ingegneri. Ovvio che la spinta propulsiva a questi favorevoli scenari futuri sull’ulteriore riconoscimento della nostra professione di esperti visuristi sia stata determinata anche dalla forza e dalla sinergia che quotidianamente mette in campo Confassociazioni. Ed è proprio qui il valore aggiunto di tutti noi. Essere parti di un tutto in cui ognuno ha il proprio peso e il proprio valore per competenze specifiche, bandendo intralci e concorrenze sleali, a favore di un’unione protesa alla vittoria”.

Frenano i fallimenti nel 2015

I segnali che arrivano e che parlano di una lenta e progressiva uscita dalla crisi economica sono tanti e uno di essi riguarda le cessazioni di attività e i fallimenti. I dati su questi importanti indicatori economici sono stati diffusi nei giorni scorsi da Cerved, società che valuta la solvibilità e il merito creditizio delle aziende.

Secondo i dati Cerved, negli ultimi 3 mesi del 2015 i fallimenti hanno interessato 15mila imprese, mentre nel terzo trimestre dell’anno i fallimenti hanno interessato altre 15mila aziende.

Quest’ultimo dato sui fallimenti dimostra un calo del 10% rispetto allo stesso periodo del 2014, soprattutto in virtù della flessione delle liquidazioni volontarie, calate dell’11,1%, a 12.200, nel terzo trimestre e del 9,1% dall’inizio dell’anno (41mila unità).

Sul fronte delle procedure fallimentari l’Osservatorio Cerved segnala un -4,5% nei primi nove mesi del 2015 (per un totale di 10.600 procedure) e nel solo terzo trimestre i fallimenti sono cresciuti dello 0,7% a quota 3mila.

Nel terzo trimestre 2015 le procedure non fallimentari aperte sono state 448, contro le 696 dello stesso periodo del 2014: -35%. In tutto, le insolvenze non fallimentari aperte nei primi nove mesi dell’anno in corso sono state 1.823, con un significativo calo del 16,8%. Se dalla frenata dei fallimenti, anche se contenuta, si può guardare con più fiducia al futuro, siamo sulla strada giusta.

Una tavola made in Italy per le Feste

Tradizione rispettata a tavola: il Natale degli italiani nel 2015 è stato il trionfo della gastronomia made in Italy. Secondo il bilancio stimato dalla Coldiretti, gli italiani hanno infatti speso per pranzi e cene di Natale 2,2 miliardi di euro per cibi e le bevande made in Italy.

Inoltre, sempre Coldiretti stima che oltre 8 italiani su 10 hanno consumato a casa pranzo e cenone con parenti o amici, prediligendo i piatti della tradizione made in Italy. Cibi esotici e fuori stagione, sottolinea l’associazione dei coltivatori diretti, sono di fatto spariti dalle tavole italiane, lasciando il posto a intramontabili classici come il bollito, il pollame arrosto, i cappelletti in brodo, le pizze rustiche e i dolci fatti in casa.

Sempre dall’indagine Coldiretti/Ixè emerge come, anche a Natale, il made in Italy è stato onorato dalle lunghe preparazioni in cucina. I masterchef di casa nostra hanno infatti trascorso in media oltre 3 ore in cucina a preparare i piatti da servire durante il cenone della vigilia o il pranzo di Natale. Chi non è stato in casa, nel 9% dei casi si è recato al ristorante, mentre il 3% ha scelto l’agriturismo.

Coldiretti fa notare con soddisfazione che l’acquisto di prodotti made in Italy per preparare le tavole di Natale ha comportato una spesa stimata di 850 milioni di euro per pesce e carni, compresi i salumi, 400 milioni per spumante, vino ed altre bevande, 350 milioni per dolci, 300 milioni per ortaggi, conserve, frutta fresca e secca, 200 per pasta e pane e 100 milioni per formaggi e uova.

Cornuti e mazziati

Secondo il Codacons nel 2016 le famiglie pagheranno 551 euro in più del 2015: 298 per i prezzi al dettaglio, di cui 189 per la sola spesa alimentare. Aumenti anche per ristorazione, tariffe per raccolta rifiuti, servizi idrici, trasporti e servizi bancari.

Finanziamenti alle imprese, anche i Confidi in affanno

La stretta al credito non interessa solo le banche ma, purtroppo, anche i Confidi, i cui finanziamenti alle imprese continuano a ridursi. Secondo i risultati della 19esima ricerca sullo stato del credito a Pmi e artigiani in Italia di Fedart Fidi, nel 2015 i finanziamenti alle imprese erogati dai confidi ammonteranno a 35,3 miliardi di euro, rispetto ai 38,6 del 2014: -8,5%.

Un trend contrattivo che interessa anche il sistema artigiano, con un -15% di nuovi finanziamenti alle imprese garantiti dai confidi Fedart nei primi sei mesi del 2015.

Il dato incoraggiante, però, è che, sebbene la stretta ai finanziamenti alle imprese, continua a crescere il numero delle aziende associate ai Confidi, arrivate a 742mila nel 2014 e previste in aumento dell’1% nel 2015.

Secondo il presidente di Fedart Fidi, Adelio Giorgio Ferrari, “solo dall’integrazione e dal coordinamento tra tutti i soggetti è possibile far riprendere il credito alle Pmi. A questo dovrebbe affiancarsi una riforma nel funzionamento del Fondo Centrale che, andando in quella direzione, ottimizzi il funzionamento della misura stessa e l’impiego delle risorse pubbliche“.

Panettone, re della tavola e dell’economia

Il panettone si è confermato anche per il 2015 il re dei dolci delle Feste, a Milano e non. Secondo la Camera di Commercio del capoluogo lombardo, per queste Feste i milanesi hanno speso 32 milioni per il loro dolce tipico, con una crescita della spesa di circa 130mila euro rispetto all’anno scorso.

Per il 45% delle persone, il panettone delle Feste deve essere artigianale, il 20% ne ha vari tipi, artigianali e di marca. Scelgono il classico con uvetta e canditi (53%) e senza uvetta (14%). Il peso del panettone che i milanesi mettono in tavola per le Feste è di circa un chilo per quasi la metà, più grande per il 38%. Oltre la metà lo ha ricevuto sul lavoro: confermato il panettone per il regalo in azienda per il 52%.

Il panettone tradizionale, iniziativa della Camera di commercio di Milano, ha coinvolto circa 200 pasticceri e panettieri che realizzano panettone fresco, senza conservanti e artigianale.

Ma che cosa distingue il panettone artigianale milanese dagli altri? Viene realizzato secondo un regolamento tecnico con determinati ingredienti, nelle proporzioni stabilite e seguendo le tecniche della lavorazione artigianale.

Ma il panettone è solo la punta dell’iceberg, il prodotto principe che ha dietro di sé oltre 5mila imprese attive nel settore dolciario in Lombardia, che danno lavoro a 23mila addetti su 151mila in Italia per un giro d’affari di oltre due miliardi di euro (su dieci in Italia). Dati che emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese 2015 e 2014.

Entrando nel dettaglio, in Italia sono 40.786 le imprese coinvolte nella produzione e nel commercio di prodotti di pasticceria e panetteria, di cui 5.125 in Lombardia. Milano, al secondo posto con 1.796 imprese, dopo Napoli (2.328) e prima di Roma (1.789), seguita nella classifica regionale da Brescia (710) e Bergamo (568).

In Lombardia sono circa 23mila gli addetti coinvolti nel settore e 151mila in Italia. Milano è prima in Italia con 8.234 addetti, seguita da Roma (6.158) e Torino (5.358). In Lombardia è seguita da Brescia (2.891), Bergamo (2.414) e Varese (2.135).

Un buon 2015 per il turismo in Italia

Cresce il turismo in Italia nel 2015, grazie soprattutto all’effetto trainante di Expo 2015. Per crescita del turismo nell’anno in corso, l’Italia è infatti prima nella classifica dei Paesi europei con camere più occupate negli alberghi rispetto all’anno scorso (+6%).

È la Milano di Expo a trainare la crescita (+18%), contagiando altre città d’Italia che il turista ha visitato con l’occasione di vedere Expo. Le camere a Milano nel periodo di Expo sono state in piena occupazione: 70/80% a maggio, giugno, luglio, agosto, del 90% a settembre e ottobre. Picco di crescita ad agosto (dal 45% al 65% in un anno). La Milano del turismo ha avuto voto positivo per l’accoglienza in albergo: 8. Più gradite: gentilezza, attrazioni turistiche, posizione dell’albergo (voto 9), servizio, colazione e pulizia (8), cibo, atmosfera, reception, letti (7).

Il turismo del week end è cresciuto in un anno di oltre il 10%, dal 60% di occupazione camere a oltre il 70%. Tutto questo emerge dall’indagine “Milano nel semestre di Expo, performance del mercato alberghiero”, realizzata dalla Camera di commercio di Milano attraverso RES STR global.

Nello specifico, con il turismo è cresciuta del 6% l’occupazione delle camere, rispetto al +4% di Spagna, Olanda e Belgio. La Germania si è fermata a +2%, il Regno Unito a +1%. Stabili Grecia, Austria e Francia. Dei dati positivi di Milano riportati sopra hanno beneficiato anche Torino, Bologna e Napoli (+8%), Bergamo (+6%), meno Firenze e Venezia (+1%-2%).

Milano, per turismo, in Europa è davanti a Madrid (+6%), Lisbona, Barcellona e Berlino (+4%), superando Monaco, Vienna, Amsterdam, Londra e Roma (stabili) e Parigi (in calo del 3%). A Milano città la crescita è stata del 18%.