Canone Rai in bolletta, ecco il decreto attuativo

Sul canone Rai in bolletta si è detto e si è scritto di tutto. Proteste, ritardi, poca chiarezza. Ora, per provare a mettere un freno al bailamme di voci, arriva il decreto attuativo sul canone Rai, inviato dai ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico all’Autorità per l’Energia e al Consiglio di Stato, che dovranno esprimere i loro pareri.

Il decreto attuativo mette anche a tacere le lamentele delle società elettriche che nei mesi scorsi avevano sollevato dubbi sull’incertezza normativa e sulle modalità della fatturazione e della riscossione del canone Rai in bolletta. Le società riceveranno infatti dall’Agenzia delle Entrate 14 milioni quest’anno ed altrettanti nel 2017; risorse rese subito disponibili come una sorta di “risarcimento” per la gestione del canone Rai in bolletta della luce.

Ma le novità su questa rapina di Stato che interessano più da vicino i contribuenti sono altre. Confermati, come ormai sanno anche i sassi, l’importo (100 euro) e la prima scadenza (60 euro a luglio 2016). È poi bene sapere che il titolare del contratto di fornitura di energia elettrica diventerà titolare anche dell’abbonamento televisivo, poiché sarà effettuata una voltura automatica.

Rischio evasione azzerato, quindi? Non proprio. Non sono esclusi casi di utenti morosi per la sola parte di bolletta relativa al canone Rai. Per costoro non ci sarà il tanto invocato distacco dell’erogazione dell’energia elettrica ma il gestore elettrico si limiterà a chiedere il sollecito del pagamento, lasciando all’Agenzia delle Entrate l’onere di irrogare sanzioni o avviare azioni coatte di recupero delle somme.

La barzelletta però riguarda i casi, previsti dal decreto, di famiglie i cui consumi di energia potranno risultare pari a zero. Ebbene, saranno comunque tenute a pagare il canone Rai con fatture “almeno una volta ogni 4 mesi”, recita il decreto. Se non è una rapina questa…

Confermate le esenzioni dal pagamento del canone Rai chi non ha un apparecchio televisivo, per chi ha più di 75 anni o un reddito familiare massimo di 8mila euro lordi/anno. Confermate anche le modalità di comunicazione alla Rai della propria condizione di esenti: tramite posta normale all’indirizzo Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale 1, Sportello Sat, Corso Bolzano n. 30, 10121, Torino (meglio se con raccomandata a/r) o tramite posta elettronica certificata all’indirizzo DP.1TORINO@PCE.AGENZIAENTRATE.IT). Poi è bene incrociare le dita e sperare che l’azienda non continui a vessare con la richiesta di pagamento o con verifiche “sul campo” dell’identità del richiedente o della presenza di un televisore.

Infine, siccome in Italia quando si fanno i fighi con le novità non sempre queste funzionano, una parte minoritaria di cittadini continuerà a pagare il canone Rai come sempre: in un’unica soluzione con bollettino postale. Si tratta degli abitanti di alcune isole (in rigoroso ordine alfabetico: Alicudi, Capraia, Capri, Favignana, Filicudi, Giglio, Lampedusa, Levanzo, Linosa, Lipari, Marettimo, Panarea, Pantelleria, Ponza, Salina, Stromboli, Tremiti, Ustica, Ventotene, Vulcano), che scontano il fatto che la loro rete elettrica non è interconnessa a quella nazionale. Per loro la scadenza per il saldo del canone Rai è fissata al 31 ottobre. Chissà poi perché…

Non cala il disagio sociale in Italia

Se alcuni degli indicatori economici italiani hanno cominciato a virare in positivo nel 2015, confermando la svolta nei primi mesi di quest’anno, c’è un indice che, purtroppo, è rimasto invariato a inizio 2016: l’indice del disagio sociale elaborato da Confcommercio.

Secondo una nota della confederazione dei commercianti, l’indice del disagio sociale a gennaio è risultato stabile a 19,5 punti. Pur non trattandosi di un indice dalla scientificità assoluta, è comunque un dato che fa tenuto in considerazione.

A fronte di un tasso di disoccupazione esteso (disoccupati in senso stretto + cassintegrati a zero ore + scoraggiati) che resta stabile al 15,4%, “la moderata tendenza all’ampliamento dell’area del disagio sociale rilevata nell’ultimo bimestre – recita la nota di Confcommercioriflette le difficoltà dell’economia a instradarsi su un sentiero di ripresa sostenuta, atta a garantire miglioramenti significativi dei livelli occupazionali e reddituali delle famiglie”.

Il quadro economico interno – prosegue la nota sul disagio socialeè, infatti, ancora caratterizzato da alcuni elementi di discontinuità che impediscono, pur in un contesto di graduale miglioramento degli indicatori, di creare opportunità di lavoro adeguate a ridurre in modo significativo sia il numero di coloro che sono attivamente in cerca di un’occupazione (disoccupati ufficiali), sia di quanti per ‘scoraggiamento’ cercano un lavoro in modo più discontinuo”.

Professionisti Ict, quanto guadagnano?

Abbiamo visto nei giorni scorsi come l’ Ict sia fondamentale per far sì che le imprese italiane non restino al palo ma possano competere a livello dei mercati globali. E se l’ Ict è così importante, è giusto che in azienda chi se ne occupa sia retribuito come merita.

Bisogna però partire da una constatazione. Secondo i recenti dati diffusi dall’Eurostat, le competenze digitali non sono proprio il punto di forza dell’Italia. Il nostro Paese è in coda all’Ue tanto per la domanda di Ict da parte delle imprese (sono il 31% le imprese italiane con posti Ict vacanti, contro una media Ue del 38%), quanto per l’offerta di esperti (il 2,5% contro il 3,7% della media Ue).

Detto questo, come ricordato sopra è giusto che i professionisti dell’ Ict siano adeguatamente remunerati dalle aziende che li impiegano. Un aspetto non da poco, visto che spesso le direzioni HR non hanno dei parametri aggiornati per poter stabilire l’ammontare di una corretta remunerazione.

È quindi interessante il tool interattivo www.confrontastipendio.it, lanciato da Digital360, che consente da un lato agli HR manager delle aziende di avere una corretta visione dei livelli di retribuzione delle diverse professioni dell’ Ict; dall’altro ai professionisti dell’ Ict di confrontare il proprio stipendio con quello di altri professionisti che svolgono attività simili in altre realtà aziendali italiane.

Proprio dalle analisi del tool emergono i livelli di retribuzione medi di questi professionisti in Italia. Si scopre così che un CIO in una grande azienda ha uno stipendio annuo di circa 110mila euro, un Digital Marketing Manager di 70mila euro, con punte oltre i 90mila. Curiosità, ma non tanto: gli uomini guadagnano il 6% in più delle donne. Anche la tecnologia è sessista?

Rivalutazione assegno familiare e di maternità

La tanto attesa rivalutazione dell’ assegno familiare e dell’assegno di maternità è arrivata. Lo ha comunicato l’Inps attraverso una circolare con la quale ha reso noto le rivalutazioni per l’anno 2016 degli assegni in oggetto, concessi dai Comuni.

Nello specifico, l’Inps ha comunicato che l’ assegno familiare è pari a 141,30 euro. Per le domande relative al medesimo anno, il valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) è pari a 8.555,99 euro

A differenza dell’ assegno familiare, l’importo dell’assegno mensile di maternità, spettante nella misura intera, per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento avvenuti dall’1 gennaio al 31 dicembre 2016 è pari a 338,89 euro per cinque mensilità, per complessivi 1.694,45 euro. In questo caso, il valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) da tenere presente per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento avvenuti durante lo stesso periodo di tempo di cui sopra (1 gennaio – 31 dicembre 2016) è pari a 16.954,95 euro.

2015, il risveglio del mercato immobiliare

Quando c’è una crisi economica, il primo settore che dà segni di cedimento è quello immobiliare. La gente ha meno liquidità, le banche chiudono i cordoni della borsa, le case si vendono di meno, l’edilizia rallenta, imprese e fornitori del settore soffrono e chiudono. È il triste domino del declino immobiliare.

Per fortuna, però, il settore immobiliare è anche uno di quelli che, alle prime avvisaglie di ripresa, rialza la testa prima degli altri. È quello che, per fortuna, è successo lo scorso anno in Italia secondo l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa.

L’Ufficio ha infatti elaborato un’analisi sulla base dei dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, studiando l’andamento delle compravendite nel settore immobiliare nelle grandi città italiane nel 2015: il risultato è che una serie di fattori – dal ribasso dei prezzi, alla maggiore disponibilità delle banche a erogare mutui, ai tassi di questi ultimi particolarmente vantaggiosi – ha fatto ripartire il mercato immobiliare italiano.

Secondo l’analisi, a livello nazionale le compravendite residenziali nel 2015 sono state 444.636, +6,5% rispetto al 2014. Tutte le principali città italiane hanno mostrato volumi in aumento e tra esse spiccano in positivo i casi di Bari, Milano e Palermo. La prima ha fatto segnare un +17,6% su base annua, la seconda un +13,4%, la terza un +13%.

Da segnalare l’andamento anomalo del mercato immobiliare di Roma. Nella Capitale, lo scorso anno, si sono concluse circa 27.400 compravendite, il numero più alto tra le città analizzate (Milano, al secondo posto, ne ha concluse il 33% in meno), ma l’andamento dei prezzi è rimasto pressoché stabile: +0,8%.

Assofranchising Tour a Firenze

Torna sul territorio Assofranchising Tour, che dopo il buon successo del 2015 ha scelto come prima tappa dell’edizione 2016 la città di Firenze. Il 23 marzo Assofranchising Tour 2016 sarà infatti a Confcommercio Ascom Firenze, per l’incontro “Franchising: diventare imprenditori di successo”, realizzato in partnership con le Confcommercio provinciali e gli Sportelli Franchising.

L’evento fiorentino fa parte del Progetto Sportelli Franchising che aiuta a promuovere sul territorio iniziative, convegni, seminari nei quali sono coinvolti i brand associati ad Assofranchising.

L’evento del 23 marzo a Firenze è pensato principalmente per le persone attualmente senza un’occupazione, ma anche per donne e giovani con una forte vocazione imprenditoriale o per commercianti tuttora in attività.

Durante l’incontro, Assofranchising presenterà le caratteristiche e i vantaggi della formula del franchising, oltre ai modelli di business adottati dai franchisor partner dell’iniziativa (al momento Mail Boxes Etc., CycleBand e RE/MAX), in modo che i presenti possano avere un quadro completo di che cosa significa, oggi, aprire un’attività in franchising. La partecipazione all’evento di Firenze è, come per gli appuntamenti precedenti, gratuita.

Il digitale per far crescere le imprese e l’export

Si è svolto qualche giorno fa a Roma un interessante workshop dal titolo Digital4export, durante il quale si è cercato di fare il punto sulla relazione positiva tra digitalizzazione, internazionalizzazione ed esportazione. Una relazione particolarmente significativa per le piccole e medie imprese italiane, nelle quali il digitale può essere un facilitatore nei rapporti internazionali.

Il workshop ha visto la partecipazione del ministro del Lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, del presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello, del Country Chairman Italia di UniCredit Gabriele Piccini e del responsabile Policy and government affairs di Google, Diego Ciulli.

La tavola rotonda ha sottolineato come oggi le Pmi possono trovare un valido supporto nella collaborazione tra enti pubblici e grandi aziende, chiamati a intercettare e comprendere come le loro caratteristiche possano essere utilizzate per rilanciare, attraverso l’export e una conversione decisa al digitale, la crescita economica del Paese. Queste le voci dei partecipanti.

Giuliano Poletti, Ministro del lavoro e delle politiche sociali

La crescita economica, e la possibilità di creare nuovo lavoro di qualità, passa anche per l’aumento della capacità delle imprese di giocare un ruolo crescente sui mercati internazionali. Il digitale rappresenta una leva essenziale in questa direzione: in particolare, le pmi possono beneficiare delle opportunità offerte dall’innovazione per raggiungere nuovi clienti in tutto il mondo. Favorire la diffusione del digitale significa, naturalmente, dotare i giovani delle competenze necessarie, attraverso interventi mirati di formazione. La nostra sfida è quella di contribuire alla digitalizzazione del Paese puntando sui ragazzi di Garanzia Giovani. L’esperienza che abbiamo avviato con Crescere in Digitale, in collaborazione con Google ed Unioncamere, sta dando risultati positivi e testimonia il grande interesse dei giovani e delle imprese che, nel programma Go International di Unicredit, possono trovare un sostegno reale all’avvio di una strategia di internazionalizzazione”.

Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere

Tra il 2011 e il 2014, le ricerche in rete dei prodotti made in Italy sono cresciute del 22%. Ciò significa che la voglia di Italia è in continuo aumento sul web. A fronte di questo, solo una impresa manifatturiera italiana su 5 esporta. Per raggiungere i potenziali consumatori del mondo, il digitale rappresenta allora la via più rapida e praticabile per le nostre Pmi. Per attuare questa rivoluzione, insieme a Google abbiamo puntato sulla sensibilizzazione delle imprese e sulla formazione dei giovani circa i vantaggi della digitalizzazione in termini di competitività e occupabilità. Con il programma Crescere in digitale, realizzato all’interno dell’iniziativa Garanzia Giovani del Ministero del Lavoro, stiamo formando circa 50mila giovani, con l’obiettivo di portarne 6mila ad effettuare 3mila tirocini, in maniera che possano spendere, all’interno delle aziende che li ospitano, le competenze digitali acquisite. In questo contesto vedo la possibilità di sviluppare sinergie anche con Unicredit, valorizzando le opportunità offerte dall’iniziativa Go International! all’interno del progetto Crescere in Digitale per i giovani e per le imprese che vogliono sfruttare le potenzialità del web per esportare”.

Gabriele Piccini Country Chairman Italy di UniCredit

Siamo stati tra i primi a parlare alle imprese del rapporto tra export e digitalizzazione lanciando nel 2014 il programma di formazione Go International!. In poco più di un anno e mezzo quasi 6mila imprese hanno partecipato ai nostri corsi gratuiti usufruendo di 30mila ore di formazione, di cui oltre 10mila su temi di digitalizzazione, e-commerce, internazionalizzazione anche attraverso seminari realizzati in collaborazione con Google. Con UniCredit International abbiamo avviato percorsi di affiancamento e accompagnamento all’estero per le nostre imprese e organizzato incontri sia reali che virtuali tra buyer esteri e seller italiani. Dal 2009 ad oggi sono stati oltre 40 gli incontri B2B a cui hanno partecipato 3mila aziende di vari settori dal food&beverage, al sistema casa, alla moda, al turismo. Da metà 2015 abbiamo lanciato una nuova modalità virtuale di B2B con un primo pilota effettuato sul settore wine&food. Tutto questo ci ha consentito dal 2012 di accompagnare all’estero, oltre 22mila imprese e il nostro obiettivo è di accompagnarne altre 30mila al 2018”.

Diego Ciulli, responsabile Policy and government affairs di Google

L’Italia è per propria natura un Paese esportatore, ma ancora oggi soltanto una frazione del nostro sistema produttivo è internazionalizzata. Grazie alle piattaforme digitali le Pmi possono accedere a un mercato globale: analizzare i mercati, contattare i consumatori, e vendere in tutto il mondo. La principale barriera all’utilizzo del web da parte delle Pmi sta nelle competenze digitali. Per questo ci siamo impegnati a formare con competenze digitali 2 milioni di europei entro il 2017. In Italia lo facciamo anche scommettendo sui giovani disoccupati, con il programma Crescere in Digitale, insieme al Ministero del Lavoro e a Unioncamere”.

“La normativa sulle dimissioni online è un mostro giuridico”

I consulenti del lavoro intervengono nel dibattito sulle nuove procedure di dimissioni online e lo fanno in maniera decisa attraverso un vademecum operativo, corredato da un facsimile di comunicazione da personalizzare e da inviare ai clienti, in modo che la norma possa essere recepita in maniera corretta. E la Fondazione Studi, che ha stilato il vademecum, non ha dubbi: “Con le dimissioni online per l’impresa aumentano oneri e incertezza“.

Secondo i consulenti del lavoro, la procedura di dimissioni onlinesi presenta come un ulteriore balzello burocratico, capace di creare esclusivamente problemi e difficoltà a tutti gli attori del rapporto di lavoro“.

Il fine con cui nasce – prosegue la Fondazione Studiè certamente nobile, ma risulta di difficile comprensione la necessità di dover complicare l’iter di dimissioni di oltre un milione di lavoratori per una manciata di irregolarità, peraltro mai censite esattamente. Abusi e violazioni residuali si perseguono con la vigilanza e inasprendo il quadro sanzionatorio, non certamente rendendo costoso e a volte impossibile l’iter procedurale per tutti“.

A subire le conseguenze della farraginosità delle dimissioni online, prosegue ancora la Fondazione Studi, “saranno i datori di lavoro che non avranno in mano più alcuno strumento per sopperire all’inattivismo del lavoratore dimessosi, che non completa la procedura on line; con conseguente obbligo di licenziamento e di pagamento del relativo ticket“.

Una procedura macchinosa i cui effetti si faranno sentire in maniera trasversale: “Costerà fatica anche ai lavoratori diligenti, che per confermare le dimissioni online dovranno completare una procedura lunga e farraginosa con la richiesta di un Pin consegnato in due fasi (una parte via internet e una per posta). E se per completare l’iter decideranno di avvalersi di un patronato, avrà un costo anche per i lavoratori. Ma chi ci rimetterà più di tutti sarà lo stesso Stato che ha creato questo mostro giuridico“.

E se sarà lo Stato a pagare per primo il peso della burocrazia, sottolineano i consulenti, sarà per responsabilità proprie: “Il pagamento della conseguente Naspi – proseguono i consulenti del lavoro – sarà il pesante aggravio al bilancio (circa 1,5 miliardi di euro) già segnalato, ma trascurato. Così come non hanno trovato ancora accoglimento le richieste di modifica formulate in ripetute occasioni dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, nel totale silenzio delle associazioni di categoria. Richieste che sono lì, depositate in Parlamento e al ministero, in attesa che vengano recepite appena vi sarà un primo riscontro fattuale“.

Resta il fatto – concludono i consulenti parlando delle dimissioni onlineche questa norma è in vigore. Dunque, va attuata e segnalata ai clienti per dare loro la possibilità di recepirla. E per questo motivo abbiamo predisposto un vademecum. Con la speranza che nei decreti correttivi al Jobs Act, che sono in fase di predisposizione, si possa trovare spazio per le proposte di modifica formulate dai consulenti del lavoro“.

Pmi italiane verso l’ Industria 4.0

Da tempo su fa un gran parlare di Industria 4.0 o di quarta rivoluzione industriale. Di fatto la rivoluzione dello Smart Manufacturing, l’innovazione digitale nei processi dell’industria, che arriva dopo la terza (nella seconda metà del ‘900), la seconda (nella seconda metà dell’800) e la prima, la vera rivoluzione industriale che, agli inizi dell’800 cambio per sempre il mondo e il modo di produrre e vivere. Ma che cosa implica, oggi, l’ Industria 4.0?

Quello che è certo, oggi, è che questa Industria 4.0 è capace di rispondere al cambiamento che sta investendo l’intero settore manifatturiero e rappresenta un’opportunità di crescita e di business reale, grazie a fabbriche sempre più intelligenti, informatizzate, interconnesse e automatizzate, in grado di ottimizzare i processi produttivi.

Meno chiaro, invece, è capire in che modo si pongono gli imprenditori e le imprese italiane nel capire, intercettare e cavalcare questo processo di evoluzione e trasformazione che porta sempre più vicino all’ Industria 4.0

Secondo l’Osservatorio MECSPE, realizzato da Senaf in occasione di MECSPE, la fiera internazionale delle tecnologie per l’innovazione che si chiude domani, sabato 19 marzo, alle Fiere di Parma, la strada verso un’ Industria 4.0 è ancora lunga la giusta direzione è stata imboccata.

Secondo i dati dell’Osservatorio, circa il 46,4% degli imprenditori della meccanica e della subfornitura ritiene che la propria azienda abbia ormai raggiunto un buon livello di automazione, interconnessione e informatizzazione, anche se il 10% ammette di essere molto lontano da questo obiettivo.

Ecco perché è necessario diffondere il più possibile le tecnologie di produzione 4.0, in modo che si possa mostrare il ruolo determinante che esse ricoprano nei diversi settori e contesti applicativi, al centro della nuova edizione di MECSPE. A questo proposito, in fiera trova ampio risalto l’iniziativa Fabbrica Digitale oltre l’automazione.

Dalla progettazione alla simulazione, dal controllo di qualità all’automazione, fino alla logistica di magazzino: nella moderna fabbrica digitale ogni elemento produttivo e gestionale è integrato e interconnesso. In questa fase di transizione tecnologica, che interessa allo stesso modo tutte le imprese del manifatturiero, specialmente le Pmi, l’esperienza di Fabbrica Digitale oltre l’automazione vuole essere una risposta concreta nella presentazione delle soluzioni migliori per creare servizi aggiuntivi e di valore aggiunto, la via concreta e italiana verso l’ Industria 4.0.

Perché le Pmi italiane, per essere competitive in questo XXI secolo non possono fare a meno di imboccare la strada dell’export né quella dell’ Industria 4.0.

Banda larga Enel, vicini accordi con Wind e Vodafone

Da anni si parla di Enel come possibile soggetto impegnato nell’offerta di banda larga a livello nazionale e ora i tempi sembrano essere maturi. Lo ha confermato l’amministratore delegato dell’ex monopolista elettrico, Francesco Starace, di fronte alle commissioni Industria e Lavori Pubblici del Senato.

Noi abbiamo sempre detto che avremmo parlato con tutti e continuiamo a farlo. E’ più avanzato il discorso con Vodafone e Wind e al consiglio del 22 porteremo un accordo“, ha detto Starace, ufficializzando di fatto l’ormai imminente via libera al progetto banda larga di Enel.

L’avvio della banda larga distribuita dal gestore elettrico è legato all’installazione dei nuovi contatori digitali di seconda generazione che Enel conta di iniziare a distribuire da maggio, almeno nelle aree urbane nelle quali il mercato è in concorrenza: “Siamo allo stadio finale di un accordo per circa 250 città – ha detto Staracee siamo pronti ad allargarlo“.

Wind e Vodafone sono, al momento, le aziende più vicine all’accordo con Enel ma, ha comunicato Starace, “sono aperti tavoli con Telecom e Fastweb e anche Metroweb è in vario modo interessata. L’interesse degli operatori c’è“.

Ed è facile capire perché. Come ha spiegato l’ad di Enel, gli operatori telefonici potranno contare su costi di cablaggio con la banda larga Enel di circa il 30-40% inferiori agli attuali, grazie al fatto di poter utilizzare l’infrastruttura elettrica esistente. Un’infrastruttura che, a differenza di quella tlc che tocca 21 milioni di clienti finali, ne tocca 32 milioni.

In ogni caso, ha ricordato Starace, quello per la banda larga tra Enel e gli operatori di tlc “è un accordo commerciale, non credo che saranno azionisti“. Parallelamente, è possibile una “apertura all’ingresso nell’azionariato di investitori sia istituzionali sia privati, sia nazionali sa esteri“, come “fondi di investimento italiani e stranieri che potrebbero entrare non solo come finanziatori ma come soci“.

Infine, uno sguardo anche all’estero, dal momento che secondo Enel questo modello di gestione della banda larga può essere facilmente replicabile e scalabile: i “30 milioni di ulteriori possibili cablaggi in giro per il mondo – sostiene infatti Staracesono , una leva di creazione di valore per Enel non solo in Italia“.