Hotel in franchising? Buona idea

Quando si pensa al franchising, vengono in mente subito negozi di abbigliamento o ristoranti. In effetti, si tratta dei due ambiti nei quali è presente il maggior numero di marchi, ma un ambito a cui non molti pensano è quello dell’hotellerie, che è invece in crescita.

Secondo il rapporto Hotel Chains 2016, il mercato del franchising alberghiero in Italia e all’estero è infatti in rapido sviluppo. Dal 2013 a oggi le catene alberghiere che utilizzano la formula del franchising hanno più che raddoppiato il numero di camere che ora sfiora le 150mila.

Uno sviluppo che non pare arrestarsi, soprattutto perché la formula del franchising alberghiero è una risposta naturale agli effetti della globalizzazione messa in atto dalle grandi catene alberghiere mondiali per assicurarsi una crescita nonostante gli anni di crisi.

Il rapporto Hotel Chains 2016 ci dice che l’Italia è il terzo Paese in Europa per numero di strutture e segue Regno Unito e Germania, delle quali però solo il 4,1% appartiene a grandi gruppi alberghieri. In questo ambito scontiamo un certo ritardo nei confronti di altre nazioni europee dove il franchising alberghiero è più sviluppato.

Nello specifico, Hotel Chains rileva che in Italia gli hotel che appartengono a catene in franchising sono più di 1300, dislocati principalmente nelle città e collocati in fascia alta: il 49% delle camere a 5 stelle, il 30% di quelle a 4 stelle e il 5% di quelle a 3 stelle, con una media di 109 camere.

Se non altro, in Italia, il franchising alberghiero è ancora un settore piuttosto “patriottico”: il 60% degli alberghi di catena fa infatti riferimento a marchi italiani, contro il rimanente 40% affiliato a brand stranieri. Si può fare di più…

Etichette speciali a tutela del made in Italy

La tutela dell’originalità del made in Italy è sempre più una priorità per le aziende che vogliono esportare le proprie eccellenze sui nuovi mercati. Per questo motivo, ogni iniziativa o strumento che possano aiutare in questa difesa, vanno sostenuti e promossi.

In questo senso, merita di essere segnalato il sistema Italcheck, ideato naturalmente in Italia con l’obiettivo di permettere alle aziende italiane e a chi compra italiano di tracciare la filiera del made in Italy di un prodotto, certificandone l’origine.

Italcheck si appoggia a una piattaforma digitale brevettata, raggiungibile e utilizzabile in tutto il mondo. Utilizzando una speciale etichetta applicata sui prodotti delle aziende che vogliono certificarsi attraverso la piattaforma, leggibile attraverso uno smartphone e decodificabile tramite una specifica app (gratuita e scaricabile dal sito), Italcheck segnala al consumatore dove quei prodotti sono stati creati, da chi e in che modo. Verificandone l’effettiva natura di made in Italy.

L’etichetta digitale a tutela del made in Italy è pensata per tutti i prodotti della nostra eccellenza artigiana: dal food all’abbigliamento, dall’ottica alla meccanica, dalla cosmesi alla farmaceutica. Naturalmente, riporta all’utente le informazioni nella sua lingua di riferimento (al momento: Arabo, Cinese, Francese, Giapponese, Inglese, Italiano, Portoghese, Russo, Spagnolo, Tedesco).

Naturalmente Italcheck recepisce e applica i criteri stabiliti dalla normativa in materia di anticontraffazione e made in Italy e quelli del Comitato Nazionale Anticontraffazione.

Bonus Genitori anche per gli studi professionali

Si è fatto un gran parlare, di recente, del cosiddetto Bonus Genitori applicato principalmente alle aziende private. Il dubbio che è stato sollevato da più parti è stato: anche gli studi professionali possono godere del Bonus Genitori per le loro assunzioni? La risposta è sì.

Ricordiamo che il Bonus Genitori è un’agevolazione che consiste nella possibilità data alle imprese e alle cooperative di assumere giovani genitori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche part-time, avendo in cambio un bonus di 5mila euro. Con un limite di 5 assunzioni per ogni singola impresa o cooperativa.

Hanno diritto al Bonus Genitori i datori di lavoro che assumono soggetti:

  • di età non superiore a 35 anni;
  • genitori di figli minori;
  • rispetto ai quali risulti in corso oppure cessato un rapporto a termine, in somministrazione, intermittente, ripartito, di inserimento, accessorio oppure una collaborazione a progetto o coordinata e continuativa.

Su specifica richiesta inoltrata dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro al ministero del Lavoro riguardo l’applicabilità del Bonus agli studi professionali, il dicastero ha risposto affermativamente.

Nella propria motivazione, il ministero ha sottolineato che nel caso dell’erogazione del Bonus Genitori, il datore di lavoro che può fruirne è da intendersi nella accezione datagli dall’Ue: qualunque soggetto che svolge un’attività economica e che è attivo in un determinato mercato, indipendentemente dalla forma giuridica che assume. Ciò significa che anche gli studi professionali possono fruire dell’agevolazione.

E-commerce, quali gli aspetti da curare?

Durante l’ E-commerce Netcomm Forum, che si è tenuto a Milano la scorsa settimana, sono usciti parecchi numeri e tendenze interessanti sul commercio elettronico in Italia. Questo grazie ai diversi studi e alle analisi presentate durante i lavori.

Una di queste analisi sull’ e-commerce, che ha dato parecchi spunti di riflessione ai presenti, è stata il Customer feedback insights curato da Zoorate, società focalizzata sul social commerce, creatrice della piattaforma Feedaty, che raccoglie, gestisce e analizza le recensioni di quanti effettuano acquisiti attraverso l’ e-commerce.

Ebbene, dall’analisi della piattaforma di Zoorate emerge il ruolo sempre più determinante della logistica e della spedizione all’interno del mondo dell’ e-commerce. Un ruolo chiave sul quale converge la maggior parte dell’oltre milione di feedback analizzati da Feedaty relativo a 34 shop online di 12 settori merceologici.

I risultati dell’analisi dicono che il 57% delle recensioni positive dopo un acquisto tramite e-commerce è stato generato dal fatto che i tempi e le modalità di consegna, oltre alla puntualità degli orari, sono stati pienamente rispettati. Al contrario, il non rispetto di questi parametri ha portato a un 39% di feedback negativi.

Vi sono settori merceologici per i quali l’analisi di Zoorate ha mostrato una maggiore sensibilità dei clienti verso le tempistiche e le modalità di consegna che, se non rispettate, hanno portato a feedback negativi: si tratta di farmaci (78% di feedback negativi), prodotti per l’infanzia (75%), prodotti per animali (67%).

Interessanti anche le dinamiche del risparmio rispetto alla qualità delle recensioni quando si acquista tramite e-commerce. Il 27% dei feedback positivi è stato generato dal risparmio rispetto all’acquisto in un negozio fisico, specialmente nel caso dell’acquisto di servizi (50%), di prodotti beauty (41%) o di articoli e abbigliamento sportivi (41%).

Infine, punto cruciale, spesso croce e delizia dell’ e-commerce, è il servizio post vendita. Il 32% di chi ha avuto un ottimo servizio post vendita ha lasciato un feedback positivo, e il 29% di chi è rimasto deluso ha lasciato una recensione negativa. I settori più sensibili in questo senso sono quelli dei servizi, dell’arredamento e home decor, dell’elettronica di consumo.

Insomma se l’ e-commerce è un treno da non perdere e agganciarlo non è poi così facile come sembra, una volta a bordo le difficoltà non finiscono: o si è in grado di offrire non solo prodotti ma anche servizi e logistica all’altezza, oppure tutti gli sforzi rischiano di restare vani.

Marina resort: valida l’Iva al 10% applicata nella stagione 2015

La Circolare n. 20/E dell’Agenzia delle Entrate, fornisce alcuni chiarimenti sulle norme contenute nella Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016). Fra gli altri temi interviene sulla sentenza della Corte Costituzionale sui Marina resort.

La norma sui Marina resort che implica la possibilità di applicare l’Iva al 10% sugli ormeggi a breve e comunque inferiori all’annualità è stata sottoposta, infatti, al giudizio della Corte su ricorso della Regione Campania.

La pronuncia ha stabilito che il decreto attuativo del ministero dei Trasporti, contenente le caratteristiche minime delle strutture, avrebbe dovuto essere approvato anche dalla Conferenza Stato-Regioni. L’Agenzia delle Entrate ritiene che la sentenza rientri tra le cosiddette “sentenze additive”, che incidono sulla legge senza annullarla, ma trasformandola, cioè “aggiungendo alla norma un’ulteriore previsione che, in osservanza della Costituzione, avrebbe dovuto necessariamente essere prevista sin dalla sua origine”.

La Consulta, pertanto, ha integrato la norma sui Marina resort prevedendo l’intervento della Conferenza permanente Stato-Regioni. “La natura dell’intervento operato dalla Corte – scrive l’Agenzia – comporta, in linea di principio, che la legge modificata conservi intatta la sua efficacia in ogni sua parte che non sia incompatibile con la modifica introdotta. Si ritiene, inoltre, che, benché la sentenza della Corte abbia efficacia retroattiva, restino salvi i diritti acquisiti ed i rapporti definiti in precedenza”.

Nel frattempo, su richiesta di Ucina Confindustria Nautica, il decreto attuativo che fissa le caratteristiche minime dei Marina resort è stato inviato alla Conferenza Stato-Regioni. “Confidiamo in una rapida soluzione perché la stagione è già iniziata e rischiamo di perdere il vantaggio e la spinta all’economia costiera che questa norma può dare”, spiega la presidente Ucina, Carla Demaria. Nel 2015, al suo primo anno di applicazione, la norma ha prodotto un aumento del 4% dei contratti di ormeggi stagionali.

Campagne elettorali sempre più social

Domenica 5 giugno si voterà per le elezioni amministrative in diversi comuni italiani e le campagne elettorali sono ormai agli sgoccioli. Molte di queste si sono giocate e si giocano sui social network, evitando il fai da te ma affidandosi a imprese e agenzie in grado di far performare al meglio le campagne elettorali sui social.

Secondo un’indagine della Camera di commercio di Milano, che ha sentito oltre 30 agenzie di comunicazione, le campagne elettorali si giocano soprattutto sui social network: da uno a dieci valgono otto. I social sono importanti per l’immediatezza e perché vicini alle nuove generazioni.

Alle campagne elettorali in rete è destinato il 20% del budget dei candidati. Il social media più importante per la campagna elettorale è Facebook, con quasi la metà delle preferenze, seguito da Twitter. Le campagne elettorali valgono circa un decimo del fatturato del periodo delle imprese del settore.

Nelle campagne elettorali è cambiato il modo di fare pubblicità rispetto al passato – spiega Umberto Bellini, presidente di Asseprim, la Federazione Confcommercio dei servizi professionali per le imprese -. La campagna elettorale rappresenta un momento di coinvolgimento per molte aziende del settore. Un lavoro particolarmente intenso e concentrato nel periodo prima delle elezioni, spesso portatore di novità nel modo di comunicare che resteranno in futuro. Oggi la campagna si gioca molto online e sui social network che, grazie alla loro immediatezza, stimolano il dibattito anche da parte delle nuove generazioni. Ben si prestano rispetto ai tempi ristretti, all’immediatezza, alla possibilità di raggiungere e ampliare i propri interlocutori”.

Sempre secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, sono 8mila le imprese che si occupano di comunicazione e pubblicità in Lombardia e pesano un quarto sull’intero settore a livello nazionale, dove sono 32mila. Molte di queste sono impegnate nelle campagne elettorali sui social. Più numerose le agenzie pubblicitarie, con oltre 4mila attività, le imprese di rilevazione di opinioni e sondaggi, 2mila, le oltre mille concessionarie pubblicitarie.

Le imprese calano circa del 2% sia in Lombardia sia in Italia. Gli addetti sono 42mila in Lombardia (2mila in più in un anno) e 90mila in Italia (3mila in più). In Italia, una impresa su cinque è femminile e una su dieci di un giovane. Le città che ne hanno di più sono Milano con 5mila imprese, Roma con quasi 4mila, Torino, Napoli, Brescia con circa mille, Bari, Firenze, Bologna, Verona, Padova con circa settecento e Monza con circa seicento. In molte di queste città si voterà domenica, ragion per cui si nota come molte campagne elettorali social saranno gestite da imprese del territorio.

Bonus quarto figlio senza DSU

Importanti chiarimenti per le famiglie numerose da parte dell’INPS. L’istituto, attraverso un comunicato, ha infatti reso nota la possibilità di fruire del cosiddetto bonus quarto figlio. Il bonus quarto figlio è un contributo di 500 euro, valido solo per l’anno 2015, destinato ai nuclei familiari con quattro o più figli minori, che abbiano un valore ISEE non superiore a 8.500 euro l’anno.

Il primo versamento del bonus quarto figlio da parte dell’Inps verrà è previsto a luglio 2016. La cosa importante da sapere è che per ricevere il bonus non è necessario presentare alcuna domanda: per l’erogazione, l’Inps utilizzerà la domanda già presentata dai beneficiari dell’assegno per i tre figli minori, relativa al 2015.

Ciò che è necessario per ricevere il bonus quarto figlio è che nell’anno 2015 o 2016, la famiglia abbia già presentato una Dichiarazione Sostitutiva Unica (la cosiddetta DSU) dalla quale risultino almeno quattro figli minori nel nucleo familiare; il quarto figlio deve essere nato o adottato nel 2015.

Qualora l’Inps non abbia una DSU con queste caratteristiche, la famiglia dovrà presentare una nuova DSU entro il 31 maggio 2016. Nel caso in cui le domande di assegno per i tre minori presentate per il 2015 non siano inserite dai Comuni entro il 31 maggio 2016, i pagamenti del bonus quarto figlio saranno soggetti a un ritardo tecnico che ne comporterà l’erogazione a dicembre 2016.

Tutti pronti per il tax freedom day

Domani sarà un gran giorno per imprese e contribuenti italiani. Il 3 giugno si celebra infatti il cosiddetto tax freedom day, il giorno di liberazione fiscale, ovvero il primo giorno, dall’inizio dell’anno, in cui lavoriamo non per pagare le tasse ma per guadagnare qualcosa.

In questo 2016 il tax freedom day arriva dopo 154 giorni di lavoro, 3 giorni prima rispetto al 2015. In sostanza, per oltre 5 mesi abbiamo lavorato solo per pagare le tasse.

I calcoli per determinare il giorno esatto del tax freedom day sono stati fatti ancora una volta, come accade da oltre 15 anni a questa parte, dall’Ufficio studi della Cgia, i cui esperti hanno esaminato il dato previsionale del Pil nazionale e lo ha diviso per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così un dato medio giornaliero.

Poi, la Cgia ha rapportato il gettito di imposte, tasse e contributi versati dagli italiani al fisco con il Pil giornaliero, ottenendo la data corretta del tax freedom day che, per l’anno in corso, arriva appunto domani, 3 giugno.

Per ottenere un dato il più vicino alla realtà, la Cgia ha calcolato la pressione fiscale del 2015 e del 2016 al netto del “bonus Renzi”, che nel bilancio pubblico è conteggiato come un aumento di spesa e non come una diminuzione del carico fiscale per quasi 11 milioni di lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse.

Se rispetto al 2015 la situazione di quest’anno presenta un leggero miglioramento, lo stesso cosa non si può dire se la comparazione viene eseguita con il 1996 o il 2006. Rispetto a 20 anni fa, la situazione è peggiorata di 5 giorni (il tax freedom day era il 29 maggio), di 7 giorni rispetto al 1996 (peraltro anno bisestile).

Il perché abbiamo guadagnato 3 giorni sulla data del tax freedom day rispetto allo scorso anno, è ben spiegato dal coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “Rispetto al 2015 il gettito complessivo del fisco è destinato a scendere di oltre 5 miliardi di euro. Quest’anno, infatti, le famiglie, ad eccezione di quelle proprietarie di ville, castelli e palazzi di pregio storico, non pagano la Tasi sulla prima casa, risparmiando circa 3,5 miliardi di euro. Le imprese, invece, non sono tenute al versamento dell’Imu sugli impianti imbullonati, da cui deriva una riduzione di gettito di 530 milioni di euro, mentre l’esenzione dell’Imu per i terreni agricoli vale 405 milioni. Le novità in materia di Irap, invece, prevedono l’abolizione dell’imposta per le imprese agricole e le cooperative di piccola pesca, con un risparmio di 167 milioni di euro. Il super ammortamento delle spese per investimenti al 140% e i nuovi crediti di imposta per le attività ubicate nelle aree svantaggiate del Paese garantiscono un minor gettito pari a 787 milioni di euro”.

Ponte del 2 giugno, prove d’estate

Il ponte del 2 giugno è alle porte e le aspettative sono alte. Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano, che ha sentito circa trenta agenzie di viaggio negli ultimi giorni di maggio, il ponte del 2 giugno vede come mete più gettonate le capitali europee e l’Italia per un’agenzia su due. Poi vanno destinazioni come Spagna e Grecia.

Durante questo periodo di vacanza, per il 64%, i turisti si dedicano alla cultura, visitando le principali città d’arte, ma non manca chi ne approfitta (per il 36%) per un primo assaggio di estate, decidendo di rilassarsi al mare, nelle località dove il tempo si prevede soleggiato.

Una voglia di vacanza, seppur breve che, secondo le indicazioni degli operatori porta il business in crescita del 10%. L’88% dei viaggiatori si assenta dalla città per 3 o 4 giorni, giusto il tempo concesso dai giorni di festa del ponte. Il 48% dei viaggiatori ritiene che per il ponte del 2 giugno si spenderanno mediamente tra i 300 e i 500 euro a testa; per il 28% si dispone di un budget che va dai 500 ai 1000 euro.

Ha dichiarato Luigi Maderna, presidente Fiavet Lombardia, Associazione regionale delle agenzie di viaggio aderente a Confcommercio Milano: “Si sceglie più spesso l’Italia per il ponte del 2 giugno, come prima vacanza di mare, sperando nel bel tempo e in cerca di sole. I cambi di temperatura e la stagione fredda prolungata stanno infatti influendo molto sul business. Le spese sono comunque contenute e i giorni di viaggio limitati”.

A mettersi in viaggio per il ponte del 2 giugno sono soprattutto le coppie, per il 68%, a seguire per il 28% le famiglie e i giovani per il 12%.

Le 30 Azioni per l’Italia di Confassociazioni

Abbiamo visto lunedì 30 maggio quale ruolo centrale Confassociazioni ha in mente per i professionisti in Italia e come vorrebbe cambiare il Paese attraverso 30 Azioni da applicare a tutti i campi della vita civile, sociale, politica e produttiva.

Dopo avere elencato le prime 15 azioni per l’Italia di Confassociazioni, oggi tocca alle seconde 15. Con l’auspicio che il Paese e i professionisti possano trarre vantaggio da una loro applicazione almeno a medio termine.

  • ABOLIZIONE DEFINITIVA DELL’IRAP – Obbligo di finanziamento di tale abolizione con il taglio dei sussidi alle imprese e altre misure di spending review.
  • RIFORMARE LA GALLINA DALLE UOVA D’ORO – Revisione della contribuzione al 24% della Gestione Separata INPS.
  • LA STRETTA SULLE PARTECIPATE – Chiusura dell’80% delle società partecipate dal capitale pubblico (circa 6400 su 8000). Al di là di quelle senza dipendenti, caso estremo che rappresenta solo una vera e propria rendita di posizione degli amministratori pubblici locali, per tutte le altre in cui sono coinvolte persone e lavoratori, necessità di costruire una serie di team manageriali pluri-competenti che provvedano alla chiusura (liquidazione coatta amministrativa) valorizzando gli asset societari e minimizzando gli impatti occupazionali e territoriali negativi.
  • AIUTARE LE IMPRESE A USCIRE DALLA CRISI – Valorizzare procedure di crisi come l’amministrazione straordinaria per salvaguardare storie d’impresa importanti e migliaia di posti di lavoro. Necessità di costruire team manageriali pluri-competenti che abbiano come fine la valorizzazione degli asset societari.
  • ATTENZIONE PREVENTIVA AL CONFLITTO DI INTERESSE – Parere obbligatorio preventivo e vincolante in tema di concorrenza e di conflitto d’interesse dell’Autorità Antitrust per qualsiasi normativa di primo o secondo livello.
  • OBIETTIVO NATALITA’ – Sistemi incentivanti di promozione della natalità: maternità a carico della fiscalità generale ma con finanziamento prestabilito di un fondo apposito da parte di tutti i datori di lavoro (ad esempio, tipo lo 0,30% per la formazione dei fondi interprofessionali).
  • PIÙ CULTURA PER TUTTI – Governo e Parlamento devono investire almeno il 2% del PIL di periodo per la cultura.
  • SFRUTTARE IL PETROLIO CULTURALE E ARTISTICO – Possibilità di gare al massimo rialzo per affidare a privati (con diritto allo sfruttamento pubblicitario) di siti/beni archeologici/culturali per la gestione con manutenzione e valorizzazione obbligatoria per un max di 5/10 anni di durata per singolo appalto.
  • RILANCIARE L’INNOVAZIONE – Costruzione di un fondo nazionale per la ricerca che investa almeno il 2% del PIL e che sia gestito con logiche da private equity/venture capital e sia in condizione di finanziare i progetti meritevoli al di fuori delle contingenze politiche.
  • TEMPI CERTI PER PROCESSI CERTI – Riforma della giustizia civile con task force adeguata in termini di competenze per affiancare i giudici nello smaltimento in tempi veloci dell’arretrato giudiziario civile.
  • CRASH PROGRAM PER LA GIUSTIZIA – Budget di smaltimento di cause ai giudici in carica da legare a una retribuzione incentivante.
  • PIU’ APPALTI PER TUTTI – Semplificare in modo assoluto il sistema degli appalti. Le norme devono essere comprensibili al cittadino medio che raggiunga la sufficienza nei Test Invalsi.
  • BILANCI TRASPARENTI PER LA PA – Revisione complessiva e semplificazione totale di tutte le leggi di Contabilità di Stato.
  • LEGGI PIU’ CHIARE E TRASPARENTI – Revisione complessiva e semplificazione totale dei regolamenti di Camera e Senato.
  • STRATEGIE DI LUNGO PERIODO PER L’IMMIGRAZIONE – Costruzione un piano strategico per l’immigrazione che trasformi l’Italia nell’hub di ricezione e smistamento intelligente dei processi migratori dei prossimi 10 anni.