Canone Rai, le bollette vanno conservate per 10 anni

Le follie del canone Rai in bolletta non finiscono mai di stupire. Ce n’è una, in particolare, alla quale forse non tutti hanno pensato e riguarda il periodo per il quale gli attestati di pagamento del canone Rai devono essere conservati.

Un periodo che collide visibilmente con quello per il quale è necessario conservare l’attestazione di pagamento della bolletta elettrica, all’interno della quale il canone Rai è stato proditoriamente inserito.

Se, da una parte, le bollette dell’energia elettrica (così come quelle del gas e di altre utenze), devono essere conservate per 5 anni per poter rispondere a eventuali contestazioni presentando le ricevute, il canone Rai invece non è una tariffa ma una imposta e l’obbligo della conservazione della ricevuta raddoppia: da 5 a 10 anni.

Gli utenti devono quindi ricordarsi di non eliminare dopo 5 anni le ricevute delle bollette elettriche all’interno delle quali è contenuto anche il canone Rai, per non correre il rischio di dover giustificare eventuali richieste da parte della tv di Stato senza avere un documento comprovante il pagamento.

E, si sa, viste le meraviglie della burocrazia di casa nostra e l’accanimento fastidioso e asfissiante con cui la Rai insegue i suoi abbonati, non è così improbabile ricevere qualche contestazione dai rapinatori di viale Mazzini…

Birra italiana campione di export

Chi beve birra campa cent’anni e se beve birra italiana aiuta anche l’economia. E, specialmente all’estero, di gente che beve birra italiana ce n’è davvero tanta. Lo conferma la Coldiretti, che in una sua analisi ha rilevato come in 10 anni le esportazioni di birra italiana sono quadruplicate, toccando nel 2015 il massimo storico per un valore di 183 milioni di euro, la maggior parte dei quali fatturati in Paesi del Nord Europa, dalla Gran Bretagna alla Germania.

La birra italiana ha dunque tutte le carte in regola per continuare a crescere anche in Paesi con una forte tradizione di consumo, come la Repubblica Ceca (144 litri pro capite), l’Austria (107,8), la Germania (105), l’Irlanda (85,6), il Lussemburgo (85), la Spagna (82).

Quelle dell’export sono percentuali di crescita importanti: in Germania e Olanda +49%, nel Regno Unito +10%, mentre in Belgio le vendite di birre italiane sono decuplicate. Un trend di crescita nei consumi che, con la bella stagione, viene replicato anche in Italia (+6%), come rileva un’analisi di Coldiretti su dati Ismea, nella quale si sottolinea la grande crescita delle birre artigianali made in Italy sul mercato.

Secondo Coldiretti, i microbirrifici artigianali sono passati dalla trentina di 10 anni fa a circa un migliaio, per una produzione stimata annua in 45 milioni di litri. Un’espansione che, oltre a contribuire alla crescita dell’economia, fa della birra italiana artigianale un importante volano di occupazione, specialmente tra gli under 35.

La progressione delle tecniche brassicole e la giovane età di chi lavora nei microbirrifici artigianali fanno sì che nel settore si sperimentino profonde innovazioni, dalla certificazione dell’origine a chilometri zero della birra italiana al legame diretto con le aziende agricole, ma anche la produzione di specialità distintive o forme distributive innovative, come i cosiddetti brewpub o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica.

Coldiretti invita anche a ricordare che, alla base di una buona birra italiana, vi è anche una buona materia prima. Le coltivazioni nazionali di orzo danno infatti una produzione annuale di circa 950mila tonnellate su una superficie complessiva investita di circa 243mila ettari. Se si considera che la filiera cerealicola, unitamente al ministero delle Politiche agricole, ipotizzano un impegno annuo di granella di orzo pari a circa 90mila tonnellate, si capisce quanto la birra italiana sia importante per i motore economico dell’agroalimentare nazionale.

Ingegneri fa rima con occupati

Non è certo un luogo comune quello secondo il quale gli ingegneri non conoscono disoccupazione. E, se anche non vera al 100%, questa convinzione ha delle solide basi sulle quale posarsi.

Lo conferma un rapporto pubblicato dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dal quale emerge che il leggero miglioramento della congiuntura economica italiana, a metà del 2015, ha coinciso con una lieve e incoraggiante ripresa di tono della domanda e dell’offerta di figure professionali con laurea in ingegneria.

In particolare, si è ridotto tra gli ingegneri il numero di inattivi ed è aumentato il numero di occupati, nonostante sia aumentato anche il numero degli ingegneri che risultano disoccupati.

Tra gli ingegneri, rileva il rapporto, il tasso di occupazione (vicino al 75%) e quello di attività (78,6%) restano tra i più elevati tra le diverse categorie professionali in Italia. Aumenta l’incidenza della componente femminile, con un tasso di occupazione al 70,5%, +16% rispetto al corrispondente dato medio nazionale. Persistono marcate differenze dei livelli occupazionali tra le regioni del Nord e quelle del Sud, con un divario, a sfavore delle seconde, di circa il 20%.

Sempre secondo il Centro Studi del Consiglio Nazionale, i primi tre ambiti in cui attualmente operano gli occupati con laurea in ingegneria sono quelli connessi alla progettazione in campo civile, ingegneria meccanica e progettazione in campo energetico, analisi e progettazione software.

Se invece si guarda al mercato del lavoro in cui operano gli ingegneri, si nota qualche segnale contradditorio. In base all’elaborazione dei dati estratti dall’Indagine sulle forze di lavoro 2015 dell’Istat, il numero di ingegneri fa registrare, per la prima volta, una lieve flessione (circa 1.000 individui in meno) rispetto al 2014. Sale, invece, la quota di occupati (dal 73,4% al 74,6%) e contemporaneamente sale il tasso di disoccupazione, dal 4,4% al 5,1%.

Le imprese artigiane reagiscono alla crisi

Resistere e crescere a dispetto della crisi si può. Lo dimostra la tenacia con la quale, in Italia, nascono nuove imprese artigiane in questi anni difficili.

Secondo i dati di un’analisi di Unioncamere e InfoCamere su dati del registro delle imprese delle Camere di commercio, delle imprese artigiane nel secondo trimestre 2016, in questo lasso di tempo le nuove imprese artigiane nate nel nostro Paese sono oltre 2500, +0,2% rispetto al trimestre precedente e in netto miglioramento rispetto al trend degli ultimi anni.

Un dato che, però, è il meno brillante in assoluto per numero di imprese artigiane nate (22.677) negli ultimi dieci anni. Solo il fatto che, nello stesso periodo, vi è stato il minor numero cancellazioni del decennio (20.157) ha permesso il saldo positivo.

Su base territoriale, le regioni che si sono dimostrate più attive nel supportare la nascita di nuove imprese sono state la Valle d’Aosta, il Trentino-Alto Adige e la Liguria.

Questo il commento del presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, sull’andamento delle nuove imprese artigiane: “Nel lavoro artigianale c’è la vera identità del made in Italy, dove si combinano tradizione e innovazione. Per questo è importante non solo stimolare la nascita di queste realtà produttive, anche attraverso un ricambio generazionale che consenta di non disperdere uno straordinario patrimonio di saperi, ma anche diffondere i vantaggi della digitalizzazione per sfruttare al meglio le opportunità della rete“.

Start-up, i costi dell’avvio

Si fa presto a dire start-up, specialmente se si considerano gli investimenti necessari per avviarla, almeno in Italia. Una buona idea, infatti, non basta se non supportata da una bella cifra da mettere sul piatto. Cifra che, in Italia, per l’avvio di una start-up è in media di circa 50mila euro.

È quanto emerge dall’ultimo rapporto del Global Entrepreneurship Monitor, che ha calcolato in poco più di 55mila dollari (circa 50mila euro, appunto) il capitale medio che nel nostro Paese serve ad avviare una start-up.

Un cifra che, negli anni, nella media globale, si è significativamente abbassata, subendo delle oscillazioni. Il rapporto sottolinea infatti che nel 2015, nel mondo, la media dell’investimento necessario per aprire una start-up era di circa 13mila dollari, contro i 54mila del 2004 e i 65mila del 2006.

Il dato incoraggiante dell’Italia, all’interno di questo panorama, riguarda l’imprenditoria giovanile. Molto spesso, infatti, start-up è sinonimo di imprenditore giovane, come dimostrano le 31mila nuove imprese gestite da under 35 iscritte alle Camere di commercio nel secondo trimestre del 2016.

L’altra faccia della medaglia per l’imprenditore giovane è data dalla difficoltà di accesso al credito, specialmente in un periodo nel quale le banche sono tutt’altro che propense a erogare finanziamenti. Una situazione che spinge gli imprenditori (il 95% di loro, secondo il report, investe risparmi personali) a cercare fonti alternative di finanziamento.

Una dinamica che, in Italia, porta i neo imprenditori a ricorrere principalmente alle banche per aprire la propria start-up, anche se sono sempre più diffuse forme di finanziamento innovative come le cooperative di comunità, la microfinanza, il lending crowdfunding e l’equity crowdfunding.

I commercialisti si mobilitano per i terremotati

Anche il mondo delle professioni si è mobilitato a sostegno delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto scorso. In questo senso, segnaliamo l’iniziativa promossa dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli esperti contabili.

Il Cndcec ha infatti ha pubblicato sul proprio sito una nota informativa nella quale, oltre al cordoglio per le vittime del sisma, i commercialisti ricordano come sia necessario “far convergere le molte proposte e progetti che ciascuno di noi, in questi giorni, ha condiviso con i rappresentanti degli Ordini e con gli Iscritti dei territori interessati“.

Parole che si trasformano in azione, nel momento in cui i commercialisti italiani chiedono agli iscritti all’albo di aderire alla sottoscrizione gestita dall’Associazione COMMUNITAS – Onlus, che si era già posta a sostegno dei commercialisti abruzzesi ed emiliani all’indomani dei terremoti che avevano sconvolto le loro regioni, nel 2009 e nel 2012.

Nello specifico, i gli associati possono effettuare dei versamenti a favore delle popolazioni terremotate utilizzando il conto corrente intestato ad Associazione COMMUNITAS, IBAN IT 20 W 0335901600100000112746, specificando nella causale del versamento “Terremoto 2016”.

Inoltre, il direttivo dei commercialisti italiani invita gli associati ad assumere iniziative idonee a sostegno delle popolazioni terremotate, promuovendole attraverso l’invio di suggerimenti e proposte all’indirizzo e-mail presidenza@commercialisti.it, entro la riunione del Consiglio Nazionale prevista per il 13 settembre 2016.

Unioncamere a sostegno delle imprese colpite dal terremoto

A poco più di una settimana dal terremoto che ha devastato il Centro Italia, i numeri sulle imprese messe in ginocchio dalla catastrofe assumono dei contorni sempre più definiti. Questo grazie anche al censimento effettuato dall’Unità di coordinamento delle Camere di commercio.

Nello specifico, i numeri dell’emergenza terremoto per le attività del territorio, contenuti nel Registro imprese, sono importanti. Poco più di 3.700 imprese, 670 delle quali con sede ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto (i comuni più colpiti dal sisma), e oltre 5mila addetti totali.

Nelle 670 imprese dei tre comuni martoriati dal terremoto lavoravano, tra imprenditori e dipendenti, 812 persone. Il comune a maggior densità di imprese è Amatrice: 417 imprese registrate, 287 delle quali individuali, e 458 addetti totali. A farla da padrone, le imprese del settore agricolo, 156, seguite da quelle del settore commerciale (80) e dalle attività di alloggio e ristorazione (38). Importante anche il numero imprese operanti nel settore delle costruzioni (61).

Sono numeri sicuramente meno pesanti di quelli del terremoto che 4 anni fa devastò l’Emilia Romagna, ma rapportati alla realtà locale interessata dal recente sisma sono più che significativi. Ecco perché l’Unità di coordinamento delle Camere di commercio ha messo a punto una serie di azioni dirette a sostenere le imprese colpite dalla catastrofe, in modo da agevolare un riavvio rapido delle attività economiche, a partire dalla sospensione del diritto annuale per le imprese danneggiate.

Le imprese danneggiate dal sisma potranno contare su un sistema telematico realizzato da InfoCamere per consentire la comunicazione da parte degli imprenditori dei danni subiti.

Unioncamere costituirà anche un Fondo di solidarietà alimentato grazie ai contributi di tutte le Camere di commercio, destinato ad agevolare la rapida ripresa delle attività produttive. Un’azione di mutuo soccorso fortemente voluta e sostenuta da Unioncamere, come sottolinea il presidente, Ivan Lo Bello: “Le Camere di commercio faranno del proprio meglio per aiutare gli imprenditori delle aree colpite dal terremoto a ricostruire il proprio futuro. Saremo al fianco di imprese e amministratori locali per contribuire al più rapido ripristino delle attività con i nostri servizi digitali, l’affiancamento ed il sostegno del nostro personale e la concretezza delle risorse economiche che riusciremo a mettere in campo“.

Stop al mutuo per le famiglie terremotate

Non sono poche le famiglie che hanno perso la loro casa durante il terremoto della scorsa settimana e che su di esse hanno ancora acceso un mutuo. Per loro è arrivata una buona notizia.

È infatti sospeso il pagamento delle rate di mutuo acceso sugli edifici danneggiati dal sisma, come riportato dall’articolo 7 dell’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Protezione Civile “Primi interventi urgenti di protezione civile conseguenti all’eccezionale evento sismico che ha colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo il 24 agosto 2016”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

L’articolo in questione prevede infatti che, a causa del grave disagio socio-economico dovuto al terremoto, che hanno colpito i soggetti residenti o con sede legale e/o operativa nei comuni individuati con apposito provvedimento, il terremoto è causa di forza maggiore ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1218 del Codice Civile e quindi esime dal pagamento delle rate del mutuo.

La sospensione delle rate del mutuo è possibile sia per le case di abitazione sia per gli edifici commerciali o produttivi, distrutti o resi inagibili anche in parte dal sisma. Per fruirne, è necessario presentare agli istituti di credito un’autocertificazione del danno subito per ottenere la sospensione del mutuo fino alla ricostruzione, all’agibilità o all’abitabilità dell’edificio, comunque non oltre la data di cessazione dello stato di emergenza. Si può scegliere se sospendere l’intera rata del mutuo o solo quella della quota capitale.

Infine, dall’articolo 7 un avvertimento alle banche. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore dell’ordinanza, queste devono informare i titolari di mutuo, almeno mediante avviso esposto nelle filiali e pubblicato nel proprio sito internet, della possibilità di chiedere la sospensione delle rate, indicando tempi di rimborso e costi dei pagamenti. Qualora non lo facciano, si considerano sospese fino al 31 gennaio 2017, senza costi aggiuntivi per il titolare, le rate di mutuo in scadenza entro questa data.

Cambio appalto, il parere dei consulenti del lavoro

Nei giorni caldi del terremoto, le parole “ristrutturazione”, “adeguamento antisismico” e soprattutto “appalto” si sono sentite più volte. Su quest’ultimo tema, quello dell’ appalto, la Fondazione Studi consulenti del lavoro ha di recente emesso una circolare interessante.

La circolare analizza le novità inerenti alle dinamiche dei rapporti di lavoro in caso di cambio di appalto. La circolare analizza le novità previste dalla legge 122 del 7 luglio 2016, indicata come “Legge europea”.

Il passaggio più interessante della circolare ricorda che “le disposizioni in vigore dal 23 luglio scorso hanno riformato la legge Biagi nella parte relativa ai trasferimenti d’azienda, introducendo novità in materia del cambio appalto, quando cioè si verifica la successione di un imprenditore a un altro nella gestione, con propria organizzazione, di uno specifico servizio in affidamento“.

Le modifiche – ricorda ancora la circolare sono state rese necessarie dall’intervento della Commissione europea, la quale ha segnalato al governo italiano che le precedenti disposizioni non erano conformi con la direttiva comunitaria in materia“.

L’allarme di Coldiretti: col terremoto a rischio latte e bestiame

Ormai è chiaro come il terremoto del 24 agosto abbia messo in ginocchio soprattutto il tessuto produttivo legato all’allevamento e all’agricoltura. Coldiretti è in prima linea fin dalle ore immediatamente successive al sisma per monitorare la situazione delle imprese agricole e, dopo i primi rilievi, arrivano ora le prime cifre.

Secondo l’associazione dei coltivatori, ad Amatrice il 90% delle stalle è stato danneggiato dal terremoto, che ha colpito una zona nella quale vivono 2800 pecore e oltre 3000 mucche. Si tratta dunque di animali che, sopravvissuti alle macerie delle loro stalle, ora necessitano di un riparo, oltre che di acqua potabile, mangime, generatori di corrente, carrelli per la mungitura e altro.

Nel valutare le conseguenze del terremoto, Coldiretti ricorda che, dove le case degli allevatori sono state lesionate, questi ora hanno bisogno di tende e roulotte, dal momento che gli animali non possono essere lasciati solo. Oltre al cibo, le mucche, per esempio, devono essere munte due volte al giorno.

Mungitura il cui latte è poi difficile da conservare e consegnare per via della distruzione delle infrastrutture a opera del terremoto. Non sono pochi, infatti, i litri di latte già buttati per via della mancata conservazione, senza contare che le vacche, molto sensibili agli eventi sismici, hanno calato la produzione a causa dello stress. A tutto questo, si aggiunge anche il rischio di furti di bestiame a opera degli sciacalli.

Come ricorda il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, “ammontano a milioni di euro i danni provocati dal terremoto nelle campagne dove è necessario far ripartire l’attività in un territorio a prevalente economia agricola. Si tratta di una risorsa imprescindibile per contrastare lo spopolamento e l’abbandono e dare un futuro alla popolazione. A sostegno della solidarietà tra agricoltori sul territorio con l’impiego di trattori e ruspe aziendali, la Coldiretti ha attivato una unità di crisi per aiutare le aziende agricole colpite con la collaborazione dell’Associazione Italiana Allevatori (AIA) ma anche il cibo garantire l’alimentazione degli animali con l’aiuto dei Consorzi Agrari d’Italia (CAI)”.