Vino? Agli italiani piace Made in Italy e di qualità

Quando si tratta di bere vino, gli italiani certo non si tirano indietro, anche se sono sempre più attenti alla qualità e alla territorialità di ciò che consumano e che portano sulle loro tavole.
L’assemblea annuale di Federvini, tenutasi a Roma nei giorni scorsi, ha indicato dati in aumento del 9% da parte delle famiglie, nell’intervallo di tempo tra il 2013 e il 2015, percentuale in termini reali, a fronte di consumi in generale che nello stesso triennio hanno registrato un incremento del 2% e di acquisti per gli alimentari che hanno fatto segnare solo un +0,5%.

Questi risultati derivano da una propensione al consumo da parte di chi è disposto a spendere un po’ di più ma avere un prodotto di qualità. Una bottiglia di vino racchiude in sé anche altro, a cominciare dalla convivialità e dal desiderio di provare qualcosa di superiore, insieme a famiglia ed amici.
Per questo, si va al di là del bene materiale, poiché si prende in considerazione anche la dimensione simbolica, e l’incarnazione di cultura e tradizioni locali, che esprimono al meglio il Made in Italy.

A dimostrazione di ciò, il numero sempre più elevato degli italiani coinvolti in un’attività legata al vino. Nell’ultimo anno sono stati 24 milioni, così distribuiti: 16,1 milioni sono intervenuti a eventi, sagre, feste locali; 14,2 milioni sono andati in ristoranti e trattorie segnalati per la disponibilità di buoni vini; 13,7 milioni hanno fatto vacanze e gite in località famose per l’enogastronomia.

Nel 2016, gli italiani che hanno consumato vino sono stati oltre 28 milioni, pari al 52% della popolazione totale. di questi, il 54,6% è di età pari o superiore a 65 anni, il 58,4% di 35-64 anni, il 48,6% di giovani nati a partire dai primi anni Ottanta. SI è anche ridotto il numero dei grandi consumatori, quelli abituati a bere mezzo litro di vino al giorno, passato dal 7,4% del 1983 al 2,3% del 2016.

La scelta riguarda per il 91,2% dei casi di vini italiani, e ben l’85% fa caso che il vino sia Dop o Igp, o comunque di un marchio conosciuto o fidato.

Ovviamente, anche l’export dei vini Made in Italy è in continuo aumento, tanto che il valore dell’export ha raggiunto quota 5,6 miliardi di euro, registrando un balzo del 27,6% nel quinquennio 2011-2016.
I vini Dop hanno fatto segnare un’impennata del 44,8% in valore, quelli Igp del 24,1%, mentre gli spumanti hanno avuto un exploit di +117,9%.

Vera MORETTI

Forum Lavoro 2017: ecco gli argomenti trattati

Durante il Forum lavoro 2017 sono stati affrontati tutti gli argomenti “caldi” del momento, grazie alla partecipazione di esperti ed addetti ai lavori, a cominciare da Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate, la quale, intervenuta con un videomessaggio, ha voluto sottolineare il ruolo cruciale dei consulenti del lavoro, soprattutto per quanto riguarda la precompilata, l’invio dei dati e l’assistenza agli utenti.
Senza dimenticare che, se da una parte l’Agenzia delle Entrate non può fare scelte concrete nella tassazione, dall’altra si impegna attivamente con gli altri organi di competenza per trovare soluzioni che possano semplificare e di conseguenza migliorare la condizione attuale anche dal punto di vista fiscale.

Salvatore Pirrone, direttore generale dell’Anpal, ha invece posto la sua attenzione alla novità del bonus Sud: “Abbiamo sbloccato con Inps quelle 4mila istanze sul bonus Sud che erano rimaste bloccate ma che riguardavano trasformazioni di rapporti di lavoro e che quindi non necessitavano del requisito dello stato di disoccupazione. Stiamo lavorando con le Regioni per sbloccare le altre circa 7mila che sono rimaste bloccate in attesa della verifica dello stato di disoccupazione e contiamo nei prossimi giorni di risolvere le situazioni che sono rimaste bloccate. Abbiamo concordato anche con Inps che sblocchi le procedure in modo tale da accettare ulteriori domande”.

Pirrone ha poi affrontato il tema del diffondersi dei casi di somministrazione illecita di lavoro, confermando un lavoro con il ministero affinché la somministrazione diventi più efficace e veritiera, sia per quanto riguarda la fase di adozione del provvedimento di autorizzazione sia per quanto riguarda la regolarità contributiva.

Marina Calderone, presidente del Cup, Comitato unitario delle professioni, e del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, ha invece affrontato il tema del lavoro autonomo: “Dopo l’incontro con il ministro Poletti e l’approvazione del ‘Jobs act autonomi’ che apprezziamo, chiedo di dare avvio a un tavolo tecnico sul lavoro autonomo con un’attenzione a quelle che sono le problematiche del mondo ordinistico, che rappresento”.

Gabriella di Michele, direttore generale dell’Inps, ha poi fatto il suo intervento sull’Ape social e Ape volontaria: “Siamo collaborando con la presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministero del Lavoro in attesa di questo emanando di dpcm sull’Ape. Noi stiamo costruendo in parallelo procedure informatiche e istruzioni operative che potranno avere una struttura definitiva solo quando definitivamente si conoscerà la norma applicativa della legge”.

Per quanto riguarda i numeri, si tratta di 60-70mila per l’Ape sociale, mentre non si riesce a dare una previsione per l’Ape volontaria, poiché dipende dalla risposta delle aziende che usufruiranno di questo strumento di flessibilizzazione per rinnovare il mondo del lavoro e permettere l’ingresso a tanti giovani.
Le stime parlano di 300mila persone nel 2017, ma potrebbero essere molte di più.

Vera MORETTI

Tassa Airbnb sugli affitti brevi contro l’evasione fiscale

Nella manovra correttiva della Legge di Stabilità 2017 ci sono novità relative alla tassazione per gli affitti brevi di chi offre per un periodo limitato una casa, un appartamento o una stanza in locazione, ad esempio come avviene sul sito Airbnb. Entrerà in vigore anche per loro l’obbligo di versamento della cedolare secca con aliquota al 21%.

La tassa Airbnb, che comunque riguarda anche tutti gli altri intermediari nei contratti di affitto, sia che questa attività venga esercitata attraverso portali web sia che avvenga mediante agenzie immobiliari o di intermediazione, entrerà in vigore già sui a partire dal 1° giugno, ovvero sui contratti stipulati a partire da tale data, senza necessità che venga emanata una apposita circolare operativa dell’Agenzia delle Entrate.

A dichiararlo è stata l’Agenzia stessa in occasione dell’audizione in Commissione Bilancio della Camera, esprimendo la necessità di chiarire in tempi brevi quali sono i soggetti obbligati al nuovo adempimento. L’Agenzia delle Entrate ha inoltre proposto di estendere la tassa anche alle attività di B&B occasionale, comprensiva di servizi accessori attualmente inquadrati nella categoria di redditi diversi.

In realtà, comunque, non è una nuova tassa quanto, piuttosto, una nuova procedura studiata per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale sugli affitti. La cedolare secca sugli affitti brevi non deve essere versata dal contribuente, ma dal portale web o dall’agenzia immobiliare che fa da intermediario in qualità di sostituti di imposta.

La ritenuta va sempre applicata, anche se il proprietario non intende avvalersi della tassazione sostitutiva, in questo caso in l’importo versato costituirà un acconto sull’IRPEF complessivamente dovuta dall’interessato.

Le sanzioni previste per l’intermediario inadempiente vanno da 250 a 2.000 euro. Gli intermediari obbligati a tramettere i dati di contratti di locazione breve e trovati inadempienti saranno sottoposti a sanzione pari al 20% dell’ammontare non trattenuto a titolo di ritenuta operando in qualità di sostituto d’imposta.

Vera MORETTI

Fipe ribadisce l’errore dell’eliminazione dei voucher

Quello che si presagiva sta purtroppo accadendo: l’eliminazione dei voucher sta generando non poca confusione, e, dopo le aspre critiche dovute alla loro abrogazione, poiché considerati strumenti indispensabili in vista di collaborazioni a scadenza o stagionali, ora prevale l’incertezza, poiché, in vista dei lavori estivi, le aziende non sanno come comportarsi, senza la possibilità di usufruire di valide alternative.

Questo è quanto ha ribadito Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe: “L’abbiamo detto e ripetuto: la cancellazione dei voucher è stata un grave errore e un grande danno per le nostre imprese. A questo si aggiunge che, a distanza di due mesi dall’abolizione dei voucher, nulla di concreto è stato fatto per permettere a tutte le imprese di avere uno strumento legale per regolamentare le prestazioni di lavoro occasionali. L’ipotesi che prevede uno strumento normativo soltanto per le imprese fino a 5 dipendenti e per soli 5 mila euro all’anno è non solo limitante, ma anche non risolutiva”.

Ma non è tutto, perché il presidente della Federazione Italiana Pubblici Esercizi ha rincarato la dose: “Il voucher rappresentava per il nostro settore e non solo, uno strumento indispensabile per mantenere nei confini della legalità prestazioni occasionali caratterizzate da alta flessibilità e stagionalità. E’ necessario, perciò, trovare al più presto uno strumento che permetta a imprese di tutte le dimensioni di tracciare queste prestazioni evitando che si alimenti il nero”.

Vera MORETTI

Grano duro: in aumento le importazioni dal Canada

Grano proveniente dal Canada, destinato alla produzione di pasta senza che ne venga indicata l’origine sull’etichetta. Questo sta avvenendo in Italia, con un aumento del 15% delle importazioni, senza che i consumatori ne siano al corrente, e il fatto è stato denunciato da Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi due mesi del 2017.

In totale, più della metà del grano duro importato in Italia proviene proprio dal Canada, dove si fa un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia perché considerato cancerogeno.
La mancanza di etichetta non permette di capire l’origine della materia prima, e impedisce altresì ai consumatori di decidere e difendere le realtà produttive nazionali.

A questo proposito, Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha dichiarato circa la mancanza di etichettatura: “Si tratta di un provvedimento fortemente sostenuto e atteso dalla Coldiretti per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione. Il taglio dei prezzi pagati agli agricoltori sotto i costi di produzione ha provocato praticamente la decimazione delle semine di grano in Italia con un crollo del 7,3% per un totale di 100mila ettari coltivati in meno che peseranno sulla produzione di vera pasta italiana nel 2017, oltre che sull’ambiente, sull’economia e sul lavoro delle aree interne del Paese. In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy”.

L’Italia, inoltre, rimane il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 5,1 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a 1,4 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano il 41% della produzione nazionale, seguite dalle Marche.
Ben 2,3 milioni di tonnellate di grano duro arrivano dall’estero in un anno senza che questo sia noto ai consumatori in etichetta.

Vera MORETTI

Rifiuti: l’Italia multata dalla Commissione Europea

A causa dei rifiuti, e più in generale delle infrazioni alle norme ambientali, l’Italia sta pagando annualmente centinaia di milioni di euro per multe dovute all’Ue.
Uno degli scogli più ostici è, ovviamente, il problema della mancata approvazione di un nuovo piano per la gestione dei rifiuti in Campania e per le discariche abusive ancora attive su territorio nazionale. Ma si rischia che le sanzioni diventino ancora più salate a causa dell’inadeguatezza o dell’assenza degli impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane in un gran numero di centri abitati.

Ma non è tutto, poiché la Commissione europea ha stabilito il deferimento dell’Italia alla Corte europea di Giustizia per non aver bonificato o chiuso 44 discariche di rifiuti non a norma in cinque regioni: Abruzzo (11 discariche), Basilicata (23), Campania (2), Friuli-Venezia Giulia (5) e Puglia (5).

Dato più allarmante rimane comunque il trattamento inadeguato delle acque reflue in 80 agglomerati urbani italiani con più di 15.000 abitanti: il contenzioso è stato aperto con una decisione di Bruxelles del 2004 a cui, dopo una prima condanna della Corte di Giustizia, è seguito nel 2016 un secondo deferimento ai giudici comunitari per non esecuzione della sentenza.Nella decisione su questo secondo ricorso, l’8 dicembre scorso, l’Esecutivo Ue ha chiesto alla Corte di infliggere all’Italia una multa forfettaria di 63 milioni di euro e una sanzione giornaliera di 347.000 euro, da pagare fino alla definitiva messa a norma degli impianti di trattamento delle acque reflue.

La Commissione non ha ancora depositato questo secondo ricorso alla Corte, ma sembra inevitabile che lo faccia, visto che si calcola che ci vorranno circa otto anni per realizzare le gare d’appalto, aprire i cantieri e costruire o adeguare gli impianti necessari in tutti i comuni interessati. L’Italia, alla fine, potrebbe dover sborsare circa un miliardo di euro per le multe, sempre che non ci voglia più tempo per mettersi in regola.

Il terzo dossier sulle acque reflue è meno allarmante, e sta registrando buoni progressi. Riguarda i centri urbani con più di 10.000 abitanti che scaricano le acque reflue non adeguatamente trattate in zone sensibili, che inizialmente erano 40 ma che sono stati ridotti ora a 20. Il contenzioso era stato aperto dalla Commissione con una decisione del 2009, ma dopo la prima condanna della Corte di Giustizia nell’aprile 2014 è ora improbabile, visti i progressi registrati, che l’Esecutivo Ue deferisca l’Italia alla Corte una seconda volta per non esecuzione della prima sentenza. Il governo sembra cosciente della posta in gioco in questi due contenziosi sulle acque reflue: dopo aver stanziato 2,5 miliardi di euro, messi a disposizione delle autorità locali, ha anche deciso di nominare un commissario unico per il coordinamento dei lavori e per accelerare la messa a norma degli impianti di depurazione.

Ad oggi, però, la nomina di Enrico Rolle come commissario non è ancora stata formalizzata quindi non ci sono ancora gli estremi per stabilire che la questione verrà risolta al più presto.

Vera MORETTI

Le imprese del Sud si incontrano a Taranto per fare rete

La crisi economica ha indebolito pesantemente le piccole e medie imprese del sud, molte delle quali sono state costrette a chiudere o a ridurre il personale.
Per questo motivo, una delle soluzioni migliori per reagire e tornare in pista è fare rete e proporre progetti creativi ed innovativi.

Lo ha dichiarato Filomena Tucci, responsabile Coordinamento Sud Italia di Confassociazioni: “Il Mezzogiorno è l’importante convitato di pietra in tutte le discussioni sulla crisi e sulle ricette per il rilancio della crescita: parte fondamentale e spesso dimenticata rappresenta il 35% della popolazione italiana e circa un quarto del PIL italiano. Il convegno “Le Vie del Mare. Una modernità senza tempo di una Terra Magna” che si svolge martedì 23 maggio presso l’IISS Pacinotti Fermi (con inizio alle ore 10.00) offre con il suo parterre di relatori un buon piano di lavoro per parlare del Sud, delle sue potenzialità inespresse, delle opportunità che può offrire”.

Il convegno si svolgerà a Taranto, che, secondo Alfredo Foresta, presidente di Visioni da Sud, associazione promotrice, “rappresenta da sempre l’emblema della Terra Magna, quel Sud intriso di cultura che ha generato lo sviluppo della civiltà. Oggi quello stesso Sud è il Mezzogiorno, cronica bocciatura dal 1870. Aldilà di pensieri negativi e catastrofici che possono spontaneamente sorgere valutando la realtà attuale, è opportuno guardare all’Italia e all’Europa in maniera propositiva e progressista – non dimentichiamo che le rotte marittime del Golfo di Taranto rappresentano ancora la più moderna infrastruttura che collega l’Europa all’Oriente – e dove il nostro Sud vuole recuperare il suo storico ruolo di Terra Magna” .

Ha poi concluso Filomena Tucci: “Il Sud può rispondere concretamente e positivamente alla crisi grazie al lavoro in rete. E il patrocinio di Confassociazioni, la rete delle reti, vuole rappresentare proprio questo pensiero. Uniti possiamo vincere e diventare modello di rilancio per l’Italia tutta, grazie al nostro patrimonio culturale, turistico, enogastronomico che tutto il mondo ci invidia. Per sostenere nel migliore dei modi tutto ciò è necessario sia lavorare sul capitale professionale e umano, sia optare per investimenti maggiori nelle infrastrutture materiali e immateriali per trovare nuove soluzioni a vecchi problemi. Come ad esempio riaprire l’interesse sui collegamenti via mare così da ovviare ad un problema storico e sempre più critico del Mezzogiorno e cioè il collegamento per le vie tradizionali”.

Vera MORETTI

La School of Management del Politecnico di Milano tra le migliori nel mondo

La School of Management del Politecnico di Milano è stata indicata dal Financial Times come tra le migliori scuole di business al mondo per quanto riguarda la formazione per le imprese.

Non è certo una novità, poiché è da sette anni consecutivi che la Scuola si conferma come una delle più internazionali ed innovative, e addirittura in cima alla classifica per quando riguarda i programmi custom, ovvero l’offerta formativa pensata sulle esigenze specifiche delle aziende ed erogata a manager, quadri e impiegati ad alto potenziale.

Questa volta, però, la School of Management del PoliMi si è fatta notare anche per i programmi open, rivolti a manager e professionisti di diverse imprese che scelgono individualmente il proprio percorso formativo, costruendolo rispetto all’offerta Management Academy di Mip.

I criteri che hanno contribuito a far rimanere la Scuola negli alti livelli della classifica sono: la collaborazione con le imprese nella progettazione dei corsi e la capacità di supportarle anche a conclusione del percorso formativo, l’applicazione nelle aziende dei nuovi metodi appresi durante i percorsi di formazione e la preparazione del corpo docente, l’aula e la faculty fortemente internazionali, la partnership con altre scuole di business di alto livello, i metodi di insegnamento innovativi, il ritorno economico in termini di avanzamento di carriera e livello di stipendio.

Andrea Sianesi, Dean di Mip Politecnico di Milano, e Alessandro Perego, direttore del Dipartimento di Ingegneria gestionale, hanno dichiarato: “Ancora una volta la nostra Scuola è stata premiata per la sua attenzione ai temi dell’imprenditorialità e della vicinanza alle imprese e per la scelta di permettere la fruizione a distanza secondo il modello dello smart learning. Una scelta effettuata grazie a una attenta analisi delle esigenze di manager e aziende, che ha fatto emergere come fattore cruciale la gestione del tempo. Essere entrati in graduatoria anche con l’offerta open dimostra inoltre come i programmi Executive siano allineati alle aspettative del mercato, sempre più alla ricerca di novità e di elementi formativi capaci di aprire la mente e gli occhi su nuove potenzialità, in particolare date dall’evoluzione delle tecnologie e dei modelli di business. La nostra offerta open si concentra infatti sulla frontiera tecnologica e manageriale, arricchita di esperienza concreta e pratica”.

Vera MORETTI

India, il prossimo obiettivo dell’export Made in Italy

Tra i Paesi BRIC, a sorpresa quello dalle maggiori potenzialità, anche a livello di export, si sta rivelando l’India, che, quindi, potrebbe rappresentare una risorsa fondamentale per le piccole e medie imprese italiane.

Più della Cina, infatti, l’India sta diventando una potenza a livello globale nel settore manifatturiero, e questo potrebbe dare vita a sinergie con le imprese italiane del comparto con opportunità di business impensabili fino a poco tempo fa.

Per aiutare le PMI a non farsi trovare impreparate, da SACE, SIMEST e ICE arriva la nuova guida all’obiettivo India dedicata alle imprese.

Tra i settori del Made in Italy che potenzialmente possono sfruttare maggiormente le opportunità offerte dall’India, SACE cita: automotive, infrastrutture e costruzioni, energie rinnovabili, meccanica strumentale, ICT e Farmaceutica.

Ciò è possibile grazie ai notevoli passi avanti compiti dall’India, che ha fatto crescere il PIL del 4,5% all’anno, con un ritmo di sviluppo dell’economia del 7%, superiore a quello della Cina, una classe media di 200 milioni di persone, circa il 15% della popolazione pari a 1,3 miliardi di abitanti e un Governo che punta proprio a far emergere la cosiddetta neo middle class, che conta ulteriori 380 milioni di individui.

Il Paese offre inoltre un’ampia e giovane forza lavoro a basso costo, poiché non ancora adeguatamente specializzata, che lo pone in una posizione di vantaggio competitivo rispetto ad altre nazioni vicine, come Vietnam, Indonesia e Cina.

Ovviamente, trattandosi di un Paese ancora in via di sviluppo, l’India presenta delle criticità che vanno assolutamente studiate, per studiare strategie su misura, come la distribuzione del reddito per nulla uniforme a livello territoriale e di fasce economiche, le infrastrutture che presentano ancora diverse carenze che provocano inefficienze all’economia del Paese, un apparato pubblico e privato ancora caratterizzato da lentezze e inefficienze, una crescita economica resa difficile da un debito pubblico in aumento e dai crescenti livelli di crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche, oltre ovviamente alle misure protezionistiche introdotte con lo scopo di favorire le produzioni locali.

Per poter essere aggiornati su tutti questi aspetti, c’è a disposizione delle imprese la guida ICE,SACE e SIMEST, che può essere richiesta direttamente sul sito SACE.

Vera MORETTI

L’Iva non versata è a carico di chi è in carica alla scadenza

Nella sentenza 18834 del 19 aprile 2017, la Corte di Cassazione ha affermato che la responsabilità penale per il reato di omesso versamento dell’Iva, di cui all’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, sussiste in capo al soggetto che ricopre la carica sociale di legale rappresentante al momento del termine ultimo per il versamento dell’imposta, ossia il termine ultimo per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.
Su tale soggetto, infatti, in ragione della carica ricoperta, grava l’obbligazione tributaria in presenza di debito ben esposto nella relativa dichiarazione, anche se abbia assunto la carica dopo la sottoscrizione della dichiarazione, redatta da altro soggetto.

E’ accaduto in una causa in cui il tribunale di Milano condannava alla pena di un anno di reclusione e alle pene accessorie per il reato di cui all’articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, il legale rappresentante di una società nel periodo 6 ottobre – 30 dicembre 2009, per aver omesso il versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione Iva relativa all’anno d’imposta 2009.

Il tribunale di Milano individuava come data di commissione del fatto il 27 dicembre 2009, termine appunto previsto per il versamento dell’acconto sull’imposta relativa al periodo successivo, data nella quale l’imputato rivestiva la carica di legale rappresentante. Tale sentenza veniva poi confermata dalla Corte d’appello di Milano.

Il condannato, dunque, si è rivolto in Cassazione, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la violazione contestata, non considerando che lo stesso aveva assunto la carica sociale solo in un momento successivo alla sottoscrizione della dichiarazione, redatta da un altro soggetto, la quale non evidenziava il debito Iva.

La terza sezione della Corte di cassazione penale, dopo aver premesso che, nel caso di specie, non era in contestazione la materiale omissione del versamento dell’imposta dovuta, ha ritenuto infondate le censure basate sul rilievo dell’assunzione della carica sociale in un momento successivo alla sottoscrizione della dichiarazione e dell’assenza della esposizione del debito Iva nella medesima.
In primo luogo, i giudici hanno evidenziato che, secondo orientamento consolidato della Cassazione, la responsabilità per i reati previsti dal Dlgs 74/2000 “è attribuita all’amministratore, individuato secondo le norme civilistiche di cui agli artt. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 c.c. cioè a coloro che rappresentano e gestiscono l’ente. Costoro, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l’ordinamento tributario di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. c) ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti, e ciò sulla base del principio secondo cui colui che assume la carica di amministratore, si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze”.

In relazione al reato di omesso versamento, la Corte suprema ha chiarito che occorre fare riferimento al momento in cui la legge fissa il termine ultimo per il versamento dell’imposta; è, quindi, sul legale rappresentante a tale data che grava l’obbligazione tributaria e si integra la condotta omissiva, a nulla rilevando che il soggetto che ha materialmente redatto la dichiarazione annuale Iva sia diverso.
Ciò conferma quanto già stabilito dalla medesima Corte in precedenti occasioni in caso di subentro nella carica sociale; in particolare, secondo i giudici di legittimità, non è ammissibile una responsabilità in capo all’originario legale rappresentante che abbia solo sottoscritto la dichiarazione nel caso in cui il nuovo legale rappresentante, subentrato al precedente, ometta di versare l’Iva.

In relazione all’elemento soggettivo, la Cassazione lo ha ritenuto sussistente poiché, in tale ipotesi, è stato “consapevolmente omesso il versamento dell’Iva, dovuta sulla base della dichiarazione che la esponeva”; la Corte, infatti, ha rilevato che, dalla sentenza della Corte d’appello impugnata, risultava che nella dichiarazione annuale Iva erano riportati il credito finale, l’ammontare dell’imposta dovuta (e non versata), l’ammontare dei versamenti periodici compiuti.
Inoltre, i giudici di legittimità hanno ritenuto totalmente smentita l’affermazione difensiva secondo cui il ricorrente non poteva essere a conoscenza del debito tributario non evincibile dalla dichiarazione sottoscritta da altri non avendo alcuna carica sociale al momento della sua compilazione.

In conclusione, viene confermata la condanna a carico del ricorrente poiché “ben poteva avere contezza, dalla semplice lettura della dichiarazione annuale Iva del 30 settembre 2009, del debito tributario della società, debito tributario che imponeva, come termine ultimo, il versamento della relativa somma al 27 dicembre 2009, data nella quale egli era il soggetto tenuto, in ragione della carica ricoperta, al versamento”.

Vera MORETTI