La spending review non abbassa la spesa pubblica

Un’analisi condotta dall’Ufficio Studi della CGIA ha rilevato che, nonostante la spending review abbia cominciato ad influire sulla spesa, quest’ultima non è ancora scesa e, anzi, continuando a salire, sta influendo ancora una volta sui cittadini.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, ha dichiarato in proposito: “Le uscite correnti al netto degli interessi continuano ad aumentare, in particolar modo, a causa della spesa pensionistica e delle prestazioni sociali. Se in una fase di crisi economica l’incremento delle misure a sostegno del reddito di chi si trova in difficoltà è più che giustificabile, lo è molto meno quello per le pensioni. Con l’ultima Legge di bilancio, ad esempio, è stata estesa la 14esima mensilità per i pensionati a basso reddito, è stata innalzata la no tax area Irpef per gli under 74 e sono state aperte delle finestre in uscita attraverso l’Ape. Misure che, in larga parte, non prevedono una copertura finanziaria sufficiente”.

Ha poi aggiunto il segretario della CGIA, Renato Mason: “Tra il 2000 e il 2016 solo in un anno, il 2009, il saldo primario, dato dalla differenza tra le entrate totali e la spesa pubblica totale al netto degli interessi sul debito pubblico, è stato negativo. In tutti gli altri anni, invece, è stato di segno opposto. Ovvero, la spesa primaria è stata inferiore alle entrate. A ulteriore dimostrazione che in questi ultimi decenni l’Italia ha mantenuto l’impegno di risanare i propri conti pubblici, nonostante gli effetti della crisi economica siano stati più pesanti qui da noi che altrove”.

Analizzando i dati, alla fine del 2017 si prevede che il contributo alla riduzione dell’indebitamento netto rispetto al 2013 sarà di 30,4 miliardi di euro. Oltre la metà di questo sforzo, pari a 16,4 miliardi (il 54,1% del totale), verrà richiesto alle Regioni e agli Enti locali.
Ciò significa che lo Stato comincia a tagliare, anche se il sacrificio più grande viene richiesto alle strutture periferiche, e soprattutto a quelle guidate dai Governatori.

La conseguenza è stata un taglio dei servizi e/o un aumento delle tariffe, che, pur non andando ad alimentare la pressione fiscale, comunque hanno un impatto negativo sui bilanci delle famiglie e delle imprese.

Infatti, tra il 2013 e il 2016 l’andamento delle tariffe regolamentate a livello locale sono aumentate in misura spesso ingiustificata. Se le bollette dell’acqua/fognatura sono aumentate del 20% circa, il servizio di asporto rifiuti è salito dell’8,4, i trasporti multimodali del 5,5, l’iscrizione alle scuole secondarie del 5,1, le mense scolastiche del 4,2, i biglietti dell’autobus del 3 e quelli dei taxi del 2,8.
Al contrario, l’inflazione in questo triennio è aumentata solo dello 0,2%.

Vera MORETTI