Imprese culturali e creative in ripresa

Sono stati anni difficili per le imprese culturali e creative, ma ora pare che il peggio sia passato e che finalmente stiano rialzando la testa, registrando dati positivi sia per l’andamento economico (per il 17,7% nel 2016-17 e per il 32% nel 2018-19) sia per i ricavi (per il 14% nel 2016-17 e per il 18,1% nel 2018-19).

Si tratta di dati emersi dall’indagine La cultura che crea valore, realizzata da Confcommercio-Imprese per l’Italia e Agis, in collaborazione con Format Research, sulle sensazioni delle imprese culturali e creative, e anche sui consumi culturali degli italiani.

Ciò che fa ben sperare sono anche le stime del settore per il prossimo biennio, che sono positive per l’88% delle imprese del settore, così come positiva è la ripresa della capacità di fare fronte al fabbisogno finanziario (per il 10,7% nel 2016-17 e per il 13,4% nel 2018-2019).

Nonostante questi segnali, comunque, tre imprese su quattro hanno espresso il loro parere negativo circa il costo della burocrazia e le politiche pubbliche considerate inadeguate, quindi di ostacolo alla ripresa del settore, mentre oltre l’80% è d’accordo sulla coesistenza tra l’offerta culturale pubblica e privata e oltre il 95% sull’idea di un palinsesto di eventi condiviso.
L’86,1% vorrebbe una maggiore interconnessione tra la promozione turistica e le attività culturali.

Se, inoltre, il trend dei consumi culturali è positivo, soprattutto nelle città di Milano, Roma e Bologna, bel il 90% degli italiani vorrebbe una migliore accessibilità, una migliore comunicazione e formule di pagamento più efficienti renderebbero più fruibile l’offerta culturale sia pubblica che privata.
Ad essere apprezzata è soprattutto la varietà di spettacoli (per il 78,9%), seguita dal numero e dalla qualità delle attività culturali e commerciali connesse a cinema e teatri (74,7%) e dalle novità introdotte nei palinsesti (70,8%).

Vera MORETTI

Food Made in Italy da record

Il food Made in Italy all’estero fa sempre più furore, tanto da aver determinato un record nelle esportazioni con una crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
A testimoniarlo è Coldiretti, con un certo entusiasmo perché già l’anno scorso l’agroalimentare aveva raggiunto il massimo storico di 38,4 miliardi.

Ciò significa che se questo trend verrà mantenuto fino a fine 2017, per la prima volta saranno superati i 40 miliardi di export agroalimentare, che ha saputo crescere sia nei Paesi dell’Unione sia in quelli fuori dall’Europa, segnando rispettivamente +5,1 e 10,8%.

Quindi, se i due terzi circa delle esportazioni alimentari riguardano i Paesi dell’Unione europea, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato per il food Made in Italy fuori dai confini dell’Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia, e prima della Gran Bretagna.

Tra i prodotti agroalimentari più esportati, il primo è saldamente il vino seguito da frutta e verdure fresche.
Dunque, i numeri sono altamente positivi ed incoraggianti ma, consapevoli di questo, se ci fosse un controllo maggiore e più severo, e una maggior tutela contro l’agropirateria internazionale, le percentuali andrebbero ancora più alle stelle.

A questo proposito, il mercato del falso, considerando solo l’agroalimentare, fattura all’estero oltre 60 miliardi di euro, con un uso improprio di denominazioni, ma anche ricette, immagini e parole evocative che richiamano l’Italia ma non arrivano certo da qui.

Vera MORETTI

Sanità in netto ritardo con i pagamenti ai fornitori

Un debito di 22,9 miliardi di euro è quanto la sanità italiana ha accumulato nei confronti dei suoi fornitori.
Nonostante sia in calo, il debito non rientra ancora sui limiti fisiologici, con criticità urgenti soprattutto nel Mezzogiorno, dove le Asl sono in evidente affanno con i pagamenti, e ciò mette in seria difficoltà molte piccole e medie imprese.

Tra le cause di questo problema davvero spinoso c’è anche la disparità delle forniture, che, come ha dichiarato Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, “continuano ad essere acquistate con forti differenze di prezzo tra le varie regioni. Se, come ha avuto modo di denunciare la Fondazione Gimbe, nella sanità italiana si annidano circa 22,5 miliardi di euro di sprechi, è verosimile ritenere che una parte dei ritardi nei pagamenti sia in qualche modo riconducibile alle distorsioni sopra descritte. In altre parole, non è da escludere che in alcune regioni, in particolar modo del Sud, avvengano degli accordi informali tra le parti per cui le Asl o le case di cura impongono ai propri fornitori pagamenti con ritardi pesantissimi, ma a prezzi superiori rispetto a quelli, ad esempio, praticati nel settore privato”.

Renato Mason, segretario della CGIA, ha poi aggiunto: “Nonostante l’ammontare degli sprechi, sarebbe sbagliato generalizzare. E’ importante sottolineare che la nostra spesa sanitaria pubblica è inferiore di un punto percentuale di Pil rispetto a quella francese e di 0,5 punti rispetto a quella britannica. Inoltre, l’ottima qualità del servizio reso a molti cittadini italiani, soprattutto del nord Italia, non ha eguali nel resto d’Europa”.

Guardando le cifre, la sanità regionale più indebitata è quella del Lazio, con 3,8 miliardi di euro, seguita dalla Campania con 3 miliardi di euro, la Lombardia con 2,3 miliardi, la Sicilia e il Piemonte entrambe con 1,8 miliardi di euro ancora da onorare.
Considerando invece la popolazione residente, primo è il Molise, con 1.735 euro pro capite. Seguono il Lazio con 644 euro per abitante, la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente.

Peggiore pagatrice dell’anno scorso è stata la Asl del Molise, che ha pagato i propri fornitori con un ritardo medio ponderato di 390 giorni. L’Asp di Catanzaro, invece, ha saldato i propri debiti dopo 182 giorni, mentre l’Asl Napoli Centro dopo 127 giorni. Le aziende sanitarie più virtuose, invece, sono state l’Usl Umbria 1 e l’Azienda sanitaria universitaria di Trieste. Addirittura in questi due casi il saldo è avvenuto con anticipo, rispettivamente di 24 e 13 giorni.

Considerando i tempi di pagamento relativi alle forniture di dispositivi medici, del 2016, in Molise il saldo della fattura è avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni.
In teoria, i pagamenti delle strutture sanitarie dovrebbero avvenire entro 60 giorni dall’emissione della fattura, ma nessun valore medio regionale rispetta questo termine e per questo motivo da giugno 2014 è stata aperta dalla Commissione europea una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenuta responsabile d aver violato la Direttiva europea sui ritardi di pagamento entrata in vigore nel marzo 2013, ad oggi ancora in corso.

Vera MORETTI

Inflazione in risalita ad agosto, ma la stagione turistica è positiva

Anche Istat lo conferma: ad agosto il tasso di inflazione è risalito all’1,2%, dopo che a luglio era stata dell’1,1%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo aumenta su base mensile con una crescita dello 0,3%.

Motivo principale di questo lieve aumento è la crescita del prezzi dei beni energetici non regolamentati, arrivata a +4,3%, dal 2,1% del mese precedente, ma anche la dinamica dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti, ora a +4,4%, rispetto al 3,2% di luglio.

Ciò significa che, al netto dei beni nergetici e degli alimentari, l’inflazione sale di due decimi di punto percentuale (+1,0% da +0,8% di luglio), mentre quella al netto dei soli beni energetici si attesta a +0,9% (come nel mese precedente). L’incremento su base mensile dell’indice generale è dovuto in larga parte ai rialzi dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+3,4%), il cui andamento è influenzato da fattori stagionali. L’inflazione acquisita per il 2017 è pari a +1,4% per l’indice generale e +1,0% per la componente di fondo.

Si legge nella nota Istat: “La risalita di inflazione ad agosto si riflette solo in parte nel carrello della spesa, che vede aumenti dei prezzi dimezzati rispetto all’indice generale. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, infatti, crescono dello 0,1% su base mensile e dello 0,6% su base annua (era +0,8% a luglio), secondo i dati definitivi Istat, a fronte di un aumento dell’indice generale dei prezzi dell’1,2% su base annua. In particolare, i prezzi degli alimentari aumentano dello 0,1% sul mese e rallentano la crescita annua (al +0,7%, dal +0,9% di luglio)”.

Agosto ha anche visto aumentare i prezzi relativi alle vacanze, a cominciare dai servizi ricettivi, ricreativi e dei trasporti, che testimoniano un buon andamento dei consumi turistici, segnale che è stata una buona annata. Anche se, a parte questi segnali più che positivi, la domanda interna continua ad essere debole.

A condizionare l’indice di agosto sono stati soprattutto fattori esterni e stagionali, con un aumento del +2,5% su agosto 2016 della voce abitazione, acqua, elettricità e combustibili.

È la conferma che il miglioramento attuale della congiuntura italiana è dovuto, in primo luogo, ad un contesto internazionale più favorevole, di cui beneficia anche il turismo. La nostra economia, però, resta distante dal suo potenziale ed anche la dinamica dei prezzi resta pilotata al ribasso dall’ampia disponibilità di fattori produttivi non utilizzati. Occorre consolidare e rafforzare la ripresa in atto per determinare un miglioramento stabile dell’economia, vedremo se la manovra di bilancio sarà in grado di essere d’aiuto”.

Vera MORETTI

Finanziamenti alle imprese livornesi colpite dall’alluvione

Le imprese livornesi colpite da alluvione lo scorso 10 settembre riceveranno l’aiuto di Commerfin, Confidi di Confesercenti, che, con UniCredit, ha deciso di estendere anche a loro il progetto Solidarietà a tasso zero, già utilizzato per le aziende del Centro Italia vittime di sismi e maltempo.

Le imprese riceveranno un finanziamento di 12 mesi, garantito da deposito vincolato, predisposto da Confesercenti/Commerfin per chi ha subito danni a seguito dell’alluvione. Lo stanziamento iniziale è di 3 milioni di euro, per finanziamenti fino a 50.000 euro a impresa, che permetteranno un primo ripristino della propria operatività.
Il prestito sarà erogato entro 10 giorni dalla presentazione della richiesta e sarà restituibile, a tasso zero, dopo 12 mesi, senza spese di istruttoria.

Il finanziamento procederà così: le Sedi territoriali Confesercenti segnaleranno le imprese associate, interessate ad essere contattate da Unicredit, fornendo come documentazione lettera che attesti la qualifica di impresa associata Confesercenti, contenente ragione sociale, partita Iva o codice fiscale, indirizzo, generalità del legale rappresentante, recapiti telefonici o mail, copia dell’attestazione di disponibilità a contribuire al 100% della quota interessi sottoscritta da Commerfin, in relazione all’iniziativa.

Unicredit darà un riscontro di ricezione e invierà la documentazione alla filiale che provvederà a incontrare le aziende, avviare l’istruttoria di affidamento secondo la normativa crediti, raccogliere la disposizione scritta dell’impresa a rendere noto l’esito dell’istruttoria alla Sede Territoriale Confesercenti e a Commerfin.

Completato l’iter di valutazione verrà comunicato l’esito e l’erogazione avverrà sul conto corrente Unicredit dell’azienda, con contestuale addebito degli interessi a Commerfin.

Da Commerfin fanno sapere: “La nostra missione è di essere al fianco delle imprese associate, svolgendo una funzione di ponte tra esse e gli intermediari bancari, rilasciando garanzie e fornendo agli istituti bancari un parametro qualitativo che si basa sulla conoscenza delle aziende stesse. A maggior ragione vogliamo offrire un contributo concreto a chi vede la propria attività compromessa da calamità naturali. Ci sembra questo il modo migliore di farlo anche perché crediamo che qualsiasi territorio possa rinascere attraverso il lavoro, in particolare quello delle attività commerciali, anime di borghi, paesi e città”.

Vera MORETTI

Impresa: quando i compensi sono indeducibili

Per quanto riguarda la determinazione del reddito di impresa, i compensi fuori contratto e i premi discrezionali erogati nell’ambito di rapporti contrattuali a titolo oneroso, come gli appalti, sono da ritenersi indeducibili, perché rappresentano un indizio di anti-economicità. Per questo, dunque, si parla di indeducibilità ai fini delle imposte sui redditi, ma anche di indetraibilità ai fini dell’IVA, come è stato stabilito dalla sentenza n. 1544/2017 della Corte di Cassazione.

I giudici supremi hanno confermato la tesi del Fisco, in merito alla legittima tassazione dei compensi ultra-contrattuali e ai premi corrisposti da un’impresa ai propri partner nell’ambito di contratti di appalto.

Ecco le motivazioni:

Ai fini delle imposte sui redditi d’impresa, l’inerenza quale requisito di deducibilità del costo è una relazione concettuale tra costo e impresa, sicché il costo assume rilevanza nella determinazione della base imponibile non tanto per la connessione ad una precisa componente di reddito, quanto per la correlazione con un’attività d’impresa potenzialmente idonea a produrre utili (Cass. 21 gennaio 2009, n. 1465, Rv. 606467; Cass. 27 febbraio 2015, n. 4041, Rv. 634740).

Ai fini dell’IVA, l’inerenza quale requisito di detraibilità del costo richiede elementi obiettivi che evidenzino una concreta strumentalità del bene o servizio all’attività d’impresa (Cass. 10 dicembre 2014, n. 25986, Rv. 633567; Cass. 24 marzo 2016, n. 5860, Rv. 639429).

L’onere di provare l’inerenza incombe al contribuente (per le imposte sul reddito, Cass. 9 dicembre 2013, n. 27458, Rv. 629460; Cass. 13 maggio 2016, n. 9818, Rv. 639871; per VIVA, Cass. 31 gennaio 2013, n. 2362, Rv. 625113; Cass. 24 marzo 2016, n. 5860, Rv. 639429); a lui spetta anche provare la coerenza economica della spesa, ove contestata dall’Amministrazione (Cass. 27 marzo 2013, n. 7701, Rv. 625810; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21184, Rv. 632824)”.

Vera MORETTI

I mestieri di una volta ancora molto presenti in Italia

Nonostante Milano sia sempre un passo avanti rispetto a tante città italiane, anche e soprattutto per quanto riguarda tecnologia ed innovazione, sembra che nel capoluogo lombardo anche i mestieri di una volta resistano, alla faccia della modernità, e alla faccia della crisi.

A testimoniarlo sono i dati della Camera di Commercio di Milano, che nel secondo trimestre 2017 attestano l’esistenza di 826 mila imprese di questo tipo in tutta Italia, e ben 60 mila nella sola Lombardia.
Il settore, dunque, si mantiene stabile, con un -1% in un anno.

Quali sono i settori in questione? I principali sono quelli relativi ad agricoltura (723 mila), produzione di pane e dolci (30 mila), commercio tradizionale con tessuti, panifici, latterie (22 mila) e lavanderie (20 mila), sarti (10 mila).
Si tratta di mestieri che, nella loro semplicità e tradizione, offrono opportunità di lavoro a circa un milione di addetti nel Paese e 114 mila in Lombardia.

Occorre comunque puntualizzare che il settore resiste anche grazie alla massiccia presenza di stranieri, che svolgono queste attività in 24 mila nell’intero Paese e 3 mila, corrispondenti al 3% totale, in Lombardia (5%).
Prime per attività in Lombardia sono Brescia (12 mila imprese e 16 mila addetti), Milano (9 mila e 27 mila addetti), Mantova (8 mila e 10 mila addetti) e Pavia (7 mila imprese e 8 mila addetti). Ed è proprio Milano che cresce dello 0,5% grazie anche agli stranieri (+5,7%), che pesano il 16% dei settori tradizionali.

Vera MORETTI

Il Made in Italy protagonista del Micam

E’ in atto, da domenica 17 e fino ad oggi, 20 settembre, nello spazio fieristico di Rho, a Milano, il Micam, la fiera calzaturiera diventata ormai la più importante a livello internazionale.
In occasione di questo appuntamento cruciale, l’Azienda Speciale Fermo Promuove della Camera di commercio, Regione Marche, Confindustria Centro Adriatico e le associazioni di categoria sono al fianco delle imprese calzaturiere del Distretto, che sono ben 225, 133 di Fermo, 66 di Macerata e le restanti delle provincie di Ascoli, Ancona e Pesaro Urbino), che stanno presentando le loro nuove collezioni primavera estate 2018.

Il Made in Italy è assoluto protagonista, attorno al quale ruotano non solo le politiche internazionali ma anche il mondo della formazione e del digitale.

A questo proposito, ha detto Graziano Di Battista, presidente della Camera di Commercio di Fermo: “La sfida attuale non è più la competizione tra singole imprese, ma quella tra territori, o meglio ancora distretti, per combattere su un piano globale. Per questo è importante affermare il made in che racchiude tutto il sudore delle nostre imprese, della formazione scolastica senza dimenticare il sapere dei nostri nonni e degli artigiani, l’esperienza che ha trasmesso una conoscenza radicata al territorio che non può essere copiata”.

Enrico Ciccola, presidente della sezione calzaturieri di Confindustria Centro Adriatico, ha dichiarato: “Il mondo politico deve fermarsi a pensare e aiutarci ad imporre il made in. Proprio per questo, come Confindustria Fermo stiamo avviando uno studio assieme all’Università Politecnica delle Marche e alla Luiss di Roma. In base al prodotto che si produce, il peso del made in Italy cambia. Per il volume conta il prezzo, lo sappiamo, ma se lo si abbina alla certificazione nazionale il mercato risponde con entusiasmo. Diverso il discorso nel settore di alta gamma: qui entra in gioco il brand, il marchio, che può diventare dominante a discapito dell’origine del prodotto. Il made in Italy nel mondo delle griffe ha il suo fascino, ma va difeso”.

Vera MORETTI

Pos: in arrivo il decreto con nuovi provvedimenti

E’ stato approvato dal Consiglio dei Ministri, in via preliminare, il decreto legislativo che dovrebbe tagliare le commissioni interbancarie per i pagamenti con carta di credito e bancomat tramite l’utilizzo del Pos.
Questo provvedimento ridurrebbe così le spese per i pagamenti elettronici a carico dei commercianti, anche quando si tratta di pagamenti sotto i 5 euro.

Inoltre, sono in arrivo nuove sanzioni per chi non rispetta la riduzione delle commissioni e l’abbassamento da 150 a 50 euro della franchigia a carico dell’utente nei casi in cui avvengano pagamenti fraudolenti.
Il decreto rappresenta un adeguamento con l’Unione Europea sui servizi di pagamento nel mercato interno ma anche con il regolamento Ue relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta.

Per i pagamenti tramite carta di debito e prepagata la commissione interbancaria per ogni operazione di pagamento non può essere superiore allo 0,2% del valore dell’operazione stessa; per le operazioni tramite carta di credito la commissione interbancaria per operazione non può essere superiore allo 0,3% del valore dell’operazione.

Il provvedimento prevede requisiti tecnici e regole commerciali uniformi, per rafforzare così l’armonizzazione del settore e garantire una maggiore sicurezza, efficienza e competitività dei pagamenti elettronici, a vantaggio di esercenti e consumatori.
Nello specifico, il decreto amplia i diritti degli utenti dei servizi di pagamento, che beneficeranno ad esempio di un regime di responsabilità ridotta in caso di pagamenti non autorizzati, riducendo la franchigia massima a carico degli utenti da 150 a 50 euro e, per promuovere l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, conferma e generalizza il divieto di applicare un sovrapprezzo per l’utilizzo di un determinato strumento di pagamento.

Per quanto riguarda le commissioni interbancarie per le operazioni nazionali tramite carte, i prestatori di servizi di pagamento saranno tenuti ad applicare, per tutti i tipi di carte, commissioni di importo ridotto per i pagamenti fino a 5 euro rispetto a quelle applicate alle operazioni di importo pari o superiore, così da promuovere l’utilizzo delle carte anche per questi pagamenti.

Sempre relativamente alle operazioni nazionali tramite carta di debito, i prestatori di servizi potranno applicare una commissione interbancaria non superiore all’equivalente dello 0,2% calcolato tuttavia sul valore medio annuo di tutte le operazioni nazionali tramite carta di debito all’interno di ciascuno schema di carte di pagamento.

Infine, per i controlli, il decreto designa quali autorità nazionali competenti ad assicurare l’osservanza delle relative disposizioni di attuazione della direttiva e del Regolamento la Banca d’Italia e, per alcune specifiche disposizioni, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Vera MORETTI

Una rete per tutelare Dop e Igp

Agrodolce

In occasione del seminario “Promozione e valorizzazione dei prodotti Dop e Igp attraverso i beni culturali” organizzato da AICIG tenutosi presso la sede del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP nella Reggia di Caserta, è stato proposto dai partecipanti di creare una rete di comunicazione tra le varie aree geografiche, al fine di individuare gli strumenti più idonei per determinare e mettere in atto politiche di tutela del prodotto e al contempo valorizzare le eccellenze gastronomiche territoriali.
In particolare, si vogliono tutelare le eccellenze enogastronomiche e il patrimonio storico-artistico delle DOP e delle IGP.

In quell’ambito, Cesare Baldrighi, Presidente di AICIG e del Consorzio di tutela del formaggio Grana Padano DOP, ha dichiarato: “Siamo di fronte a dimensioni e capacità diverse di presentare i prodotti e ritengo che all’interno di una ampia attività di comunicazione ci possano essere canali più specifici di intervento che si tagliano meglio su determinati prodotti. Ogni consorzio, in virtù delle caratteristiche del prodotto e della sua capacità di intervenire sul mercato, si trova a scegliere quelle che sono le strade più confacenti al suo obiettivo, anche in base alla linea di comunicazione che intende perseguire e al target di consumatori a cui intende rivolgersi. Certo, più sono ampie le possibilità e più è facile raggiungere i potenziali consumatori, tuttavia se si sceglie di portare avanti una comunicazione molto mirata alla fine il ritorno che si ottiene ha la stessa efficacia”.

Fondamentale è la comunicazione, che va diversificata tra quella nazionale e quella internazionale, e in questo secondo caso aggiungere informazioni in più poiché all’estero i prodotti potrebbero non essere così conosciuti, dunque occorre accattivare il possibile consumatore.

All’incontro è intervenuto anche Domenico Raimondo, presidente del Consorzio Mozzarella di Bufala Campana DOP, che ha voluto ricordare quanto sia importante “valorizzare e promuovere l’intreccio tra cibo, arte e paesaggio, un volano possibile, una strada in realtà appena iniziata a essere battuta con l’esperienza del nostro consorzio. Nell’incontro di oggi ci è stato chiesto se è un modello replicabile: noi siamo convinti di si. Qui ci siamo riusciti grazie al dialogo e alla collaborazione tra privati e il pubblico: è grazie al sostegno del direttore della Reggia Felicori se abbiamo potuto realizzare il nostro progetto ed è grazie all’asse con il sindaco del capoluogo Carlo Marino se abbiamo appena raggiunto un nuovo traguardo ovvero la firma, ieri, di una convenzione con la scuola nazionale dell’amministrazione per utilizzarne la struttura nell’ambito delle attività della nostra Scuola nazionale di formazione lattiero-casearia. Bisogna favorire il dialogo tra i privati e il pubblico, per coinvolgere tutte le realtà di un territorio in una strategia di sviluppo, così come è necessario portare su questa strada anche piccole realtà consortili, con poche risorse a disposizione, ma simboli di intere aree di produzione con potenzialità tutte da esprimere”.

Vera MORETTI