Dimissioni volontarie e NASpI in maternità: come funziona?

dimissioni volontarie e NASpI

Dimissioni volontarie e NASpI sono due istituti generalmente incompatibili, cioè il lavoratore che si licenzia volontariamente non ha diritto a percepire l’indennità di disoccupazione, vi sono però alcune eccezioni e in particolare le dimissioni volontarie in maternità.

Cos’è la NASpI

La NASpI è l’indennità di disoccupazione che spetta a coloro che senza loro volontà hanno perso il lavoro. La sigla indica Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’​Impiego  e viene riconosciuta ai lavoratori dipendenti, apprendisti e soci di cooperativa. Restano esclusi dal diritto di percepire la NASpI i dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato e i lavoratori agricoli. Per poter accedere a questo diritto è necessario che il lavoratore abbia maturato 13 settimane contributive nei 4 anni antecedenti e almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti rispetto alla data di risoluzione del contratto.

Per poter accedere all’indennità è necessario anche aver dichiarato al Centro per l’Impiego competente per territorio la propria disponibilità immediata all’assunzione e la disponibilità a partecipare a misure di politiche attive per il lavoro, ad esempio partecipare a corsi di formazione gratuiti il cui obiettivo è favorire il ricollocamento nel mondo del lavoro.

Dimissioni volontarie: quando si percepisce la NASpI

Si è detto che la normativa riconosce la tutela della NASpI solo a coloro che hanno perso involontariamente il lavoro, questa limitazione è dovuta al tentativo del legislatore di evitare che le persone possano decidere di dimettersi con lo scopo di percepire l’indennità di disoccupazione senza lavorare. Vi sono però delle eccezioni che portano al riconoscimento anche in caso di dimissioni volontarie. Tra queste vi sono il caso di dimissioni per giusta causa e le dimissioni avvenute in sede conciliativa, inoltre non sono incompatibili le dimissioni volontarie e NASpI in maternità.

Dimissioni volontarie e NASpI in maternità

La prima cosa da dire è che le dimissioni volontarie della lavoratrice in maternità (periodo compreso tra i 300 giorni precedenti alla data presunta del parto e il compimento di un ano di vita del bambino) non devono essere date con la procedura ordinaria, cioè comunicazione scritta al datore di lavoro e conferma con modulo telematico sul sito ClicLavoro, ma hanno una loro procedura peculiare. Le donne in stato interessante e fino ad un anno di vita del bambino possono dimettersi senza dare preavviso e le dimissioni devono essere convalidate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

La lavoratrice deve presentarsi personalmente presso la Direzione Provinciale del Lavoro con i propri documenti di riconoscimento, copia del contratto di lavoro e tessera sanitaria, qui deve confermare la volontà di dare le dimissioni, ma soprattutto deve confermare che si tratta di una libera scelta e non di dimissioni indotte dal datore di lavoro. Deve di conseguenza specificare perché ha deciso di lasciare il lavoro, tra i motivi che si ritiene possano essere sufficienti ad ottenere al convalida vi è il desiderio di ricongiungersi con il coniuge/compagno o con la propria famiglia di origine.  Se tutto è in ordine si procede alla convalida delle dimissioni.

La donna riceve due copie della convalida delle dimissioni: una deve conservarla, mentre l’altra deve essere consegnata al datore di lavoro. In questo caso i requisiti per accedere alla NASpI sono gli stessi visti in precedenza.

Occorre sottolineare che le dimissioni volontarie in maternità durante l’emergenza Covid hanno avuto un cambio di procedura, infatti in questo periodo è stato possibile procedere alla conferma telematica.

A quanto corrisponde l’importo della NASpI 2021?

Il calcolo della NASpI deve essere fatto tenendo in considerazione la storia contributiva del lavoratore. L’importo massimo della NASpI 2021 è di 1.335,40 euro, questo va rivalutato annualmente, mentre la durata massima di percezione è di 24 mesi. Il calcolo dell’assegno è basato sul 75% dell’imponibile medio degli ultimi 4 anni.