Come funziona l’aspettativa per motivi personali

Nel corso della vita lavorativa di un individuo possono verificarsi situazioni per cui è necessario chiedere un periodo più o meno lungo di aspettativa. Tra le varie cause che portano un dipendente ad assentarsi dal lavoro per un determinato lasso temporale a seguito di un’aspettativa richiesta e poi concessa dal datore di lavoro, ci sono i motivi personali. Prima di entrare nello specifico è doverosa fare una premessa su cosa sia l’aspettativa.

Cosa vuol dire andare in aspettativa

Quando un dipendente firma un contratto di lavoro s’impegna a svolgere la propria prestazione lavorativa, rispettando un orario di lavoro e ricevendo in cambio una retribuzione da parte del datore di lavoro. Ciò significa che il dipendente pubblico o privato che sia, non può assentarsi arbitrariamente dal lavoro, ma solo nei casi previsti dal contratto: ferie, permessi, malattie, infortuni, maternità e via discorrendo.

L’aspettativa funziona diversamente, in quanto consente di essere esonerato dallo svolgimento dell’attività lavorativa per ragioni previste dalla legge o dal Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, conservando il proprio posto di lavoro.

A tutti gli effetti, l’aspettativa consiste in una sospensione del rapporto di lavoro limitata a un determinato periodo di tempo, in cui il dipendente può ricevere o meno una retribuzione e ha una durata diversa a seconda dei casi. Ma quali sono le motivazioni previste dalla legge, per cui il lavoratore subordinato può richiedere l’aspettativa?

Condizioni per la richiesta di aspettativa

Il dipendente può richiedere l’aspettativa in presenza di determinate condizioni, ecco le principali previste dalla legge:

  • legge 104 (congedo straordinario);
  • malattia o infortunio;
  • lutto o gravi motivi familiari;
  • volontariato;
  • cariche elettive, pubbliche, attività sindacali;
  • formazione;
  • cure termali e tossicodipendenza;
  • vincitori di concorso;
  • dottorato di ricerca;
  • avvio attività professionale.

Altri casi particolari per cui è possibile richiedere l’aspettativa da parte di un dipendente sono previsti dal Ccnl.

Richiesta di aspettativa per motivi personali

L’aspettativa richiesta da un lavoratore dipendente a tempo indeterminato per motivi personali non è prevista dalla legge, ma è contemplata da alcuni Contratti collettivi nazionali di lavoro.

I motivi personali o di famiglia (da non confondere con i gravi motivi familiari) sono rappresentati da situazioni correlate al benessere, allo sviluppo e al progresso del dipendente come persona singola o come membro di una famiglia. Quindi, interessi considerati dal lavoratore di rilevante importanza che possono essere perseguiti solo assentandosi dal lavoro.

Quindi, qualora il contratto di lavoro preveda la possibilità di chiedere un’aspettativa per motivi personali, la relativa domanda va presentata formalmente al proprio datore di lavoro o all’ufficio risorse umane. Quest’ultimo può concederla, ma rientra nei suoi diritti la facoltà di diniego che, però, deve essere motivato. In assenza di tali giustificazioni, il dipendente può ricorrere presso il giudice. Ad ogni modo, è importante sottolineare che godere dell’aspettativa per motivi personali o familiari non gravi, non è un diritto dell’impiegato.

E’ nella facoltà del datore di lavoro decidere di concedere questa aspettativa per un minore lasso di tempo in relazione alle sue esigenze lavorative, o differirlo nel tempo o ancora fare delle controproposte.

La richiesta di aspettativa da parte del dipendente deve contenere la descrizione delle motivazioni, il lasso di tempo di fruizione (continuativo o frazionato) ed essere compatibile con le esigenze lavorative e organizzative per avere la possibilità di essere accolta. Inoltre, vanno inseriti: dati personali del lavoratore, data di assunzione, tipologia contrattuale, mansione professionale e naturalmente data e firma.

Aspettativa per motivi personali: durata

La durata totale del periodo di aspettativa non può superare i dodici mesi nell’arco di un triennio e il dipendente non ne può beneficiare per più di due periodi. E’ nella sua facoltà riprendere il lavoro durante il suddetto lasso temporale, tramite preavviso e il datore di lavoro non può rifiutare il rientro. Nel caso voglia nuovamente assentarsi dal lavoro, l’impiegato deve fare un’altra richiesta di aspettativa.

Il datore di lavoro può chiedere al dipendente di ritornare sul posto di lavoro, nel caso accerti il venir meno delle motivazioni poste alla base della richiesta di aspettativa. In tal caso, il lavoratore non può rifiutare di riprendere la propria attività. Tuttavia, così come per il dipendente che vuole rientrare al lavoro in anticipo, anche il suo datore deve dare un preavviso.

Retribuzione e contribuzione previdenziale

In caso di concessione dell’aspettativa da parte del datore di lavoro, il dipendente non riceve alcuna retribuzione né contributi previdenziali, ma conserva solamente il posto di lavoro. Tuttavia, può riscattare i contributi secondo la normativa vigente.

I periodi di assenza per aspettativa dovuta a motivi personali non sono utili ai fini del calcolo dei periodi di comporto. Pertanto, dette assenze non concorrono alla determinazione del triennio di riferimento per il calcolo del periodo massimo di conservazione del posto in caso di malattia del lavoratore.

Il dipendente non può svolgere un’altra attività che sia di lavoro subordinato, autonomo o professionale durante il periodo di aspettativa.

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Carmine Orlando

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