Codice del Terzo Settore: cosa cambia per le associazioni culturali

codice del terzo settore

Nella disamina fatta finora inerente alle associazioni culturali più volte ci siamo imbattuti nel Codice del Terzo Settore e in particolare nel RUNTS, pur precisando anche attualmente il Registro non è ancora attivo e quindi continuano ad applicarsi le norme previste dal TUIR e dalla legge 391 del 1998, è bene fin da ora fare qualche breve cenno al Codice del Terzo Settore e ai cambiamenti che interverranno per le associazioni culturali che potranno scegliere tra diverse opzioni.

Cos’è il Codice del Terzo Settore

Il Codice del Terzo Settore è una riforma organica contenuta nel decreto legislativo 117 del 2017, la stessa riforma prevede l’emanazione di successivi regolamenti attuativi e ad oggi, complice anche la crisi pandemica, non è ancora entrato in vigore in tutte le sue parti.  Nel momento in cui entrerà in vigore andrà però a determinare dei notevoli cambiamenti anche per quanto riguarda le associazioni culturali, in quanto lo stesso codice prevede espressamente che queste siano assoggettate al codice del terzo settore. Ciò infatti è espressamente previsto nell’articolo 4 che sottolinea che tale disciplina si applica sia alle associazioni riconosciute, quindi che hanno chiesto e ottenuto la personalità giuridica, sia a quelle non riconosciute, che ad oggi sono la maggior parte.

Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS)

La principale novità del Codice del Terzo Settore è l’introduzione del RUNTS, cioè il Registro Unico Nazionale Terzo Settore. Le associazioni culturali non sono obbligate ad iscriversi, ma se non lo fanno perdono molte agevolazioni fiscali. Per potersi iscrivere è però necessario adeguare il proprio statuto alle nuove regole del RUNTS. Attualmente le associazioni culturali si trovano in una situazione di transizione che diventa particolarmente pesante perché l’entrata in vigore del RUNTS è slittata già più volte e in teoria dovrebbe entrare in vigore nel 2022 (salvo ulteriori proroghe dei termini).

Le associazioni culturali per l’iscrizione potranno scegliere tra 7 settori:

  • Organizzazione di volontariato;
  • Associazione di promozione sociale (APS);
  • Ente filantropico;
  • Impresa sociale (che comprende anche le cooperative);
  • Rete associativa;
  • Società di mutuo soccorso;
  • Altro ente del Terzo Settore.

Le associazioni culturali devono scegliere una sezione del registro che sia congrua rispetto alle finalità perseguite. Tutte le associazioni del terzo settore senza scopo di lucro potranno però aderire ad un regime di tassazione forfettario. I vantaggi fiscali non finiscono qui, infatti le donazioni e le quote di associazione versate dai contribuenti alle associazioni culturali  godono di agevolazioni sulle imposte indirette.

Se vuoi scoprire gli attuali vantaggi delle associazioni culturali, leggi l’articolo: Pro e contro di un’associazione culturale

Le Associazioni di Promozione Sociale (APS)

Naturalmente non mancano svantaggi legati alla iscrizione nel registro. Tra questi vi è l’impossibilità di continuare a beneficiare della de-commercializzazione  dei corrispettivi versati dai soci, infatti tale agevolazione è riconosciuta solo agli enti di promozione sociale, ma un associazione culturale per ricevere tale qualificazione deve rispettare canoni particolarmente stringenti:

  • il numero minimo di soci è di 7 persone e non tre come per le associazioni culturali semplici;
  • deve avvalersi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri soci e riduce al massimo l’assunzione di lavoratori dipendenti;
  • l’assunzione di dipendenti è limitata ai soli casi in cui questa sia necessaria per lo svolgimento delle attività sociali e per raggiungere lo scopo sociale. In base all’articolo 36 del codice, tale assunzione di dipendenti può riguardare gli associati;
  • Il numero dei lavoratori impiegati non deve essere superiore al 50% dei volontari e al 5% degli associati.

Questi requisiti possono essere difficili da raggiungere per molte associazioni, come quelle di promozione culturale che organizzano corsi. L’esempio classico è quello delle associazioni culturali che formano bande musicali, in questo caso è necessario avere un numero congruo di insegnanti per i vari strumenti e può essere difficile non superare la quota del 5% degli associati.  Diventa essenziale a questo punto distinguere la figura del volontario da quella dell’associato, infatti non coincidono.

Il volontario in base all’articolo  17 del CTS è una persona che mette a disposizione il suo tempo e le proprie capacità in modo gratuito e senza scopo di lucro al fine di raggiungere lo scopo sociale. Gli associati sono coloro che partecipano alla struttura sociale dell’associazione stessa, come soci fondatori o soggetti che hanno aderito successivamente versando la quota sociale. Naturalmente gli associati possono ricoprire anche il ruolo di volontari, mentre non è detto che i volontari siano associati.

I vantaggi delle Associazioni di Promozione Sociale

Deve però essere sottolineato che in base al Codice del Terzo Settore avere la qualifica di Associazione di Promozione Sociale è molto rilevante perché:

  •  consente di avere benefici fiscali simili a quelli attualmente vigenti con la legge 398 del 1991 per ricavi commerciali inferiori a 130.000 euro (art.86);
  • inoltre le associazioni culturali che scelgono di avvalersi della disciplina prevista per le Associazioni di Promozione Culturale possono ottenere contributi pubblici e privati;
  • possono  partecipare a percorsi di co-progettazione e co-programmazione con pubbliche amministrazioni (artt.55 e 56);
  • possono incentivare fiscalmente le donazioni anche attraverso il riconoscimento del social bonus (artt.81 e 83).

Questi benefici si perdono nel caso in cui si opti per la soluzione dell’ente del terzo settore generico (punto 7 dei settori) , ma come visto non sempre è facile riuscire a qualificarsi come associazione culturale di promozione sociale.

Le Imprese Sociali

La terza soluzione possibile è quella di iscriversi nel settore delle Imprese Sociali, anche in questo caso vi sono dei pro e dei contro. Sicuramente vi sono più agevolazioni fiscali rispetto agli enti del terzo settore generico, ma comunque si tratta di una struttura più complessa con:

  • necessità di nominare i sindaci a prescindere dai volumi delle attività commerciali effettuate;
  • necessità di adottare una contabilità ordinaria;
  • approvare il bilancio civilistico e sociale;
  • effettuare la valutazione di impatto sociale.

Tra gli elementi presenti nel Codice del Terzo Settore che sono positivi vi è la possibilità di migrare da un settore all’altro del Registro senza particolari oneri. E’ possibile iscriversi inizialmente come ente del terzo settore generico e passare poi all’Impresa Sociale oppure alle Associazioni di Promozione sociale e viceversa, cioè sono possibili diversi passaggi. Tali passaggi possono essere effettuati senza dover devolvere il patrimonio sociale. Quest’ultimo può essere un vantaggio rispetto alla disciplina corrente, infatti abbiamo visto che l’associazione culturale al momento dello scioglimento deve devolvere il patrimonio ad un’associazione/ ente che abbia finalità simili.