Partita IVA, quando non conviene aprirla?

Conviene aprire la partita IVA? Vantaggi e svantaggi

Si parla spesso della convenienza o meno di aprire una partita IVA, ammesso che sia possibile scegliere, visto che intraprendere molte attività di lavoro obbliga i soggetti in questione ad operare con essa. Stavolta, proviamo a rispondere ad un altro quesito, ossia: quando non conviene aprirla? Speriamo che questo articolo possa essere esaustivo.

Partita IVA, quando non conviene aprirla?

Fermo restando la facoltà di poter scegliere di aprire una partita IVA o meno, sappiamo che ciò comporta pro e contro, quindi, vantaggi e svantaggi. Pertanto, chiunque voglia mettersi in proprio, avviando un’attività e sapendo di dover effettuare la scelta più conveniente con riferimento all’apertura di una partita IVA, su quali basi dovrà prendere tale decisione?

E’ risaputo che ciò che preoccupa coloro che vogliono aprire un negozio o avviare un’attività professionale, riguarda gli adempimenti fiscali, le spese da sostenere e se i ricavi possano giustificare gli oneri. Ma ora, è tempo di entrare nello specifico per rispondere alla domanda iniziale. Per farlo, partiamo dalla base, ossia: cos’è una partita IVA, come si apre, chi ha la facoltà di esserne titolare, infine, se è conveniente o meno aprirla.

Partita IVA, cos’è?

Per “IVA”, s’intende imposta sul valore aggiunto. Ad esempio, se ci si avvale di una consulenza legale o ci si sottopone ad una visita medica specialistica, il fruitore del servizio sarà chiamato a pagare l’onorario del professionista con l’aggiunta di una percentuale sul valore complessivo della prestazione (IVA). In cambio, egli dovrà emettere fattura comprensiva d’IVA, in quanto non è altro che un imposta di giro: s’incassa dal cliente per versarla allo Stato.

D’altronde, anche quando andiamo a comprare il pane o un qualsiasi altro alimento in un negozio, pagheremo il suo valore con l’aggiunta dell’IVA, dati che saranno segnalati dal classico scontrino fiscale. In parole semplici, quando un cliente si rivolge a un lavoratore autonomo (in linea di massima), è tenuto al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto. Ma chi sono i lavoratori autonomi che operano con la partita IVA?

  • liberi professionisti, quindi, lavoratori che hanno competenze specifiche e le mettono a disposizione dei clienti in cambio di un corrispettivo economico;
  • imprenditori, come gli esercenti che vendono qualcosa o prestano un servizio.

Di cosa si compone la partita IVA

La partita Iva è un codice costituito da 11 cifre che viene associato a ciascun lavoratore autonomo e che l’Agenzia delle Entrate adopera per identificarlo. Ciascun lavoratore autonomo è dotato di una personale partita Iva che può essere richiesta da persone fisiche o persone giuridiche, quindi, singoli individui o società.

Come accennato poc’anzi, non tutti i lavoratori autonomi sono obbligati ad aprire una partita IVA, ma la gran parte di essi lo è. Questo vuol dire che essendo obbligatorio operare in regime di partita IVA, i trasgressori sono chiamati a rispondere da pesanti sanzioni.

La partita Iva serve all’Agenzia delle Entrate per identificare il lavoratore autonomo e per porre a suo carico tutte le imposte da pagare.

Come aprire la partita IVA

La Partita Iva si apre inoltrando una richiesta all’Agenzia delle Entrate entro trenta giorni dall’inizio dell’attività. La richiesta, che si effettua compilando un apposito modulo scaricabile dal sito dell’Agenzia, può essere effettuata in tre modi:

  • recandosi di persona presso l’Agenzia delle Entrate;
  • inviando il modulo a mezzo raccomandata a.r.;
  • per via telematica.

Al momento della richiesta, bisogna scegliere tra due possibili regimi fiscali: la contabilità ordinaria e il regime forfettario. E già questa, non è affatto una scelta scontata come potrebbe apparire superficialmente. Se aprire la partita IVA comporta costi minimi se non nulli, quest’ultimi gravano sul mantenimento dell’attività.

Cos’è il regime forfettario?

Quando si apre la partita IVA si è chiamati a scegliere quale regime adottare. Il forfettario è il regime fiscale sicuramente più vantaggioso, in quanto può essere utilizzato dai lavoratori autonomi che hanno un volume di affari tendente al basso. Nello specifico, possono accedervi quelli che:

  • hanno da poco intrapreso un’attività autonoma e non prevedono di potere percepire un reddito superiore a 65.000 euro annui;
  • oppure se si esercita l’attività già da tempo, ma nell’anno fiscale precedente non si è riusciti mai a raggiungere tale soglia reddituale.

Aderire al regime forfettario presenta numerosi vantaggi. Il maggiore di questi riguarda la tassazione: infatti al reddito si applica un’imposta unica del 15%, che scende addirittura al 5% nei primi cinque anni di attività dell’imprenditore o del professionista. Essa sostituisce l’Irpef, addizionali regionali e comunali e Irap. Inoltre, gli autonomi che l’adottano possono emettere fattura esente da IVA.

Quali sono i costi della partita Iva?

Come ti ho detto, l’apertura di una partita Iva di per sé non costa nulla. Successivamente, però, il lavoratore autonomo si trova a dovere adempiere degli obblighi ben precisi e a sostenere delle spese. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione quando si vuole avviare una propria attività.

Ecco quali sono gli obblighi e i costi di cui bisogna tenere conto:

  • la previdenza. I lavoratori dipendenti possono beneficiare di una pensione garantita, in quanti i datori di lavoro versano all’INPS i contributi previdenziali che servono proprio per garantire le pensioni ai dipendenti. I lavoratori autonomi, invece, devono provvedere a costruire la propria pensione, iscrivendosi obbligatoriamente all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. I liberi professionisti, nella maggior parte dei casi, non si iscrivono all’Inps ma alle apposite casse previdenziali di categoria. In realtà, cambio poco: anch’essi devono costruire la propria pensione;
  • la Camera di commercio o l’ordine professionale. Appena si inizia l’attività occorre iscriversi alla Camera di commercio. Questo comporta un costo iniziale e un pagamento annuale. I liberi professionisti si iscrivono, invece, agli ordini di appartenenza, pagando annualmente i contributi di iscrizione;
  • il pagamento delle imposte. I titolari della partita IVA devono provvedere al pagamento delle imposte. Come già anticipato, in misura agevolata all’inizio dell’attività e successivamente se ci si tiene sotto i 65.000 euro di reddito annuo, permettendo loro di aderire al regime forfettario.
  • l’onorario del commercialista. Non solo adempimenti fiscali, chi gestisce un’attività autonoma avrà a che fare con un commercialista, al fine di adempiere correttamente agli obblighi fiscali e non rischiando di commettere errori nel calcolare le imposte da pagare, molto più per mancata competenza che per distrazione. Tutto questo, rappresenta un ulteriore costo: la parcella del professionista.
  • la tenuta delle scritture contabili. A seconda del regime fiscale scelto, i lavoratori autonomi sono tenuti alla compilazione e alla conservazione di taluni registri previsti per legge.

Tutti questi adempimenti e il conseguente aumento delle spese da sostenere, potrebbero far desistere il lavoratore autonomo dall’aprire una partita IVA per operare, sempre che possa evitare di farlo per legge.

Quando non conviene aprire la partita Iva?

Dopo aver letto questo articolo, dovrebbe avere le idee abbastanza chiare sulla decisione o meno di aprire una partita IVA. La sua convenienza è legata ai ricavi che dovrebbero superare di gran lunga i costi dell’attività.

Prima di avviare un’attività è necessario effettuare una valutazione obiettiva su quali possano essere i guadagni della medesima. C’è da prendere in considerazione anche quali beni o servizi si vogliono offrire, a quale target ci si rivolge, quali sono i prezzi applicabili e quale sia il bacino d’utenza potenziale, tendendo conto anche della concorrenza, magari territoriale.

Tra le spese da sostenere anche il canone di affitto per l’utilizzo eventuale di un immobile non proprio, il pagamento delle utenze varie e gli eventuali costi derivanti dalla tenuta di dipendenti. In conclusione, dopo aver avuto un quadro chiaro dei costi da sostenere, è necessario prevedere quali possono essere gli incassi. Nel caso quest’ultimi siano anche di poco superiori ai costi, probabilmente sarebbe meglio rinunciare all’apertura di una partita IVA.

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Nato a Milano nel 1971 ma campano d'adozione, ho sempre avuto una grande passione per la scrittura, pur lavorando come libero professionista in altri settori. La scoperta del Web Copywriting e il vasto quanto complesso mondo della SEO mi ha conquistato, tanto da aver intrapreso un lungo percorso di formazione a aver trasformato un hobby in una fonte primaria di guadagno. Sono stato per anni coordinatore della redazione per CentroMeteoItaliano.it, ho collaborato con Money.it, con Notizieora.it e con BlastingNews.com.