Si parla spesso della convenienza o meno di aprire una partita IVA, ammesso che sia possibile scegliere, visto che intraprendere molte attività di lavoro obbliga i soggetti in questione ad operare con essa. Stavolta, proviamo a rispondere ad un altro quesito, ossia: quando non conviene aprirla? Speriamo che questo articolo possa essere esaustivo.
Fermo restando la facoltà di poter scegliere di aprire una partita IVA o meno, sappiamo che ciò comporta pro e contro, quindi, vantaggi e svantaggi. Pertanto, chiunque voglia mettersi in proprio, avviando un’attività e sapendo di dover effettuare la scelta più conveniente con riferimento all’apertura di una partita IVA, su quali basi dovrà prendere tale decisione?
E’ risaputo che ciò che preoccupa coloro che vogliono aprire un negozio o avviare un’attività professionale, riguarda gli adempimenti fiscali, le spese da sostenere e se i ricavi possano giustificare gli oneri. Ma ora, è tempo di entrare nello specifico per rispondere alla domanda iniziale. Per farlo, partiamo dalla base, ossia: cos’è una partita IVA, come si apre, chi ha la facoltà di esserne titolare, infine, se è conveniente o meno aprirla.
Per “IVA”, s’intende imposta sul valore aggiunto. Ad esempio, se ci si avvale di una consulenza legale o ci si sottopone ad una visita medica specialistica, il fruitore del servizio sarà chiamato a pagare l’onorario del professionista con l’aggiunta di una percentuale sul valore complessivo della prestazione (IVA). In cambio, egli dovrà emettere fattura comprensiva d’IVA, in quanto non è altro che un imposta di giro: s’incassa dal cliente per versarla allo Stato.
D’altronde, anche quando andiamo a comprare il pane o un qualsiasi altro alimento in un negozio, pagheremo il suo valore con l’aggiunta dell’IVA, dati che saranno segnalati dal classico scontrino fiscale. In parole semplici, quando un cliente si rivolge a un lavoratore autonomo (in linea di massima), è tenuto al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto. Ma chi sono i lavoratori autonomi che operano con la partita IVA?
La partita Iva è un codice costituito da 11 cifre che viene associato a ciascun lavoratore autonomo e che l’Agenzia delle Entrate adopera per identificarlo. Ciascun lavoratore autonomo è dotato di una personale partita Iva che può essere richiesta da persone fisiche o persone giuridiche, quindi, singoli individui o società.
Come accennato poc’anzi, non tutti i lavoratori autonomi sono obbligati ad aprire una partita IVA, ma la gran parte di essi lo è. Questo vuol dire che essendo obbligatorio operare in regime di partita IVA, i trasgressori sono chiamati a rispondere da pesanti sanzioni.
La partita Iva serve all’Agenzia delle Entrate per identificare il lavoratore autonomo e per porre a suo carico tutte le imposte da pagare.
La Partita Iva si apre inoltrando una richiesta all’Agenzia delle Entrate entro trenta giorni dall’inizio dell’attività. La richiesta, che si effettua compilando un apposito modulo scaricabile dal sito dell’Agenzia, può essere effettuata in tre modi:
Al momento della richiesta, bisogna scegliere tra due possibili regimi fiscali: la contabilità ordinaria e il regime forfettario. E già questa, non è affatto una scelta scontata come potrebbe apparire superficialmente. Se aprire la partita IVA comporta costi minimi se non nulli, quest’ultimi gravano sul mantenimento dell’attività.
Quando si apre la partita IVA si è chiamati a scegliere quale regime adottare. Il forfettario è il regime fiscale sicuramente più vantaggioso, in quanto può essere utilizzato dai lavoratori autonomi che hanno un volume di affari tendente al basso. Nello specifico, possono accedervi quelli che:
Aderire al regime forfettario presenta numerosi vantaggi. Il maggiore di questi riguarda la tassazione: infatti al reddito si applica un’imposta unica del 15%, che scende addirittura al 5% nei primi cinque anni di attività dell’imprenditore o del professionista. Essa sostituisce l’Irpef, addizionali regionali e comunali e Irap. Inoltre, gli autonomi che l’adottano possono emettere fattura esente da IVA.
Come ti ho detto, l’apertura di una partita Iva di per sé non costa nulla. Successivamente, però, il lavoratore autonomo si trova a dovere adempiere degli obblighi ben precisi e a sostenere delle spese. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione quando si vuole avviare una propria attività.
Ecco quali sono gli obblighi e i costi di cui bisogna tenere conto:
Tutti questi adempimenti e il conseguente aumento delle spese da sostenere, potrebbero far desistere il lavoratore autonomo dall’aprire una partita IVA per operare, sempre che possa evitare di farlo per legge.
Dopo aver letto questo articolo, dovrebbe avere le idee abbastanza chiare sulla decisione o meno di aprire una partita IVA. La sua convenienza è legata ai ricavi che dovrebbero superare di gran lunga i costi dell’attività.
Prima di avviare un’attività è necessario effettuare una valutazione obiettiva su quali possano essere i guadagni della medesima. C’è da prendere in considerazione anche quali beni o servizi si vogliono offrire, a quale target ci si rivolge, quali sono i prezzi applicabili e quale sia il bacino d’utenza potenziale, tendendo conto anche della concorrenza, magari territoriale.
Tra le spese da sostenere anche il canone di affitto per l’utilizzo eventuale di un immobile non proprio, il pagamento delle utenze varie e gli eventuali costi derivanti dalla tenuta di dipendenti. In conclusione, dopo aver avuto un quadro chiaro dei costi da sostenere, è necessario prevedere quali possono essere gli incassi. Nel caso quest’ultimi siano anche di poco superiori ai costi, probabilmente sarebbe meglio rinunciare all’apertura di una partita IVA.
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