Contributi INPS: quando cadono in prescrizione?

Prescrizione contributi INPS omessi, dichiarati e non

“Prescrizione” sembra essere la parola magica quando si parla di mancati pagamenti, proprio quella situazione che spera si concretizzi a chi attende timorosamente un sollecito di pagamento poco gradito che infrangerebbe il suo auspicio. Come tutti i debiti, anche quelli relativi i contributi INPS possono cadere in prescrizione, che siano stati omessi o non dichiarati. Ma da quando decorre il termine di prescrizione e quanto dura?

Poiché la prescrizione ha una durata di cinque anni, così come lo è quella di tutti i contributi a prescindere dalle gestioni previdenziali, l’oggetto del contendere tra l’INPS e il contribuente resta l’inizio della decorrenza dei termini.

INPS e contribuente: posizioni diverse

Il motivo della contesa tra l’ente previdenziale e il contribuente risiede nel fatto che il primo, solitamente, invia gli avvisi di pagamento ai contribuenti per l’omissione dei versamenti dovuti, a ridosso della loro prescrizione, cosa che illude i mancati pagatori. Difficile capire perché l’INPS adotti questa consuetudine, ma un invio degli avvisi vicino al termine della prescrizione, induce il contribuente a verificare se il debito si sia già estinto o meno.

Come appena anticipato, i contributi INPS da dichiarazione si prescrivono in cinque anni: per azzerare il periodo di prescrizione l’ente previdenziale deve inoltrare una richiesta di pagamento, entro tale termine, al contribuente che ha omesso il pagamento dei contributi.

Il problema sorge nel momento in cui la richiesta di pagamento viene comunicata a ridosso della scadenza dei cinque anni. A questo punto, è d’obbligo stabilire quando parte realmente la decorrenza della prescrizione. In parole semplici: da quale giorno si deve considerare avviata la decorrenza della prescrizione?

Per questo motivo, è importante capire quando scatta la prescrizione per contributi non versati ma dichiarati, e quando, invece, per gli stessi contributi INPS non versati e nemmeno dichiarati.

La prescrizione dei contributi non versati ma dichiarati

L’INPS sostiene la posizione secondo cui, ai fini del conteggio della prescrizione per l’omesso versamento dei contributi previdenziali da dichiarazione, si debba prendere in considerazione che il momento iniziale la data d’invio della dichiarazione dei redditi, sia da considerare come il giorno a partire da cui è possibile, per gli enti demandati al controllo delle dichiarazioni, verificare l’avvenuto versamento di quanto dovuto.

Diversa la posizione dei contribuenti, per cui l’inizio del periodo di computo debba coincidere con la data di scadenza del versamento dovuto. La differenza tra le due posizioni è notevole, visto che nel sistema italiano i versamenti dei saldi da dichiarazione annuale scadono alcuni mesi prima dell’invio telematico del modello dichiarativo.

Sul contenzioso tra INPS e contribuente è intervenuta a più ripresa la Corte di Cassazione. A tal proposito, i giudici supremi con la sentenza n. 4899 del 23 febbraio 2021 chiariscono con testuali parolec cheil fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito costituente la base imponibile per il calcolo del contributo” e che “la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa”.

Quindi, è possibile dichiarare che la prescrizione dei contributi INPS da dichiarazione avviene in cinque anni a partire dal giorno in cui questi versamenti dovevano essere versati.

Meno definita la questione del contendere tra INPS e contribuente, quando i contributi previdenziali, non solo non sono stati versati dal contribuente, ma nemmeno dichiarati.

La prescrizione dei contributi non versati e non dichiarati

In tal caso sulla prescrizione pesa il punto 8 dell’art. 2941 del Codice civile, in base al quale la prescrizione resta sospesa tra il debitore che ha omesso volontariamente l’esistenza del debito e il creditore, fino a quando il dolo non sia stato scoperto. L’INPS ha così rafforzato la sua posizione, per la quale la prescrizione è sospesa sino a quando non emerga l’omissione, a seguito dell’ordinaria attività di controllo delle dichiarazioni dei redditi.

Ciononostante, la Corte di Cassazione con l’ordinanza 14410/2019 ha stabilito che “l’operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all’articolo 2941, numero 8, Codice civile, ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito”, che tale criterio “richiede di considerare l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli”, e che “va pertanto affermato che la mancata denuncia del reddito non equivalga né ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo da corrispondere all’INPS, né che essa configuri impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli che l’istituto può invece sempre attivare e sollecitare anche rivolgendosi all’Agenzia delle Entrate”.

Quanto stabilito dai giudici supremi con la sentenza sopra citata, è di fondamentale importanza interpretativa per l’oggetto del contendere: escludendo la legittimità dell’applicazione dell’articolo 2941 n. 8 del Codice civile, la Corte di Cassazione, di fatto, riporta la fattispecie (la prescrizione dei contributi INPS non versati e non dichiarati) all’interno dell’ordinario perimetro di prescrizione, che, anche in questo caso, sarà di cinque anni dalla data del versamento omesso.

In conclusione, nel contenzioso tra ente previdenziale e contribuente per quanto concerne il computo della prescrizione dei contributi non versati e non dichiarati, la giurisprudenza va nella direzione di salvaguardare, per quanto possibile, il contribuente piuttosto che l’INPS.

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