Aderire a un fondo pensione non comporta solo benefici per la prestazione complementare, ma anche vantaggi dal punto di vista fiscale. E i benefici con il Fisco intervengono in tutte le fasi dell’adesione alla previdenza complementare, dalla contribuzione alla prestazione vera e propria una volta che il contribuente ha maturato la pensione.
Nella fase della contribuzione, quanto si paga al fondo pensione è deducibile dal reddito complessivo. L’importo massimo deducibile è pari a 5.164,57 euro all’anno. Nel calcolo vanno escluse le quote del Trattamento di fine rapporto (Tfr) conferite al fondo pensione. Ma è possibile recuperare anche la quota che eccede il massimo della deducibilità annua.
Infatti, entro il 31 dicembre dell’anno susseguente a quello nel quale sono stati effettuati i versamenti al fondo pensione, il contribuente deve comunicare al fondo stesso l’importo dei contributi in eccedenza che non ha potuto dedurre dal reddito (e quindi anche dalla dichiarazione dei redditi). Questa eccedenza, sulla quale sono già state pagate le tasse, verrà esclusa dalla base imponibile nel momento in cui avverrà l’erogazione della prestazione del fondo pensione. Pertanto, l’eccedenza verrà liquidata integralmente.
Un ulteriore vantaggio si riscontra per i lavoratori la cui prima occupazione è successiva al 1° gennaio 2007. Infatti, nei 20 anni successivi ai primi 5 di versamenti al fondo pensione si possono dedurre annualmente dal reddito complessivo i contributi eccedenti l’importo massimo di 5.164,57 euro corrispondenti alla differenza tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente pagati nei 5 anni di partecipazione al fondo pensione. La differenza non può eccedere l’importo di 2.582,29 euro.
Questa regola serve ai giovani lavoratori per sfruttare il più possibile il limite di deducibilità. Infatti, all’inizio di un lavoro è difficile che si versino contributi in quantità tale da arrivare al limite della deducibilità di 5.164,57 euro. Il risultato sarebbe la perdita di quote di deducibilità. L’operazione, dunque, serve al lavoratore ad alzare la deducibilità annua dal sesto anno e per i successivi 20 anni di adesione al fondo pensione. In tal modo si recupera la deducibilità non sfruttata precedentemente.
Sull’intero importo oggetto della prestazione previdenziale si applica l’aliquota del 23%. L’importo deve essere considerato al netto dei redditi già assoggettati all’imposta, come i contributi non dedotti. Sono escluse dal 23% le anticipazioni per le spese sanitarie sulle quali si applica l’aliquota del 15%. Anche questa aliquota si può ridurre di 0,3% punti percentuali per ogni anno eccedente il 15esimo di adesione al fondo pensione. Il limite minimo dell’aliquota è del 9%.
Può capitare di dover richiedere il riscatto immediato totale di quanto versato al fondo pensione. Rientrano in queste casistiche la cessazione per dimissioni volontarie e l’inoccupazione fino a 48 mesi, compresa la mobilità. In queste situazioni sull’intero importo, al netto dei redditi già soggetti a imposta e alle anticipazioni richieste, l’aliquota applicata è del 23%. Quanto calcolato è versato a titolo di imposta definitiva.
È possibile richiedere il riscatto parziale o totale di quanto già versato al fondo pensione. Ciò avviene per:
Nei casi di riscatto si applica l’aliquota del 15%, da ridurre di 0,3 punti percentuali per ciascun anno successivo al 15esimo. Si può arrivare a pagare un’imposta del 9%, con 6 punti percentuali in meno (20 anni di contribuzione oltre il 15esimo).
Prima di arrivare alla maturazione della pensione da lavoro, e quindi della prestazione anche del fondo pensione, si può richiedere la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). La ritenuta d’imposta ha la medesima percentuale (15% con riduzione di 0,3 punti percentuale per ogni anno successivo al 15esimo fino a scendere al 9%).
Infine, ecco i vantaggi connessi al pensionamento, ovvero le prestazioni che spettano al contribuente una volta che ha maturato i requisiti per andare in pensione da lavoro. Sulla quota capitale, ovvero sull’importo della prestazione, è applicata come di consueto la percentuale del 15% con le dovute riduzioni di 0,3 punti fino a scendere al 9%.
Sulla quota in rendita, ovvero sull’importo della rendita inerente il capitale finale (al netto dei redditi già tassati e delle anticipazioni godute), l’aliquota è sempre del 15% con eventuali riduzioni di 0,3 punti percentuali per gli anni dopo il 15esimo. Sulla rivalutazione della rendita assoggettata alla fonte si applica l’imposta sostitutiva del 26%.
La rivalutazione della rendita delle pensioni integrative si calcola facendo la differenza tra l’importo annuo della rendita vitalizia in erogazione e la rata iniziale. Il tasso tecnico applicato è pari allo 0%. La quota di rivalutazione della rendita attribuibile ai proventi derivanti dai titoli pubblici è assoggettata alla percentuale del 26%. L’aliquota si applica su un imponibile ridotto al 48,08%.
Infine, è da chiarire che sulle prestazioni integrative per l’adesione al fondo pensione si pagano solo le percentuali indicati e niente altro. Infatti, le prestazioni del fondo pensioni non vanno cumulate con altri redditi. Dunque, le pensioni integrative non vanno ad aumentare la tassazione ordinaria e non pregiudicano la possibilità di ottenere prestazioni sociali da parte dello Stato.
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