Previdenza complementare, quanto bisogna versare per avere una ‘pensione di scorta’?

fondo pensione aperto

Quanto è necessario versare per avere in futuro una pensione di scorta? Il riferimento è alla pensione integrativa che permette di integrare l’assegno previdenziale una volta maturati i requisiti di uscita da lavoro. Tuttavia, l’importo stimabile su quanto versare per avere una soddisfacente pensione integrativa non è univoco, ma dipende da vari parametri.

In base a cosa si sceglie l’importo da versare per la pensione integrativa?

Incidono nella scelta di quanto versare per la pensione integrativa più fattori. Innanzitutto l’importo della pensione integrativa nel momento in cui spetta la prestazione previdenziale. In seconda battuta, di quanto si incrementa la pensione lavorativa decidendo di ricorrere anche alla pensione integrativa. Inoltre nella scelta va considerato anche il numero di anni che spettano di contribuzione per l’accumulo ai fini della prestazione integrativa. Infine, il rendimento netto derivante dalla propria scelta.

Come si procede per la scelta di quanto versare per la pensione integrativa

Il primo passaggio da compiere è quello di stimare la propria pensione lavorativa una volta che matureranno i requisiti per l’uscita da lavoro. È importante, in questo senso, tenere sotto controllo le simulazioni della “Busta arancione” dell’Inps, lo strumento che permette di stimare quale sarà l’importo mensile della futura pensione. Ottenuta l’informazione, è necessario immaginare di quanto dovrebbe essere l’incremento della pensione lavorativa versando alla previdenza complementare. Si tratta di un calcolo del tutto personale, basato sul proprio tenore di vita e sulle spese previste in futuro.  Dunque la pensione integrativa, insieme alla pensione pubblica, dovrebbe consentire di non perdere la situazione economica che il contribuente ha durante la vita lavorativa.

Pensione integrativa: è necessario considerare per quanto tempo bisogna versare contributi

Naturalmente, tra i fattori di scelta rientra anche la durata della contribuzione alla previdenza complementare. Nella scelta bisogna tener presente che tanto più alto è il numero di anni di versamenti al fondo pensione, tanto maggiore è la somma che si accumulerà per la vita futura da pensionati. Non è necessario versare mensilmente somme elevate: con contributi relativamente contenuti negli anni si può accumulare una buona somma.

Pensione integrativa: i vantaggi della fiscalità

Se al beneficio futuro di avere una pensione integrativa si aggiungono i vantaggi fiscali derivanti dai versamenti il gioco è fatto. In particolare, il contribuente ha la possibilità di beneficiare della deducibilità fiscale fino a 5.164 euro all’anno sui versamenti sostenuti. L’importo netto del contributo sarà pertanto inferiore a quanto realmente accantonato presso il fondo pensione.

Previdenza complementare: non solo pensione futura, ma anche rendimento dell’investimento

La scelta di aderire a un fondo pensione non deve essere valutata solo ai fini della futura pensione di scorta, ma anche dal punto di vista del rendimento dell’investimento fatto. In linea di massima, una delle regole principiali per chi aderisce ai fondi pensione è quella di valutare la partecipazione a proposte più rischiose ma con più alti rendimenti quanto più si è lontani dalla pensione lavorativa.

Contribuente vicino alla pensione, quanto si può rischiare con i fondi più redditizi?

Viceversa, per chi è più vicino all’uscita da lavoro è consigliabile puntare su soluzioni meno redditizie, ma sicuramente meno rischiose. L’obiettivo è quello di avere un rendimento che nel tempo possa essere il più bilanciato possibile. Il punto ottimale, dunque, è quello in cui il contribuente riesce a mantenere in linea la scelta dell’adesione al fondo pensione con il livello di rischio che è disposto ad accettare.

I rendimenti dei fondi pensione cambiano nel tempo

Naturalmente, la scelta di adesione a un fondo pensione non è per sempre. Ovvero si può rimodulare strada facendo il proprio percorso di contribuzione. Questo dipende anche dal fatto che i rendimenti attesi nel tempo possono variare. A far decidere al contribuente di provare a fare qualche cambiamento sul piano contributivo della pensione integrativa può concorrere il proprio patrimonio e gli anni che spettano prima della pensione. Per questo motivo nessuna scelta è vincolante.

Formule di adesione alla pensione integrativa tramite il datore di lavoro: l’accordo collettivo aziendale

In tema di quanto pagare per avere una buona pensione integrativa futura non vanno dimenticate le adesioni ai fondi pensione rientranti in accordi collettivi o regolamenti aziendali. L’accordo collettivo al fondo pensione consente all’aderente di beneficiare anche del contributo versato dal proprio datore di lavoro. L’entità del versamento di quest’ultimo è stabilito proprio dall’accordo aziendale. La condizione da rispettare è quella che il lavoratore deve versare, a sua volta, quanto stabilito dall’accordo stesso o, in alternativa,  un importo maggiore.

Adesione contrattuale al fondo pensione: il lavoratore sceglie se versare

Diversamente dall’accordo, con l’adesione contrattuale (e in presenza di versamenti fatti già dal datore di lavoro al fondo pensione a favore del dipendente) il lavoratore può decidere se contribuire e di quanto deve essere la sua rata mensile. Dunque l’obbligo di accantonamento al fondo pensione vige solo sul datore di lavoro, ma il lavoratore può decidere di incrementare la propria quota di adesione.

Fondo pensione, adesione tramite il Trattamento di fine rapporto (TFR)

L’obbligo o la decisione del lavoratore di integrare i versamenti al fondo pensione nei casi di accordo o di adesione contrattuale può essere ottemperata attraverso il Trattamento di fine rapporto. Infatti, il lavoratore può integrare la propria posizione versando il proprio Tfr futuro, in tutto o in parte. Tuttavia, se il lavoratore dovesse decidere di aderire con il solo Tfr non potrà avvalersi della contribuzione del datore di lavoro. Pertanto, al lavoratore spetta la scelta di contribuire anche di tasca propria: solo in questo caso, il datore di lavoro è obbligato a contribuire per la sua parte. I limiti e le modalità di contribuzione, tuttavia, devono essere previsti dagli accordi aziendali di riferimento.