Essere parte di un’attività esercitata in forma societaria porta spesso delle entrate, anzi questo può essere definito l’obiettivo principale della stessa attività: si parla anche di dividendi o divisione di utili della società. Nella guida di seguito proposta ci addentreremo su un tema spinoso e in particolare sulla divisione degli utili e sulla loro tassazione, cioè su quante tasse si pagano e come.
La prima cosa da dire è che la distribuzione degli utili nelle società non sempre è possibile, vi sono infatti dei vincoli, ad esempio l’articolo 2430 del Codice Civile stabilisce l’obbligo di accantonare il 5% degli utili netti annuali al fine di costituire una riserva legale fino al raggiungimento del 20% del capitale sociale. Lo statuto della società può costituire ulteriori vincoli alla divisione degli utili e se previsti devono essere rispettati, tranne nel caso in cui si provveda a una modifica dello statuto, si tratta infatti di un atto vincolante.
Quello ora visto può essere considerato un limite, ma esistono anche dei divieti, ad esempio nel caso in cui ci siano perdite relative agli esercizi precedenti e ci siano in circolo obbligazioni il cui ammontare è superiore al doppio del capitale sociale. Si tratta evidentemente di una norma che vuole tutelare i creditori della società stessa, cioè gli obbligazionisti. In ogni caso prima di procedere alla divisione degli utili è necessario che sia approvato il bilancio di esercizio che siano accantonate le somme previste per legge e rispettati i vincoli, solo in seguito si può approvare la delibera di distribuzione di utili ai soci che deve essere a sua volta registrata con assolvimento dell’imposta fissa di 200 euro.
Rircordiamo che un’eventuale distribuzione di utili ai soci senza seguire vincoli, limiti e procedure è reato, si parla anche di Distribuzione in nero di utili ai soci, scopri cosa si rischia.
A questo punto si può avere la distribuzione degli utili, ma quante tasse si pagano e come?
La tassazione degli utili societari solitamente viene applicata con il criterio di cassa, ciò con riferimento all’anno in cui l’utile viene incassato e non facendo riferimento all’anno in cui lo stesso viene prodotto (criterio di competenza). Applicando il criterio di competenza gli utili dovrebbero essere tassati al momento in cui sono iscritti nel bilancio di esercizio, ma in realtà la distribuzione può avvenire anche successivamente. Le società di capitali sono SRL, SPA, SE (Società Europea), SAPA (Società in Accomandita per Azioni) ed SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata). Per queste forme societarie è prevista la qualificazione degli utili societari come reddito di capitale e di conseguenza si applicano gli articoli 44 e 45 del TUIR (Testo Unico Imposte sul Reddito).
I dividendi corrisposti ai soci devono essere certificati con il modello CUPE Certificazione Utili e altri Poventi Equiparati.
A questo proposito occorre però ricordare che la legge Bilancio 2018 (legge 205 del 2017) ha previsto delle novità sulla tassazione delle entrate derivanti dalla distribuzione degli utili societari.
La legge di bilancio 2018 ha previsto però un regime transitorio, questo si applica agli utili prodotti fino al 31 dicembre 2017 e distribuiti entro il 31 dicembre 2022, limitatamente a questi continua ad applicarsi la vecchia disciplina sulla tassazione degli utili distribuiti dalle società.
Diverso è il caso delle società di persone come la Società Semplice, la SNC (Società in nome collettivo) e la SAS (Società in Accomandita Semplice). In questo caso gli utili divisi sono tassati per trasparenza in campo al socio percipiente art. 32-quater del D.L. n. 124/19, quindi applicando gli stessi scaglioni previsti per l’IRPEF, questo perché i soci in tali strutture societarie sono illimitatamente responsabili per i debiti assunti dalla società e non vi è distinzione tra il patrimonio della società e quello del socio.
Vedremo in seguito cosa succede nel caso in cui i redditi societari arrivano da società che sono ubicate in paradisi fiscali.
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