Superamento periodo di comporto, quando si può impugnare il licenziamento?

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Quando si può impugnare il licenziamento, a causa del periodo di comporto? A questa e ad altre curiosità, relative al periodo di comporto del lavoratore, risponderemo in questa rapida ed esaustiva guida.

Periodo di comporto, quando si supera il limite

Innanzitutto, chiariamo cosa si intende per periodo di comporto.

Sostanzialmente, non si intende altro che quel limite di periodo che il lavoratore può usufruire per la propria malattia dal lavoro.

Potremmo ben dire che la base annuale cui va rapportato il periodo di comporto si identifica nell’anno solare, ovvero dei 365 giorni decorrenti dal primo episodio morboso, dall’inizio della malattia, se continuativa, ovvero, a ritroso, dalla data del licenziamento.

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Quando si può impugnare il licenziamento

Quindi, andiamo, nello specifico a vedere quando è possibile impugnare il licenziamento, a causa del superamento del periodo di comporto.

Per poter procedere alla impugnazione del licenziamento a causa del superamento del periodo di comporto, va a gravare sul datore di lavoro l’onere di allegare e provare i fatti costitutivi del potere di recesso. Spetta, dunque, al lavoratore la loro contestazione; pertanto, in difetto di specifica contestazione ed in assenza di una chiara e precisa presa di posizione del lavoratore sull’esistenza delle assenze per malattia incluse nel computo del comporto, le stesse risulteranno non controverse e, come tali, non hanno necessità di prova.

Possiamo, quindi aggiungere che per conseguire il licenziamento per superamento del periodo di comporto, sia nel caso di una sola affezione continuata, sia in quello del succedersi di diversi episodi morbosi, la risoluzione del rapporto va a costituire la conseguenza di un caso di impossibilità parziale sopravvenuta dell’adempimento, nel quale il dato dell’assenza dal lavoro per infermità corre ad avere una valenza puramente oggettiva.

Pertanto, non va rilevata la mancata conoscenza da parte del lavoratore del limite esterno del comporto e della durata complessiva delle malattie. Ed in mancanza di un obbligo contrattuale in tal senso, non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell’approssimarsi del superamento del periodo di comporto.

Tutto ciò in quanto la comunicazione servirebbe in realtà a consentire al dipendente di porre in essere iniziative, quali richieste di ferie o di aspettativa, sostanzialmente elusive dell’accertamento della sua inidoneità ad adempiere l’obbligazione.

Riconoscimento indennità sostitutiva

Cosa vuol dire indennità sostitutiva? E quando essa viene a mancare?

Se la parte che intende interrompere il rapporto di lavoro non rispetta il periodo di preavviso, è tenuta a corrispondere alla controparte un’indennità sostitutiva dello stesso, pari alle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato durante il preavviso. Ecco cosa si intende per indennità sostitutiva. Ma quando questa viene a mancare, per superamento del periodo di comporto?

La risposta a tale quesito è presto data:

nel novero di obbligatorietà del preavviso, il difetto del carattere “improvviso” del recesso datoriale ed, in generale, delle finalità sottese alla disposizione di cui all’art. 2118 c.c. andranno a determinare il mancato riconoscimento del diritto alla corresponsione della relativa indennità sostitutiva.

Questo è, dunque, quanto vi fosse di più necessario, esaustivo ed imbrigliato da sapere in merito al periodo di comporto e al suo procedere per impugnare il licenziamento da parte del datore di lavoro.

 

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Appassionato di scrittura, ho collaborato per diverse testate online tra le quali ricordiamo BlastingNews.com e NotizieOra.it. Ama cinema e scrittura, fin dalla tenera età, studia recitazione e consegue una formazione attoriale nei teatri off partenopei.