Svolta dell’Europa: i rider sono lavoratori dipendenti

rider

Il problema dei rider è ormai sotto gli occhi di tutti, infatti i colossi della consegna a domicilio come Just Eat, Glovo, Deliveroo utilizzano per loro i contratti del settore logistico “prestatori d’opera indipendenti” e questo ha spesso determinato condizioni di lavoro particolarmente difficili da sostenere per orari, tutele e retribuzioni. A porre ora un freno è il testo approvato dall’Unione Europea che considera i rider lavoratori dipendenti.

Chi sono i rider

Il termine rider è un anglicismo e sta semplicemente a significare una persona impegnata nelle consegne a domicilio con l’uso di bici, in alcuni casi anche ciclomotori, raramente auto per una questione di gestione del traffico. Il rider infatti deve arrivare in poco tempo a destinazione.  Negli ultimi anni le persone impegnate nel lavoro di rider sono moltiplicate e le restrizioni ai movimenti delle persone determinate dalla pandemia hanno contribuito a creare quello che può essere considerato un vero e proprio esercito che ad oggi occupa circa un milione e mezzo di ragazzi con età molto varia, infatti non si tratta solo di giovanissimi, ma anche di persone che hanno perso il lavoro e cercano di ricollocarsi. In media l’impegno quotidiano è di circa 4 ore al giorno e lavorano anche in condizioni difficili come traffico, pioggia e freddo.

La direttiva che si occupa dei rider è parte del pacchetto lavoro messo a punto da Nicolas Schmit e prevede che i lavoratori delle piattaforme digitali, al verificarsi di determinate condizioni, debbano essere considerati lavoratori subordinati a tutti gli effetti. L’atto della Commissione Europea è solo il primo passo verso un pieno riconoscimento dei rider come dipendenti a tutti gli effetti, infatti la direttiva dovrà essere votata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio, ma di sicuro si tratta di un provvedimento molto importante per questa particolare categoria di lavoratori.

Quando i rider possono essere considerati lavoratori dipendenti

La prima cosa da sottolineare è che la direttiva non considera tutti i rider come dipendenti, ma solo quelli che rientrano in determinati canoni. Sono considerati dipendenti i rider che non assumono il rischio di impresa (tipico dei lavoratori autonomi) e non decidono il prezzo del servizio.

I rider, in realtà la misura si applica anche agli autisti delle piattaforme tipo “Uber”, che rientrano nella categoria dei dipendenti avranno tutele previdenziali e un regolare contratto di lavoro dipendente, questo può essere anche a tempo determinato e part time. Su questo punto la direttiva non prevede nulla e di conseguenza saranno gli Stati Membri a dover decidere, in Italia ad esempio il contratto a tempo determinato non può essere rinnovato ad oltranza, ma è destinato a trasformarsi in contratto a tempo indeterminato.

Nel caso in cui l’azienda non si adegui, per il lavoratore sarà possibile ottenere la tutela in giudizio, ma al fine di favorire i rider che si trovano in genere in una posizione di debolezza rispetto al datore di lavoro, vi è l’inversione dell’onere probatorio. Questo implica che sarà l’azienda a dover dimostrare che in realtà nel singolo rapporto di lavoro vi sono le peculiarità del contratto di lavoro autonomo e non dipendente.

Criteri chiari e trasparenti per la valutazione dei rider

Vi è anche un altro aspetto che riguarda i rider considerato dalla direttiva della Commissione Europea, si tratta delle valutazioni. In genere quando un utente/consumatore riceve un prodotto consegnato dai rider, riceve un invito, attraverso lo smartphone e l’app dedicata al servizio, ad esprimere un voto nei confronti del rider.

Quel voto a tutti gli effetti andrà a determinare se il rider è bravo ed efficiente e quindi se può continuare a lavorare oppure se è meno bravo. Si forma quindi una pagella che il colosso utilizza per decidere a chi affidare i lavori e che espone i rider a corse sfrenate per le città nel tentativo di arrivare nel più breve termine possibile. La valutazione viene effettuata attraverso l’uso di algoritmi.  La novità contenuta nella direttiva prevede che debbano essere resi noti tutti i parametri che regolano l’algoritmo e che portano quindi alla valutazione finale. In questo modo il rider è consapevole del modo in cui la valutazione si forma.

Inoltre l’uso di questi algoritmi è stato considerato un elemento che fa propendere per l’inquadramento del rapporto di lavoro come dipendente e non autonomo in quanto il lavoratore non può determinare con alcuna autonomia il contenuto del suo rapporto di lavoro.

In merito alle valutazioni nel 2021 il colosso Deliveroo è stato multato per aver violato i dati dei rider che appunto sono raccolti senza che il rider possa avere conoscenza degli stessi. La multa ammonta a 2,5 milioni di euro e mira a sanzionare proprio la mancata trasparenza degli algoritmi utilizzati. Il Garante della privacy ha sottolineato anche che il controllo costante attraverso la geolocalizzazione degli spostamenti del rider è eccessivo rispetto agli obiettivi dell’azienda e va oltre il necessario.

I passi successivi

La direttiva, come anticipato, dovrà ora passare attraverso il vaglio del Parlamento Europeo e del Consiglio. Spetterà poi ai singoli Stati Membri adeguare la propria normativa alla direttiva stessa. Da quello che sembra essere l’impianto generale, è probabile che agli Stati comunque resti un ampio margine per la disciplina del dettagli. A questo punto è bene sottolineare che la direttiva non si occuperà solo dei rider, ma contiene anche un’ampia disciplina del Terzo Settore e delle attività solidali con piano di durata decennale e che vuole essere il pilastro sociale dell’Europa.