Riforma pensioni: si va verso i 63 anni per tutti, ma come sarebbe?

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La riforma delle pensioni inizia a prendere sempre più forma. E si va sempre più su un potenziamento dell’Ape sociale. Lo hanno dimostrato anche i legislatori quest’anno, col pacchetto pensioni della legge di Bilancio. La misura è state estesa a molte più categorie di lavoratori. I lavori gravosi sono stati estesi come platea. E potrebbe essere questa la strada principale che si intraprenderà per portare a casa il risultato di una riforma che resta prioritaria per il governo.

Pensioni, ritocchi nel Def?

Cosa accade adesso? Le vie restano due. O si riesce ad intervenire subito, magari nel Documento di economia e finanza o si aspetta a fine anno, con la solita manovra finanziaria.

Il Def è in aprile, e potrebbe essere una possibilità. Difficile ma possibile. Anche perché se davvero è l’Ape sociale l’indirizzo, con la sua pensione a 63 anni, i lavori sono già allo stato avanzato.

La Commissione sui lavori gravosi ha già prodotto una graduatoria con una serie di attività che andrebbero tutelate come pensionamento. È da questa lista che sono già state estrapolate le attività che adesso sono finite tra le beneficiare dell’Anticipo Pensionistico Sociale.

E da questo elenco che probabilmente si attingerà in futuro. Una graduatoria basata sull’incidenza numerica di malattie professionali e infortuni sul lavoro.

L’obiettivo del governo quindi è che si deve arrivare ad aprile in vista del Documento di economia e finanze, quanto meno con un piano da proporre ai sindacati. Per una riforma che entrerà in vigore il 31 dicembre 2022, se davvero verrà introdotta.

Appuntamento al 7 febbraio per un primo nuovo appuntamento governo-sindacati

Sarà il giorno 7 febbraio il primo appuntamento in cui tra governo e sindacati si tornerà a parlare di pensioni per davvero. L’incontro del 3 febbraio serve solo per andare a fissare alcuni paletti di quelli di cui si parla da giorni. Pensione di garanzia per i giovani e tutele per le donne in prima linea. Ma ripetiamo, l’indirizzo sempre ormai assodato. SI va verso il potenziamento dell’Anticipo pensionistico sociale.

Anche perché gli studi sull’età media dei pensionamenti in Italia ha dimostrato che pur se si poteva uscire a 62 anni con la quota 100, pochi di coloro che si trovavano anche ad aver raggiunto i 38 anni di contribuzione hanno colto l’occasione. Infatti si esce più vicini ai 64 anni che ai 62, come media.

In questo ambito la pensione con l’Ape sociale, su cui magari si può ritoccare il parametro dei contributi necessari come accaduto nella legge di Bilancio per i ceramisti e gli edili (si è passati solo per queste categorie dai 36 ai 32 anni di versamenti necessari).

Resta fermo il fatto che si viaggia in direzione di utilizzare l’Ape sociale come alternativa ai canali ordinari di uscita, compresa naturalmente al pensione di vecchiaia dai 67 anni.

Come funziona l’Ape sociale

Parlare di Ape sociale come misura alternativa alla pensione di vecchiaia, nel regime della flessibilità, è argomento che necessita di alcuni passaggi tecnici. Va bene collegare le uscite agevolate alle attività svolte, perché da sempre si parla di differenziare le uscite in base alla pesantezza del lavoro.

Ma è altrettanto vero che occorre innanzi tutto limare l’Anticipo Pensionistico Sociale e portarlo più vicino alle altre misure. E non parliamo di requisiti di accesso, ma di struttura della misura.

Non si può lasciare come alternativa alla pensione di vecchiaia a 67 anni, una uscita dai 63 anni con l’Ape sociale, così come è fatta oggi questa particolare misura. Senza maggiorazioni, senza tredicesima, senza assegni familiari, non reversibile. Per renderla davvero una misura di pensionamento anticipato, non c’è altra via che eliminare questi paletti.

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Sindacalista, operatore di Caf e Patronato, esperto in materia previdenziale, assistenziale, lavorativa e assicurativa. Da 25 anni nel campo, appassionato di scrittura e collaboratore con diversi siti e organi di informazione.