Prelievo in banca: guida ai limiti e restrizioni

Conto corrente: limiti e regole sui prelievi mensili

Ormai la confusione è tanta in materia contanti e soldi. Le limitazioni, i tanti vincoli, le restrizioni. L’uso del contante viene pesantemente limitato dalle normative vigenti. Ma le limitazioni valgono anche per le operazioni bancarie come un prelievo piuttosto che un deposito? La materia non è certo facile da comprendere appieno. Per questo occorre una guida sintetica ma esaustiva.

Prelievo in banca, quando può essere un rischio

Parlavamo di confusione in premessa e confusione è per davvero. Si parla di segnalazione al Fisco in caso di prelievo troppo elevato. Una teoria errata questa. In primo luogo perché si parla di segnalazione ma non è assolutamente vero che qualcuno può fare il nome di un contribuente. Nemmeno la banca può segnalare in cliente per un prelievo di importo rilevante. Si parte dal presupposto che o soldi prelevati, siano sul conto di un contribuente perché di sua proprietà. E poi, una banca dati importante è l’anagrafe dei rapporti finanziari, a cui il Fisco ha libero accesso sempre. Inutile che qualcuno segnali, perché tutto può essere controllato autonomamente. Inoltre, il prelievo è l’operazione che dal punto di vista del fisco, da meno noie. Le Entrate mettono sotto la loro lente di ingrandimento versamenti e bonifico in ingresso piuttosto che i prelievi. La segnalazione non riguarda questioni fiscali. Infatti una operazione sospetta può essere segnalata alla all’UIF o alla Guardia di Finanza, questo si.

I poteri del Fisco

Si parte dal fatto che più che le persone fisiche o i lavoratori dipendenti, chi rischia di più o è assoggettato a rigide regole è l’impresa, la partita Iva o la società. Per loro vige un particolare obbligo anche sui prelievi. Massimo 1.000 euro al giorno e massimo per 5.000 euro. Non che non sia possibile prelevare di più dal proprio conto. Ma sopra 5.000 euro occorre indicare nei registri dell’attività, la destinazione dei soldi. Bisogna che nei registri contabili ci sia la giustificazione del prelievo. L’Agenzia delle Entrate non può avviare accertamenti sui prelievi. Semmai, questi accertamenti, come scrivono sul sito “la legge per tutti.It”, scattano sui soldi in ingresso piuttosto che su quelli in uscita

Perché l’incasso dei soldi va giustificato

È il principio cardine di tutto questo è che bisogna giustificare da dove arrivano i soldi più che dove andranno a finire. Versamenti di contanti o bonifici ricevuti in prima fila. I rischi che si corrono a finire sotto osservazione da parte del Fisco sono sempre i soliti. Non potendo giustificare la provenienza di un determinato bonifico, questo viene individuato come possibile reddito non dichiarato e quindi assoggettato a tassazione.

La correlazione tra bonifici ricevuti e dichiarazioni dei redditi è probabilmente la prima cosa che il Fisco italiano guarda. Per questo si dice che chi versa dei contanti sul proprio conto corrente, così come chi  riceve un bonifico, ma non può dimostrare da provengono i soldi, rischia grosso.

La via per giustificare il tutto è sempre la stessa e cioè indicare una provenienza da strumenti non assoggettati a tassazione.  Per esempio, vendita di qualche bene, donazioni, eredità. Oppure si possono dichiarare somme già soggette a ritenute alla fonte.

Bisogna evitare che le Entrate  automaticamente presumano  che si tratti di ricavi in nero e che le vada a tassare. Ciò che non va trascurato è che la prova deve essere a firma certa. È una donazione? Non basta una semplice dichiarazione del soggetto che ha donato.

I prelievi sono al sicuro da accertamenti e controlli?

Tornando ai prelievi, se un addetto allo sportello bancario chiede spiegazioni o avvisa che oltre una determinata soglia occorre spiegare il motivo del prelievo stesso, dipende dal’UIF. Si chiama Unità di Informazione Finanziaria, ed è l’Ente a cui le banche sono tenute a segnalare prelievi ingenti.

Si parla di segnalazione di origine sospetta che riguarda operazioni che i correntisti possono effettuare (o almeno si può sospettare), per riciclaggio di danaro, traffici illeciti e così via. In linea di massima la cifra a partire dalla quale si può incorrere nella segnalazione è pari a 10.000 euro.  E parliamo di 10.000 in un mese e non necessariamente in unica soluzione. Anche se la soglia si raggiunge con diverse operazioni, il risultato non cambia.

E tra le altre cose, dal momento che sono cifre che vanno al di la dell’uso del contante o delle transazioni con obbligo di tracciabilità, non si possono nemmeno addurre giustificazioni come per esempio il dentista, il notaio o altro professionista.

Una volta che scatta la segnalazione, due sono le cose che possono accadere al segnalato.  O tutto viene archiviato, nel senso che l’allarme rientra perché si trovano le pezze giustificative valide, oppure l’Unità di Informazione Finanziaria passa la pratica alla Procura della Repubblica.

 

 

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Sindacalista, operatore di Caf e Patronato, esperto in materia previdenziale, assistenziale, lavorativa e assicurativa. Da 25 anni nel campo, appassionato di scrittura e collaboratore con diversi siti e organi di informazione.