Si va verso la cessione del credito spacchettata nel nuovo decreto, ecco cosa cambia e perché

Una cessione del credito frazionata sarebbe una delle novità che la Commissione Finanze di Palazzo Madama in Senato, ha deciso che deve essere introdotta in un nuovo decreto. Parliamo del cosiddetto decreto taglia prezzi che il Governo sta per licenziare. Ma di cosa si tratta e cosa cambia per gli interessati alle cessioni?

Cessione del credito frazionata

Anche il quotidiano “Italia Oggi” ha dato ampio risalto a ciò che la Commissione Finanze del Senato ha deciso di introdurre. Grazie ad un ODG la commissione ha deciso di inserire, visto che era una carenza del decreto stesso, una cessione del credito frazionata. La commissione ci aveva provato, ma tra gli emendamenti al decreto taglia prezzi, non è entrato alcun provvedimento di questo genere. Nel decreto 21 del 2022 quindi ci potrebbe essere spazio per questa grande novità. A dire il vero, anche se la commissione ha spinto molto in questa direzione, l’ordine di indirizzo proviene dal sistema creditizio che ha chiesto variazioni sul tema.

I limiti a questa novità sono ancora massicci

A dire il vero, ciò che il sistema creditizio pensa si possa fare con assoluta facilità, si scontra con la realtà dei fatti. Ed è proprio tale realtà che non ha permesso fino ad oggi di prevedere una misura di questo genere. CI sono oggettivi problemi di tracciabilità del credito che nella maggioranza di governo qualcuno ha messo in evidenza.

Va ricordato che il nuovo decreto taglia prezzi è l’ennesimo decreto emergenziale che il governo ha deciso di varare. Infatti il DL 21 del 2022 sarà pieno di sostegni alle imprese, alle aziende e alle attività che si stanno scontrando con l’impennata massiva del costo dell’energia. Nel decreto tra le misure, ci sono quelle relative alle fonti di energia rinnovabili, quelle relative alla semplificazione delle modalità di approvvigionamento dell’energia da fonte alternative, reti e così via.

Alcuni dei capitoli di intervento a cui lavora l’esecutivo Draghi oltre alla cessione del credito

Ma si interverrà anche sulla liquidità delle imprese, messe a dura prova dalla crisi economica dovuta alla pandemia e che adesso si accentua per via del conflitto tra Ucraina e Russia. Un occhio di riguardo nel decreto anche per il settore turistico e per gli ammortizzatori sociali il cui accesso deve essere consentito alle imprese. Nel pomeriggio di oggi 2 maggio è fuoriuscita la conferma della riduzione delle aliquote di accisa su benzina e gasolio, ed anche sul metano. Un concreto aiuto questo visto che senza questo intervento i carburanti sarebbero di nuovo schizzati alle stelle ed immediatamente.

Anche Comuni e Città Metropolitane pagano dazio

Inoltre si guarda anche agli enti locali, perché città metropolitane e comuni devono essere aiutati anche loro per contenere il maggior capitolo di spesa dovuto all’incremento del costo dell’energia.  Tornando alla cessione del credito, si vuole consentire alle banche, come da loro stesso richiesto, di cedere il credito ai soggetti con i quali abbiano concluso un contratto di conto corrente., Naturalmente parliamo di utilizzo del credito in compensazione. Infatti la cessione resta unica e non può dar luogo ad una cessione successiva ad altro soggetto da chi lo ha già ricevuto dalla sua banca.

 

I 10 profili professionali che avranno più opportunità di lavoro fino al 2026

Le offerte di lavoro, dal 2022 al 2026, produrranno un fabbisogno addizionale di assunzioni tra 1,3 e 1,7 milioni di nuove opportunità. A fare la stima sono le proiezioni di Unioncamere – Anpal, Sistema Informativo Excelsior. A fronte di tanti posti messi a disposizione dalle imprese italiane, circa il 40% delle nuove offerte di lavoro risulteranno inattese. I motivi riguardano la mancanza degli skill e dei profili professionali richiesti. A presentare le maggiori difficoltà di reperimento di candidati in linea con le competenze richieste, soprattutto il settore dell’Industria 4.0, della transizione ecologica e di quella digitale, punti fermi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr).

Mercato del lavoro dal 2022 al 2026: dalle imprese oltre 1,5 milioni assunzioni di medio-alto profilo

Nel quinquennio dal 2022 al 2026 le imprese e la Pubblica amministrazione daranno la caccia a oltre 1,5 milioni di lavoratori ma, secondo le stime di Unioncamere e Anapal, il 40% dei posti di lavoro non troverà la collocazione del relativo profilo professionale e di competenze richiesto. Si tratta, soprattutto, di profili tecnici e scientifici, di periti, di diplomati Its  e di laureati nelle discipline Stem. È possibile dunque fare una classifica di quali saranno le competenze e i lavori che avranno maggiori possibilità di facile assunzione, proprio per la mancanza di candidati ideali.

Assunzioni, come si muove il mercato del lavoro nei prossimi 5 anni e quante possibilità di impiego ci sono

In totale, tra nuovi posti di lavoro e ricambio generazionale (2,8 milioni di lavoratori andranno a sostituire il personale in uscita dal mondo del lavoro), il numero totale delle assunzioni nel quinquennio dal 2022 al 2026 sarà compreso tra 4,1 e 4,5 milioni di lavoratori. L’intervallo da 1,3 a 1,7 milioni di lavoratori riguarda il surplus occupazionale, ovvero quante assunzioni e posti di lavoro sono previsti in più per le misure messe in campo dagli investimenti della Next Generation Eu e dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Le maggiori difficoltà che avranno le imprese nel reperire i profili giusti riguarderà le competenze medie e alte, ma anche i tecnici specializzati saranno ambiti nei prossimi cinque anni. Inoltre, secondo la ricerca, già al termine del 2022 il mercato del lavoro dovrebbe registrare numeri in ripresa che riporteranno le assunzioni ai livelli pre-Covid di fine 2019.

Quali saranno le competenze più richieste dalle imprese nei prossimi cinque anni?

In linea con gli obiettivi dei maggiori programmi di investimento europei, le competenze green e digitali saranno tra le più richieste nei prossimi cinque anni. Le competenze nel campo della transizione ecologica, in particolare, richiederà capacità nel campo del risparmio energetico e della sostenibilità ambientale da 2,4 a 2,7 milioni di nuovi occupati. Per il 60% di questi nuovi posti di lavoro (pari a 1,5-1,6 milioni di lavoratori), inoltre, si richiederanno competenze elevate, come ad esempio, l’informatico ambientale (chiamato a sviluppare applicazioni e software di difesa del patrimonio ambientale), o come l’avvocato ambientale. Ci sarà notevole richiesta anche di altre figure professionali nel campo, come quella del mobility manager, dell’energy manager, dell’ecodesigner, dell’esperto in acquisti verdi e dell’esperto di marketing ambientale.

Quali competenze digitali saranno richieste dalle imprese fino al 2026?

Parallelamente alla transizione ecologica, le imprese e la Pubblica amministrazione chiederanno sempre più profili con competenze digitali. Dall’indagine Unioncamere e Anpal emerge che il settore privato e la PA assumeranno tra il 2022 e il 2026 da 2,1 a 2,3 milioni di lavoratori con competenze digitali. Si chiederanno, in particolare, professionalità come tecnici informatici, sviluppatori di software, analisti programmatori. Ma anche figure emergenti come il cloud computing specialist, i big data specialist, gli esperti in IoT, specialisti nell’Intelligenza artificiale e lo specialista in robotica. Gli ambiti per i quali queste figure lavoreranno saranno la trasformazione digitale, il cloud, il mobile, i big data e la cyber security.

Assunzioni nella Pubblica amministrazione, le previsioni dal 2022 al 2026

L’indagine Unioncamere e Anpal fornisce previsioni anche sulle assunzioni della Pubblica amministrazione. Tra il 2022 e il 2026 si prevede che verranno assunti fino a 770 mila nuovi dipendenti del pubblico impiego. Oltre il 90% sarà la percentuale del ricambio generazionale e di sostituzione del personale, pari a 726 mila nuovi lavoratori nei cinque anni. L’incremento di lavoratori per gli investimenti del Pnrr e della Next Generation Eu è stimato in 44 mila nuove unità. In particolare, i flussi in ingresso più consistenti nella Pubblica amministrazione si registrano nella Giustizia e nel supporto della gestione dei processi inerenti l’attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza.

Quali saranno i titoli di studio che saranno maggiormente richiesti dal 2022 al 2026?

Gli orientamenti della domanda di lavoro delle imprese e della Pubblica amministrazione vanno nella direzione di profili sempre più tecnici e specializzati. Di conseguenza crescerà la richiesta sia dei diplomati che dei laureati. Ma proprio tra questi potenziali candidati si riscontra la maggiore difficoltà nel reperire le figure maggiormente richieste. Soprattutto per quanto riguarda le materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Il mismatch evidenzia un gap tra domanda e offerta di circa il 40%, con i profili diplomati e laureati capaci di coprire il 60% appena delle richieste provenienti dalla Pubblica amministrazione e dalle imprese. Il gap tra offerte di lavoro e profili con le competenze adeguate sussiste anche per gli indirizzi dell’edilizia, della logistica e della meccanica.

Quali sono i 10 profili più introvabili per mancanza di competenze?

In definitiva, le 10 figure professionali che avranno più chance di essere assunte per mancanza sul mercato del lavoro delle competenze richieste saranno, nell’ordine:

  • gli elettrotecnici con il 74,7% di difficoltà nel reperire le figure adeguate;
  • gli ingegneri elettrotecnici con il 74,1% di difficoltà;
  • gli installatori, i manutentori e i riparatori di apparecchiature con il 74,4% di difficoltà;
  • i meccanici collaudatori con il 69,8% di difficoltà;
  • i saldatori e i tagliatori a fiamma con il 68,6% di difficoltà;
  • gli agenti immobiliari con il 68,4% di difficoltà;
  • i tecnici programmatori con il 67% di difficoltà;
  • gli specialisti di saldatura elettrica e a norme Asme con il 66,8% di difficoltà;
  • i meccanici artigianali e i riparatori di automobili con il 64% di difficoltà;
  • gli agenti assicurativi con il 62,3% di difficoltà.

Bonus 300 euro per la banda larga famiglie: chi può ottenere il voucher?

Prende forma il bonus da 300 euro destinato alle famiglie per la fornitura di banda larga. Il ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) ha messo a disposizione 407,5 milioni di euro per la banda ultralarga delle famiglie e dei condomini. A gestire le risorse sarà Infratel, la società in house del ministero incaricata di portare a termine le operazioni di distribuzione di banda larga e fibra ottica, oltre alla fornitura di servizi cloud. Al momento, si attende il decreto del Mise che destinerà le risorse dopo le osservazioni degli operatori del settore.

Voucher banda larga e fibra, quante risorse sono state stanziate?

Le risorse per la banda larga di famiglie e condomini, pari a 407,5 milioni di euro, derivano dal Fondo nazionale di sviluppo e coesione. Per l’80% andranno alle regioni del Sud Italia, soprattutto alla Sicilia (81,5 milioni di euro), alla Campania (75,9 milioni di euro) e alla Puglia (32,8 milioni di euro). Secondo i dati Infratel, inoltre, le altre regioni riceveranno risorse pari a:

  • Sardegna, 32,8 milioni di euro;
  • Calabria, 30,8 milioni;
  • Abruzzo, 17,7 milioni;
  • Lombardia, 16,8 milioni;
  • Basilicata, 14 milioni;
  • Piemonte, 11,9 milioni;
  • Lazio, 10,7 milioni;
  • Toscana e Veneto, 10,2 milioni;
  • Emilia Romagna, 8,8 milioni;
  • Molise, 8,4 milioni;
  • Marche, 4,8 milioni;
  • Liguria, 4,1 milioni;
  • Umbria, 3,9 milioni;
  • Friuli Venezia Giulia, 3,1 milioni;
  • Provincia autonoma di Bolzano, 2,1 milioni;
  • P. A. Trento, 1,4 milioni;
  • Valle d’Aosta, 800 mila euro.

Voucher banda larga, in cosa consiste il bonus per internet veloce alle famiglie?

Il voucher per le famiglie avrà il valore di 300 euro e nella domanda non vi saranno limiti di Indicatore della situazione economica equivalente (Isee), a differenza dei requisiti richiesti per il bonus precedente, erogato a partire da novembre 2020. L’importo del bonus, come calcolato da Infratel, è basato su una valutazione dei prezzi di mercato degli operatori e serve a coprire, mediamente, almeno la metà dei costi del servizio internet ultraveloce per i primi due anni.

Quali famiglie potranno richiedere il bonus 300 euro per la banda larga?

Il bonus 300 euro per la banda larga potrà essere richiesto dalle famiglie fino a esaurimento delle risorse. Sono due i criteri di assegnazione:

  • l’assenza, al momento della domanda, di un servizio di connettività;
  • il passaggio da una connettività non eccedente i 30 megabit per secondo a una più veloce.

Nel caso in cui nell’edificio arrivi più di una rete ultraveloce, il contributo potrà essere richiesto solo per il gestore che offra la velocità maggiore tra le offerte disponibili. In ogni caso, ciascuna famiglia potrà chiedere al massimo un solo voucher. Non vi sarà un vincolo contrattuale, ma se si cambia gestore durate i primi due anni di erogazione del bonus, si perderà la quota residua dell’incentivo.

Voucher banda larga, la novità 2022 dei condomini

La fase 2 del voucher 300 euro per la banda larga prevede la partecipazione alle risorse anche dei condomini. Si tratta del cablaggio verticale dei condomini e della richiesta di servizi cloud. I condomini potranno richiedere il voucher per la fibra ottica che dovrà essere messa a disposizione per ciascuna unità abitativa. Per i condomini non vi è ancora una cifra del bonus.

Bonus banda larga, come andarono le domande del 2020 legate a computer e tablet?

La fase 1 del voucher banda larga, riservata alle famiglie con Isee fino a 20 mila euro, non ha tenuto fede alle attese in termini di richiesta del bonus. A partire da novembre 2020, per un periodo di un anno, le richieste videro l’assorbimento di risorse per 107 milioni di euro rispetto ai 200 milioni di euro stanziati. I fondi residui vennero poi dirottati alle connettività delle piccole e medie imprese. L’erogazione dei bonus prevedeva anche la concessione di un computer o di un tablet. In questa tornata di domande saranno previsti anche servizi aggiuntivi come quelli cloud: si punterà a offrire alle famiglie tecnologie per la gestione e l’archiviazione dei contenuti digitali.

Saldo e Stralcio e Rottamazione Ter: c’è tempo fino al 9 maggio

L’Agenzia delle Entrate rende noto in un comunicato del 28 aprile che c’è tempo fino al 9 maggio 2022 per regolarizzare la posizione per le rate non pagate della Rottamazione Ter e del Saldo e Stralcio.

Cartelle esattoriali non pagate per Saldo e Stralcio e rottamazione Ter: nuove scadenze con il Sostegni Ter

Con il decreto Sostegni Ter è stata offerta la possibilità ai contribuenti che non erano riusciti a mettersi in regola con i pagamenti della Rottamazione Ter e del Saldo e Stralcio scaduti nel mese di dicembre 2021 di mettersi in regola pagando entro il 30 aprile le rate non pagate scadute nel 2020 ed entro il 31 luglio 2022 di mettersi in regola con le rate scadute nel 2021. La normativa prevede comunque 5 giorni di tolleranza, cioè la possibilità di pagare entro 5 giorni dalle scadenza senza sanzioni e soprattutto senza decadere dai benefici che i provvedimenti Rottamazione Ter e Saldo e Stralcio hanno portato ai contribuenti.

Il mese di aprile è però caratterizzato da una serie di festività e di conseguenza slittano tutti i termini. Il 30 aprile infatti è stato un sabato e di conseguenza il termine iniziale cade il 2 maggio. Cioè il primo non festivo. Dal 2 maggio si possono quindi contare i 5 giorni di tolleranza che dovrebbero scadere il giorno 7 maggio 2022 cioè un sabato e di conseguenza il termine per non decadere dai benefici visti scade il 9 maggio. Per le scadenze del 2022 invece i termini sono spostati al 30 novembre 2022, in modo da poter calendarizzare i vari pagamenti e di conseguenza farvi fronte.

Come effettuare i pagamenti con le scadenze al 9 maggio 2022

Il pagamento deve essere effettuato utilizzando i bollettini inviati dall’ Agenzia delle Entrate e Riscossione e riferiti alle originarie scadenze delle rate 2020 cioè febbraio, maggio, luglio e novembre per la Rottamazione Ter; marzo e luglio per il Saldo e Stralcio in scadenza nel 2021.

Entro il 2 maggio può inoltre essere ancora richiesto nuovamente il piano di dilazione dei pagamenti da cui i contribuenti sono decaduti prima dell’8 marzo 2020, cioè prima dell’emergenza sanitaria.

Tra le curiosità deve anche essere ricordato che l’Agenzia Entrate e Riscossione ha reso noto di aver incassato 5,25 miliardi di euro dovuti ai controlli automatizzati che hanno rilevato errori nella compilazione del modello Persone Fisiche, 730, dichiarazione Irap e IVA.

Impianto idraulico col bonus idrico: cosa c’è da sapere

Cosa è il bonus idrico e cosa c’è da sapere in merito al suo ottenimento? Se siete intenzionati a rifare l’impianto idraulico della vostra casa, vi spieghiamo nella guida di seguito come agire e come sfruttare al meglio il bonus, sempre che siate in diritto di usufruirne.

Bonus idrico 2022: di cosa si tratta

Il Bonus Idrico, denominato pure bonus bagno o rubinetti, è un contributo finanziario creato dal Ministero della Transizione Ecologica per dare la possibilità di ricevere fino alla somma di 1.000 euro sotto forma di detrazione fiscale per le spese effettuate per l’ammodernamento del bagno.

Andiamo, nello specifico, a vedere cosa può includere il siddetto bonus:

  • sostituzione di vasi sanitari in ceramica con l’installazione di apparati nuovi con volume massimo di scarico di 6 litri o meno di essi
  • rubinettisoffioni e colonne doccia con portata di acqua di massimo 9 litri al minuto;

Va aggiunto che non è permesso richiedere il Bonus Idrico per il cambio dei piatti doccia, lavandini, bidet e tutti gli altri dispositivi che non portano un risparmio nella rete idrica nell’appartamento. Infatti, l’ intento del bonus idrico è quello di agevolare le persone a sostituire gli impianti idrici vecchi nelle abitazioni, in modo da limitare i consumi di acqua corrente.

Bonus idrico, a chi spetta

Ma chi sono i destinatari di questo bonus per rimettere a nuovo il proprio impianto idraulico?

Dunque, i requisiti richiesti per aderire sono i seguenti:

  • occorre essere maggiorenni,
  • risiedere stabilmente nel territorio nazionale italiano
  • essere i proprietari della abitazione.

Tuttavia, va specificato che anche le persone che vivono in una casa in affitto potranno richiedere il Bonus Idrico, ma a condizione che abbiano il consenso dal proprietario dell’immobile.

Altra cosa importante da non tralasciare è che questo tipo di bonus non si può richiedere su abitazioni in fase di costruzione, lo si può invece richiedere per immobili a uso anche commerciale e artigianale.

Come richiedere il bonus idrico 2022

Molto semplicemente, occorre recarsi sul sito del Ministero della Transizione Ecologica e accedere tramite lo SPID o attraverso le credenziali CIE (carta d’identità elettronica). Dopodiché, alla domanda per richiedere il Bonus Idrico 2022 si dovranno allegare diversi documenti:

  • dati anagrafici del soggetto beneficiario
  • la somma totale della spesa di cui avere rimborso
  • il numero dei prodotti da andare a installare con annesse le specifiche tecniche
  • identificativo catastale dell’immobile
  • una copia della fattura dei nuovi dispositivi installati che indichi il codice fiscale del beneficiario che fa richiesta del bonus

Bonus idrico, cosa altro da sapere

Una importante curiosità nel Bonus Idrico 2022 è la possibilità di poter effettuare gli acquisti online dei nuovi dispositivi da installare nel proprio appartamento. Nel precedente Bonus Idrico, quello del 2021, di fatto non era contemplato il rimborso degli acquisti online.

Andiamo a vedere, quindi, nel dettaglio come effettuare l’ordine online per essere calcolabile nel Bonus Idrico 2022.

Da indicazioni del ministero si evince che non ci sono limiti nella modalità di acquisto: si può usare qualsiasi piattaforma di e-commerce.

Tuttavia, però, per effettuare il suddetto acquisto internauta dovremmo controllare alcuni dettagli. La prima cosa da accertarsi di avere al fornitore online è una fattura elettronica sulla quale vengono riportate tutte le specifiche tecniche del prodotto e in caso di necessità anche dei lavori di posa e installazione effettuati.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito al bonus idrico 2022, come richiederlo e come usufruirne nel modo corretto.

Cosa devono fare i datori di lavoro per pagare meno contributi durante i contratti di solidarietà

Il contratto di solidarietà è un autentico ammortizzatore sociale che si affianca a quelli canonici come le casse integrazioni. Il nostro ordinamento prevede i CDS, che è l’acronimo di contratto di solidarietà. Si tratta di uno strumento utile per affrontare i momenti di crisi occupazionale e retributiva che le aziende possono vivere durante la loro storia. Ed è un periodo dove le stesse aziende versano contributi in forma ridotta per i lavoratori interessati da questi contratti.

Contratto di solidarietà per crisi aziendali

È restando in attesa che la crisi passi e la produzione riprenda che in genere viene attivato il contratto di solidarietà. Infatti il contratto di solidarietà ai apre nei momenti di crisi dopo accordi stipulati tra l’azienda e le rappresentanze sindacali dei lavoratori. Nello specifico con questo strumento si adotta la riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione per i dipendenti, senza passare dai tagli di personale.Lo strumento serve per evitare riduzioni di personale e mantenere i pieni livelli occupazionali nonostante la crisi. Infatti nello strumento si da pieno valore alla definizione di solidarietà, che naturalmente è tra gli operai e i dipendenti. A fronte di una riduzione degli orari di lavoro per tutti, nessuno viene licenziato. Si lavora di meno per tutti, si prende meno stipendio, ma alla fine tutti restano nell’azienda. Durante l’applicazione di questi contratti di solidarietà, il datore di lavoro eroga ai suoi dipendenti, il trattamento di integrazione salariale commisurato al trattamento retributivo perso a seguito della predetta riduzione.

Le perdite per i lavoratori vengono salvaguardate dai contratti di solidarietà

Una misura tampone, che limita i danni durante le crisi aziendali. E forse, mai come adesso, le crisi sono diffuse a macchia d’olio in Italia. La parte di stipendio erosa per la riduzione di attività lavorativa, viene contenuta con un contributo Inps pari all’80% dello stipendio non corrisposto. In pratica, chi per via dell’orario ridotto ha perso 200 euro di salario, avrà 160 euro come integrazione dall’istituto nazionale di previdenza sociale italiano. Lo strumento presenta dei limiti operativi e dei vincoli che il datore di lavoro deve necessariamente rispettare. Infatti non si può eccedere il 60% di taglio rispetto alle ore di lavoro normali con questi contratti di solidarietà. Il datore di lavoro inoltre, può accordarsi per contratti di solidarietà che possono arrivare a massimo 24 mesi in 5 anni. A prescindere dal fatto che siano 24 mesi ininterrotti o discontinui.

I due tipi di contratto di solidarietà

Si sente tanto parlare di due tipologie di contratto di solidarietà. Il primo è quello classico, chiamato contratto di solidarietà difensivo. Il secondo invece è il contratto di solidarietà espansivo. In ogni caso, si tratta di istituti che prevedono una riduzione di orario di lavoro per i dipendenti. Ciò che li differenzia è la finalità che il contratto di solidarietà mira a centrare. Evitare o ridurre gli esuberi, e quindi, la riduzione strutturale della forza lavoro è l’obbiettivo del contratto di solidarietà difensivo. Razionalizzare l’impiego dei lavoratori per evitare di lasciare a casa qualcuno.

Il contratto di solidarietà espansiva invece punta ad un aumento della forza lavoro. L’obbiettivo di questa particolare tipologia di contratto è il favorire nuove assunzioni di personale attraverso una contestuale e programmata riduzione dell’orario di lavoro di chi in azienda già ci lavora. I contratti di solidarietà possono riguardare tanto le imprese che rientrano nel perimetro di applicazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria che le imprese cui non si applica questa disciplina, come per esempio, le aziende artigiane.

I chiarimenti del Fisco in materia di contratti di solidarietà

Va ricordato che per i lavoratori che finiscono dentro il contratto di solidarietà sia difensivo che espansivo, le ferie vengono previste solo se già maturate. Durante i contratti di solidarietà il lavoratore non perde il diritto all’indennità di malattia o a quella di maternità e continua a maturare il diritto s TFR e tredicesima mensilità. Per questi ultimi casi, cioè per le lavoratrici, mentre trascorre l’astensione obbligatoria alla lavoratrice viene corrisposta l’indennità di maternità in sostituzione del contributo Inps di integrazione. Diverso il caso della astensione facoltativa, perché in questo caso la lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità solo per i periodi di prevista attività, mentre per i periodi di inattività ha diritto al trattamento di integrazione salariale.

Le differenze tra contratto di solidarietà e cassa integrazione guadagni

Sia il contratto di solidarietà che la cassa integrazione sono a tutti gli effetti, due ammortizzatori sociali. La cassa integrazione si può utilizzare in caso di crisi aziendale, per programmi di ristrutturazione aziendale, per progetti di riconversione e riorganizzazione aziendale. Per i contratti di solidarietà invece, almeno per quelli difensivi, l’unico caso in cui possono essere utilizzati è quello della crisi aziendale.

Il datore di lavoro risparmia sui contributi Inps

Un vantaggio non da poco per quanto riguarda i contratti di solidarietà è quello dei versamenti contributivi che il datore di lavoro deve effettuare anche quando di attivano questi contratti. L’Inps ha già provveduto a illustrare l’operatività per i datori di lavoro. Ed energie che nel caso in cui siano adottati questi contratti di solidarietà, i datori di lavoro si devono attenere alla circolare n° 55 del 29 aprile scorso. Lo sgravio dei contributi da versare, pari al 35% nel caso di riduzione di orario superiore al 20% è confermata dall’istituto nazionale di previdenza sociale italiano.

Tutte le procedure in una circolare

Una circolare completa questa dell’Inps, in cui vengono illustrate le procedure operative a tutto tondo, sia per quanto riguarda la durata dello sgravio che per ciò che concerne il calcolo della riduzione e tutte le altre agevolazioni previste. La normativa quindi prevede una riduzione dei contributi Inps pari al 35% per ogni lavoratore che rientra nel contratto di solidarietà ed è oggetto di una riduzione dell’orario di lavoro pari ad almeno il 20%. La circolare riguarda le aziende che hanno aperto al contratto di solidarietà entro il 30 novembre del 2020.

Email e account social: l’azienda può controllare quelli dei lavoratori?

Molto spesso ci si chiede quali sono i limiti di controllo sul proprio dipendente in azienda. Possono le e-mail e gli account social di un lavoratore essere controllati dal proprio datore di lavoro? Scopriamo qualcosa di più sull’argomento.

Controllo sul lavoratore, cosa c’è da sapere

Partiamo col dire che un dipendente aziendale dovrebbe esimersi dall’utilizzare social ed e-mail personale durante le ore di lavoro, sebbene una sbirciatina sia lecita concederla durante qualche pausa.

Ma dove finisce il limite di libertà e privacy per un dipendente? Può essere controllato dal proprio datore di lavoro?

Stando a normative giuridiche, il datore di lavoro può stabilire delle regole sull’uso del pc a scopo personale o su eventuali «distrazioni» durante il turno di lavoro. Tuttavia, il dipendente deve ben essere conscio dei rischi che corre. A tal proposito, l’azienda è obbligata a mettere a disposizione del lavoratore la propria policy con diritti e doveri e con la modalità in cui potranno essere fatti dei controlli su quello che il personale fa durante il giorno. Andiamo a scoprire nel dettaglio se e come l’azienda può verificare e-mail e social al lavoro.

Policy aziendali, cosa sono?

Quando si parla di policy aziendale si parla di un regolamento interno o noto come codice di condotta che sia in linea con quanto disposto dallo Statuto dei lavoratori e che va rispettato dentro e fuori il luogo di lavoro. Solitamente, viene consegnata al dipendente al momento dell’assunzione.

Quindi con la policy vige un duplice intento, quello di garantire una gestione efficiente del personale ed evitare che i dipendenti, con il loro comportamento durante la giornata di lavoro o in un contesto esterno possano nuocere all’immagine e agli interessi dell’azienda.

Dunque, la policy aziendale contiene le regole di comportamento dei dipendenti, andando a riassumere. E, quindi vi sono incluse anche quelle che riguardano l’uso di e-mail e social al lavoro che, come accennato, avviene con strumenti messi a disposizione dei dipendenti dal datore affinché possano svolgere la loro attività.

Cosa può controllare l’azienda

Andiamo, però, in merito alla questione a vedere cosa può effettivamente controllare l’azienda riguardo all’uso del computer del dipendente.

Dunque, possiamo dire che l’ azienda può entrare in maniera legittima nella casella di posta elettronica aziendale del lavoratore utilizzando la password che ha il diritto di chiedere a chi custodisce le parole chiave dei diversi account. Ma il datore non può in nessun caso controllare la posta privata del dipendente.

Anche controllare costantemente la cronologia del proprio dipendente, sul computer può rivelarsi un abuso.

A tal proposito, la dignità e la libertà del lavoratore devono essere sempre e comunque salvaguardate, a meno di avere, ad esempio, dei concreti indizi su un’eventuale attività illecita del dipendente attraverso i dispositivi aziendali.

I social sono vietati al dipendente?

A tale questione, possiamo dire che si può in modo legittimo individuare preventivamente una lista di siti che possono essere visitati per motivi professionali, così come attuare un blocco su altri come, ad esempio, quelli che consentono l’accesso a social network o ad esempio servizi di messaggistica o di download. Una opzione che il datore può adottare pure per motivi di sicurezza, cioè per evitare che i dispositivi rimangano infettati da virus che possano compromettere la rete aziendale.

Quindi, come detto il controllo può riguardare anche l’accesso dei dipendenti ai social network.

Questo comporta non soltanto di accertarsi della frequenza con cui ci si collega a Facebook, o ad altri social network, ma anche per verificare il contenuto dei post pubblicati dai lavoratori, in modo da potersi tutelare da eventuali rischi che rovinino l’immagine dell’azienda.

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alla questione.

Corsa dei prezzi inarrestabile, in arrivo il nuovo pacchetto aiuti

La corsa dei prezzi inarrestabile, soprattutto delle materie prime. Nel frattempo pronto un nuovo pacchetto aiuti, ecco di cosa si stratta.

Corsa dei prezzi inarrestabile, la pasta diventa un lusso

Il fine settimana è spesso dedicato a fare la spesa. Ma per molte famiglie ci sarà ancora un amaro in bocca, visto che la corsa dei prezzi è ancora inarrestabile. Se da una parte il prezzo della benzina sembra essere calmierata, grazie agli interventi sulle accise, dall’altro riempire il carrello sta diventando sempre più difficile. E i volantini con i prodotti in promozione, sono sempre più presi d’assalto, all’interno dei supermercati. Almeno così si tenta di portare a casa la spesa per tutta la famiglia

Tuttavia l‘inflazione è aumentata di +6.2% ad aprile, rispetto a +6,5% di marzo 2022. E questo si riflette proprio sui prodotti alimentari, cura della persona e della casa. Gli aumenti sono sempre più sottolineati dalla associazioni di consumatori che attestano una situazione sempre più preoccupante. Anche perché non sempre sono giustificati, ma in che senso?

I prezzi aumentano, ma spesso non sono giustificati

Sembra che la corsa dei prezzi inarrestabile non è sempre giustificabile. Infatti il conflitto tra Russia ed Ucraina ha squilibrato il mercato del grano tenero. Mentre l’aumento del prezzo del grano duro, per fare la pasta, non ha giustificazioni. Visto che entrambi i Paesi soddisfano solo il 2% della domanda mondiale. Eppure i prezzi continuano a salire e la pasta è l’elemento base, soprattutto dell’alimentazione degli italiani.

Tuttavia anche il PIL registra valori negativi e cioè -0.2% nel primo trimestre del 2022. A dire il vero dovrebbe essere una notizia positiva, visto che secondo il documento di economia e finanze, il valore del Pil avrebbe dovuto essere -0.5%. Una previsione meno negativa di quello che ci si aspettava, ma del resto orami non è più facile programmare nulla in economia.

Corsa dei prezzi inarrestabile ed il  pacchetto aiuti

Nel frattempo il Governo è al lavoro sul nuovo pacchetti aiuti. Questo dovrebbe contenere sia il decreto energia che nuovi aiuti per i dipendenti che hanno un reddito inferiore a 35 mila euro. Anche la Banca d’Italia dice la sua, consigliando al governo di non aumentare la quota del debito. Anche perché secondo l’istituto bancario, sono sempre più le famiglie in difficoltà.

In realtà occorre anche un pacchetto di aiuti per le imprese che devono fare i conti negli aumenti di gas ed energia. In difficoltà anche le imprese edili, che registrano aumenti anche nel cemento, calcestruzzo ed altri materiali utili per le costruzioni. Ma nel nuovo decreto aiuti ci si aspetta interventi sulle bollette, con le misure anti-aumenti prorogate anche nel terzo trimestre; sulla benzina, con il taglio delle accise fino alla fine di giugno, esteso anche al metano.

Nel frattempo si punta anche alle energie alternative, almeno è quanto dichiarato dal Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani. Ma forse le imprese vanno anche sostenute proprio per mettere in sicurezza i posti di lavoro, che sono la base su cui si reggono le famiglie. Anche perché se non si proteggono i lavoratori, si rischia davvero di trovarci in una situazione economica difficile.

 

 

Pagamento in contrassegno: come funziona e di cosa si tratta

Spesso si sente parlare di pagamento in contrassegno, ma non tutti sanno cosa si intende con questa modalità di pagamento. In questa rapida ed esaustiva guida vi spiegheremo di cosa si tratta e come funziona.

Pagamento in contrassegno, cosa vuol dire

Sostanzialmente, quando si parla di pagamento in contrassegno si fa riferimento ad un pagamento che avviene al ricevimento di un ordine, quindi alla riscossione di pagamento alla consegna.

Di solito, quando si fanno acquisti a distanza, su internet ad esempio, il contrassegno è uno dei metodi previsti, anche se spesso si acquista con carta di credito, pagando al momento dell’ordine.

In questo caso, invece il pagamento avviene al ricevimento del “pacco” o comunque del prodotto, vediamo nello specifico nel prossimo paragrafo cosa c’è da sapere nello specifico.

Pagamento in contrassegno, come funziona

Dunque, quando si parla di pagamento con contrassegno come detto poco sopra si fa riferimento al pagamento alla consegna, ovvero quando si riceve fisicamente il prodotto. Questo vuol dire che non viene fatto alcun versamento al momento dell’ordine ma, direttamente quando la merce arriva nelle mani del cliente. In quel momento, il corriere od il postino – quindi chi sta effettuando la consegna – richiede il pagamento per consegnare il prodotto acquistato online. Tale pagamento in contrassegno può avvenire in tre diversi modi che vediamo di seguito:

  • in contanti;
  • con assegno circolare;
  • con carta di credito, debito o prepagata tramite POS.

Ci sono limiti di importo nel pagamento in contrassegno?

Una domanda molto frequente che il consumatore si pone è se vi sono limiti di pagamento, inerenti all’importo, quando si paga in contrassegno.

La risposta, sostanzialmente a questa domanda è si, vi sono limiti dettati dalle diverse modalità.

Siccome, il pagamento in contrassegno può essere fatto tramite contanti, assegni o carte, non tutti gli importi possono essere pagati con questo metodo. Per fare un esempio, Poste Italiane prevede un importo massimo di 3 mila euro per il contrassegno, con la possibilità di pagare in contati soltanto fino a 258,23 euro.

Quando si verificano pagamenti di un valore superiore viene lasciato l’avviso di giacenza, per cui il destinatario, ovvero il cliente che acquista il prodotto dovrà recarsi presso l’ufficio incaricato per il ritiro e il pagamento.

Pro e contro del pagamento in contrassegno, vediamone alcuni

Pur se un tempo il pagamento in contrassegno era piuttosto utilizzato, oggi è usato sempre di meno per una serie di motivi che elenchiamo di seguito.

  • Costo elevato: infatti le spese di spedizione vengono, talvolta maggiorate quando si utilizza questo sistema perché le Poste, o il corriere, mettono una tassa sul servizio al venditore.
  • Richiede necessità di avere con sé i contanti, con tutti i rischi che ciò comporta e la scomodità di ricordarsi di ritirare i soldi e averli pronti al momento della consegna.
  • Anche se non indispensabile, è utile la presenza del compratore al momento del ritiro, mentre un pacco/prodotto già pagato può essere lasciato in palazzo, o fuori alla porta, se già pagato, pure in assenza dell’acquirente.

Ma quali possono essere invece i vantaggi, lo vediamo di seguito.

  • Quando non si è certi della serietà del venditore si evitano rischi di pagare prima;
  • Diventa una valida alternativa per chi non si fida a pagare online con carta di credito o non dispone di strumenti adatti agli acquisti online.

Dunque, questo è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito al pagamento in contrassegno.