BCE: si va verso il rialzo dei tassi con ripercussioni su imprese e famiglie

Annunciata da Christine Lagarde, Presidente della BCE, la nuova politica monetaria europea con cessazione delle politiche di Quantitative Easing, rialzo del costo del denaro e neutralità dei tassi. Non mancano piccoli richiami all’Italia per il debito pubblico.

Le politiche monetarie espansive della BCE

Negli anni appena trascorsi la BCE ha adottato politiche economiche monetarie espansive con il Quantitative Easing che aveva l’effetto finale di abbassare il costo del denaro, sceso a -50%. La politica espansiva aveva l’obiettivo di sostenere le imprese negli investimenti concedendo denaro con tassi di interesse molto bassi. L’effetto è stato un deciso sostegno all’economia perché le imprese avevano facilità di investimento e crescita mentre le famiglie hanno sfruttato il costo del denaro contenuto per l’acquisto di casa. Ora la BCE, attraverso il blog di Christine Lagarde, ha reso noto che si va verso la neutralizzazione della politica monetaria, questo implica che si scioglieranno le briglie della politica monetaria lasciando così i tassi andare seguendo le leggi di mercato.

Le tappe per la nuova politica monetaria verso la neutralizzazione dei tassi

Ci saranno diverse tappe, la prima è un piccolo rialzo dei tassi di interesse nel mese di luglio 2022, la percentuale molto probabilmente sarà 0,25%. Si tratta del primo aumento dopo 11 anni di politica monetaria espansiva. Ricordiamo che la base di partenza è l’attuale -0,50%. Si passerà quindi a un -0.25%. Il secondo passo sarà fatto nel mese di settembre con un nuovo rialzo di 0,25%, si arriverà quindi a quota zero.

Il passo successivo sarà la neutralizzazione, quindi la BCE non interverrà, questo secondo il Governatore della Banque de France François Villeroy de Galhau porterà i tassi ad attestarsi naturalmente intorno al 2%.

C’è anche chi ritiene, ma le probabilità sono minori, che già nel mese di luglio 2022 si procederà a un aumento del costo del denaro dello 0,50%.

Politica BCE: cosa cambia per imprese e famiglie?

Per imprese e famiglie questo implica maggiori costi, infatti le imprese dovranno pagare tassi di interesse più alti per ottenere credito da investire nelle attività, le famiglie vedranno invece aumentare i tassi di interesse per i mutui, l’aumento si riverserà sia sul tasso variabile sia sul tasso fisso. I tassi dei mutui, come risaputo, negli ultimi mesi hanno già subito degli aumenti, proprio per questo per chi ha intenzione di comprare casa questo potrebbe essere l’ultimo periodo per farlo a prezzi leggermente più contenuti, non certo quelli degli anni passati, ma una sorta di equilibrio tra due eccessi.

Naturalmente non mancano preoccupazioni, infatti molti temono che questa politica neutrale della BCE possa dare un’ulteriore spinta all’inflazione. I dati sono preoccupanti in tutta Europa: è stato rilevato che il 75% dei beni inseriti nell’indice Eurostat ha avuto un incremento dei prezzi. Non si tratta più di due soli settori (alimentare ed energetico) ma un aumento strutturale dei prezzi. Segno che l’inflazione è ormai conclamata e non si tratta di un “evento” della durata di pochi mesi e destinato a rientrare senza particolari conseguenze sull’economia della zona Euro.

Seguono gli aumenti dei salari negoziati che hanno registrato nelle rilevazioni trimestrali un aumento del 2,82%. Questo innesca una spirale, sono altamente probabili nuovi aumenti di prezzi gestiti soprattutto dalle aziende che adottano la pricing power, cioè il potere di determinare la politica dei prezzi, queste infatti tenderanno a scaricare gli aumenti subiti (salari, energia, costo del denaro) sui consumatori. Il rischio è che si generino nuove fasce di povertà.

Effetti sull’Italia della nuova politica monetaria

Da più parti si sottolinea che diventa essenziale monitorare l’andamento dell’inflazione su cui potrebbe incidere rovinosamente la politica monetaria neutrale che la BCE sta promuovendo. A pagare il prezzo più alto potrebbe essere prorpio l’Italia a causa del debito pubblico particolarmente elevato , il secondo più alto dell’Eurozona in rapporto al PIL, dopo la Grecia. A essere preoccupata non è solo l’Italia, ma anche altri Paesi dell’Unione Europea, le Colombe, che chiedono come contropartita un piano anti-spread osteggiato dai Falchi.

L’adozione di esso è molto probabile perché già nei mesi passati, quando, sollecitata sull’argomento, Lagarde sottolineò che non era compito della BCE controllare lo spread ci fu un crollo della Borsa di Milano.

Nelle ultime rilevazioni di aprile deve essere notato che nonostante gli standard di concessione dei prestiti si siano irrigiditi, la domanda di credito da parte delle imprese regge, questo vuol dire che l’economia è ancora in salute, ma deve resta la necessità di contenere la spirale dei prezzi.

Nadia Pascale

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