La Corte di Cassazione con l’ordinanza 17946 del 1° giugno 2022 ha sottolineato alcuni principi fondamentali per il rapporto tra contribuente e commercialista, in particolare ha ribadito che vige da parte del contribuente che incarica il commercialista di svolgere gli atti dichiarativi l’obbligo di controllo sull’adempimento stesso.
La maggior parte dei contribuenti è abituata a delegare al proprio commercialista l’adempimento degli obblighi dichiarativi, questo soprattutto nei casi in cui i modelli pre-compilati non sono disponibili oppure quando è necessario effettuare delle integrazioni, ma cosa succede nel caso in cui pur avendo delegato al commercialista l’adempimento, lo stesso non ottempera? Chi deve pagare eventuali sanzioni? A precisarlo è la Corte di Cassazione.
Nell’ordinanza in oggetto, cioè la 17946 del 2022 sono affrontati diversi temi, ma in questo caso ci concentriamo su uno solo dei punti di doglianza che il contribuente ha presentato nell’impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale davanti alla Corte di Cassazione. In particolare il contribuente lamenta inesatta applicazione delle sanzioni in quanto l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi andava esclusivamente imputata alla condotta fraudolenta del consulente.
La Corte di Cassazione sul punto ha rilevato che grava sul contribuente l’obbligo di svolgere attività di controllo sulle “decisioni assunte in sua rappresentanza”, sottolinea la Corte che non basta la querela nei confronti del presunto responsabile del fatto a sollevarlo da tale responsabilità. Continua statuendo che al fine di essere esenti da tale responsabilità “grava sul contribuente ai sensi dell’art. 5 del DLgs. n. 472 del 1997 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza”.
Inoltre la Cassazione sottolinea che la responsabilità del contribuente è esclusa nel caso in cui si manifesti un comportamento fraudolento del professionista volto a mascherare la propria condotta in danno del contribuente stesso. In tutti gli altri casi resta comunque una condotta illecita del contribuente con tutte le conseguenze che si verificano in caso di evasione fiscale.
Tale ordinanza va nella stessa direzione di precedenti pronunce della Corte di Cassazione, come nel caso dell’ordinanza 28291 del 2020 . Anche in questa pronuncia il Giudice sottolinea che grava sul contribuente l’onere di provare “assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza”. Affinché il contribuente sia sanzionabile, sottolinea, non è necessario che ci sia un comportamento doloso da parte del contribuente, basta un mero comportamento negligente.
Non serve neanche la buona fede, l’unica esimente è l’essere incorso in errore inevitabile non superabile con l’uso della normale diligenza. Anche in questo caso si esclude la responsabilità del contribuente nel caso in cui ci sia stata una condotta fraudolenta del consulente/commercialista consegnando una documentazione falsa in cui si attesti la presentazione della dichiarazione e il versamento dei tributi per conto del cliente/contribuente.
Il collegio giudicante nell’ordinanza 2891 dell’11 dicembre 2020 sottolinea che il contribuente non assolve ai suoi obblighi nei confronti del fisco attraverso il mero affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, ma è tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto.
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