Conto corrente cointestato, come si gestisce l’eredità del defunto

Conto corrente cointestato tra più persone, come si gestisce quando si tratta dell’eredità di un defunto? Ecco la risposta per recuperare le somme.

Conto corrente cointestato, che cos’è?

Il Conto corrente cointestato è un conto corrente in cui i titolari sono due o più persone. Ogni persona ha gli stessi diritti nella gestione del conto. In altre parole ogni persona può ritirare o versare il denaro ed effettuare pagamenti. Esistono due tipi di conto corrente cointestati. A firma disgiunta implica che sul conto stesso possono operare tutti i soggetti con pari diritti. A firma congiunta per compiere le operazioni è necessaria la presenza di tutti i cointestatari per le operazioni di prelievo, emissione di assegni e disposizione di bonifici.

Ma cosa succede quando muore uno dei cointestatari? Secondo quanto stabilito dalle leggi in vigore, in caso di morte di uno dei titolari, i titolari supersiti devono comunicare all’istituto l’avvenuto decesso, in modo che la stessa possa congelare la quota del defunto in vista della divisione dell’eredità tra tutti gli eredi legittimi.

Il conto corrente cointestato va in successione?

La Sig.ra M. ha sollevato un dubbio in merito al conto corrente cointestato. “Mia madre e mio padre avevano un conto cointestato con una somma importante. Purtroppo mia madre è venuta a mancare e mio padre ha avvisato l’istituto del decesso, contro il nostro volere. Io e mio fratello che siamo gli unici eredi siamo andati a reclamare i nostri soldi ma non c’è stata data possibilità di prenderli. Per lo più c’è stato detto che dobbiamo fare la successione, pagarla noi, e solo dopo avere i soldi che sono di mia madre. E’ possibile che si trattengono i nostri soldi?”.

Innanzitutto dobbiamo fare una distinzione tra cointestatario ed eredi. La legge dice che in caso di morte di un cointestatario l’altro superstite ha l’obbligo di comunicare l’avvenuto decesso. Quindi il padre della Signora M, ha rispettato la legge. A questo punto la quota del defunto viene congelata e poi divisa a seguito della successione agli eredi.

L’importanza della dichiarazione di successione

Nel caso di un conto corrente cointestato a firma congiunta, se uno dei cointestatari muore, gli altri non possono riscuotere le somme che spettano o fare altro fino a quando non è stata predisposta la dichiarazione di successione.

Nel caso, invece, di conto corrente cointestato a firma disgiunta, la parte delle somme del defunto presente sul conto viene acquisita per il 50% dagli altri cointestatari e per il 50% dagli eredi della persona venuta a mancare e in questo caso la banca congela solo la parte delle somme spettante agli eredi e per cui serve presentare la dichiarazione di successione ereditaria, lasciando agli altri titolari del conto la possibilità di disporre completamente delle somme spettanti.

Quindi in ogni caso, la Sig.ra M deve fare una dichiarazione di successione in cui vengono nominati gli eredi. Poi recarsi all’istituto e far sbloccare la somma. Successivamente riscuotere la propria parte, in relazione alla quota di possesso in base se il conto corrente cointestato è a firma congiunta o disgiunta.

 

Contratto di locazione scaduto, come e quando si deve rinnovare?

Il contratto di locazione scaduto può essere rinnovato, o prorogato. Ecco la differenza tra le due operazioni e quando devono essere svolte.

Contratto di locazione scaduto, cosa si deve fare?

Il contratto di locazione ha una durata che viene indicata all’interno dello stesso contratto. Qualora le parti decidono di proseguire possono prorogarlo. La proroga è il prolungamento della durata del contratto per un periodo ulteriore che deve essere obbligatoriamente comunicata all’Agenzia delle entrate.

Al pari della prima registrazione si calcola di 2% del canone annuo che può essere versato in unica soluzione o annualmente. Inoltre l’imposta di versa entro 30 giorni dalla scadenza del contratto attraverso:

  • l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia delle entrate e richiesta di addebito dell’importo su conto corrente;
  • con modello F24 elide (Elementi identificativi) con il tributo 1504.

Tuttavia si ricorda che in caso di contratti pluriennali, oggi anno occorre fare il rinnovo attraverso il pagamento l’imposta di registro può essere anche annualmente. Il versamento può essere effettuato:

  • utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web) tramite richiesta di addebito su conto corrente
  • con il modello F24 Elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1501.

L’imposta di registro non si applica nel caso in cui le parti decidano di sottoscrivere un contratto in regime di cedolare secca. 

Contratto di locazione scaduto, cosa si intende?

A volte si utilizza la parola “scaduto” per definire un contratto che ha finito la sua durata, oppure per contratti pluriennali che hanno solo bisogno di essere rinnovati con il pagamento dell’imposta di registro. Vediamo un caso specifico di errore comune.

La Signora V. ha sottoscritto a gennaio 2021 un contratto di locazione con di durata 4+4 per un immobile che le piaceva tantissimo. Al momento della sottoscrizione ha regolarmente registrato il suo accordo presso l’Agenzia delle entrate, pagando il 2% del suo canone annuo per tutto il 2021. Affitto mensile 500 euro. Il suo contratto scadrà nel 2005, ma poi essere rinnovato con modo tacito. A questo punto ci chiede cosa deve pagare a gennaio, visto che il suo contratto è scaduto a dicembre?. E perché deve ripagare 120 euro all’anno divise con il suo proprietario?”.

Rassicuriamo che il contratto della Signora V, non è scaduto per nulla, ma lo farà nel 2025. Ma la tassa che ha pagato nel 2021 è solo l’imposta al 2% del canone annuo che deve essere versata con modello F24 elide tutti gli anni. Il calcolo è molto semplice 500 euro di affitto moltiplicati per 12 mesi, dà un importo di 6000 euro. A tale somma si calcola il 2% del canone annuo, da cui si ottiene 120 euro. E’ il valore dell’imposta annua del contratto della Signora V, che deve pare diviso a metà tra il proprietario, cioè 60 euro ciascuno. Si paga con ModelloF24 elide e causale 1501 come annualità successiva alla prima registrazione.

Cosa occorre fare nel 2025?

Ebbene il contratto della Signora V. scadrà nel 2025. Sei mesi prima può decidere il recesso del contratto, comunicandone disdetta attraverso una raccomandata, oppure prorogarlo per altri 4 anni come prevede la normativa sulle locazioni. Nel caso specifico, le parti possono prorogare di altri 4 anni, e la nuova scadenza sarà nel 2029. Ma occorrerà sempre dare comunicazione all’Agenzia delle entrate, attraverso il modulo RLI. Il modello Rli denominato Registrazione Locazioni Immobili (RLI) serve per richiedere all’Agenzia delle entrate la registrazione dei contratti di locazione ed affitti di immobili. Ma il modulo serve anche per comunicarne eventuali proroghe, risoluzioni, cessioni o subentri. La tassazione annuale dell’imposta rimarrà sempre al 2% del canone annuo.

 

Vendere casa, si può prima dello scadere del mutuo

Vendere casa è sempre un momento che prevede tanti interrogativi. Soprattutto quando ancora c’è un muto in corso da dover finire di pagare.

Vendere casa, si può fare se si ha un mutuo?

Vendere casa è un momento importante, tanto come acquistarla. Ma è possibile farlo se c’è il mutuo? La risposta è abbastanza semplice ed è Si. Questo perché l’unico proprietario dell’immobile è solo il suo intestatario. Solo lui può disporne secondo le sue esigenze. Quindi se decide di vendere a terzi la propria casa, nessuno può vietarlo.

E’ anche vero che l’istituto di credito che ha concesso il mutuo, iscrive sull’immobile stesso una ipoteca. Questa serve solo a garantirsi che possa rientrare in possesso del denaro prestato e degli interessi ad esso connesso. Ipoteca che sarà la stessa banca a cancellare quando il mutuo sarà estinto.

Vendere casa, un caso particolare

Il Sig. D. ci propone il seguente quesito: “Vivo in un bivani nel centro di C. Quando l’ho preso aveva un buon prezzo e così ho richiesto un mutuo a 20 anni che mi hanno concesso. L’ho sempre pagato, ma nel frattempo mi sono sposato e nella mia famiglia si è arrivato anche il mio primo figlio. Adesso io e mio moglie vorremmo il secondo, lo spazio è davvero piccolo ed avrei bisogno di un nuovo appartamento. Il mio mutuo però non è ancora scaduto, posso vendere casa? Vorrei andare in banca, avendo le idee più chiare”.

Questo è uno dei casi più classici che accade in Italia. Un immobile diventa troppo piccolo e quindi occorre una casa più grande, ma cosa fare se c’è il mutuo? Si può vendere lo stesso, come abbiamo detto, ma ci sono più strade da seguire per risolvere il problema. Ma una cosa è certa il compratore si deve avvisare. Infatti quando si presentano i documenti, anche per essere valutati dal Notaio, occorre specificare la situazione in merito.

Come eliminare il mutuo prima della vendita?

Una delle strade è quella di andare presso la propria banca e, se si hanno le disponibilità finanziare, estinguere il mutuo e quindi liberare a tutti gli effetti l’immobile. Mentre un’altra ipotesi è quella che l’acquirente possa accollarsi il debito, ed entrare come nuovo debitore della banca, alle sue stesse condizioni. L’acquirente della casa consegnerà un assegno dell’importo pari alla somma rimanente del mutuo, comprendente anche eventuali penali, che verrà rilasciato alla banca che ha concesso il prestito, permettendo così di dichiarare estinta l’ipoteca.

Anche nel caso in cui il potenziale acquirente abbia bisogno di un mutuo può sempre richiederlo presso il proprio istituto. Quest’ultimo provvederà a dare alla banca creditrice la parte restante ai fini dell’estinzione del debito. Se dovesse eccedere denaro, rispetto al prezzo questo è dato al proprietario dell’immobile. Spesso sono le stesse banche a mettersi in contatto e procedere con questa modalità.

Infine se l’immobile è una seconda casa, è possibile venderla in qualsiasi momento. Se, invece, la propria intenzione è vendere la prima casa con mutuo e comprarne un’altra e l’immobile in questione è stato acquistato con il Bonus Prima Casa, la vendita non è consentita prima di 5 anni.

Agibilità o abitabilità, è possibile comprare casa senza questo documento?

L’agibilità o abitabilità è un documento molto importante negli edifici. Ma si può comprare una cosa che non ha questo tipo di certificato?

Agibilità o abitabilità a cosa servono?

Abitabilità o agibilità prima erano due termini usati per indicare due documenti diversi. Ad esempio il primo riguardava l’autorizzazione ai fini igienico sanitari e quindi l’abitabilità. Mentre il secondo era usato per gli immobili non residenziali. Oggi non è più così. Infatti il legislatore li ha uniti sotto un’unica voce “Agibilità“. Tuttavia possiamo dire che il certificato di agibilità è un documento che attesta la presenza delle migliori condizioni di igiene, sicurezza, salubrità e risparmio energetico all’interno di un immobile.

L’agibilità è rilasciata dal Comune in cui ha sede l’immobile, con una semplice richiesta di accesso agli atti, presentata all’Ufficio Tecnico Comunale. Questo permette di averne copia, se è già stato rilasciato, altrimenti occorre affidarsi ad un Tecnico per capire il motivo del mancato rilascio.

Agibilità o abitabilità, la commerciabilità giuridica

Questa è una domanda che di frequente viene fatta da un potenziale compratore che si trova nella seguente situazione, come il caso della Sig.ra N.

“Sono alla ricerca di un immobile da acquistare, 3-4 vani. Ho fatto tantissime visite, con agenzie immobiliari diverse, e ne ho trovato uno molto interessante. Il prezzo era davvero interessante, così sono andata a vederlo, insieme a mio marito, ed abbiamo deciso che faceva al caso nostro. Purtroppo però portando i documenti in banca, ci rendiamo conto che la casa non ha il certificato di abitabilità o agibilità. Il consulenze finanziario mi ha fatto capire che probabilmente il mutuo non può essere accettato. Quindi non posso comprarla. Ma se non avessi avuto bisogno di mutuo, avrei potuto comprarlo? E’ possibile vendere o comprare un immobile senza questo certificato?”

Nella compravendita immobiliare l’agibilità non incide sulla “commerciabilità giuridica” dell’immobile in quanto non costituisce requisito essenziale per procedere alla valida conclusione del contratto sia in fase si preliminare che di atto finale davanti al Notaio. Quindi si un immobile che non ha questo certificato può essere anche acquistato, ma attenzione il compratore deve dichiarare di essere espressamente a conoscenza di questa carenza. Quindi se il compratore non ne è a conoscenza, può rifiutarsi di dare seguito alla compravendita.

La scelta della banca è lecita

Stabilito che un immobile senza agibilità può essere compravenduto, se chi lo acquista ne è a conoscenza, vediamo il rifiuto della banca. La banca può rifiutare di erogare mutuo in merito alla situazione dell’immobile, anche per questo dispone la “perizia” da parte di un tecnico. Nel caso di qualche abuso edilizio, irregolarità o mancanza di concessioni importanti nessuno può obbligare l’istituto di credito a mutuare. Tra queste c’è l’agibilità, pertanto una banca può rifiutarsi di concedere mutuo su un immobile che non è fornita di questo documento.

 

Affitto a studenti universitari, i tempi e i modi del recesso anticipato

L’affitto a studenti universitari prevede la stipula di un contratto di locazione tra il proprietario di casa e lo studente, ma cosa funziona il recesso anticipato?

Affitto a studenti universitari, come funziona il recesso?

Il contratto di affitto a studenti universitari è quel contratto in cui una parte locatore (proprietario dell’immobile) concede in locazione il proprio immobile a studenti che frequentano un corso di studi universitari o equipollenti. Il contratto va regolarmente compilato in tutte le sue parti e registrato presso l’Agenzia delle entrate.

Tuttavia qualora una delle parti desideri chiedere la risoluzione anticipata del contratto può farlo. Questo deve avvenire attraverso una comunicazione di disdetta, da comunicare almeno con tre mesi di anticipo, rispetto alla scadenza del contratto. Tuttavia le parti possono prevede che l’inquilino possa lasciare l’immobile, perché ad esempio non vuole più seguire quel corso di studi dandone comunque preavviso, con lettera raccomandata o pec.

Affitto a studenti universitari, il recesso anticipato quando si vuole lasciare l’università

Il Sig. A proprietario di un immobile, regolarmente affittato a studenti universitari, ci manda la seguente email per chiederci un consiglio in tema di recesso anticipato.

Buongiorno, mi ha contattato la mamma di uno dei ragazzi a cui ho locato casa, dicendomi che suo figlio vuole lasciare l’università e quindi la casa. Voleva sapere cosa fare e se deve mandarmi una raccomandata o pec. Come devo gestire i tempi e le mensilità che mi deve e non deve? Nel contratto è specificato che possono recedere in qualsiasi momento, ma con un preavviso di 90 giorni. Come devo gestire il subentro di un’altra persona visto che già c’è un collega pronto a sostituirlo?

In merito alla comunicazione possiamo subito dire che si deve dare una comunicazione tramite pec o raccomandata, almeno tre mesi prima della scadenza contrattuale. Ma se il contratto prevede la possibile di recedere in qualsiasi momento, occorre solo rispettare il limite di preavviso dei 90 giorni. Il conduttore dovrà pagare tutti i mesi fino al termine del periodo di preavviso e vedersi restituito la caparra iniziale, se non ci sono danni.

Alcune precisazioni in merito al subentro

Come stabilito dal Decreto del 5/03/1999 e il D.M. del 30/12/2022 il locatore può trovarsi di fronte a due possibili situazioni:

  • Recesso di un conduttore senza subentro – In questo caso è opportuno presentare apposito modello RLI all’Agenzia delle Entrate per comunicare il recesso parziale del conduttore;
  • Recesso di un conduttore con subentro – Nel caso in cui oltre al recesso parziale dal contratto, vi sia anche il subentro nello stesso da parte di un nuovo studente, è necessario che questi accetti le condizioni del contratto originario. In questo caso il consiglio è di stipulare un atto integrativo al contratto originale dove lo studente dà la propria accettazione a tutte le clausole vigenti. Anche in questo caso il subentro va dichiarato con il modello RLI e presentato all’Agenzia delle entrate.

 

Locazioni commerciali e annualità successive: Agenzia delle Entrate e mancato rinnovo

Le locazioni commerciali e le annualità successive a volte necessitano di alcuni  chiarimenti, ecco cosa ci chiede oggi una lettrice e la risposta dell’esperto.

Locazioni commerciali e annualità successive, ogni anno si pagano?

Quando si sottoscrive un contratto di locazione commerciale la durata è di sei anni più sei di solito. Al momento della sottoscrizione del contratto le parti si accordano su tutte le clausole e si provvedere alla registrazione presso l’Agenzia delle entrate. Questo prevede il pagamento dell’imposta di registro che può essere effettuata alternativamente:

  • di anno in anno, fino alla scadenza;
  • in unica soluzione per l’intera durata.

L’importo è pari al 2% sul canone di locazione annuale nel primo caso e moltiplicato per gli anni nel caso di intera durata. L’importo si paga al 50% tra il locatore ed il conduttore.  Ma cosa può succedere se non si paga questa tassa? E questa è la domanda della nostra lettrice.

Locazioni commerciali, il problema che può sorgere

La lettrice Signora P. ci manda una mail in merito ad un contratto di locazione commerciale che ha sottoscritto e alla ricezione di due  raccomandate da parte del fisco. Ecco cosa racconta al Sig.ra P:

Nel 2019 ho sottoscritto un contratto di locazione commerciale per una bottega di mia proprietà. Il contratto di locazione è stato subito regolarmente registrato presso l’Agenzia delle entrate. La durata è di sei anni, quindi la scadenza prevista è nel 2025. Ed io ogni anno ho pagato le tasse sulla locazione nella dichiarazione di reddito, come ha indicato il mio caf. Purtroppo oggi, 2022, mi sono arrivate due raccomandate dall’agenzia delle entrate per mancato rinnovo per annualità successive per gli anni 2020 e 2021. Ma perché se pago le tasse?

Mancato rinnovo annualità successive: chiarimenti

Facciamo un pò di chiarezza. Una cosa sono il pagamento delle tasse sui redditi percepiti derivanti da contratto di locazione che si pagano tramite la dichiarazione  e l’altra sono il pagamento delle imposte per le annualità successive alla prima sullo stesso contratto. Le raccomandate riguardavano il secondo aspetto. Infatti nei contratti di locazione commerciale occorre pagare il 2% sul canone annuale e lo si può versare tutti gli anni, oppure in unica soluzione (per la durata complessiva).

Se si sceglie di versare l’imposta di anno in anno è necessario provvedere spontaneamente al versamento per l’annualità successiva entro 30 giorni dalla scadenza della precedente annualità. Il versamento può essere effettuato:

  • utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web) tramite richiesta di addebito su conto corrente
  • con il modello F24 Elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1501.

Nel calcolo dell’imposta da versare si deve tener conto anche di eventuali adeguamenti del canone di locazione (ad esempio adeguamento ISTAT). Quindi la Sig.ra P. purtroppo non ha versato questa imposta per gli anni 2020 e 2021, e non può fare altro che pagare quanto voluto. E soprattutto deve ricordarsi che dovrà farlo, insieme al suo conduttore, ogni anno fino alla scadenza del contratto nel 2025.

Deposito prezzo nel preliminare di vendita: tutela per compratore

Il deposito prezzo è una prassi sempre più in utilizzo durante le compravendite immobiliari, cerchiamo di rispondere alla domanda di una lettrice.

Il deposito prezzo cos’è e quando si usa

Quando si compra un immobile c’è sempre un pò di paura nella sottoscrizione del preliminare e poi dell’atto di acquisto. Tuttavia in molti casi, è sempre più in uso, la formula del deposito prezzo. Con la legge sulla concorrenza (legge n. 124/2017, articolo 1, commi 63 e seguenti, entrata in vigore il 29 agosto) il legislatore ha previsto la facoltà dell’acquirente di richiedere il deposito del prezzo al notaio rogante. Questo fino a quando non sia effettuata la corretta trascrizione del contratto di compravendita. E’ lo stesso Notaio a trascrizione avvenuta a dare le somme al venditore.

Pertanto il deposito del prezzo non è altro che un diritto su istanza di una delle parti, o di entrambe, di depositare il prezzo indicato per la compravendita. E’ Una forma di tutela dell’acquirente. Questo dal punto di vista legislativo, ma adesso andiamo a rispondere al problema della nostra lettrice.

Questa strana clausola nel preliminare di vendita

La signora C. ci manda questa mail: Buongiorno, avrei bisogno di un consiglio. Circa un mese fa ho visionato un immobile che vorrei comprare e che sembra essere perfetto per le esigenze mie e della mia famiglia. Così mi reco in agenzia immobiliare, visiono i documenti ed insieme a mio marito decidiamo di fare una proposta di acquisto. Dopo circa una settimana l’agente ci chiama e ci dice che viene accettata. Noi siamo felici così procediamo per e chiediamo copia del preliminare prima di sottoscriverlo. 

Va tutto bene, fino a che non ci troviamo questa clausola: Le parti si riservano, sin d’ora, la facoltà di avvalersi, in sede di stipula del
contratto di vendita, della garanzia del “deposito prezzo” di cui all’art. 1 comma 63 lettera c) della L. 147/2013 come modificato dall’art. 1 comma 142 della L.124/2017. Premesso che dal vostro articolo sul deposito prezzo ho capito cosa sia, ma perché lo trovo scritto se nessuno lo ha richiesto e nessuno me ne parlato? Tra due giorni devo firmare e non so cosa fare, potete aiutarmi?

La tutela per il compratore

Partiamo dal concetto di base che il deposito prezzo è una tutela a favore del compratore. Il preliminare è un contratto che contiene tutte le indicazioni che saranno poi osservate durante la compravendita davanti al Notaio. Quando si sottoscrivere una compravendita si diventa proprietari dell’immobile. Però dal quel momento, alla registrazione sul registri immobiliari a volte passa circa una settimana. Il deposito serve a proteggere dal rischio di trascrizioni o gravami tra la stipula e la trascrizioni dello stesso atto.

Tuttavia il deposito prezzo è una scelta facoltativa delle parti, nessuno può imporla. Ma è un’operazione sicura perché le somme versate dal compratore sono intestate al notaio e non al venditore. Sono depositate su di un conto corrente dedicato che ha acceso in banca con la destinazione “conto dedicato ai sensi della Legge 147/2013”. Pertanto procede in serenità a firmare il suo preliminare e tanti auguri per la nuova casa.

 

 

 

 

 

Imu e coniugi, rispondiamo ad un quesito di una lettrice

Imu e coniugi è un argomento che ha interessato una nostra lettrice, che ci ha chiesto un parere in merito alla questione. Ma è un caso molto comune, vediamo insieme.

Imu e coniugi, la domanda della lettrice

Il 30 maggio 2022 pubblichiamo un articolo sui coniugi che hanno delle residenze diverse e come pagare l’Imu in questa situazione. Ecco il quesito della nostra lettrice, la Signora G:

Io e mio marito abbiamo separazione dei beni e due residenze diverse. Lui ha una prima casa ed io non ho prima casa perché abito nella casa di mia mamma ( possesso 75% mia mamma 25% mia)  ma essendo coniuge erede la casa la dichiara lei e lei non paga imu. A novembre 2021 il comune di mio marito ha mandato una cartella retroattiva del 2017 per evasione imi sulla casa di mio marito ( importo elevatissimo considerando che più di un terzo e’ mora). Abbiamo fatto ricorso in autotutela ma il comune ce lo ha rigettato reputando che essendo sposati senza alcuna sentenza del tribunale i coniugi devono avere residenza unica. Mi hanno chiesto anche delle sentenze della cassazione dove si vede che situazioni analoghe alla mia hanno ottenuto l’esenzione.

Imu e coniugi, l’esperto risponde al dubbio

Il caso della Signora G. è davvero molto comune. E’ possibile che due coniugi possano vivere in due residenze diverse. Questo è servito per molti per eludere l’Imu proprio perchè è una prima casa per entrambi.
Il Decreto legge del 21 ottobre 2021, n.146 consente l’esenzione dall’imposta come abitazione principale per uno dei due immobili. Il decreto prevede che “nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relaziona al nucleo familiare si applicano solo per un immobile. L’immobile va scelto dal nucleo famigliare“.

Tra l’altro l’applicazione della legge ha anche effetto retroattivo, quindi è probabile che le arrivino le altre cartelle. Quindi in pratica conviene che per il comune lei e suo marito decidiate l”immobile oggetto di esenzione, gli altri vanno pagati, tutti. La norma parla di nucleo familiare, quindi non ha importanza la separazione dei beni, che di solito è più legata a motivi fiscali.

Ma la sentenza del 13 ottobre 2022 cambiale le carte in tavola

La sentenza della Corte Costituzione n.230 del 13 ottobre ha dichiarato illegittime le norme che prevedono il diritto all’esenzione IMU esclusivamente sull’abitazione che è sede della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del contribuente ma anche del proprio nucleo familiare. Quindi secondo questa nuova sentenza l’Imu sulla seconda casa non si paga solo se questa risulta essere la residenza anagrafica e dimora abituale del suo proprietario. Come dimostrarlo? Le bollette e i consumi permettono di dimostrare se l’immobile è abitato o meno.

Per ulteriori informazioni o dubbi è possibile scrivere a Cavaleri.francesca.agata@gmail.com, insieme alla Redazione di Infoiva cercheremo di essere d’aiuto.