Multiproprietà: cos’è, i costi e quando conviene usarla

La multiproprietà è un caso speciale di comunione. Ecco come funziona, i costi e quando conviene godere di questa opportunità.

La multiproprietà: cos’è?

La multiproprietà immobiliare è una comunione caratterizzata da un vincolo di destinazione e da una particolare modalità di “godimento turnario“. Essa conosce una larga diffusione nella comproprietà soprattutto di immobili destinati alla villeggiatura. Spesso sono unità abitative all’interno di condomini a cui è legato il diritto al godimento di un immobile per un determinato periodo di tempo. Ad esempio: si utilizza quel bene per 15 giorni durante le ferie, oggi anno.

La multiproprietà non è regolata da uno specifico articolo del codice civile. Bensì deriva da un’attuazione del d.lgs 427/1988 in materia di contratti con diritto di godimento su immobili per un determinato periodo. Per questo motivo la multiproprietà potrebbe configurarsi come una comproprietà che attribuisce il diritto di godimento in quote, in modo esclusivo. Online ci sono molti annunci sia di vendita, ma anche di partecipazione ad aste immobiliari, quindi non è difficile acquistarne una quota.

Ma quanto dura una multiproprietà?

La tutela del consumatore si estende ai contratti di multiproprietà di durata minima di 1 anno (3 anni nella disciplina previgente), aventi ad oggetto non più soltanto beni immobili (case, villette, ecc.) ma anche beni mobili nel caso in cui vengano adibiti ad alloggi (ad es., navi, roulottes, ecc.). Quando si acquista una multiproprietà deve essere anche fornito il formulario informativo che contiene:

  1. Il diritto oggetto del contratto (specificandone la natura obbligatoria o reale, usando solo in quest’ultimo caso il termine multiproprietà);
  2. l’identità del venditore (e del proprietario, se diversi);
  3. le caratteristiche dell’immobile determinato:
    1. Il bene e la sua ubicazione;
    2. La destinazione del bene;
    3. Il permesso edilizio e le leggi regionali;
  1. Per l’immobile non ancora determinato:
    1. Il permesso edilizio e le leggi regionali;
    2. Lo stato di avanzamento dei lavori e la data stimata di completamento;
    3. Lo stato di avanzamento dei lavori relativi ai servizi;
    4. Le garanzie per il rimborso dei pagamenti già effettuati in caso di mancato completamento. Su questo punto è previsto anche il pagamento di una polizza assicurativa.
  2. Il prezzo globale dell’operazione, inclusi:
    1. Iva;
    2. Stima delle spese individuali per l’uso dei servizi e delle strutture comuni;
    3. Base di calcolo degli oneri connessi all’utilizzo dell’immobile;
    4. le tasse da versare;
    5. Spese di gestione e condominiali;
    6. Spese di manutenzione e riparazione;
    7. Eventuali spese di trascrizione;
  3. Informazioni circa:
    1. Le modalità di esercizio del diritto di recesso con indicazione delle spese che l’acquirente, in caso di recesso, è tenuto a rimborsare;
    2. Le modalità di risoluzione del contratto di concessione del credito connesso al contratto, in caso di recesso.

E quanto costa?

Per rispondere a questa domanda occorre fare alcune precisazioni. Innanzitutto dipende dal tipo di immobile di cui si vuole diventare comproprietari. Ma anche dalla località più o meno turistica o di attrazione in cui si trova. I prezzi in genere oscillano da 1o mila a 40 mila per i luoghi più richiesti. L’acquisto della proprietà deve essere fatta mediante atto pubblico dinnanzi ad un notaio. Ci sono anche dei costi di gestione da sostenere e da dividere tra i vari comproprietari.

In altre parole, funziona come le spese condominiali che vengono ripartite tra i proprietari in base ai giorni di godimento del bene. Spesso questi sono anche motivo di rinuncia alla multiproprietà. Qualora si volesse recedere, occorre rivolgersi ad un notaio. Occorrerà redigere un atto di rinuncia deve essere autenticato da tale professionista e iscritto nel Registri immobiliari.

Atri casi di multiproprietà

La multiproprietà ha riscosso molto successo nel settore degli immobili di lusso. Ma oltre a quella immobiliare esistono anche altri tipi di multiproprietà Ad esempio vi è quella alberghiera nella quale i partecipanti hanno diritto a godere in periodi predeterminati di una serie di servizi. tra questi l’alloggio in unità abitative definite tramite caratteristiche tipologiche. Dunque ciò che viene acquistato è un diritto personale di godimento, detto anche multi-locazione. Esiste inoltre la multiproprietà azionaria, nella quale ciascun partecipante possiede una o più azioni privilegiate di una società che danno diritto ad godimento, turnario, di una attività abitativa nel complesso edilizio gestito dalla stessa.

Comprare casa all’asta: una guida per saperne di più

Comprare casa all’asta attrae sempre più giovani investitori. Pertanto una breve guida che spiega come muoversi nella giungla dell’immobile.

Comprare casa all’asta: perchè un immobile va all’asta?

Le aste giudiziarie sono uno strumento per procedere alla vendita forzata di un immobile. Tuttavia sono tre le principali cause che portano un immobile ad essere venduto secondo questa metodologia. Il primo caso potrebbe essere dovuto ad un soggetto che non riesce più a pagare i propri debiti. Pertanto i creditori hanno diritto di rivalere i propri diritti sulla proprietà del debitore. E’ il tipico caso di un soggetto che non riesce più a pagare il mutuo di casa. Il secondo caso riguarda le imprese o società, che devono vendere i propri beni se sottoposte a procedura fallimentare. Mentre l’ultima causa riguarda gli enti pubblici. Questi ultimi quando decidono di vendere dei beni devono farlo per forza solo attraverso l’asta. La procedura permette di assicurare maggiore trasparenza, e quindi è obbligatoria.

Comprare casa all’asta: la vendita senza incanto

Le aste immobiliari sono di due tipi: con o senza incanto. Secondo la legge 28 dicembre 2005, n. 263 e la più recente legge 24 febbraio 2006, n. 52 prevedono che la modalità senza incanto sia quella che, in via preliminare, se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo, debba essere adottata. Solo in subordine, nel caso in cui l’asta senza incanto non ottenga risultati, si potrà procedere alla vendita con incanto. Ma cosa vuol dire in parole più semplici? Nella vendita senza incanto i partecipanti presentano le loro offerte d’acquisto in busta chiusa. Queste sono consegnate in Cancelleria, indicando il prezzo che gli offerenti sono disposti a versare. Sempre in busta è specificato il metodo di pagamento, il tempo ed ogni altro elemento utile. Le buste poi vengono aperte durante l’udienza fissata per la lettura e prese in esame. I vari offerenti sono presenti. Se l’offerta è accettata è possibile procedere alla vendita, mentre se ci sono più proposte interessanti si procede con una gara che valuta aumenti di prezzo o le migliori condizioni di vendita per i creditori.

Comprare casa all’asta: la vendita con l’incanto

Nella vendita con l’incanto si fa subito una gara tra i diversi offerenti. Il giudice dell’esecuzione fissa una data e l’ora per poter sperimentare la vendita. Inoltre viene indicato il prezzo minimo, ma anche il minimo consentito per ogni eventuale rialzo. Inoltre viene fissata anche l’ammontare della cauzione, le modalità e il termine entro il quale il prezzo deve essere depositato. Le offerte devono superare il prezzo base d’asta altrimenti non sono valide. Al vincitore della gara verrà consegnato il decreto di trasferimento che contiene:

  • il trasferimento di proprietà;
  • la relativa documentazione urbanistica;
  • la descrizione completa dell’immobile;
  • la fiscalità inerente all’acquisto;
  • le formalità che gravano sull’immobile, che comunque sono cancellate dopo 20 giorni dal decreto;
  • eventuale tassazione.

Durante la vendita all’incanto è comunque possibile provvedere alla richiesta di mutuo per l’acquisto. Nello specifico il probabile acquirente deve essere munito di una pre-delibera di mutuo.

Come si viene a conoscenza di un’asta?

E’ possibile conoscere quando e come partecipare ad un’asta attraverso l’avviso. Questi sono presenti in molti quotidiani sia economici che non. Ma anche utilizzando il web è possibile leggere gli avvisi. Ad esempio attraverso il sito www.astegiudiziarie.it basta inserire la provincia, il comune, la procedura ed il tribuna ed gioco è fatto. Ci sono anche una serie di professionisti del settore che cercano di proporre buone offerte ai propri clienti. Pertanto, gli avvisi sono importanti e rispettare le regole indicate in esso, permette di aggiudicarsi più facilmente gli immobili. E in particolare l’avviso contiene i seguenti dati:

  • indirizzo dove si trova l’immobile;
  • luogo, data ed ora in cui si terrà l’asta;
  • prezzo base;
  • rilancio minimo;
  • termine di presentazione delle offerte;
  • modalità di vendita

La nuova frontiera delle aste telematiche

Da gennaio 2018 è ammessa la modalità delle aste telematiche. Si tratta di una modalità di vendita, applicabile sia alle vendite giudiziarie che quelle private. Si basa sull’uso di internet per la manifestazione della volontà di vendita e di acquisto. Tale modalità consente agli utenti, precedentemente registrati, di leggere l’avviso e di partecipare pur essendo fisicamente lontano. Questo è possibile attraverso la cosiddetta “live auction”, ovvero la vendita in tempo reale con i rilanci temporizzati stabiliti. In questa modalità le parti sono tutte connesse per tutta la durata della sezione. Qui la vendita può essere “ad acquisto immediato”: il bene è aggiudicato al partecipante che per primo ha formulato l’offerta. Mentre nell’asincrona a ribasso progressivo la vendita ha la durata temporale indicata nell’intervallo prestabilito. Il periodo di vendita è continuativo e cadenzato in mesi, con prezzo base decrescente in ciascun mese di vendita. Infine, nell’invito ad offrire è possibile formulare le offerte per un importo libero, indicando il tempo e il metodo di pagamento. Solo dopo sarà deciso, in base a tutte le offerte valide pervenute, se ed a chi vendere il bene.

 

 

Il franchising che fa bene all’Italia

Abbiamo parlato ieri delle tendenze emerse durante l’ultimo Salone Franchising Milano. Ora è tempo di bilanci per la 31esima edizione del Salone.

Sono stati oltre 200 i marchi rappresentati negli stand, con un balzo in avanti del 18% dei visitatori giornalieri, cioè dei potenziali affiliati o franchisee. In totale, i visitatori sono stati 14mila in 3 giorni di fiera, che erano 4 nella edizione 2015.

La 31esima edizione è stata caratterizzata dalla presenza delle maggiori catene del franchising (in totale operano in Italia 950 catene tra grandi e piccole), dalla ancora più accentuata specializzazione dei negozi, specie nei settori guida del food e della moda, e dalla crescente internalizzazione.

Presente in fiera una delegazione cinese, mentre il Salone Franchising Milano è stato ufficialmente invitato a organizzare un’area italiana alla Fiera del Franchising di Pechino, il 5 maggio 2017.

Uno dei temi discussi nel Salone è stato il controverso rapporto tra le catene del franchising (franchisor) e i 51mila affiliati che hanno aperto negozi o centri servizi in franchising. Ad oggi non sono più dell’8% i punti vendita in affiliazione che affiancano la vendita on line a quella in negozio, secondo uno studio del portale BeTheBoss.it.

Emergono una resistenza e una diffidenza di base dell’affiliato a portare la sua attività anche on line, come se la vendita in digitale possa essere concorrenziale con quella fisica nel punto vendita, come riportato da un sondaggio presentato in Salone da Confimprese e Largo Consumo.

La soluzione a questa empasse deve venire dal franchisor – ha spiegato Antonio Fossati, presidente del Salone e consulente aziendale di RDS and Company -: sta a lui sviluppare un format da proporre a tutti i suoi affiliati che sia attraente e vantaggioso, anche economicamente. Franchisor e franchisee devono essere accomunati dalla stessa dinamica digitale, bisogna concentrare le energie e non separarle. Comunque sta crescendo l’interesse per questa complementarietà di on line e off line, tanto più che i consumatori gradiscono la formula ‘click and collect’, cioè compro sul web e ritiro in negozio”.

Altra tematica affrontata durante il Salone è stata quella delle start up nel franchising: in Italia sono attive circa 6mila start up e alcune di queste hanno le potenzialità per entrare anche nel settore del franchising.

Franchising, il punto a Milano

Il mondo del franchising si è riunito a Milano per il Salone Franchising Milano dal 3 al 5 novembre scorsi. Nel convegno di apertura del Salone, Franco Borgio di Fiera Milano ha riferito che “Fiera Milano ha scommesso tanti anni fa sul franchising ed i cambiamenti nel mondo del commercio, dove il franchising si è ritagliato un ruolo importante, ci hanno dato ragione”.

Antonio Fossati, Presidente del Salone Franchising Milano, ha spiegato che “la crescita del settore si misura anche con l’aumento dei negozi di fascia alta che richiedono un investimento iniziale da 50 a 100mila euro e con un numero sempre maggiore di giovani sotto i 35 anni, di donne e di manager fuoriusciti da aziende”.

Il franchising in Italia può solo crescere, ha dichiarato Mario Rignano, vice Presidente di Assofranchisingdato che da noi rappresenta solo il 6% del totale del commercio (con più di 23 miliardi di fatturato), mentre in Francia la percentuale è del 15%, in Germania del 22% e negli Usa addirittura del 40%”.

Negli ultimi 7 anni, il franchising ha avuto un incremento del 4%, nonostante l’economia in recessione e “si prevede una crescita del 2-3% da oggi al 2020”, ha sostenuto Francesco Montuolo, vice Presidente di Confimprese.

Una delle frontiere del franchising sarà la necessaria integrazione tra la vendita in negozio e l’e-commerce, ha aggiunto Montuolo, che ha anche chiesto di destinare un Codice Franchising nelle Camere di Commercio per facilitare riconoscimento, credito e sostegno a questo comparto.

Altro fronte importante è quello della formazione, come ha spiegato Patrizia De Luise, Presidente di FederFranchising/Confesercenti, che va assicurata agli affiliati sia prima sia dopo l’apertura del punto vendita. “Poi c’è il discorso dell’estero – ha detto De Luise -, già molte catene italiane lavorano all’estero, ma dobbiamo essere in grado di vendere il brand Italia”.

Una delle iniziative più importanti emerse durante il Salone è stata presentata nella giornata di apertura: il progetto pilota “Tuscany – Italian Feeling”, voluto e pensato da Bamboo Capital Ltd, fondo di investimento di Hong Kong e da Sunshine100 società di Real Estate tra le più importanti della Cina. Si tratta di un’operazione dalla Cina verso l’Italia, con l’obiettivo di selezionare i migliori modelli di business italiani e inserirli all’interno dei complessi commerciali sviluppati in Cina da Sunshine100.

Conto alla rovescia per il Salone Franchising Milano

Prosegue nel 2016 la crescita del franchising, una crescita non impetuosa, ma costante negli ultimi due anni: il primo semestre del 2016 fa segnare infatti un aumento del fatturato dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2015.

I settori trainanti sono l’abbigliamento, che segna + 2,3% del fatturato, e il food con il + 2%.
Il fatturato del franchising nel 2015 è di 23 miliardi di euro: un settore che conta 950 aziende franchisor e 51mila negozi in affiliazione, dà lavoro a 188mila persone e si riunirà nel tradizionale incontro annuale, il 31esimo Salone Franchising Milano, dal 3 al 5 novembre 2016 a Fieramilanocity.

Le merceologie più ricercate dai potenziali affiliati nel 2016 sono: abbigliamento (25%, con un aumento del 9% già nel primo semestre 2016), food (28,3%), servizi ai privati, cioè i servizi a domicilio o in negozio per la cura della persona (11,7%), commercio specializzato (12,5%), articoli per la persona (14%), servizi per le imprese (2,5%), prodotti per la casa (3,5). In crescita rispetto al 2015 anche le donne, +5,5%, e i giovani under 35,+10%.

Cresce l’abbigliamento specializzato, come intimo, camicerie, calze – ha commentato Antonio Fossati, Presidente del Salone – ed il food altrettanto specializzato, si vedano i negozi per celiaci, vegetariani, i ristoranti a tema, le friggitorie e le pizzerie. Ma oltre ai grandi brand del franchising stanno crescendo anche franchisor che riscoprono i vecchi mestieri (sartoria, macelleria, pasticceria) e li ripropongono al grande pubblico”.

“Altra novità interessante è il Social Franchising – ha aggiunto Fossati – cioè l’applicazione del modello franchising a servizi di utilità sociale come centri per disabili, tossicodipendenti, anziani. Una visione supportata anche dalla Comunità Europea. Il franchising si conferma dunque come settore sempre innovativo, utile alle aziende e naturalmente a chi vuole diventare imprenditore di sé stesso”.

Franchising, ecco i settori più dinamici

Dai dati provenienti dagli oltre 50mila negozi in franchising in Italia arriva un dato univoco: torna a crescere il comparto dell’abbigliamento e della moda, si conferma il buon trend del settore food, crescono telefonia e elettronica.

La crescita di abbigliamento e moda è del 9% nel primo semestre 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015, mentre il food cresce del 7%, gli articoli per la persona dell’6% e telefonia/elettronica del 5%, secondo i dati raccolti dal Centro Studi Rds-Salone Franchising Milano.

Il comparto dell’affiliazione, che fattura 23 miliardi di euro all’anno, cerca continuamente di rinnovare e diversificare le proprie proposte. Il Salone Franchising Milano, la cui 31esima edizione è in programma dal 3 al 5 novembre a Fieramilanocity, serve a tracciare un bilancio e a delineare i trend futuri per rispondere alla domanda dei 500mila italiani che ogni anno si avvicinano al franchising, valutando la possibilità di aprire un negozio.

La ripresa dell’abbigliamento è sorprendente – ha dichiarato Antonio Fossati, presidente di RDS, che organizza con Fiera Milano il Salone -, ma non vuol dire che questa ripresa si estenda poi a tutto il commercio tradizionale. Nella affiliazione vanno bene negozi molto specializzati come quelli di camicie e intimo, comunque capaci di proporre qualità a prezzi contenuti. Tanti gli espositori dell’abbigliamento e del food, ma non mancano le nuove proposte”.

Gli espositori del Salone Franchising Milano potranno avere incontri riservati con oltre 90 tra i principali centri commerciali italiani alla ricerca di nuovi format da inserire, in un evento riservato che si terrà il 3 novembre all’interno del Salone grazie al supporto del CNCC, Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali.

I potenziali franchisee che visiteranno il Salone troveranno proposte, servizi e corsi di formazione, tutti gratuiti. La novità di questa edizione è la presentazione di un e-book con tutte le possibile informazioni per scegliere in tranquillità un buon franchisor, firmare un buon contratto ed evitare ogni pericolo di franchising pirata.

Da visitare anche l’area F-talk con workshop e conferenze, la F-school con corsi e seminari su tutte le tematiche del franchising, l’area F-foryou per incontri one to one con esperti di business, finanza e psicologia.

Da seguire, inoltre, “Imprenditori di successo si raccontano”, testimonianze dal palco di franchisor di successo, e “La parola agli affiliati”, testimonianze di franchisee che hanno avuto successo e potranno rispondere alle domande di coloro che progettano di divenire franchisee.

Il retail italiano alza la testa

Il settore del retail in Italia prova a rialzare la testa dopo gli anni della crisi contando sulla lieve ripresa dei consumi interni e sulla solidità del franchising, senza dimenticare di guardare all’estero.

Non è un caso, infatti, che nel 2015 il retail italiano abbia fatto segnare un valore di spesa di circa 900 miliardi di euro, spinto verso l’alto dalle ottime performance del food (+31,3% anno su anno), della moda (+7,2%), dell’intimo (+6,3%).

Sono solo alcuni dei numeri emersi dal rapporto Italian style, i modelli vincenti nel food fashion & design, stilato dalla società di consulenza Ey e presentato nel corso del Retail Summit organizzato nei giorni scorsi a Cernobbio da Confimprese.

Dal rapporto emerge soprattutto la forza del franchising, nel quale il retail italiano ha delle vere eccellenze nei settori cibo, intimo e moda, che stanno effettuando importanti investimenti anche all’estero.

Come ha ricordato infatti il presidente di Confimprese, Mario Resca, parlando delle potenzialità occupazionali del franchising, il settore ha creato “quasi 10mila nuovi posti di lavoro, in crescita del 18% sul 2015. Fashion e food si confermano tra i settori più vitali con rispettivamente 873 e 320 nuovi locali”.

Il retail made in Italy, ha concluso Resca, ha visto nel 2015 una grande espansione all’estero con le aperture di nuovi punti vendita “in crescita del 35% sul 2015. Tra i settori più vivaci ancora una volta proprio abbigliamento e cibo”.

Italia a tutto franchising

Si è tenuta sul finire della scorsa settimana, a BolognaFiere, Franchising&Retail Expo, la fiera del franchising e retail realizzata in collaborazione con Assofranchising. La fiera è stata l’occasione per fare il punto sul settore del franchising in Italia e per dare una spinta ulteriore all’incrocio tra domanda e offerta di franchisee e franchisor.

I numeri del settore snocciolati durante la tre giorni bolognese sono più che incoraggianti e hanno confermato che quello del franchising è uno dei pochi ambiti tuttora in crescita e uno dei pochi che tra i dati pre-crisi (2008) e quelli di oggi ha fatto registrare un segno più, sia per volume d’affari (+ 4,2%), sia per crescita costante delle reti attive (+14,5%), sia per numero di occupati (+4,1%).

L’aspetto vincente che ha fatto considerare il franchising sempre più come un “settore rifugio” è stato ed è soprattutto il vantaggio di avere la protezione di una rete, più o meno grande, unito a quello di poter fare impresa in proprio.

L’edizione di quest’anno di Franchising&Retail Expo è stata all’insegna del digitale, una rivoluzione che contamina sempre di più il settore. Merito soprattutto di Web Franchising Expo, una piattaforma web per mettere in contatto i visitatori e gli espositori prima e durante la manifestazione.

Grazie a Web Franchising Expo, il potenziale franchisee ha potuto valutare la propria compatibilità con quella dei vari espositori della fiera, in modo da orientarsi verso il brand giusto al quale affiliarsi durante la manifestazione.

Una digitalizzazione la cui importanza è stata sancita dal workshop “Il digitale per il franchising e il retail: la prima esperienza italiana”, organizzato da Google e Seat PG, che hanno illustrato le soluzioni a sostegno della presenza digitale dei franchisee e delle reti vendita.

Oltre a quello della digitalizzazione, nei convegni e workshop che si sono succeduti a Franchising&Retail Expo sono stati affrontati altri diversi temi: dall’evoluzione del sistema franchising al successo della moderna distribuzione, dall’andamento del settore in Italia e nel mondo, all’internazionalizzazione delle imprese in franchising nei Paesi extra Ue.

Ciò che è emerso dall’appuntamento bolognese è stata ancora una volta la vitalità del settore, un patrimonio da non disperdere per chi vuole fare impresa in un’Italia che stenta ancora a uscire dalle secche della crisi.

Franchising, numeri buoni anche per il 2016

Non delude neanche nella prima parte del 2016 il mercato italiano del franchising. Secondo i primi dati sull’andamento del settore nel 2016 ricavati dal Centro Studi del Salone Franchising Milano, elaborando le statistiche provenienti dalle 1.000 aziende del comparto che fatturano annualmente 23 miliardi di euro, il primo trimestre dell’anno è in crescita dello 0,3%, rispetto al primo trimestre del 2015.

Una crescita ancora poco marcata, sottolineano dal Salone Franchising Milano, che però conferma il rinnovato interesse delle aziende italiane per la formula della vendita in affiliazione.

Contemporaneamente, si assiste a una serie di cambiamenti significativi nei settori di maggior interesse del franchising: prosegue la crescita del food (+9%), crescono gli articoli per la persona (+12%) e l’abbigliamento (+11%), mentre calano di molto i servizi alle imprese (-29%) e il commercio specializzato (– 27%).

Salone Franchising Milano ha sentito, sulle prospettive di mercato dei tre settori più performanti (food, abbigliamento, articoli per la persona), tre aziende che hanno deciso di esporre alla 31esima edizione del Salone, in programma dal 3 al 5 novembre prossimi a Fieramilanocity.

Tutto il comparto food sta crescendo, sia nella distribuzione ordinaria sia nel franchising – conferma Paolo Aruta, di Fratelli La Bufalae pensiamo possa crescere ancora, sia in Italia sia all’estero. Abbiamo 70 ristoranti, di cui circa 15 all’estero, di cui 30 sono gestiti direttamente e il resto in franchising. Abbiamo aperto a Londra, Dubai, Shanghai, Il Cairo e puntiamo ad incrementare i piani di sviluppo internazionale. Presentiamo la tradizione gastronomica napoletana rivisitata in chiave moderna, con tante novità, come il Menù per Bambini elaborato dai nutrizionisti”.

Abbiamo oltre 300 negozi ‘Motivi’ in Italia, di cui 60 in affiliazione – gli fa eco Massimo Arnaldi, responsabile franchising di Miroglio Fashione vediamo che esistono ampi margini per uno sviluppo dei punti vendita in franchising. Quindi siamo ben lieti di interagire con i potenziali affiliati interessati al nostro marchio e il Salone milanese è la vetrina perfetta”.

La gioielleria rappresenta una delle eccellenze manifatturiere del nostro Paese – conclude Nicola Sarni di Sarni Oroed è molto apprezzata dagli italiani. Abbiamo già 100 negozi in Italia, ma abbiamo deciso di entrare nel franchising per poter aumentare le aperture e coprire tutte le regioni italiane. E’ una sfida, ma il nuovo progetto si basa su una linea di gioielli artigianali molto qualificata, oltre che oreficeria, orologeria, argenteria, bijoux ed altro”.

Hotel in franchising? Buona idea

Quando si pensa al franchising, vengono in mente subito negozi di abbigliamento o ristoranti. In effetti, si tratta dei due ambiti nei quali è presente il maggior numero di marchi, ma un ambito a cui non molti pensano è quello dell’hotellerie, che è invece in crescita.

Secondo il rapporto Hotel Chains 2016, il mercato del franchising alberghiero in Italia e all’estero è infatti in rapido sviluppo. Dal 2013 a oggi le catene alberghiere che utilizzano la formula del franchising hanno più che raddoppiato il numero di camere che ora sfiora le 150mila.

Uno sviluppo che non pare arrestarsi, soprattutto perché la formula del franchising alberghiero è una risposta naturale agli effetti della globalizzazione messa in atto dalle grandi catene alberghiere mondiali per assicurarsi una crescita nonostante gli anni di crisi.

Il rapporto Hotel Chains 2016 ci dice che l’Italia è il terzo Paese in Europa per numero di strutture e segue Regno Unito e Germania, delle quali però solo il 4,1% appartiene a grandi gruppi alberghieri. In questo ambito scontiamo un certo ritardo nei confronti di altre nazioni europee dove il franchising alberghiero è più sviluppato.

Nello specifico, Hotel Chains rileva che in Italia gli hotel che appartengono a catene in franchising sono più di 1300, dislocati principalmente nelle città e collocati in fascia alta: il 49% delle camere a 5 stelle, il 30% di quelle a 4 stelle e il 5% di quelle a 3 stelle, con una media di 109 camere.

Se non altro, in Italia, il franchising alberghiero è ancora un settore piuttosto “patriottico”: il 60% degli alberghi di catena fa infatti riferimento a marchi italiani, contro il rimanente 40% affiliato a brand stranieri. Si può fare di più…