Prestazione lavoro autonomo occasionale 2021, quando e come senza partita Iva

Lavorare senza partita Iva è possibile? La risposta è affermativa in quanto, a determinate condizioni, si può sempre esercitare un’attività in maniera del tutto legale senza partita Iva e perfettamente in regola con gli obblighi verso il Fisco. E questo accade, nello specifico, quando l’attività esercitata o la prestazione resa a terzi ha il cosiddetto carattere occasionale. Ovverosia, si tratta di un lavoro che è saltuario e quindi non abituale e nemmeno continuativo.

Come si pagano al Fisco le tasse da prestazione occasionale?

In tal caso il lavoratore autonomo occasionale, per assolvere agli obblighi verso il Fisco, sarà chiamato ad emettere al committente, con il proprio codice fiscale, una ricevuta con la ritenuta d’acconto. E quindi è il committente che funge da sostituto d’imposta, mentre il lavoratore occasionale andrà a dichiarare, per l’anno di imposta, la somma dei compensi percepiti dai lavori saltuari unitamente agli altri ed eventuali altri redditi da inserire nel 730 o nel modello Redditi persone fisiche.

Quando il lavoro autonomo occasionale è esente da Iva e contributi previdenziali

Ma detto questo, quando la prestazione occasionale è vantaggiosa per i lavori saltuari? Al riguardo c’è da dire che il primo vantaggio è dato dall’esenzione Iva, mentre il secondo vantaggio è quello dell’assenza di apertura di posizione previdenziale. Ma questo accade solo quando nell’anno, tra tutti i committenti per i quali è stata resa prestazione di lavoro occasionale, l’importo dei compensi non supera i 5.000 euro al lordo.

Contributi Inps per le prestazioni occasionali, ecco quando scattano

Altrimenti scatta l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS). In particolare, quella dei 5.000 euro lordi di compensi ai fini INPS è una franchigia. E questo perché, superata la soglia, il lavoratore autonomo occasionale andrà a pagare i contributi previdenziali, attraverso l’iscrizione alla Gestione Separata, solo per la parte che eccede proprio la soglia annua dei 5.000 euro di ricavi o di compensi.

In tal caso, con il superamento della soglia sopra indicata, cambia anche la struttura della ricevuta da emettere al committente in quanto ci saranno da inserire le trattenute previdenziali che risultano essere così ripartite: per due terzi a carico del datore di lavoro, e per un terzo a carico del lavoratore.

Controllo e verifica partita Iva online, come farlo gratis

Per chi emette e riceve le fatture elettroniche, il controllo e la verifica della partita Iva online non solo è sempre possibile, ma si può fare pure senza costi. Da quasi dieci anni, e precisamente a partire dal 29 aprile del 2012, l’Agenzia delle Entrate, anche ai fini del contrasto alle frodi sull’imposta sul valore aggiunto, permette infatti di verificare gratuitamente via web la validità di un numero di partita Iva in base ai dati che sono disponibili e conosciuti al Fisco attraverso l’anagrafe tributaria.

Il servizio online dell’Agenzia delle Entrate, per la partita Iva inserita, fornisce non solo la denominazione societaria, oppure il nome e cognome del titolare, ma pure informazioni sullo stato e sull’attività. Ed il tutto con accesso online che è libero e quindi senza alcun obbligo di registrazione.

Verifica e controllo partita Iva online dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate

In particolare, le informazioni di stato specificano se la partita Iva è attualmente attiva, se è cessata oppure se questa, in caso di affitto d’azienda, risulta essere sospesa. Mentre per l’attività associata alla partita Iva il Fisco grazie al servizio online fornisce pure la data di inizio e le eventuali date di cessazione o di sospensione.

Nonché l’eventuale informazione aggiuntiva se la partita Iva risulta essere associata ad un Gruppo Iva oppure ad un partecipante ad un Gruppo Iva. Se invece la partita Iva inserita è sbagliata, allora il servizio online gratuito dell’Agenzia delle Entrate fornirà come risposta ‘Partita Iva Non Valida‘.

Come si controllano e si verificano le partite Iva comunitarie

Se invece il controllo e la verifica online della partita Iva è finalizzato a identificare un soggetto che è autorizzato ad effettuare operazioni intracomunitarie, allora il servizio gratuito da utilizzare è quello che è messo a disposizione, sempre via web e liberamente, dalla Commissione Europea. Si tratta, nello specifico, della banca dati relativa al VIES, ovverosia al Sistema elettronico di scambio di dati sull’Iva.

Bonus commercianti 2021: come funziona la pensione con l’IND COM?

Ai fini dell’accompagnamento verso la maturazione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia, i commercianti possono accedere, nel rispetto dei requisiti previsti, alla cosiddetta IND COM che non è altro che un bonus. L’importo dell’indennità, che è attualmente pari a 516 euro mensili, viene riconosciuto presentando domanda ai legittimi beneficiari grazie alle risorse del Fondo degli interventi per la razionalizzazione della rete commerciale.

Quali sono i requisiti di accesso al bonus commercianti 2021

Pur tuttavia, non tutti i commercianti che hanno cessato l’attività possono essere accompagnati verso la pensione di vecchiaia con il bonus da 516 euro mensili per 13 mensilità. E questo perché ci sono da rispettare dei requisiti legati all’età anagrafica, all’iscrizione all’apposita gestione INPS, ed anche al tipo di attività commerciale svolta.

Nel dettaglio, possono accedere all’IND COM i commercianti che hanno cessato l’attività e che hanno almeno 62 anni se sono uomini, e 57 anni se sono donne. In più, occorre aver maturato, anche non in via continuativa, almeno cinque anni di iscrizione alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS).

L’accesso all’indennità, inoltre, è subordinato alla cessazione dell’attività commerciale nei tre anni precedenti al pensionamento. E questo perché il bonus commercianti non è un vitalizio, ma un bonus che è erogabile ai legittimi beneficiari per un massimo di tre anni.

Con quale tipo di attività commerciale si può accedere all’IND COM?

L’IND COM, rispettati i requisiti sopra indicati, si può chiedere e si può ottenere, presentando la domanda all’INPS, se l’attività cessata è stata di tipo commerciale al minuto in sede fissa oppure su aree pubbliche anche in forma itinerante. E lo stesso vale per gli agenti di commercio e per i commercianti che hanno cessato l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Sono invece esclusi dall’IND COM tutti i commercianti che hanno cessato delle attività caratterizzate da forme speciali di vendita. Per esempio, il commercio elettronico ma anche la vendita o la somministrazione di alimenti e di bevande in luoghi non aperti al pubblico. Così come sono esclusi dal bonus commercianti 2021 gli esercenti attività all’ingrosso.

Detrazioni regime forfetario: quali spese sono ammesse?

Per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, c’è la possibilità in Italia, nel rispetto dei requisiti previsti, di accedere ad un regime fiscale agevolato. Si tratta, nello specifico, del cosiddetto regime forfetario che è vantaggioso in quanto le tasse da pagare sono rappresentate da un’imposta unica e sostitutiva nella misura del 15% del reddito imponibile. Ma detto questo, sulle detrazioni fruibili in regime forfetario, quali sono le spese ammesse?

Deduzioni e detrazioni fiscali per il regime fiscale forfetario, quali sono ammesse e quali no

Al riguardo c’è da dire che, in materia di deduzioni e di detrazioni di imposta, il regime forfetario è per sua natura poco vantaggioso. E questo perché se in un anno di imposta il contribuente non ha altri redditi da dichiarare ai fini IRPEF, oltre a quelli derivanti dall’attività in regime regime forfetario, allora non può avvalersi delle deduzioni e delle detrazioni proprio ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. E questo includendo pure le detrazioni per i carichi di famiglia e le agevolazioni che sono previste per gli interventi sugli immobili.

Ovverosia, dalle detrazioni per il recupero edilizio al cosiddetto bonus mobili, e passando, tra l’altro, per il bonus verde, per le detrazioni per l’efficienza energetica e per il bonus facciate. Ammessa, per chi opera in regime fiscale forfetario, invece, è la deduzione dal reddito imponibile dei contributi previdenziali obbligatori.

Incapienza degli oneri detraibili e deducibili per il regime forfetario

Dato che dal reddito imponibile chi è in regime fiscale forfetario può scaricare solo la spesa relativa ai contributi pensionistici obbligatori, l’impossibilità di deduzione o di detrazione di altri oneri e di altre spese non comporta però la decadenza, ma solo l’incapienza.

Come sopra accennato, infatti, nell’anno di imposta l’accesso alle deduzioni ed alle detrazioni di imposta ai fini IRPEF può trovare la capienza nei seguenti due casi:

  1. Il percepimento, al di fuori del regime fiscale forfetario, di ulteriori redditi imponibili ai fini IRPEF;
  2. La decadenza dal regime fiscale forfetario.

Contributi a fondo perduto per le start up del tessile, moda e accessori

Grazie al Decreto Rilancio, ed al successivo Decreto ministeriale del 18 dicembre del 2020 che è stato pubblicato nella Gazzetta numero 32 dell’8 febbraio del 2021, sono state sbloccate risorse che, per complessivi 5 milioni di euro, possono permettere alle imprese del tessile, della moda e degli accessori di accedere a contributi a fondo perduto.

La misura è finalizzata in particolar modo a sostenere tutte quelle start-up del comparto che, nel puntare sulla valorizzazione dei prodotti made in Italy di alta gamma, effettuano investimenti nella creazione e nel design anche attraverso la formazione di giovani talenti.

Quali start up del tessile, della moda e degli accessori possono accedere ai contributi a fondo perduto

Possono presentare la domanda di accesso ai contributi a fondo perduto le imprese del tessile, della moda e degli accessori che, non avendo ancora distribuito utili, sono attive ed iscritte alla Camera di Commercio competente per territorio non più di 5 anni.

Sul totale dell’investimento effettuato, e quindi sull’ammontare della spesa sostenuta ed ammissibile, il contributo a fondo perduto viene concesso nella misura del 50%. Ma a patto che l’investimento effettuato in controvalore sia non inferiore ai 50 mila euro, e non superiore alla soglia dei 200 mila euro.

Contributi a fondo perduto erogabili in due tranche, ecco come e le condizioni

Con procedura di valutazione e di erogazione che è a sportello, e quindi in ordine cronologico di presentazione delle istanze, e che è fino ad esaurimento dei fondi disponibili, le imprese ammesse al beneficio possono ricevere il contributo a fondo perduto spettante in un massimo di due tranche.

Ovverosia, su richiesta della start-up, il 50% del contributo come prima quota, ed il restante 50% entro 90 giorni dalla data di ultimazione del progetto di investimento. Ed il tutto fermo restando che, a partire dalla data di approvazione del contributo, il progetto di investimento da parte dell’impresa dovrà essere ultimato entro un termine massimo di 18 mesi.

Presentazione delle domande solo per via telematica dal sito Internet del MiSE

Le imprese e le start-up del tessile, moda e accessori, interessate all’erogazione dei contributi a fondo perduto, possono presentare la domanda solo ed esclusivamente per via telematica. E precisamente tramite la procedura informatica che è accessibile dal sito Internet del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE).

Certificazione Unica autonomi 2021: nuovi codici 12 e 13

Per la Certificazione Unica 2021 ci sono importanti novità a partire dai termini di trasmissione e di consegna che slittano di un paio di settimane, e passando per nuovi codici per gli autonomi. Nel dettaglio, così come previsto dal cosiddetto decreto ‘Sostegni’, i termini di trasmissione all’Agenzia delle Entrate, e di consegna ai diretti interessati della Certificazione Unica, slittano dal 16 marzo al 31 marzo del 2021.

Nuovi codici 12 e 13 Certificazione Unica autonomi 2021, ecco come e quando inserirli

Nel modello di Certificazione Unica 2021, la novità relativa ai codici 12 e 13 riguarda i lavoratori autonomi nella sezione dati fiscali relativa alla ‘Certificazione lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi‘ in corrispondenza del campo numero 6.

Con il codice 12 che si riferisce ai soggetti che applicano il regime forfettario. E precisamente per i compensi, non assoggettati alla ritenuta d’acconto, percepiti dal professionista che adotta il regime forfettario, e che poi dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi.

Mentre il codice 13, sempre nel campo 6 della sezione ‘Certificazione lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi‘ del modello di Certificazione Unica 2021, si riferisce alla dichiarazione di compensi che, nel rispetto dei requisiti previsti, godono di esenzione da ritenuta per il periodo che è compreso tra il 17 marzo ed il 31 maggio del 2020.

L’esenzione da ritenuta, introdotta con il cosiddetto Decreto Liquidità, ha previsto per il lavoratore autonomo di chiedere, in via opzionale, la corresponsione dei compensi al lordo della ritenuta con successiva autoliquidazione. Ma a patto di rispettare le seguenti due condizioni:

  • Ricavi o compensi, relativi all’anno 2019, inferiori alla soglia dei 400 mila euro;
  • Assenza di costi sostenuti per lavoro dipendente o assimilato nel mese precedente.

Il codice per l’autoliquidazione, utilizzando il modello di pagamento unificato F24, è rappresentato dal codice tributo ‘4050’ che l’Agenzia delle Entrate ha istituito con la Risoluzione numero 50/E riportante la data del 7 settembre del 2020.

Certificazione Unica autonomi 2021, il regime sanzionatorio

Da parte del sostituto d’imposta, la trasmissione e la consegna della CU 2021 è un adempimento da rispettare entro i termini previsti, altrimenti scattano le sanzioni.

In particolare, le sanzioni sono calcolate nella misura di 100 euro per ogni certificazione tardiva, omessa o errata. Pur tuttavia, la sanzione non scatta se c’è ravvedimento entro un termine massimo di 5 giorni dalla scadenza.

Fattura elettronica 2021 con nuove specifiche: ecco cosa cambia

A partire dall’1 gennaio del 2021, in via obbligatoria, l’Agenzia delle Entrate per la fatturazione elettronica ha provveduto ad aggiornare le specifiche tecniche con l’intento di introdurre, così come avviene già per il modello 730, la dichiarazione IVA precompilata direttamente e attraverso il Sistema di Interscambio (SdI).

Quali sono le nuove specifiche tecniche per la fattura elettronica 2021

Le nuove specifiche tecniche, e quindi le novità per la fattura elettronica 2021, riguardano in prevalenza il tracciato XML in quanto il Fisco ha aggiunto nuovi codici sia per il campo ‘Tipo Documento’, sia per il campo ‘Natura Operazione’.

In particolare, rispetto allo scorso anno, per la compilazione della fattura elettronica 2021 i codici relativi a ‘Tipo Documento‘ passano da 7 a 18, mentre per il campo ‘Natura Operazione‘, che è detto anche ‘Codice Natura’, si passa da 7 a ben 21 codici.

Nel dettaglio, tra i nuovi codici ‘Tipo Documento’ ci sono quelli relativi alle autofatture, al reverse charge interno, all’estrazione beni da deposito IVA ed alla fatturazione differita. Mentre i nuovi codici ”Natura Operazione’ sono in prevalenza finalizzati ad un maggior dettaglio sulla fatturazione elettronica per le operazioni non imponibili e per l’inversione contabile.

Perché l’Agenzia delle Entrate ha introdotto nuovi codici per la compilazione delle e-fatture

Con l’introduzione dei nuovi codici sarà così possibile emettere fatture elettroniche con un maggior grado di dettaglio per natura e per tipologia. E nello stesso tempo i titolari di partita Iva dovranno ora fare attenzione ad utilizzare dei software di fatturazione elettronica che siano aggiornati con le nuove specifiche che, già a partire dallo scorso mese di ottobre del 2020, si potevano utilizzare in via facoltativa.

Nel caso in cui si acquisisca una fattura elettronica con il codice ‘Natura Operazione’ errato, cosa fare? In tal caso, se il fornitore non invierà una nuova e-fattura corretta, occorrerà emettere, con il codice ‘Tipo DocumentoTD20, la cosiddetta ‘autofattura denuncia‘.

Campo importo del bollo facoltativo con il nuovo tracciato XML

Con il nuovo tracciato XML, infine, la compilazione del campo ‘importo‘, per la determinazione dell’imposta di bollo non è più obbligatoria. Dall’1 gennaio del 2021, infatti, sarà direttamente l’Agenzia delle Entrate ad effettuare il calcolo nel caso in cui, chiaramente, l’assolvimento dell’imposta di bollo sia previsto.