Niente validità per le notifiche inviate in pdf

E’ stato stabilito dalla CTP di Reggio Emilia che non ha validità la notifica di un atto impositivo avvenuta via PEC, se l’atto in essa contenuto ha l’estensione pdf e non quella p7m.
Il motivo è che solo quest’ultima estensione garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, nonché l’identificabilità del suo autore con firma digitale.

La sentenza che l’ha stabilita è la n.204/2017 che ha affrontato per la prima volta la questione sull’estensione del file che contiene l’atto impositivo, soprattutto considerando che oltre alle cartelle nei prossimi mesi anche gli avvisi di accertamento saranno notificati via Posta Elettronica Certificata.

Nel caso specifico, una società si era vista notificare diverse cartelle di pagamento, alcune delle quali via PEC. Tuttavia, il file telematico della cartella di pagamento scelto dall’agente della riscossione era il pdf.
E’ stato dunque ribadito che la notifica via PEC non è valida se avviene, come nella fattispecie, tramite messaggio di posta elettronica certificata che contenga il file della cartella con questa estensione, poiché con la notifica via PEC in formato pdf, non viene prodotto l’originale della cartella, ma solo una copia elettronica senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale.

Al contrario, l’estensione p7m del file notificato, che rappresenta la cosiddetta busta crittografica contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica, può attestare la certificazione della firma.

Nei casi in cui venga a mancare questa estensione del file, la notificazione via PEC delle cartelle di pagamento viene considerata non valida con annullamento derivato delle cartelle stesse.

Vera MORETTI

Studi professionali 2.0

Il processo irreversibile di conversione al digitale e alle nuove tecnologie non deve interessare solo le piccole e medie imprese, ma anche gli studi professionali. Una tendenza che, per fortuna, non sembra così remota in Italia, come dimostra una ricerca realizzata dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano nata da due anni di osservazioni su studi di commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati e studi multidisciplinari.

Dalla ricerca emerge che gli studi professionali hanno investito molto in Ict negli ultimi 3 anni, tanto che nel 2015 la loro spesa per investimenti in Information and Communication Technology è stata superiore a 1 miliardo e 100mila euro, che suddivisa fra i vari studi professionali che hanno partecipato alla survey fa circa 9mila euro a studio.

Inoltre, dalle propensioni di investimento degli studi professionali che hanno aderito alla survey – principalmente studi di micro e piccole dimensioni, con portafoglio clienti inferiore alle 50 unità e fatturato entro i 100mila euro/anno – è emerso che nei prossimi due anni è attesa una spesa di circa 1,2 miliardi di euro all’anno+8%. Ma, nel dettaglio, in che tecnologie investono gli studi professionali?

Secondo lo studio, si tratta soprattutto di tecnologie abilitanti l’esercizio professionale, mentre cresce la propensione agli investimenti in software per la gestione elettronica dei documenti (39%) e la conservazione digitale a degli stessi (39%), per siti per la condivisione di attività e documenti con i clienti (34%) e siti internet degli studi professionali (33%).

Dall’indagine del Politecnico emerge anche un altro dato interessante: l’adozione di nuove ed evolute tecnologie si riflette positivamente sul fatturato e sulla redditività degli studi professionali che le adottano, tanto che crescono del doppio rispetto agli altri i professionisti che usano strumenti tecnologici più evoluti.

Si tratta principalmente di strumenti per l’archiviazione digitale, la dematerializzazione documentale, la firma grafometrica dei clienti degli studi professionali (il 74% dei  145 studi che hanno avviato o concluso progetti di miglioramento digital based analizzati nella survey), siti per la condivisione di documenti e attività con i clienti (72%), app e strumenti per  pianificazione finanziaria, scadenze dei pagamenti, formazione a distanza ecc. (55%).

Non indifferente, infine, la diffusione dell’uso del cloud computing per la posta elettronica o per la Pec degli studi professionali.

Int, Confassociazioni e indice INI – PEC

Riccardo Alemanno, presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), anche nella veste di Vice Presidente Vicario di Confassociazioni, ha chiesto al ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e al Sottosegretario Simona Vicari la modifica legislativa dell’Indice INI-PEC, per l’inserimento degli indirizzi di posta elettronica certificata dei professionisti di cui alla L. 4/2013.

Non è la prima volta che Alemanno solleva la problematica: già nel 2013 aveva segnalato al Mise la necessità di integrare l’INI-PEC. Purtroppo, sino ad oggi tutto è rimasto invariato nonostante la stessa norma istitutiva dell’INI-PEC indicasse che i primi elenchi inseriti, relativi alle imprese e ai professionisti iscritti in ordini o collegi fossero solo un punto di partenza.

Il che è logico se si vuole che, attraverso l’INI-PEC, la Pubblica Amministrazione possa individuare gli indirizzi Pec di tutti i soggetti produttivi, professionisti Legge 4/2013 compresi, e inviare così loro comunicazioni ed atti con valore di notifica e con risparmio di tempo e costi.

Il problema oltre che di ordine logico, stante alla ratio della norma, è divenuto poi operativo quando l’Agenzia delle Entrate prima (Pec per obblighi antiriciclaggio) e poi il sistema TS (Pec per invio dati sanitari) individuavano nell’indice INI-PEC il sistema per verificare gli indirizzi Pec degli intermediari fiscali.

Pur avendo superato i problemi operativi, grazie all’intervento dell’Int ed alla disponibilità dell’Agenzia delle Entrate, non è però ancora risolto il problema in modo definitivo e gli ostacoli superati oggi dai tributaristi potrebbero presentarsi anche per altri professionisti di cui alla L. 4/2013.

Da qui la proposta emendativa presentata dall’Int: all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 concernente “Codice dell’amministrazione digitale” introdotto dall’articolo 5, comma 3 del decreto legge 18 ottobre 2012 n.179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n.221, aggiungere: 6) I professionisti esercenti attività di cui alla Legge n. 4 del 14/01/2013 pubblicata in GU n.22 il 26 gennaio 2013, che non rientrino nelle fattispecie di cui al punto 2), dovranno comunicare il proprio indirizzo Pec utilizzando gli strumenti telematici resi disponibili dalle Camere di commercio per il tramite delle proprie strutture informatiche al fine di ottimizzare la raccolta e aggiornamento dei medesimi indirizzi.

Infatti Alemanno al sottosegretario Vicari, che si è resa disponibile a valutare la richiesta, ha evidenziato: “La scelta di inserire inizialmente gli indirizzi Pec di imprese e professionisti iscritti in ordini o collegi è stata evidentemente di carattere operativo, poiché non era ancora vigente la Legge n. 4/2013 relativa alle professioni non ricomprese in ordini o collegi. La mancanza dell’inserimento degli indirizzi PEC dei professionisti della L. 4/2013, quali ad esempio i tributaristi, ha comportato problemi operativi per altri obblighi normativi o funzioni professionali quali l’invio della Pec all’Agenzia delle Entrate ai fini antiriciclaggio, obbligo normativo a cui i tributaristi sono soggetti, e l’invio telematico al sistema TS dei dati sanitari da parte di un intermediario fiscale autorizzato; i tributaristi sono intermediari fiscali autorizzati, ma il sistema controllava la Pec tramite l’INI-PEC causando il blocco della procedura. Da qui l’esigenza non più rinviabile dell’inserimento in INI-PEC degli indirizzi Pec dei predetti professionisti”.

Alemanno inoltre ha assicurato che le associazioni di rappresentanza professionale di cui all’art. 2 della Legge n. 4/2013, ricomprese negli elenchi del Mise e aderenti a Confassociazioni, tra cui l’Istituto Nazionale Tributaristi sono a disposizione per supportare l’implementazione dell’Indice INI-PEC.

Giovedì 28 gennaio, inoltre, presso il Mise si è tenuto un incontro tra tecnici del ministero dello Sviluppo Economico coordinati dal Vice Capo di Gabinetto Consigliere Edoardo Battisti e una delegazione dell’Int composta dal vicepresidente Vicario Sergio Alfani e dal Consigliere nazionale Costantino Bianchi. I tecnici del ministero hanno ben compreso le motivazioni della richiesta, che non incontra problemi dal punto di vista tecnico-operativo. L’auspicio è che ora la politica attui in tempi brevi la modifica normativa.

Società di capitali, occhio alla Pec

Le società di capitali che sospettano minimamente di avere delle pendenze o delle irregolarità con il fisco, devono tenere gli occhi bene aperti. L’Agenzia delle Entrate ha infatti reso noto che, a partire dallo scorso 15 gennaio stesso invierà a mezzo Pec circa 200mila comunicazioni di irregolarità alle suddette società.

Tali irregolarità, ha ricordato l’Agenzia, sono emerse a carico delle società di capitali dal controllo automatizzato effettuato sulle dichiarazioni presentate dalle stesse attraverso hanno il modello Unico SC relativo l’anno d’imposta 2013.

Sempre verso le società di capitali, hanno poi ricordato le Entrate, nei prossimi mesi saranno inviate anche le comunicazioni riguardanti gli agli altri modelli di dichiarazioni presentate negli scorsi anni.

In questo modo l’Agenzia delle Entrate si adegua allo sviluppo tecnologico cui deve sottostare parte della PA, poiché l’invio delle comunicazioni attraverso Posta Elettronica Certificata sostituisce l’invio ordinario tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

Una modalità che, qualora l’invio della Pec alle società di capitali non andasse a buon fine, sarà mantenuta dall’Agenzia delle Entrate. Allo stesso modo, nel caso anomalie che emergessero dai riscontri effettuati sull’elenco degli indirizzi contenuto nell’indice nazionale indirizzi di Pec istituito dal ministero dello Sviluppo Economico.

I rimborsi fiscali arrivano via Iban

L’Agenzia delle Entrate ha deciso, per restituire più velocemente i rimborsi fiscali, di chiedere a circa 100mila società di comunicare, attraverso la propria posta elettronica certificata, di comunicare il proprio Iban, che permetta di ricevere le somme direttamente sul conto corrente.

Gli inviti sono recapitati agli indirizzi Pec delle società presenti nel registro delle imprese.

Per evitare il rischio di phishing, l’Agenzia non accetta Iban per posta, e-mail o Pec e non invia mail o messaggi cui sono allegati file da compilare e trasmettere, né software e applicazioni da scaricare su computer o dispositivi mobili.

Gli unici due canali ammessi per comunicare l’Iban del conto corrente bancario o postale sono:

  • i servizi online disponibili sul sito dell’Agenzia. Per comunicare il codice (o modificare quello precedentemente fornito) basta accedere alla propria area autenticata, riservata agli utenti abilitati ai servizi telematici;
  • gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate. In questo caso occorre presentare il modello per la richiesta di accreditamento (che qui alleghiamo) disponibile presso gli stessi uffici o sul sito www.agenziaentrate.it.

Fornendo l’Iban si accorciano i tempi del rimborso poiché le somme arrivano sul conto del beneficiario in maniera più celere e sicura.

Vera MORETTI

INT chiede chiarimenti sull’INI-PEC

A seguito dell’incontro avvenuto tra il Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno, e il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi e successivamente con il Direttore centrale per l’accertamento Aldo Polito, era stato anticipato dallo stesso Alemanno che sarebbe stata emanata una circolare dell’Age che avrebbe chiarito e semplificato le modalità di comunicazione della Pec dei soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio.

Tale comunicazione è stata pubblicata il 14 ottobre, giusto in tempo per la comunicazione sulla Pec, che deve essere inviata entro il 31 ottobre.

Nell’atto dell’Age si chiarisce che coloro che sono inseriti nell’elenco INI-PEC o coloro che hanno comunicato alle Associazioni di appartenenza l’indirizzo Pec in base ai protocolli d’intesa non dovranno procedere ad altra comunicazione.

Tale precisazione era necessaria anche per i tributaristi iscritti alle associazioni, che non erano inseriti nell’ INI-PEC, come indicato in una nota del MISE inviata all’INT in cui si ribadiva che l’iscrizione all’INI-PEC al momento non era prevista per i professionisti di area associativa.

Riccardo Alemanno è rimasto soddisfatto dalle comunicazioni giunte dall’Age ed ha dichiarato: “Credo che questo sia il migliore esempio, positivo, di collaborazione tra istituzioni ed operatori del settore tributario e ringrazio i Dirigenti dell’Agenzia delle Entrate che hanno recepito le nostre esigenze. Bisogna essere propositivi, ma fare proposte operative che possano essere compatibili con l’attuale sistema, certo a tutti piacerebbe una semplificazione totale e generalizza ma ciò non è realizzabile in tempi brevi, ci si potrà arrivare solo per gradi e quindi con tanta determinazione e concretezza. Noi lasciamo le polemiche strumentali ad altri e preferiamo il confronto, non sempre ciò sortisce effetti positivi ma abbiamo l’obbligo nei confronti dei nostri iscritti e non solo di continuare a fornire comunque indicazioni migliorative del sistema. L’importante è che l’interesse ed il bene generale prevalgano sull’interesse personale o anche di categoria, la strada della semplificazione deve essere di tutti solo così potremo avere qualche speranza di migliorare il sistema. Ora infatti è necessaria una modifica legislativa dell’INI-PEC con l’inclusione dei professionisti di cui alla Legge n.4/2013”.

Alla luce di questi chiarimenti, dunque, il presidente di INT chiederà al MISE una modifica legislativa per l’inserimento nell’INI-PEC anche dei professionisti di cui alla Legge n.4/2013, al fine di avere un elenco pubblico che possa effettivamente contenere le pec di tutti i soggetti che operano economicamente nel nostro Paese.

Vera MORETTI

Chiarimenti dalle Entrate riguardo la Pec

L’Agenzia delle Entrate ha voluto chiarire con una circolare la questione della Pec.

In pratica, se essa è già disponibile all’interno dell’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata, istituito presso il Ministero per lo Sviluppo Economico che raccoglie tutti i recapiti di posta certificata (Ini-Pec) delle imprese e dei professionisti presenti sul territorio italiano, viene meno l’obbligo di comunicarla all’Agenzia delle Entrate, entro il 31 ottobre 2014, ai fini del monitoraggio fiscale.

In questo elenco sono presenti tutti gli indirizzi di posta certificata delle imprese e dei professionisti che operano in territorio italiano ed è consultabile a tutti, senza doversi autenticare.

Ciò significa che l’aggiornamento del registro degli indirizzi elettronici può essere effettuato dall’Agenzia delle Entrate, acquisendo direttamente l’indirizzo PEC dal pubblico elenco denominato INI-PEC.

Inoltre, sulla base dei protocolli d’intesa sottoscritti da altri organismi associativi con l’Agenzia delle Entrate, gli indirizzi PEC degli associati sono già comunicati all’Agenzia.

Vera MORETTI

PEC: sanzioni se ogni impresa non ha un suo indirizzo proprio

L’indirizzo PEC che le imprese sono obbligate ad avere deve essere unico poiché ognuno di essi deve ricondurre ad una sola azienda.
Solo in questo modo si ha la certezza di individuare il vero destinatario della comunicazione, considerando che, tra le e-mail ricevute, ci sono anche quelle provenienti dalla Pubblica Amministrazione.

Il Ministero dello Sviluppo Economico aveva chiarito, con riguardo all’obbligo della PEC per le società, che esse potevano indicare come indirizzo PEC quello dello studio professionale che le assiste negli adempimenti burocratici, oppure quello di un’altra società cui la società sia giuridicamente o economicamente collegata.

Inoltre, sempre il Ministero ha specificato che “è necessario che l’indirizzo PEC sia ricondotto esclusivamente ed unicamente all’imprenditore stesso, senza possibilità di domiciliazione presso soggetti terzi“.

A causa di alcuni dubbi, inoltre, il Ministero ha ritenuto opportuno precisare che “nel caso in cuisi rilevi, d’ufficio o su segnalazione di terzi, l’iscrizione di un indirizzo PEC, di cui sia titolare una determinata impresa, sulla posizione di un’altra (o di più altre) – ovvero, comunque, l’iscrizione sulla posizione di un’impresa di un indirizzo PEC che non sia della stessa – dovrà avviarsi la procedura di cancellazione del dato in questione ai sensi dell’art. 2191 c.c., previa intimazione, all’impresa interessata (o alle imprese interessate), a sostituire l’indirizzo registrato con un indirizzo di PEC proprio”.

Pertanto, ogni società o impresa deve avere un proprio indirizzo PEC utilizzabile e riconducibile esclusivamente ad essa.
Ciò implica che non è più possibile comunicare al Registro delle imprese l’indirizzo PEC di un terzo (ad esempio, quello dello studio professionale che assiste l’impresa negli adempimenti burocratici, oppure quello di un’altra società cui la società sia giuridicamente o economicamente collegata).

Nel caso in cui la Camera di Commercio rilevi, d’ufficio o su segnalazione di terzi, che lo stesso indirizzo PEC è utilizzato da più imprese, l’ufficio, in primo luogo, intima l’impresa interessata (o le imprese interessate) a sostituire l’indirizzo PEC registrato ma non esclusivo con un indirizzo PEC proprio.

In caso di inadempienza, trascorsi 3 mesi per le società o 45 giorni per le imprese individuali la Camera di Commercio avvia la procedura di cancellazione d’ufficio della PEC ai sensi dell’art. 2191 del codice civile e applica la sanzione prevista dall’art. 2630 del codice civile per l’omessa presentazione della domanda di variazione di dati già comunicati, cioè da € 103 a € 1.032.

Vera MORETTI

I rimborsi dal Fisco arrivano con bonifico

Le imprese che dispongono di PEC riceveranno direttamente dall’Agenzia delle Entrate la segnalazione della possibilità di ottenere i rimborsi fiscali in accredito postale o bancario.

Nella comunicazione, il Fisco sollecita inoltre gli interessati a comunicare, a questo proposito, il proprio IBAN, per velocizzare i rimborsi stessi.
Tra i più urgenti e diffusi c’è quello relativo alla deducibilità Irap, sul costo del lavoro, che riguarda da vicino 70mila aziende.

Al loro indirizzo di Posta Elettronica Certificata, dunque, le aziende riceveranno la richiesta di consenso per accreditare le somme direttamente sul conto corrente.
Il vantaggio dell’accredito con procedura automatizzata è che i tempi sono molto più veloci, senza contare che la procedura non comporta aggravi per i contribuenti.

La nuova procedura di rimborso fiscale, in precedenza possibile solo per liquidazioni da dichiarazione dei redditi e contributo unificato, è stata da poco estesa a tutte le imposte dirette e indirette.
E’ possibile effettuare le comunicazione e richiedere il rimborso diretto in due modi:

  • per via telematica utilizzando i servizi web Fisconline e Entratel delle Entrate, dall’area riservata agli utenti registrati.
  • allo sportello recandosi presso gli uffici dell’Agenzia e presentando il modelloper la richiesta di accredito debitamente compilato.

In realtà, questa segnalazione non interessa solo le imprese ma anche i contribuenti che possono dunque comunicare il proprio Iban compilando il modello per le persone fisiche. In questo caso, i rimborsi potranno anche essere pagati in contanti presso qualsiasi ufficio postale purché l’importo sia inferiore a mille euro.
Diversamente, il rimborso può essere erogato tramite vaglia cambiario non trasferibile della Banca d’Italia.

Vera MORETTI

Pec, l’INT: sulle sanzioni prevalga il buon senso

Come molti sanno, è scaduto ieri il termine per la comunicazione al registro imprese della casella di posta elettronica certificata. Una vicenda che, come spesso accade in Italia, pur se partita con buone intenzioni, rischia di creare più problemi che altro.

Sulla questione interviene l’Istituto Nazionale Tributaristi, secondo cui la vicenda della Pec obbligatoria per le società rischia di aprire un nuovo triste e negativo capitolo della burocrazia italiana. La difficoltà di questi giorni per ottenere le pec, sostiene l’Istituto, e il loro deposito entro la data del 29 hanno indotto il Ministero dello Sviluppo economico a diramare nei giorni scorsi una circolare che di fatto rinvia al 31 dicembre il termine per il deposito della pec al registro imprese con un sospiro di sollievo per le società ed i loro consulenti.

Neanche il tempo di prendere atto della nota del Ministero, dice l’INT, ed ecco la parte peggiore della burocrazia affiorare: le Delegazioni provinciali dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) segnalano in Emilia Romagna due atteggiamenti opposti di due CCIAA. Bologna non applicherà sanzioni in ossequio alla circolare ministeriale, Forlì – Cesena invece dopo la data del 29 novembre, sanzionerà qualsiasi tardiva iscrizione di pec societarie.

Solo due casi ma che probabilmente non saranno i soli: se è pur vero che una circolare non fa legge, o meglio, non può modificare una norma, è altrettanto vero che la vicenda pec potrebbe invece creare costi e preoccupazioni ulteriori rispetto a quelli già creati.

Il presidente del’INT Riccardo Alemanno spera che prevalga il buon senso, ma nell’incertezza chiederà al Ministero dello Sviluppo di intervenire con un atto normativo che possa evitare ogni interpretazione a danno delle società.

d.S.