Default Grecia, quanto costa alle nostre imprese?

Siamo ancora qui a capire quale sarà la fine della Grecia e la cosa che ci preme capire che cosa un’eventuale uscita dall’euro del Paese ellenico possa provocare al nostro sistema economico e al sistema delle imprese.

Quello che è certo è che ci saranno perdite per l’intero sistema Italia, perdite che, secondo Federconsumatori e Adusbef, potrebbero arrivare a 48 miliardi di dollari. Dicono Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti delle due associazioni dei consumatori: “Se la Grecia dovesse dichiarare default sull’intero debito nei confronti dei creditori ufficiali, Germania, Francia ed Italia dovrebbero dire addio ad oltre 150 miliardi di dollari, con la Germania esposta con 62 miliardi (oltre a 13 delle banche tedesche); la Francia con 46,5 miliardi; l’Italia con 48 miliardi di soldi pubblici, le cui esposizioni verso la Repubblica ellenica, erano in capo prima dell’inizio della crisi greca del 2009, principalmente alle banche dei rispettivi Paesi”.

Quello che però interessa di più il nostro sistema produttivo relativamente alla situazione della Grecia è capire le potenziali perdite per le piccole e medie imprese. E non si tratterebbe di roba da poco. Le esportazioni italiane verso la Grecia valgono 6 miliardi di euro, mentre le importazioni ammontano a 1,4 miliardi. Il saldo di circa 4 miliardi è a forte rischio di mancati pagamenti da parte delle aziende della Grecia per centinaia di piccole e medie imprese.

I comparti più danneggiati da un eventuale default della Grecia, in quanto maggiormente esposti sull’export, sarebbero i prodotti petroliferi raffinati, poi i medicinali e i preparati farmaceutici, abbigliamento, calzature, veicoli, ferro, ghisa, acciaio e ferroleghe. Le banche italiane sono invece coinvolte per meno di un miliardo, secondo le stime dell’Abi.

Per quanto riguarda lo Stato, invece, l’esposizione italiana diretta verso la Grecia è di circa 10 miliardi, per effetto di prestiti bilaterali del 2010-2011. Il resto dell’esposizione è legato alla quota parte detenuta nella Bce, la cui percentuale è del 17,7917%, ovvero 14,2 miliardi. Medesima percentuale per calcolare la quota italiana sui prestiti erogati alla Grecia dall’Efsf, totale sceso a 130,9 miliardi. Il calcolo porterebbe quindi a una cifra monstre tra i 40 e i 68 miliardi. Siamo proprio sicuri, come credono in tanti, che un default della Grecia sarebbe utile?

Adusbef e Federconsumatori uniti contro le banche

I rapporti tra le banche e le associazioni dei consumatori sono alle strette, a causa delle erogazioni, da parte degli istituti di credito, di prestiti sempre più risicati e soprattutto delle richieste, sempre da parte delle banche, di favori al Governo Renzi.

A cominciare dai 7,5 miliardi di euro di rivalutazione delle quote di Bankitalia, Adusbef e Federconsumatori denunciano una serie di concessioni che il Governo precedente ha erogato alle banche.
Ciò che le associazioni per i consumatori non accettano è che, nonostante le misure di favore ricevute, non si siano registrati miglioramenti nella concessione dei crediti e neppure un abbassamento dei tassi d’interesse.

La situazione è sempre più critica per i contribuenti, i quali devono affrontare i conti correnti più cari del mondo, arrivati a 371 euro contro i 114 della media europea.
Per non parlare dei tassi, che in Italia sono pari a 4,62%, contro il 3,23% della media Ue.

Su ogni mutuo trentennale di 100.000 euro un consumatore italiano paga una rata mensile più elevata di 78 euro, 936 euro l’anno, subendo uno scippo con destrezza di 28.000 euro a fine ammortamento.

A fare questa denuncia sono stati Elio Lannutti, di Adusbef, e Rosario Trefiletti, di Federconsumatori, i quali, dunque, chiedono ad Abi e banche di ricominciare ad erogare prestiti a famiglie ed imprese calmierando i rincari su costi e commissioni.

Vera MORETTI

Federconsumatori: no aumento Iva, sì incentivi sviluppo

 

Ancora allarme rosso sul fronte occupazione. Dai dati Istat emerge che la disoccupazione a luglio si attesta al 12%, rispetto allo scorso anno, nel nostro Paese, sono diminuiti di 585 mila unità, – 2,5 %.

Gli italiani sono dunque sempre più soffocati dalla crisi, e vittime della perdita di lavoro. Il calo più drammatico interessa il Mezzogiorno con meno 350mila unità.

“Siamo nel pieno di una spirale negativa che sta trascinando l’economia italiana sempre più in basso. Per questo è urgente che il Governo intervenga tempestivamente per porre fine a tale andamento”  dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Adusbef e Federconsumatori.

“Quanto fatto sull’IMU (purché non sia riproposta nella service tax) è solo il primo passo, bisogna proseguire in questa direzione eliminando l’incremento dell’IVA che, come abbiamo sempre ribadito, è una misura dalla portata catastrofica per le famiglie (soprattutto quelle a basso reddito): le ricadute medie stimate dall’O.N.F. infatti saranno di +207 Euro annui tra costi diretti ed indiretti- ha dichiarato in una nota l’associazione di categoria- Oltre ad agire su tale versante è indispensabile l’avvio di misure tese ad incentivare la crescita e la ripresa occupazionale, in particolare quella giovanile. Per fare ciò è necessario disporre un rilancio degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo”.

Francesca RIGGIO

Dati Istat, la reazione di Federconsumatori

Dopo i nuovi e allarmanti dati Istat, l’Istituto nazionale di statistica, sui tassi di disoccupazione degli ultimi mesi, non si fanno attendere le dichiarazioni di Federconsumatori ADUSBEF, che in un comunicato stampa congiunto dichiarano: «A fronte di questi dati, è evidente che occorre mettere in campo interventi immediati per risolvere uno dei problemi che pesano maggiormente sull’attuale, drammatica condizione economica del Paese. L’occupazione, oltre a costituire una questione etica e morale, è uno dei fattori fondamentali per risollevare il potere d’acquisto. Le famiglie sono costrette a compiere rinunce sempre più consistenti e a tagliare le spese anche sullo stretto necessario, come le cure mediche e l’alimentazione. Inoltre, come abbiamo già sottolineato in passato, i provvedimenti per l’occupazione devono essere attuati parallelamente ad altri interventi per la ripresa: lotta agli sprechi e ai privilegi, lotta all’evasione fiscale, vendita di parte delle riserve auree.»

I dati Istat pubblicati nei giorni scorsi fotografano una situazione alquanto drammatica per il nostro paese, una disoccupazione generale per la terza volta consecutiva oltre la soglia del 12% e una disoccupazione giovanile che tocca picchi allarmanti intorno al 39%.

Saldi estivi al via!

Ormai ci siamo, la stagione dei saldi estivi è cominciata.
La maggior parte delle regioni, infatti, ha fissato la giornata di oggi per l’avvio ai ribassi, ancora una volta con la speranza che i prezzi in calo possano risvegliare un’economia in chiara difficoltà.

Ma ci sono alcune regioni, come Campania e Basilicata, che hanno voluto giocare d’anticipo, proponendo gli sconti già dal 2 luglio.
Il risultato per ora è modesto, ma si spera che il fine settimana porti affari migliori.

In realtà, anche se la speranza è l’ultima a morire, l’indagine a campione effettuata dall’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, prevede un calo delle vendite a saldo dell’8%, che potrebbe salire a 9.

Le famiglie italiane, dunque, sono sempre più propense a risparmiare e, se in queste settimane varcheranno la soglia dei negozi, sarà per acquistare il minimo indispensabile, ovvero ciò che proprio non può evitare,
Se fino a pochi anni fa la stagione dei saldi veniva accolta con spensieratezza, non solo perché coincideva con l’inizio delle vacanze estive, ma perché permetteva di togliersi uno sfizio in più, ora si pensa solo al lato pratico, senza troppi grilli per la testa.

Dall’indagine, sembra che solo una famiglia su tre approfitterà dei saldi, con una spesa che si attesterà a circa 117 Euro a famiglia, con un giro di affari di circa 1 miliardo (per la precisione 936 milioni di Euro).

Rosario Trefiletti ed Elio Lannuti, rispettivamente presidenti di Federconsumatori e Adusbef, hanno dichiarato: “Per questo sarebbe stato importante, soprattutto in una situazione delicata come questa, disporre la liberalizzazione dei saldi, o quantomeno disporne l’anticipazione, per dare sollievo alle famiglie ed avviare un rilancio della domanda”.

Per chi si appresta ad acquistare capi in saldo, ecco un piccolo vademecum per evitare ogni tentativo di truffa:

  • Non fermarsi mai davanti alla prima vetrina, ma è bene confrontate i prezzi di diversi negozi, orientandosi sempre verso beni o prodotti che servono veramente;
  • Diffidare dalle vetrine tappezzate dai manifesti, che nascondono la merce in vendita, o che reclamizzano sconti eccessivi, pari o superiori al 60%;
  • I prodotti venduti a saldo devono essere di fine stagione, ma dell’anno in corso, e non delle stagioni passate. La merce di magazzino non può essere mescolata con i prodotti in saldo, ma dovrà essere venduta separatamente;
  • Su ogni prodotto deve essere indicato, obbligatoriamente ed in modo chiaro e leggibile, il vecchio prezzo, quello nuovo e il valore in percentuale dello sconto;
  • Non esiste l’obbligo di far provare i capi, ciò è a discrezione del negoziante. Meglio però diffidare nel caso di capi di abbigliamento che si possono solo guardare ma non provare;
  • I commercianti in possesso del POS hanno l’obbligo di accettare il pagamento con carte di credito o bancomat;
  • Conservare sempre lo scontrino quale prova di acquisto. Sarà prezioso in caso di merce fallata o non “conforme”, in quanto obbliga il commerciante alla sostituzione o al rimborso di quanto pagato;
  • Problemi o truffe devono essere subito denunciate ai vigili urbani, all’ufficio comunale per il commercio o ad una Associazione dei Consumatori.
  • Prima di cominciare lo shopping, stabilire un budget da non oltrepassare.

Vera MORETTI

I mutui in Italia sono i più cari d’Europa

Adusbef e Federconsumatori, grazie ad una rielaborazione su dati BCE e Banca d’Italia, hanno reso noto che chiedere un prestito o un mutuo in Italia è molto più dispendioso rispetto agli altri Paesi d’Europa. I finanziamenti chiesti da privati ed imprese italiani, dunque, sono più cari, anche a parità di Euribor.

Il problema, ormai lo sanno tutti, è lo spread, che le banche applicano ai tassi sui mutui e prestiti, nonostante l’effetto calmierante che avrebbero dovuto generare le iniezioni di liquidità della BCE, rese vane dagli aumenti.

Nel dettaglio, il tasso medio applicato dalle banche a gennaio per prestiti alle imprese è stato del 3,62% (in leggera flessione), mentre in Germania 2,15% e in Francia 2,21%.
Lo spread Italia – Germania sui tassi alle imprese è quindi pari a 147 punti base.
La Spagna è meno distante da noi, ma anche lì i tassi restano più bassi dei nostri, poiché si fermano a 3,16%.

La situazione non è migliore per i privati: il tasso medio su un mutuo trentennale da 100mila euro è del 4,64%, mentre negli altri Paesi Ue è mediamente del 3,45%.

Significa 69 euro in più su ogni rata mensile, 828 euro ogni anno, quasi 25mila euro per l’intero piano di ammortamento, mentre per un mutuo ventennale la differenza in euro sui tassi e poco più di 15mila.

La differenza è ancora più netta su un prestito decennale: 7,56% il tasso medio italiano, 6,04% quello europeo. Ipotizzando un prestito da 30mila euro, in Italia si pagano 23 euro in più al mese, 276 euro all’anno, 2760 euro per 10 anni.

Vera MORETTI

Il PIL crolla, e con esso anche il potere d’acquisto degli italiani

I dati Istat confermano l’andamento negativo del PIL durante tutto il 2012, con un calo del 2,4%.

Per questo motivo, Federconsumatori e Adusbef richiedono a gran voce che vengano fatti investimenti immediati, e concreti, per la crescita e lo sviluppo, in previsione di un 2013 che si presenta ancora in trend negativo.
Questa situazione non stupisce e le conseguenze sono una diminuzione della spesa di oltre 44 miliardi di euro, aumenti di prezzi e tariffe e della tassazione.

Il potere d’acquisto delle famiglie è sempre più irrisorio, tanto da costringere a rinunciare a una quantità sempre maggiore di beni e servizi per poter arrivare a fine mese.
E tra le spese che vengono accantonate, ci sono spesso anche quelle legate alla salute: sono più di 9 milioni, infatti, i cittadini costretti a rinunciare alle cure perché non possono permettersi di sostenerne le spese.

Per sostenere le famiglie, perciò, Federconsumatori e Adusbef chiedono la detassazione del reddito fisso e la revoca dell’ulteriore aumento dell’IVA previsto per la prossima estate, ma anche di investire nella ricerca e nell’innovazione, intervenendo inoltre per il rilancio dell’occupazione.

Vera MORETTI

Saldi ai nastri di partenza

 

IERI

Andrea Calevo è libero: un blitz dei Ros dei carabinieri e Sco della polizia ha permesso la liberazione dell’imprenditore 30enne di Lerici rapito lo scorso 16 dicembre. Dopo oltre 2 settimane di prigionia, Calevo è stato ritrovato nello scantinato dell’abitazione di uno dei sequestratori a Sarzana. A tradire il gruppo di ‘rapitori per caso’ una telecamera di sorveglianza che ha intercettato il passaggio dell’auto di Calevo seguita dal furgone bianco dei sequestratori. Gli inquirenti, una volta individuata la squadra, hanno messo sotto intercettazione i telefoni cellulari con i quali i rapinatori comunicavano e sono riusciti a individuare il luogo dove era tenuto prigioniero Calevo grazie ad un’intercettazione nella quale i rapitori si accordavano per l’acquisto di una pizza.  Sette le persone arrestato: a capo della banda c’era Pierluigi Destri, 70 anni, cliente di Calevo, il primo ad essere  arrestato dai Ros in centro a Sarzana; con lui il nipote Davide Bandoni, 23 anni, 2 albanesi e altri 3 rapitori.

Berlusconi su Twitter: ha superato i 60 mila follower in un solo giorno di attività, e oggi è salito oltre i 72 mila. Lo sbarco ‘social’ del candidato Premier Silvio Berlusconi ha fatto cinguettare a più non posso la rete, facendo spiccare il volo dell’account Twitter @Berlusconi2013. Ma pare proprio che un uccellino un po’ più sospettoso abbia già fatto circolare la voce di followers ‘comprati’:  riconducile all’entourage dell’ex premier Silvio Berlusconi anche se ‘non ufficiale’ il profilo era stato aperto lo scorso 6 dicembre racimolando solo qualche centinaio di followers, per poi salire oltre i massimi livelli di spread a ridosso del veglione di Capodanno, schizzando da 7 mila a quasi 70 mila follower. Dall’entourage del candidato premier si sono precipitati a rettificare che “il profilo è stato creato da un gruppo di sostenitori e chi lo gestisce non riceve un solo euro ma lo fa per passione e stima nei confronti del Presidente Berlusconi”. Sarà, del resto le barzellette sono sempre state un cavallo di battaglia del Cavaliere.

OGGI

Al via i saldi in Basilicata, Campania e Sicilia: taglio del nastro dei saldi invernali in 3 regioni d’Italia, mentre per il resto dello Stivale occorrerà attendere sabato 5 gennaio (fatta eccezione per la provincia di Trento). Ma quali sono le previsioni di spesa per gli italiani post imu(ni)? Secondo Confcommercio ogni famiglia spenderà in media 359 euro per l’acquisto di capi d’abbigliamento ed accessori, per un valore complessivo di 5,6 miliardi, pari al 18% del fatturato di questi comparti. Per Federconsumatori e Adusbef, che prevedono un calo della spesa del 18,8% rispetto allo scorso anno, il budget familiare sarà ancora più risicato: 219 euro. Mentre il Condacons, secondo il quale il calo degli acquisti raggiungerà un -15%, la spesa media sarà di 224 euro a nucleo familiare. Confcommercio calcola che saranno 15,8 milioni le famiglie italiane, su un totale di 25,5 milioni, che approfitteranno dei saldi. E, l’acquisto medio per persona, sarà di 150 euro.

Riforma delle pensioni: novità sul fronte pensionistico per questo 2013: entra infatti in vigore la riforma Fornero del 2011. Due le nuove regole: innalzamento dell’età pensionabile e passaggio al sistema contributivo puro. Nel dettaglio, per gli uomini sarà possibile andare in pensione solo dopo aver compiuto 66 anni e 3 mesi, mentre per le donne l’età pensionabile scende a 62 anni e 3 mesi, almeno fino al 2018, quando anche le quote rosa andranno in pensione a 66 anni. Accanto all’età minima pensionabile, la riforma introduce un requisito contributivo che prevede almeno 20 anni di contribuzione. Abolita anche la pensione di anzianità: si potrà andare in pensione anticipata solo se in possesso di un’anzianità contributiva di 42 anni e 5 mesi per gli uomini o di 41 anni e 5 mesi per le donne.

DOMANI

 #Cinema1 The Master: arriva domani nelle sale il film che ha conquistato critici e spettatori (ma non la giura) all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. “The Master”, il masterpiece di Paul Thomas Anderson (il regista de ‘Il Petroliere’ e ‘Magnolia’) racconta il sodalizio spirituale tra Freddie Quell, un marine uscito dalla Seconda Guerra Mondiale con il sistema nervoso a pezzi e Lancaster Dodd, un intellettuale che ha inventato un metodo di introspezione inusuale che decide di sperimentare sul tormentato reduce del conflitto mondiale. Ambientato negli anni ’50, qualcuno ha intravisto nel film una sorta di racconto universale che pone le basi per la nascita di ‘congregazioni spirituali’ prima fra tutte Scientology. Di certo quel che è esplicitato nella pellicola, che vanta due interpreti protagonisti unici come Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman, è l’ispirazione a Hubbard, il fondatore di Dianetics.

#Cinema2 Mai Stati Uniti: Cinepanettone sfornato in ritardo o road movie all’italiana? Sembrano un po’ indecisi i fratelli Vanzina nella loro ultima fatica, “Mai Stati Uniti”, domani nelle sale, che racconta il viaggio di agnizione di 5 fratelli che scoprono di ‘dividere’ lo stesso padre durante un viaggio in America per spargere le ceneri del babbo defunto. I fratellastri Vincenzo Salemme, Ricky Memphis, Anna Foglietta, Ambra Angiolini e Giovanni Vernia riceveranno però l’eredità del compianto papà (uno strepitoso Mattioli) solo se saranno in grado di realizzare il suo ultimo desiderio… peccato che sia lontano il tempo delle Vacanze in America (era il 1984!).

 

Alessia CASIRAGHI

Il debito pubblico? Sulle nostre spalle

di Davide PASSONI

Non vi sentite le spalle pesanti? Dai, fateci caso… Eccolo lì il peso, il macigno del debito pubblico: stando alle stime di Adusbef e Federconsumatori, il masso pesa 32mila e 300 euro per ciascun cittadino e 88mila euro per ciascuna famiglia. Da febbraio 2011 a gennaio 2012, il debito pubblico è infatti passato da 1.875,917 a 1.935,829 euro, con un aumento di 59,912 miliardi. Secondo la rilevazione, quindi, solo nell’ultimo anno l’aumento del peso per ciascuno dei 60 milioni di italiani è stato pari a 998 euro, mentre per ciascuna famiglia l’onere è salito di 2.723 euro.

E di chi è la responsabilità di questa impennata? Sorpresa delle sorprese, il sobrio Monti e il suo governo di tecnici. L’esecutivo dei professori ha il record del governo che negli ultimi 15 anni ha registrato la maggior crescita al mese del debito pubblico, pari a 15,5 miliardi.

Nel trend di crescita del debito pubblico dal 1996 ad oggi, Adusbef e Federconsumatori rilevano che il primo governo di centro sinistra (1996-2001) lo faceva crescere di 2,7 miliardi al mese. Col successivo governo Berlusconi (2001-2006) si è arrivati a oltre 3,8 miliardi/mese. Tocca poi a Prodi (2006-2008), che ha ritoccato le emissioni portandole a 3,9 miliardi/mese.

Con l’ultimo governo Berlusconi (2008-2011) l’incremento ha superato i 6 miliardi/mese. Ecco dunque che il governo Monti non lascia, anzi, raddoppia e va oltre: quasi 15,5 miliardi di euro/mese. Con un record a gennaio 2012 circa 38 miliardi di euro. A fine dicembre 2011, continuano Adusbef e Federconsumatori, il debito si attestava, infatti, a 1.897,646 miliardi di euro, in calo rispetto a novembre anche per via degli anticipi sulle dichiarazioni dei redditi 2012.

Checchè se ne dica, quindi, il governo Monti più che tagli ha messo sul piatto tasse. Va bene la crisi, va bene l’emergenza, ma fino a quando la ristrutturazione del debito si farà per via fiscale anziché tagliando la spesa e dismettendo asset importanti del patrimonio pubblico, immobiliare e non, la strada sarà sempre in salita.

Benzina sempre più su. E io pago…

Avreste mai pensato di pagare un litro di benzina di più che un chilo di broccoli? Eppure con gli ultimi rincari del prezzo dei carburanti è così. E basta! Perché i cittadini italiani devono essere sempre i più fessi d’Europa quando vanno alla pompa a fare il pieno? Il prezzo della benzina, infatti, non si ferma più e ha raggiunto un nuovo record. Eni ha ritoccato i prezzi con una media ponderata salita nel servito a 1,801 euro/litro (+0,6 centesimi), con punte sul territorio che – per via delle accise regionali – sfondano quota 1,9 euro/litro. Naturalmente sale anche il prezzo del diesel, giusto per non farsi mancare niente, con una media attorno a 1,74 euro/litro, con picchi al Sud oltre 1,77.

Furibonde le associazioni di consumatori, oltre che la gente in fila al distributore… La soglia di 1,90 euro al litro, sottolinea il Codacons, rappresenta “una stangata che per un pieno di benzina si traduce in 19,50 euro a pieno, considerato che il 20 febbraio 2011 si pagava mediamente, con servizio, 1,510 euro al litro. Un incremento del 25,8%“. Sempre secondo il Codaconsil ministro Corrado Passera deve convocare immediatamente, ad un unico tavolo di confronto, le associazioni di rappresentanza delle compagnie petrolifere, quelle dei gestori degli impianti e le associazioni di consumatori per stabilire regole ben più efficaci” sui carburanti rispetto a quelle previste nel decreto sulle liberalizzazioni.

Ci vanno giù ancora più pesanti Adusbef e Federconsumatori: “La situazione è gravissima, è urgente sterilizzare la tassazione applicando l’accisa mobile“. E l’Adoc si mette a far classifiche; con un costo medio di 1,80 euro al litro l’Italia è diventato il Paese più caro d’Europa dove fare il pieno, per il quale si spende in media il 12% in più che nel resto d’Europa, con una differenza di 350 euro. “Un anno di rifornimenti costa in media 3.240 euro a un italiano, il 12% in più della media europea, con un aggravio di spesa pari a circa 350 euro annui – dice Carlo Pileri, presidente dell’Adoc -. L’Italia è il Paese europeo con i costi più alti dei carburanti, si spende il 10% in più che in Francia, il 7% in più che in Germania, il 20% in più della Svizzera e poco meno del 30% in più che in Spagna. Un pieno oggi costa 90 euro, in Europa mediamente si spendono 80 euro, in Svizzera si spendono circa 15 euro in meno ad ogni rifornimento“.

Si diceva dei broccoli, all’inizio… Non ci siamo inventati il paragone, lo ha cavato dalle statistiche Coldiretti, che ha rilevato come il prezzo della benzina alla pompa ha raggiunto quello di un chilo di lattuga (1,90 euro al chilo) e superato quello di broccoli, appunto, (1,75 euro al chilo), dei finocchi (1,65 euro al chilo) e delle arance tarocco (1,60 euro al chilo) tartassate dagli effetti del maltempo delle ultime settimane. Secondo Coldiretti è l’effetto più evidente dei cambiamenti in atto nella distribuzione della spesa degli italiani, per i quali la spesa per trasporti, combustibili ed energia elettrica ha sorpassato quella per gli alimentari e le bevande. Potessimo far camminare le auto con il succo d’arancia… metterebbero le accise anche su quello.