Agevolazioni prima casa, si perdono se la residenza non viene trasferita

L’acquisto della prima casa è il sogno di molte persone e il legislatore ha ben pensato di riconoscere agevolazioni fiscali per coloro che decidono di compiere il grande passo. La normativa però prevecde delle condizioni e le agevolazioni si perdono nel caso in cui queste non siano rispettate. La Corte di Cassazione in un’importante pronuncia ha stabilito che il mancato ottenimento della certificazione di abitabilità non costituisce causa di forza maggiore e di conseguenza può portare alla perdita delle agevolazioni fiscali se il beneficiario non provvede al trasferimento della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile nell’arco di 18 mesi dal perfezionamento dell’acquisto.

Agevolazioni fiscali acquisto prima casa: per la Corte di Cassazione l’assenza di certificato di abitabilità non è causa forza maggiore

Le agevolazioni fiscali legate all’acquisto della prima casa sono particolarmente importanti e sussistono sia nel caso in cui ci sia un atto di compravendita tra privati, sia nel caso in cui l’atto sia tra un privato e un’impresa.

Per conoscere i benefici di cui si può usufruire, è consigliata la lettura dell’articolo: Agevolazioni fiscali per l’acquisto prima casa e proroga termini under 36.

Per poter avere questo beneficio sono però necessarie delle condizioni, deve infatti trattarsi di un’abitazione nella quale si vuole fissare la propria residenza e di conseguenza affinché non siano persi i benefici fiscali inizialmente ottenuti, il contribuente deve provvedere a fissare la residenza nel Comune  in cui si trova l’immobile entro 18 mesi.

Nel caso in oggetto, trattato con la sentenza 34865 del 17 novembre 2021 pronunciata dalla Corte Di Cassazione, i proprietari non avevano provveduto ad ottemperare e di conseguenza l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al contribuente una cartella per il recupero delle maggiori imposte Iva e delle imposte sostitutive sulle operazioni di credito a medio e lungo termine ex artt. 15 e ss del DPR 601/1073, le stesse erano dovute in quanto l’Agenzia aveva provveduto alla revoca delle agevolazioni “prima casa”. La revoca era collegata al mancato trasferimento della residenza nel Comune in cui era ubicato l’immobile per il quale erano state ottenute le agevolazioni.

Le parti si erano difese adducendo che il mancato trasferimento era dovuto al mancato completamento dei lavori di ristrutturazione nell’immobile da cui era conseguito il mancato rilascio del certificato di abitabilità o agibilità. In primo grado (Commissione Tributaria Provinciale di Treviso) e in secondo grado (Commissione Tributaria Regionale Veneto) si accoglie il ricorso del contribuente, ma l’Agenzia delle Entrate propone il ricorso in Cassazione ed è qui che le sorti mutano.

Per quali motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso?

Il primo motivo per il mancato accoglimento del ricorso è che in realtà la disciplina relativa alle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa prevede che entro i 18 mesi la residenza sia trasferita nel Comune in cui si trova l’immobile, ma non nell’immobile, quindi la non agibilità non è un motivo sufficiente e non può essere ritenuto una causa di forza maggiore. Per causa di forza maggiore, come sottolineato dalla Corte di Cassazione, deve intendersi un evento imprevedibile, inaspettato e che sovrasta la volontà del soggetto.

La Corte di Cassazione nella sentenza a Sezioni Unite 8094/20 afferma che  è configurabile ” non per un comportamento direttamente o indirettamente ascivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma per una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso, tale da configurare la forza maggiore“, proprio tale sentenza viene citata dalla Corte di Cassazione al fine di rafforzare la tesi affermata e sottolineare che trattasi di un’interpretazione costante e uniforme dei Supremi Giudici.

Nella sentenza in oggetto si richiama la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale in cui tra le cause di forza maggiore sono richiamate “gravi vicissitudini personali” senza però precisare i reali motivi, tali vicissitudini avrebbero ritardato la richiesta del permesso di costruire di 7 mesi. Tali motivazioni non sono però ritenute sufficienti dalla Corte di Cassazione.

Per concludere, coloro che decidono di acquistare un immobile da destinare ad abitazione principale e ottengono le agevolazioni fiscali per tale atto, devono provvedere entro 18 mesi a trasferire al residenza, nel Comune in cui si trova l’immobile (naturalmente tale obbligo non vige per chi ha già la residenza nello stesso Comune). Non occorre trasferirsi nell’immobile. Di conseguenza sono limitati i casi in cui si può addurre una causa di forza maggiore.

Rientro dei cervelli: agevolazioni fiscali fino a 11 anni dal rientro

Con il termine rientro dei cervelli si intende il rientro in Italia di lavoratori impatriati e in particolare di ricercatori e docenti che nel tempo hanno trovato prospettive di lavoro migliori all’estero impoverendo così notevolmente il settore della ricerca in Italia.

Rientro dei cervelli: differenze con gli impatriati

Abbiamo già visto la disciplina di agevolazioni per i lavoratori impatriati, quella invece prevista per il rientro dei cervelli è parzialmente diversa cambiano infatti i requisiti per poter accedere e l’ammontare dei benefici riconosciuti.

Si rimanda all’articolo sui lavoratori impatriati per la relativa disciplina: Regime agevolato per gli impatriati: ulteriore estensione del beneficio

Mentre qui ci occuperemo in modo specifico della disciplina per il rientro dei cervelli.

Requisiti per agevolazioni rientro dei cervelli

La prima cosa da capire è chi sono i potenziali beneficiari delle agevolazioni. Deve trattarsi di:

  • soggetti che sono stati residenti all’estero in maniera non occasionale ( chi ha contratti di docenza per alcuni mesi dell’anno e poi rientra in Italia non può beneficiarne);
  • in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
  • tali soggetti devono avere svolto all’estero lavoro di ricerca o di docenza per almeno 2 anni presso centri pubblici o privati o presso università;
  • rientrati in Italia dove continuano a svolgere attività di ricerca o docenza

Al verificarsi di tali requisiti il Decreto Legge 78 del 2010, articolo 44, riconosce il vantaggio di esenzione dalla formazione della base imponibile IRPEF del 90% dei redditi prodotti. Inizialmente tale beneficio aveva la durata di 4 anni dal momento del rientro, mentre attualmente gli anni per i quali si può usufruire del beneficio sono 6 periodi di imposta.

Estensione delle agevolazioni

Sono previsti ulteriori periodi di agevolazione per coloro che hanno dei figli minori. In questo caso per coloro che trasferiscono la residenza dal 2020 il beneficio ha durata di:

  • 8 anni se a carico vi è un solo figlio minore o diventi proprietario di almeno un’abitazione residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi antecedenti;
  • 11 periodi di imposta se i figli a carico minorenni sono 2;
  • 13 periodi di imposta per docenti e ricercatori rientrati in Italia e che abbiano almeno 3 figli minori a carico.

La legge di bilancio 2021 inoltre ha provveduto a un’ulteriore estensione dei benefici, il comma 50 dell’articolo 1, la Legge numero 178 del 2020 un ulteriore prolungamento del regime agevolato.Dal punto di vista soggettivo il beneficio viene riconosciuto anche a coloro che hanno provveduto a trasferire al residenza in Italia prima del 30 aprile 2019 . Al verificarsi di queste condizioni l’abbattimento dell’imponibile è al 50%.

Come richiedere i benefici per il rientro dei cervelli

Le modalità per accedere a tali benefici sono diverse a seconda che il richiedente sia un lavoratore dipendente o autonomo.

L’Agenzia delle Entrate sottolinea che nel primo caso, cioè docente ricercatore con contratto di lavoro dipendente è necessario presentare una richiesta scritta al datore di lavoro in cui sono indicate le generalità del richiedente, la data del rientro in Italia e la dichiarazione di voler accedere ai benefici visti.

In questa, che può essere definita anche un’autocertificazione, il richiedente deve anche indicare che si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione di residenza e di non beneficiare degli incentivi/agevolazioni per il rientro dei lavoratori e per gli impatriati ( i due regimi sono quindi alternativi e non possono essere cumulati).

I lavoratori autonomi hanno invece due modalità per accedere al beneficio, direttamente con la loro dichiarazione dei redditi, oppure attraverso una richiesta scritta diretta ai committenti che applicanola ritenuta di imposta. Anche in questo caso, come in precedenza, è necessario che la dichiarazione sia completa dei dati prima visti. In questo caso il committente opera la ritenuta d’acconto del 20% sull’imponibile ridotto.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non si applicano tali benefici quando c’è continuità contrattuale, ad esempio nel caso in cui si rientra in Italia in smartworking.

Rientro dei cervelli: è una vera attrazione?

Deve essere sottolineato che in realtà questa è la disciplina vigente, ma le norme per il rientro dei cervelli si sono susseguite dal 2010 e da allora deve essere registrato un dato che sicuramente provoca perplessità, infatti da una ricerca condotta dall’associazione Controesodo emerge che in realtà ci sono percentuali altissime di “cervelli” che vanno via dopo poco, il dato più allarmante è quello del 2017, anno in cui sono rientrati circa 2.000 ricercatori/docenti e sono andati via 1610. Fino al 2017, anno di cui abbiamo i riferimenti, sono rientrati 14.000 lavoratori, ma sono andati via oltre la metà cioè il 50,23%. A rendere difficile la permanenza in Italia sono le prospettiva di carriera poco allettanti, ma anche il fatto che il protrarsi delle agevolazioni è legato alla presenza di figli.

IVA agevolata acquisto prima casa: regole e beneficiari

La casa è sempre stata ritenuta dagli italiani un bene essenziale, proprio per questo tutti vogliono averne una di proprietà e preferiscono tale soluzione abitativa ad altre, ad esempio alla locazione. Il legislatore in un certo senso si è adeguato a questa che sembra essere una vera e propria necessità e ha previsto delle agevolazioni fiscali, tra queste vi è l’IVA agevolata acquisto prima casa.

Acquisto immobili: quando è dovuto il pagamento dell’IVA

Comprare un immobile in Italia prevede il pagamento di diverse imposte che gravano sempre su chi acquista, tra le tasse che più di altre incidono sul costo finale dell’abitazione vi è sicuramente l’IVA che deve essere versata quando si acquista direttamente dal costruttore, o comunque da soggetti che si occupano professionalmente di compravendita di immobili, mentre non è dovuta nel caso in cui si tratti di un atto di compravendita tra privati. Nel secondo caso comunque deve essere versata l’imposta di registro. Il primo  dato essenziale da sottolineare quindi è che l’imposta di registro e l’IVA sono alternative. A queste si aggiungono l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale che per la prima casa godono anch’esse di agevolazioni fiscali. Occorre ricordare che, in caso di acquisto di prima casa possono essere portati in detrazione dalle imposte sui redditi gli interessi passivi pagati sul mutuo e le spese di intermediazione mobiliare.

IVA agevolata acquisto prima casa: importi

L’aliquota IVA normalmente applicata per la compravendita di immobili è al 10%, risulta peraltro evidente che si tratti di una somma non irrisoria, calcolando, ad esempio, un immobile con un costo di 100.000 euro (difficile trovare soluzioni abitative con un costo inferiore) si deve versare un’imposta pari a 10.000 euro. Il legislatore però, al fine di agevolare l’acquisto della casa, e quindi anche la nascita di nuovi nuclei familiari, ha stabilito che nel caso in cui l’abitazione sia destinata ad essere utilizzata come abitazione principale e non si sia titolari di diritto di proprietà di altri immobili, l’IVA sia al 4%.

Tale beneficio si estende anche alle pertinenze, ma per ogni categoria è ammessa l’agevolazione su una sola pertinenza, ad esempio può trattarsi di un box o posto auto, di una tettoia o una cantina. L’IVA agevolata si può ottenere anche su fabbricati rurali, l’importante è che siano idonei all’utilizzo residenziale e non deve trattarsi di mere pertinenze rispetto a fabbricati principali (circolare dell’Agenzia delle Entrate 38/2005).

Limiti alle agevolazioni fiscali

Si è già detto che per poter usufruire del beneficio dell’IVA agevolata acquisto prima casa non si deve essere proprietari di altri immobili, ora vediamo nel dettaglio cosa si intende. Per poter usufruire del beneficio non si deve essere:

  • titolari, neanche in comunione dei beni con il coniuge, di un altro immobile situato nello stesso Comune;
  • non si deve essere titolari di diritto di uso, usufrutto, abitazione su un immobile ubicato in qualunque parte del territorio nazionale.

Inoltre l’immobile deve trovarsi nel comune in cui è fissata la propria residenza, o in cui si ha intenzione di fissare la propria residenza nell’arco di 18 mesi dal momento dell’acquisto dell’immobile. La dichiarazione di voler trasferire la residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile deve essere resa al momento dell’acquisto dell’immobile, solo in questo modo è possibile ottenere il beneficio. L’acquisto può essere effettuato con IVA agevolata anche nel caso in cui l’immobile si trovi nel Comune in cui si svolge la propria attività.

Infine, per poter godere dell’IVA agevolata acquisto prima casa, l’immobile non deve essere censito nelle categorie considerate di lusso, cioè A/1 ( abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville, intendendosi per tali quelle con giardino e/o parchi o situate in zone urbanistiche di pregio), A/9 (castelli e palazzi).

Quando si decade dal beneficio

L’IVA agevolata sull’acquisto prima casa può essere considerato un aiuto alle famiglie e nel caso in cui si abusi di questo aiuto e si usufruisca dello stesso pur non avendone i requisiti, si è sottoposti a sanzioni: oltre a dover versare l’imposta ordinaria, viene applicata anche una sanzione pecuniaria pari al 30% dell’importo non pagato. In caso di ravvedimento operoso è comunque possibile risparmiare sulle sanzioni.

Deve inoltre essere ricordato che si decade dal beneficio anche nel caso in cui l’immobile sia ceduto nei successivi 5 anni dal momento dell’acquisto.  Dal 1° gennaio 2016 è possibile evitare questo effetto solo nel caso in cui si provveda a riacquistare un altro immobile da utilizzare quale abitazione principale. Il nuovo acquisto deve essere effettuato entro un anno.

IVA agevolata acquisto priuma casa al 50%

Questi in linea generale sono i criteri per ottenere l’IVA agevolata al 4% per l’acquisto della prima casa, ma cosa succede nel caso in cui l’immobile debba essere acquistato in comunione dei beni e uno dei “comunisti” ha i requisiti soggettivi per ottenere l’IVA agevolata acquisto prima casa, mentre l’altro soggetto della comunione risulta già proprietario di un altro immobile? Il caso di scuola riguarda due coniugi che intendano acquisire una casa per stabilire la residenza familiare, ma uno dei due risulti già proprietario di altro immobile, in questo caso la misura agevolata si applica solo su una quota del 50%, questo perché solo uno dei due futuri comproprietari ha i requisiti soggettivi.

Agevolazioni ONLUS per l’acquisto di immobili nel Codice del Terzo Settore

Le agevolazioni ONLUS per l’acquisto di immobili prevedono un regime di favore per gli acquisti a titolo gratuito e oneroso, questa disciplina consente di risparmiare soprattutto sull’imposta di registro.

Cosa sono le ONLUS e perché godono di un regime di favore

Le ONLUS sono organizzazioni senza scopo di lucro, come tali da inserire nel terzo settore e di conseguenza si applica il CTS (Codice Terzo Settore) anche conosciuto come decreto legislativo 117 del 2017 che raccoglie/ riordina le varie normative che introdotte in questa materia e istituisce il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. L’ordinamento ha sempre tutelato le organizzazioni che lavorano nel terzo settore perché il loro fine istituzionale è meritevole di tutela, infatti lo scopo di questa tipologia di attività è di tipo sociale.

Appartengono al terzo settore enti filantropici, associazioni sociali, cooperative sociali, società di mutuo soccorso, fondazioni che hanno scopi benefici. L’ambito dei fini ritenuti meritevoli è delineato nell’articolo 5 del decreto legislativo 117/2017. Vi sono però state nel tempo diverse riforme che hanno portato a notevoli cambiamenti e questi hanno riguardato anche le agevolazioni ONLUS per l’acquisto di immobili: si è passati da un regime di favore, ad un regime ordinario entrato in vigore nel 2014, introdotto dall’articolo 10 del D.Lgs n.23 del 2011, e che prevedeva un’imposta di registro al 9% calcolato sul valore dell’immobile. Questa disciplina è stata poi nuovamente modificata ed è proprio il Codice Terzo Settore ha chiarito molti punti sulle agevolazioni acquisto immobili ONLUS.

Agevolazioni ONLUS per acquisto immobili a titolo gratuito

In primo luogo deve essere chiarito che gli acquisti di immobili possono avvenire a titolo oneroso o a titolo gratuito. Gli acquisti a titolo gratuito sono lasciti testamentari e donazioni, quelli a titolo oneroso, sono i tradizionali atti di vendita di un bene immobile, (case, edifici, terreni). L’articolo 82 regola al comma 2 le agevolazioni acquisto immobili a titolo gratuito stabilendo che per atti come donazioni e successioni non è prevista l’imposta sulla successione e le imposte ipotecarie e catastali. E’ però necessario che tali beni siano utilizzati per scopi istituzionali e cioè per perseguire gli obiettivi della ONLUS.

Agevolazioni ONLUS per acquisto a titolo oneroso 2021

Diverso è invece il caso degli acquisti a titolo oneroso, per essi c’è il comma 4, sempre dell’articolo 82 che stabilisce la necessità di versare l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e catastale, ma queste sono in misura fissa. Affinché però si possa avere questa agevolazione è necessario che l’ONLUS dichiari contestualmente all’atto di trasferimento della proprietà di utilizzare entro 5 anni dall’acquisto il bene per dare attuazione agli scopi istituzionali.

La giurisprudenza ritiene che debba essere un utilizzo diretto, ad esempio l’acquisto di un casolare per una casa famiglia in cui le persone ricevono accoglienza, ma non è tale l’acquisto per un utilizzo indiretto, ad esempio l’acquisto di un immobile al fine di cederlo in locazione e ricavare un reddito da utilizzare nelle attività sociali, non è considerato come “attuazione dello scopo”. Nel caso in cui non avvenga l’utilizzo del bene per scopi istituzionali e si versi nella situazione di dichiarazione mendace o che la ONLUS non sia riuscita a realizzare tale obiettivo,  sarà dovuta l’imposta ordinaria a cui si aggiunge una sanzione del 30% e gli interessi di mora sulle somme effettivamente dovute fin dal momento dell’acquisto.  Il comma 4 si applica a tutti gli enti del Terzo Settore e agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari.

Bonus montascale: di quali si può usufruire e quanto si risparmia?

I bonus montascale hanno l’obiettivo di eliminare le barriere architettoniche riconoscendo un aiuto economico a chi ha difficoltà di movimento. Ecco come usufruirne.

Bonus montascale: come ottenerli

I disabili sanno quali difficoltà devono affrontare per avere libertà di movimento e proprio per questo spesso richiedono l’installazione di mini ascensori, montascale e piattaforme che aiutano a muoversi tra piani diversi di abitazioni e condomini, superando così gli ostacoli dovuti alla presenza di scale.  Su questa materia vi è però molta confusione soprattutto per quanto riguarda i bonus per installare un montascale e gli incentivi. Per evitare l’insorgenza di dubbi si inizia la disamina dalla normativa generale.

Legge 13 del 1989

La legge 13 del 1989 ha come obiettivo favorire l’eliminazione delle barriere architettoniche dagli edifici privati, l’articolo 10 istituisce un fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, questo viene ripartito annualmente tra le regioni richiedenti. Le regioni a loro volta devono ripartire i fondi tra i comuni richiedenti. I sindaci, una volta ottenute le somme devono entro 30 giorni distribuirle tra i soggetti richiedenti. Una volta che il richiedente disabile ha ottenuto le somme può procedere alla realizzazione dei lavori.

Appare evidente che questa procedura può risultare lenta e farraginosa e non è detto che si riesca effettivamente ad ottenere quanto necessario per realizzare l’opera, soprattutto se l’invalidità non è totale. Il comma 4 dello stesso articolo 10 infatti chiarisce che nel caso in cui i fondi assegnati al comune non siano sufficienti a coprire il fabbisogno emerso dalle domande presentate, il sindaco stila una graduatoria in cui viene data precedenza a coloro che sono invalidi totali con difficoltà di deambulazione e se neanche questo fabbisogno è coperto, si procede per ordine cronologico tra costoro. In base all’articolo 11 la domanda deve essere presentata entro il 1° marzo di ogni anno al comune dove è ubicato l’immobile su cui si vuole usufruire del bonus per installare il montascale e deve indicare le opere che si vogliono realizzare e i relativi costi previsti per esse.

Bonus montascale al 50%

Chi però non rientra in tali fondi non deve rinunciare infatti ci sono ulteriori due possibilità: la prima è la detrazione al 50% e la seconda possibilità è il Superbonus 110%, si tratta in questo caso di bonus montascale sotto forma di agevolazioni fiscali. Vediamo in quali casi si può usufruire dell’uno e in quali dell’altro.

Il bonus montascale al 50%  viene rinnovato di anno in anno con la legge finanziaria ed ha avuto conferma anche per il 2021; consente a chiunque effettui lavori per l’installazione di un montascale, un miniascensore, una piattaforma o poltroncina per disabili, di ottenere la detrazione del 50%  dei costi sostenuti, da riscuotere in 10 rate di uguale importo. La spesa massima su cui usufruire della detrazione è di 96.000 euro.

Detrazione al 19% dei costi per il montascale

Merita una nota anche la detrazione al 19% riconosciuta a tutti coloro che hanno un certificato di invalidità permanente, questa detrazione può essere usufruita il primo anno successivo all’acquisto e può essere richiesta dal disabile, ma anche da un familiare a cui il disabile sia fiscalmente a carico.  Deve però essere sottolineato che questi due benefici (detrazione al 50% per ristrutturazione e detrazione al 19%) non sono cumulabili. Appare più conveniente il bonus montascale al 50% facendo risultare l’intervento di installazione come ristrutturazione, ciò fino a quando il legislatore conferma con la legge finanziaria il bonus al 50%, ma ormai si tratta di una prassi consolidata.

L’unica differenza è data dal fatto che la detrazione al 19% si liquida in unica soluzione sotto forma di risparmio di imposta o restituzione dell’imposta già pagata, mentre quella al 50% va usufruita in 10 rate.  Sebbene non si tratti di un bonus montascale, è bene anche ricordare che tali dispositivi godono dell’applicazione dell’IVA agevolata al 4%.

Bonus montascale al 110% con efficientamento energetico

Uno dei punti più difficili e controversi riguarda invece l’opportunità di ottenere il bonus montascale al 110%. In questo caso si sta parlando della possibilità di effettuare lavori di ristrutturazione e ottenere sotto forma di cessione del credito o beneficio fiscale fino al 110% di quanto effettivamente speso. La normativa prevede che per ottenere questo beneficio i lavori effettuati debbano portare al recupero di almeno due classi energetiche. Si può notare quindi che siamo in una situazione specifica ben determinata, in questo caso il bonus montascale può essere fatto rientrare nei costi sostenuti, ma rispettando i requisiti visti, cioè nel caso in cui l’ascensore o il montascale siano compresi in un pacchetto di ulteriori beni e servizi (definiti come trainanti) e finalizzati al risparmio energetico.

Deve, infine, essere ricordato che il bonus montascale, ascensori e piattaforme può essere usufruito anche da condomini.

Agevolazioni prima casa e separazione coniugale

La fine di un matrimonio porta con sé rimpianti e problemi non solo a livello personale, ma anche da un punto di vista fiscale. Specialmente per quanto riguarda la prima casa di proprietà. Per fortuna in questo ambito è arrivata una importante sentenza della Cassazione.

I giudici della Suprema Corte hanno stabilito che qualora a seguito di un accordo di separazione coniugale, un coniuge trasferisce all’altro la proprietà di un’abitazione comprata da meno di 5 anni sfruttando l’agevolazione prima casa, l’alienazione non fa decadere l’agevolazione della quale il coniuge alienante ha beneficiato al momento dell’acquisto. La decadenza non si ha nemmeno se il coniuge alienante non compra, entro un anno dalla cessione, una nuova prima casa.

La sentenza, la n. 5156 depositata il 16 marzo 2016, stabilisce l’irragionevolezza della decadenza dall’agevolazione sfruttata al momento dell’acquisto della casa, poiché il trasferimento dello stesso avvenuto in attuazione dei patti di separazione non è vincolato ad alcun corrispettivo e non rappresenta un atto di donazione.

Una sentenza importante che ridisegna un ambito poco considerato della normativa legata alle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.

Agevolazioni fiscali per l’acquisto di macchinari

La bozza della Legge di Stabilità 2016 contiene alcune importanti novità sul fronte delle agevolazioni fiscali per le imprese, le quali è bene che pongano particolare attenzione al dispositivo della legge.

Le imprese potranno infatti fruire di un ammortamento del 140% per gli acquisti di beni, tipicamente macchinari, compresi quelli effettuati dal 15 ottobre 2015. Una misura che si inserisce tra le più importanti agevolazioni fiscali a favore delle imprese, la cui retroattività è stata prevista per non evitare che vengano depresse le vendite di beni industriali nel quarto trimestre 2015.

Le imprese devono considerare però che questa misura non potrà essere utilizzata insieme alle agevolazioni fiscali per ridurre gli acconti in scadenza a fine novembre 2015, oltre ad alcune limitazioni nell’utilizzo dell’ammortamento maggiorato del 40%, che non viene applicato in caso di:

  • acquisti di beni materiali strumentali, per i quali il decreto delle Finanze del 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento al di sotto del 6,5%;
  • acquisti di costruzioni e fabbricati;
  • acquisti di beni legati a grandi infrastrutture.

Potranno usufruire delle predette agevolazioni fiscali anche gli acquisti in leasing. Le aziende potranno inoltre utilizzare lo sgravio fiscale anche per eventuali canoni di locazione finanziaria, preventivamente decurtati degli interessi.

Quali detrazioni per chi investe in startup

Chi investe in startup innovative può beneficiare di alcune detrazioni fiscali che si possono ottenere presentando il modello UNICO, come precisato da una circolare dell’Agenzia delle Entrate in cui venivano fatti chiarimenti circa la dichiarazione dei redditi 2015 e il 730 semplificato ed ordinario.

Gli investimenti in startup innovative sono agevolati fiscalmente dall’articolo 29 del decreto legge 179/2012: detrazione del 19% per gli anni dal 2013 al 2016 per investimenti diretti o tramite organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) che investono prevalentemente in start up innovative. La detrazione sale al 25% nel caso di investimenti in start up innovative a vocazione sociale o in ambito energetico.

Per ottenere l’agevolazione è bene sapere che il massimo detraibile è pari a 550mila euro per ciascun periodo d’imposta, mantenuto per almeno due anni. L’eventuale cessione, anche parziale, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituire l’importo eventualmente detratto, unitamente agli interessi legali. L’ammontare non detraibile, in tutto o in parte, nel periodo d’imposta, può essere portato in detrazione nei periodi successivi, non oltre il terzo anno.

Si tratta, come viene spiegato dall’Agenzia delle Entrate, di un meccanismo “particolarmente articolato, in quanto richiede di considerare numerosi elementi“, come la tipologia di investimento, l’ammontare della detrazione fruibile nel corso dell’anno, l’eventuale importo residuo da riportare negli anni successivi.
Inoltre, viene ricordato che “la detrazione investimenti in start-up è stata inclusa solo nel modello UNICO e quindi può essere fruita esclusivamente utilizzando quest’ultimo modello“.

Nel modello UNICO PF (persone fisiche), il rigo RP 80 è appositamente dedicato alla detrazione investimenti in startup. La compilazione del rigo prevede l’indicazione del codice fiscale della startup in cui è stato effettuato l’investimento, la tipologia, l’ammontare dell’investimento, il codice che identifica la detrazione al 19 o al 25%, l’ammontare della detrazione spettante e poi il totale delle detrazioni, nel caso in cui siano stati effettuati più investimenti.

Vera MORETTI

A breve il click day per gli sgravi contributivi 2012

Non si conosce ancora il click day per la presentazione della domanda necessaria per accedere agli sgravi contributivi relativi all’anno 2012, ma le aziende possono già fare i propri calcoli, in modo da non farsi trovare impreparati.

Nonostante la pubblicazione del decreto sia già avvenuta in Gazzetta Ufficiale, e precisamente il 4 aprile, per fruire dell’agevolazione bisogna attendere le istruzioni dell’Inps, che dovrebbero arrivare entro la fine del mese.

Per quanto riguarda i criteri di calcolo per i premi erogati nel 2012, sono invariati rispetto allo scorso anno, perché ancora una volta l’importo massimo del premio oggetto di sgravio è confermato nella misura del 2,25% della retribuzione imponibile previdenziale dell’anno 2012.
Il decreto prevede la possibilità che tale misura sia oggetto di variazione da parte della Conferenza dei servizi delle amministrazioni interessate entro il 30 ottobre 2013.
Sul premio o quota di premio oggetto di sgravio, saranno applicate le percentuali di sconto previste dalla legge 247/2007, rispettivamente pari a 25 punti percentuali per il datore di lavoro e all’aliquota complessiva a suo carico per il lavoratore (escluso l’1% aggiuntivo). Una volta eseguito il calcolo occorrerà attendere il provvedimento dell’Inps con cui sarà definita la data di invio delle domande nonché le relative specifiche tecniche.

Una volta pubblicate le istruzioni, la domanda potrà essere presentata online e conterrà l’indicazione della data di sottoscrizione del contratto aziendale o territoriale fonte del premio, nonché quella del relativo deposito in direzione territoriale del Lavoro.
Nei 60 giorni successivi al click day, l’Inps comunicherà alle aziende l’ammissione o meno al beneficio, nonché l’eventuale rideterminazione della misura dello sgravio, qualora le richieste dovessero risultare eccedenti rispetto alla risorse stanziate di 650 milioni di euro. Solo a seguito della comunicazione ufficiale dell’Inps di autorizzazione, i datori di lavoro potranno procedere alla restituzione in favore del dipendente della quota di beneficio di sua competenza, nonché al recupero dell’importo complessivo dello sgravio autorizzato.

L’importo dovrà essere esposto nell’Uniemens, nella sezione “dati particolari” della denuncia individuale, all’interno dell’elemento “premio aziendale” . Quest’anno i datori di lavoro, sulla base delle indicazioni recentemente fornite dall’Inps con la circolare numero 59/2012 dovranno ricordarsi, in fase di calcolo dell’accantonamento del trattamento di fine rapporto, di non applicare la trattenuta previdenziale dello 0,50% sulla parte imponibile del premio di produttività che è stata oggetto di sgravio.

Vera MORETTI

Scarpe italiane in viaggio per il mondo

 

Si è conclusa da poco la sua edizione milanese, ma MICAM pensa già a volare verso Oriente: dal 9 all’11 aprile infatti si terrà theMICAMshanghai, prima tappa di un progetto più ampio che prevede di portare la fiera della calzatura più importante in Italia a spasso per il mondo. Del resto se il settore calzaturiero del made in Italy ha raggiunto nel 2012 i 3,8 miliardi, il merito è soprattutto dei Paesi extra europei e dei mercati emergenti, dove la domanda continua ad essere trainante.

Infoiva chiude la settimana dedicata alla filiera della calzatura italiana con un’intervista a Cleto Sagripanti, Presidente di ANCI, l’Associazione Nazionale dei Calzaturifici Italiani.

Il 2012 si chiude per il settore calzaturiero tra luci e ombre e il 2013 non si è aperto diversamente. Quali le sensazioni dall’osservatorio privilegiato di ANCI?
Il 2012 è stato un anno difficile per l’economia italiana e il 2013 si è aperto con la riconferma delle criticità sul fronte produttivo e occupazionale, con ovvie conseguenze sul reddito disponibile, sul clima di fiducia delle famiglie e sui consumi. L’auspicata ripresa appare, ancora una volta, rinviata a data da destinarsi. Il calzaturiero, dopo i recuperi del 2010 e 2011, ha dovuto fare i conti nel 2012 con una sensibile contrazione dei consumi nazionali e con il peggioramento della domanda estera, soprattutto sui mercati dell’Unione Europea, che assorbono ben il 70% dei flussi e sui quali viene realizzato il 54% delle vendite estere in valore. Nonostante il quadro negativo, il settore calzaturiero nel suo complesso dà un contributo importante al Paese: il saldo commerciale nei dati preconsuntivi raggiungerebbe i 3,8 miliardi di euro, con un aumento del 12,6% rispetto al 2011. Ciò è dovuto non solo alla tenuta delle esportazioni, soprattutto trainate dalle vendite nei paesi extra-UE, ma anche da una forte frenata delle importazioni. In ogni caso, i numeri che emergono dal preconsuntivo elaborato da ANCI non lasciano dubbi sul momento di difficoltà per il settore: nonostante i buoni risultati degli anni post crisi oggi dobbiamo commentare dati non soddisfacenti in relazione agli sforzi che hanno fatto e stanno facendo le aziende sui prodotti e sugli strumenti commerciali.

Quali sono, oggi, i punti di debolezza e quali quelli di forza della filiera italiana delle calzature?
Oltre alla forte contrazione sul mercato interno, che da anni ormai non è in grado non soltanto di crescere, ma nemmeno di confermare i dati dell’anno precedente, si aggiungono altre difficoltà: vi sono imprese che ormai si rifiutano di lavorare con l’Italia in cui i comportamenti scorretti come i pagamenti ritardati indefinitamente o addirittura gli insoluti sono diventati frequentissimi. Questo non è altro che l’esito di una pressione fiscale eccessiva che risale la filiera e che finisce per danneggiare le imprese due volte, quando pagano le tasse e quando fanno da banca impropria al proprio cliente. Senza contare che la giustizia civile così lenta e inefficiente finisce per allontanare non solo gli investitori stranieri, ma le stesse imprese italiane che trovano all’estero un rischio insoluto inferiore. Tra gli altri mali che affliggono il nostro tessuto produttivo ci sono inoltre la contraffazione e la mancanza di politiche efficaci per l’occupazione e per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Ma le aziende hanno saputo rimboccarsi le maniche rispondendo alle difficoltà con il cambiamento. Il vero punto di forza della nostra filiera in questi ultimi anni è stato infatti il processo di ripensamento strutturale delle imprese, di cui l’Associazione è promotrice e testimone. Le imprese hanno investito di più in creatività e proposte innovative, ma hanno anche saputo integrare all’antico sapere industriale e creativo quello commerciale e di servizio al cliente. Per questo, il settore ha bisogno di supporti maggiori sia sul fronte della defiscalizzazione delle spese di campionario sia sul fronte della promozione.

Il settore calzaturiero è in grado di fare sistema o ancora si procede in ordine sparso?
Tutti i temi e le battaglie di ANCI hanno senso proprio perché tutti insieme viaggiamo in un’unica direzione. La posta in gioco è troppo alta per permetterci di muoverci da soli, lasciando spazio ai particolarismi. ANCI è un’Associazione forte, che ha saputo confermarsi come strumento reale per fare sistema e permettere di far sentire la propria voce a tutte le aziende calzaturiere, anche a quelle piccole e medie imprese che sono il tessuto e la storia di questo Paese. Penso ad esempio ai tanti sforzi presso le istituzioni europee per ottenere l’etichettatura made in, una battaglia non ancora conclusa ma che si avvia verso una fase cruciale, fondamentale per tutelare la nostra tradizione manifatturiera e la nostra eccellenza produttiva. Una sfida che ANCI ha portato avanti unendo le voci, le istanze e gli sforzi delle aziende calzaturiere italiane.

Nuovi mercati emergenti: più una risorsa per l’export o una minaccia per la concorrenza a basso costo?
Le esportazioni italiane di calzature hanno registrato, secondo i dati Istat dei primi 11 mesi 2012, un incremento del +3,1% in valore, raggiungendo la cifra record di 7,1 miliardi di euro, pur con una flessione del -6,3% in quantità. I prezzi medi – nonostante la severità del contesto economico in molti dei nostri principali Paesi clienti – sono aumentati del 10%, a testimonianza dell’appeal invariato dei prodotti made in Italy.
Per diventare sempre più competitivi ANCI sta promuovendo importanti progetti come theMICAM nel mondo, la cui prima tappa sarà theMICAMshanghai dal 9 all’11 aprile. L’eccellenza italiana è il nostro biglietto da visita e non può essere certo minacciata dalla concorrenza a basso costo, ma non basta. Occorre imparare, conoscere ed esplorare e l’impegno di ANCI è proprio quello di aiutare il posizionamento delle aziende e la loro penetrazione sui nuovi mercati strategici.

Quali sono le prime istanze o richieste che, come ANCI, presenterete al nuovo Governo?
Il mercato non aspetta, eppure questa convinzione sembrano averla solo le imprese e i lavoratori: l’economia reale, quella che da anni attende risposte sul cuneo fiscale e sull’Irap, sembra essere utile solo quando è fonte di reddito fiscale oppure quando serve a coprire i buchi di bilancio. L’ingovernabilità pesa non soltanto sui mercati finanziari ma anche sulle imprese, e in particolare quelle calzaturiere che da anni attendono risposte efficaci. È sempre più urgente, in un momento così complicato del nostro Paese, tornare a parlare di economia reale: da qui nascono le nostre proposte come il recupero di uno strumento finanziario come era la legge 1083, la quale permetteva a soggetti istituzionali nazionali, come le Associazioni di categoria, di finanziare progetti di alto livello, come theMICAMshanghai. Se progetti simili hanno l’ambizione di indicare una via alle aziende e alle Istituzioni che le devono supportare, è altrettanto importante che queste ultime diano segnali di vicinanza reale al mondo delle imprese che sta vivendo un momento molto difficile. Il supporto all’internazionalizzazione, l’abbassamento del cuneo fiscale, le agevolazioni fiscali per le attività di ricerca e sviluppo e le misure per facilitare il credito sono ormai diventati una questione di sopravvivenza per tanti imprenditori.

Che cosa si sente di dire come incoraggiamento per questo 2013 alle migliaia di piccole imprese che operano nel settore calzaturiero?
In un momento così delicato, ma anche carico di possibilità e aperto a nuovi scenari, occorre dare speranza e fiducia alle imprese non con le parole e gli slogan, ma con impegni e fatti concreti. ANCI vuole proprio fare questo, ascoltando e unendo le voci delle aziende per dialogare con i partner istituzionali a vario livello con la forza della propria credibilità e coerenza e anche con durezza, se necessario, gettando così le basi concrete per il futuro per cogliere le opportunità che il mondo e i nuovi mercati ci offrono.

Davide PASSONI