Masterchef: dov’è il made in Italy?

Ah, i bei tempi della prima edizione di Masterchef, quando tutto era preso alla leggera, bisognava capire se il format funzionava (tanto che era trasmesso in chiaro) e i giudici non erano ancora diventati dei divi da copertina da bravi ma oscuri (o quasi) cuochi quali erano.

Adesso, oltre alle liti e ai casi mediatici innescati con Striscia la Notizia, Masterchef deve anche difendersi da un’accusa gravissima: non tutelare il made in Italy. Proprio Masterchef, una trasmissione che, almeno nella sua versione italiana, si è sempre vantata di valorizzare e promuovere (o quasi…) la diversità e l’eccellenza agroalimentare italiana.

L’accusa arriva da Coldiretti, secondo la quale nelle ricette riportate sui siti delle diversi edizioni di Masterchef relativi ai diversi continenti, c’è un abuso fastidioso e dannoso per il made in Italy di utilizzo di Parmesan al posto del Parmigiano. Coldiretti, a solo titolo di esempio, nomina alcuni piatti presi dai siti delle varie edizioni mondiali di Masterchef: Pomodoro basilico e bruschetta al Parmesan, Pasta condita con olio di oliva e Parmesan, Pollo al Parmesan… 

Per l’associazione italiana dei coltivatori diretti, questo è davvero troppo. “La cucina ha un grande valore culturale – esprime Coldiretti in una nota – ed è chiamata a svolgere un ruolo determinante nel difendere far conoscere le tradizioni alimentari e con esse la vera identità dei prodotti impiegati. Invece nei siti ufficiali della trasmissione Masterchef dei diversi continenti, dalle Americhe all’Oceania si fa spesso riferimento a piatti che hanno come ingredienti il Parmesan anche quando fanno esplicito riferimento a ricette italiane“.

Secondo Coldiretti, per stigmatizzare questo scivolone di Masterchef sarebbe auspicabile un intervento anche del “pool di cuochi stellati chiamati giustamente a raccolta in vista di Expo 2015 dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, con l’obiettivo di valorizzare il grande potenziale inespresso della cucina italiana dentro e fuori i confini nazionali”.

Il tracollo del made in Italy in Russia

Una guerra può fare dei danni incalcolabili anche alle economie dei Paesi che non vi sono direttamente coinvolti. Ne sa qualcosa Coldiretti, che ha tracciato un bilancio pesante delle conseguenze sull’export di prodotti made in Italy in Russia, che nel 2015 sono già crollate del 37%, con una perdita di oltre 246 milioni solo a gennaio.

Lo sprofondo rosso del made in Italy in Russia è dovuto alle sanzioni economiche contro il Paese messe in atto dalla comunità internazionale dopo la crisi e la guerra con l’Ucraina. Sanzioni che, stando alle elaborazioni dei dati Istat relativi al 2014, hanno già causato il tracollo delle esportazioni di made in Italy in Russia lo scorso anno, con un -11,6% rispetto al 2013. Tradotto in cifre, una perdita secca di oltre 1,25 miliardi.

Se si aggiunge il fatto che sarebbero allo studio altre sanzioni da parte dell’Ue contro Putin, si capisce come mai questa mazzata per il made in Italy in Russia stia preoccupando parecchio non solo Coldiretti.

settori più colpiti dall’embargo attivo dall’agosto 2014, fa rilevare Coldiretti, sono soprattutto quelli dell’agroalimentare, che per il made in Italy in Russia erano una vera pacchia: frutta, verdura, formaggi, ma anche pesce, salumi rinomati e carne.

Un embargo che, oltre a bloccare l’export di prodotti made in Italy in Russia, ha fatto sì che i russi si ingegnassero, immettendo sul mercato una serie di prodotti italiani taroccati e a basso prezzo che, oltre all’economia, finiranno per danneggiare anche l’immagine del made in Italy in Russia.

Made in Italy alimentare, 2015 anno nero

Quello lanciato da Coldiretti a inizio 2015 è un vero grido di allarme per ciò che riguarda la produzione del made in Italy alimentare. L’associazione dei coltivatori diretti fa sapere in una nota che “la produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, agrumi e millefiori è quasi dimezzata (-50%) per effetto del clima, ma se la vendemmia si è classificata come la più scarsa dal 1950, con una produzione di vino made in Italy che potrebbe scendere fino a 41 milioni di ettolitri, quella di olio di oliva è crollata attorno alle 300mila tonnellate”.

In sostanza, quindi, il made in Italy alimentare per l’anno appena iniziato è a forte rischio razionamento. “Nel 2015 – continua la nota – sugli scaffali dei supermercati ci sarà il 35% in meno di olio di oliva italiano, ma anche un calo del 25% per gli agrumi, del 15% per il vino fino al 50% per il miele, mentre il raccolto di castagne è stato da minimo storico”.

Come se non bastasse, Coldiretti sottolinea come in pericolo sia anche il simbolo del made in Italy alimentare, la pasta: “E’ allarme anche per la produzione italiana di pasta a causa dell’eccessiva dipendenza dell’industria nazionale per l’acquisto di grano duro dall’estero da dove arriva circa il 40% del fabbisogno perché non si è avuta la lungimiranza di investire sull’agricoltura nazionale. Se in Italia i raccolti di frumento duro hanno subito una leggera flessione (-4%), un calo consistente del 10% si è verificato nell’Unione Europea e un vero e proprio crollo del 27% si è registrato in Canada che è il principale fornitore dell’Italia. Complessivamente, secondo le stime dell’International Grains Council, la produzione mondiale dovrebbe attestarsi sui 34 milioni di tonnellate (-15%)”.

Per non parlare di altri due campioni del made in Italy alimentare come agrumi e pomodori: “Anche per il raccolto nazionale di agrumi – prosegue la nota di Coldirettiil conto è pesante con un taglio del 25% mentre per il pomodoro da conserva per preparare polpe, passate e pelati da condimento si registra un calo delle rese per ettaro e la produzione rimane in linea con la media stagionale degli ultimi cinque anni solo grazie a un aumento delle superfici coltivate”.

E qui la beffa finale per il made in Italy alimentare: “Con il crollo dei raccolti nazionali – conclude Coldirettiaumenta il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per Made in Italy ma provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità e per questo occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta, almeno su quei prodotti come l’olio, il miele e gli agrumi freschi dove è in vigore l’obbligo di indicare la provenienza”.

Coldiretti: l’embargo russo rovina per il made in Italy

In un momento nel quale l’economia italiana dovrebbe avere una grossa mano dall’export, specialmente da parte dei prodotti dell’eccellenza made in Italy, un mercato ricco e importante come quello russo è di fatto chiuso.

Secondo un’indagine di Coldiretti, infatti, l’embargo imposto dall’Occidente alla Russia ha avuto ripercussioni negative anche sulla nostra economia. L’indagine si riferisce al primo trimestre successivo a quando è scattato l’embargo, lo scorso 7 agosto, e sulla base dei dati Istat, Coldiretti comunica che gli acquisti del made in Italy in Russia sono crollati di 298 milioni di euro, sia a causa dell’embargo, sia a causa del crollo del rublo, che ha reso la Russia più prudente nelle importazioni.

Secondo Coldiretti, a essere colpiti dall’embargo, è soprattutto il comparto agroalimentare, dato che il blocco su Mosca vieta l’ingresso nel Paese di prodotti come frutta e verdura, formaggi, carne e salumi e pesce.

Ma l’Italia perde importanti quote di mercato anche in altri settori chiave, al di fuori della competenza di Coldiretti. Nel mese di ottobre, le esportazioni sono scese su base annua e in media del 15,8%, con cali notevoli per i prodotti agricoli (-73,5%), e auto (-83,4%), i mobili (-21,3%), l’abbigliamento (-19,4%), gli apparecchi elettrici (-23%).

Siamo di fronte ad una vera e propria escalation negativa della presenza del made in Italy nel Paese di Putin, con le esportazioni che si sono ridotte di 169 milioni di euro ad ottobre, di 96 milioni di euro a settembre e di 33 milioni di euro ad agosto – ha commentato Coldiretti -. Dall’analisi è evidente che le tensioni politiche e l’andamento del rublo stanno avendo riflessi anche sugli scambi anche di prodotti non colpiti direttamente dall’embargo ma particolarmente significativi per l`Italia“.

Agroalimentare, 2,2 miliardi per le imprese

A sostegno di investimenti nei settori agricolo e agroalimentare, nell’ambito del quattordicesimo forum internazionale della Coldiretti, in collaborazione con lo Studio Ambrosetti, il ministro Maurizio Martina ha presentato il programma di mobilitazione per il settore da almeno 2,2 miliardi nel biennio 2015-17. Gli obiettivi del piano messo a punto dal ministero sono: potenziare la produttività, aumentare la capacità produttiva, favorire l’internazionalizzazione, accrescere la competitività, far nascere start-up e creare nuova occupazione. Il piano intende sfruttare la leva pubblica come moltiplicatore di quella privata. L’Iniziativa imprenditoriale è sempre nelle mani delle aziende che scelgono dove e come investire, lo Stato interviene solo a titolo di garanzia o di supporto.

«Siamo arrivati a questo importante risultato – ha dichiarato il ministro Martina – dopo un lungo lavoro di analisi delle risorse e delle opportunità dei due istituti. Ora possiamo mettere a sistema un volume complessivo di sostegno agli investimenti con una dotazione finanziaria certa e già disponibile. Siamo ogni giorno al lavoro – aggiunge il ministro – per costruire gli strumenti più idonei ad accompagnare le imprese nel futuro e questo piano dimostra che è possibile investire in agricoltura e agroalimentare. Dopo il varo della Legge di stabilità, è un segnale forte nella direzione della crescita e dello sviluppo».

JM

Harrods celebra il made in Italy

Polpa di pomodoro fresco, mozzarella e semi di basilico; tuorlo d’uovo marinato; risotto al pomodoro verde, pinoli tostati; filetto di vitello gratinato ai capperi e liquirizia, cipolla rossa di Tropea e sedano verde; dessert al cioccolato bruciato e prezzemolo. Questo il menu che Carlo Cracco proporrà ai clienti di Harrods per la rassegna Stelle di Stelle, che, da settembre e per cinque mesi, prevederà l’alternarsi dei migliori chef italiani alla guida dei numerosi ristoranti del celeberrimo grande magazzino del lusso di Londra.

“Abbiamo da tempo creato un proficuo rapporto di collaborazione con Identità Golose, la cui ‘missione’ è da sempre promuovere il meglio della cucina italiana nel mondo, dando forma quest’anno a un’iniziativa che riteniamo interessante per valorizzare la cucina made in Italy nella sua forma più attuale, al di là dei consueti stereotipi – spiega Bruce Langlands, responsabile dei ristoranti e del reparto food di Harrods –. Agli chef e ai ristoranti offriamo un grande palcoscenico per presentare la loro creatività, a un nuovo mercato, in una vera istituzione rappresentata da Harrods. Stelle di Stelle è la prima iniziativa con queste caratteristiche e questa durata. Abbiamo deciso di scommettere sul gusto e sulla cucina italiana di qualità perché siamo convinti che in questo momento sia una scelta di attualità che premia il gusto italiano, apprezzato in un luogo di passaggio e consumo internazionale come Harrods”.

Dopo Cracco ad ottobre saranno a Londra i fratelli Enrico e Roberto Cerea patron del ristorante Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo), tre stelle Michelin. A novembre sarà la volta di Gennaro Esposito del ristorante La Torre del Saracino, Vico Equense, (Napoli), due stelle Michelin. A dicembre è atteso Italo Bassi, chef della storica Enoteca Pinchiorri di Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde, tre stelle Michelin, a Firenze. A chiudere l’iniziativa, a gennaio, sarà Enrico Crippa, chef del ristorante Piazza Duomo di Alba.

JM

Embargo russo, ecco gli aiuti all’export italiano

L’export italiano di frutta e verdura in Russia, prima ovviamente che Putin ordinasse il blocco delle importazioni agricole dai paesi che hanno adottato sanzioni contro Mosca dopo i recenti avvenimenti in Ucraina, secondo gli ultimi dati resi noti dalla Coldiretti si aggirava intorno ai 70 milioni di euro l’anno. Vista la crisi (ormai cronica) del mercato interno e le brutte notizie in arrivo dalla capitale russa, sono attese in questi giorni le prime contromisure della Commissione Europea a favore del crollo delle attività del primo produttore di ortofrutta del continente. Saranno messi a disposizione del settore fino a 125 milioni di euro in tutta l’Unione sino a novembre.

«L’efficacia delle misure europee dipenderà – ha sottolineato la Coldiretti – dalla tempestività e dalle modalità operative con cui sarà condotto l’intervento che riguarda prodotti freschi di stagione non stoccabili e senza mercati di vendita alternativi immediatamente disponibili come pomodori, carote, cavolo bianco, peperoni, cavolfiori, cetrioli e cetriolini, funghi, mele, pere, frutti rossi (fragole, lamponi, ribes, mirtilli, more, uva spina), uva da tavola e kiwi»

JM

Il Made in Italy non passa di moda, il giro d’affari cresce

 

Cibo, abbigliamento, artigianato: il Made in Italy non conosce confini e gli ultimi dati resi noti da Istat e Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ne delineano la crescita anche a fine 2013. Rispetto all’anno precedente, la quota di mercato del Made in Italy nel mondo è aumentata 2,79% e il trend ormai da diversi anni ne sottolinea una crescita costante e Germania (12%), Francia (11%), Stati Uniti (7%) e Regno Unito (5%) sono i principali Paesi destinatari delle nostre eccellenze, ma sono il Belgio e la Cina, sorprendentemente, a dimostrare un maggiore incremento (+0,3% entrambi).

Nonostante il nostro territorio pulluli di eccellenze e di prodotti potenzialmente esportabili all’estero, che avrebbe riscontro sicuramente positivo visto l’interesse per il marchio Italia nel mondo, sono quasi esclusivamente le aziende del Centro-Nord a guidare la crescita del Made in Italy sul mercato mondiale: sono proprio loro infatti a detenere una quota complessiva sull’export dell’87,9% là dove il Mezzogiorno attiva solo il 10,9% delle vendite sui mercati esteri.

JM

Agroalimentare in pericolo a causa dell’Italian Sounding

Per contrastare il fenomeno, sempre più diffuso e preoccupante, dell’Italian Sounding, denominazione usata per indicare la pratica imitativa che, in tutto il mondo, mette a rischio la credibilità del Made in Italy.

In particolare, il concetto di Italian Sounding è riferito all’agro pirateria, che riguarda la contraffazione dei prodotti più tipici della gastronomia italiana, a cominciare dal Parmigiano Reggiano, diventato, in una bruttissima copia, Parmesao.

Il “gioco” dei produttori e distributori di presunto cibo italiano è semplice: utilizzare un nome che vagamente riconduce all’Italia per attirare i consumatori, soprattutto stranieri, amanti della cucina del Belpaese.

E non si tratta solo di proporre prodotti di bassa qualità e scarso sapore, ma soprattutto di una vera e propria frode alimentare, tanto da richiedere un serio monitoraggio, poiché il fenomeno è costantemente in ascesa.

Per limitare, e in futuro evitare, il danno che questa pratica sta portando al Made in Italy, in termini di export e di fiducia da parte dei consumatori, sono chiamate in causa le istituzioni di governo e le istituzioni locali, che devono incrementare ciascuna quei metodi risultati più efficaci per contrastare il fenomeno della contraffazione alimentare.

In primo luogo, servono maggiori controlli sull’origine del prodotto, ma anche maggiori controlli da parte degli organi di vigilanza; sistemi di tracciatura automatica; sanzioni più severe; maggiori risorse umane dedicate allo smascheramento della contraffazione alimentare; collaborazione tra organi pubblici e privati; certificazioni di qualità; brevetti; marchi aziendali e collettivi e riconoscimenti quali Dop, Igp.

Il consumatore, da canto suo, può aiutarsi nell’acquisto ricorrendo alle sue conoscenze ma anche rivolgendosi al gestore del negozio e, se necessario, agli organi competenti.

La contraffazione è un reato penale e come tale va perseguito dalla legge, che in materia lo tratta seguendo i seguenti articoli: Art. 473 e Art 474.
A questo proposito anche la Guardia di Finanza offre diversi consigli per fare attenzione a non compiere acquisti che potrebbero frutto di contraffazione:

  • Porre molta attenzione agli acquisti fatti tramite Internet.
  • Diffidare delle vendite porta a porta.
  • Valutare sempre attentamente il rapporto qualità/prezzo (se un olio extravergine di oliva è venduto a poco dovrebbe sempre far insospettire)
  • Controllare sempre attentamente le etichette e la conformità della confezione, che non sia ammaccata, che l’etichetta sia chiara e leggibile e che l’inchiostro non sia cancellato.

Vera MORETTI